di Enrico Ganz

 

Pur non essendo un critico d’arte, apprezzo le pitture e istintivamente ricerco i messaggi che l’autore vi inserisce tra colori e immagini. Alcuni dipinti di arte sacra sono ricchi di simboli, che è stimolante ricercare e svelare, se vi è interesse per il messaggio di Cristo.

Alcuni giorni fa, diversamente dalla mia consuetudine, mi sono collocato sul lato Nord del duomo di Mestre, davanti al grande dipinto dell’arcangelo Michele.

Osservandolo, ho sùbito percepito la gradevolezza del colore e del disegno. Questo ha attratto ulteriormente la mia attenzione alla scena rappresentata, che in un primo momento ho interpretato come il classico trionfo del Bene sul male, rappresentato in forma di arcangelo che calpesta il diavolo.

Questa è del resto l’interpretazione fornita nel foglio illustrativo appeso al muro, sotto il dipinto.

Ma presto non mi è sembrata la migliore lettura. 

Qui notiamo infatti un arcangelo-soldato che schiaccia sotto i suoi piedi un uomo, bloccandogli gli arti superiori. La bocca dell’uomo è semiaperta e la sua espressione è mite e sofferente. La sua mano destra è portata al cuore e ribadisce quanto esprime, muta, la sua bocca: “Perchè mi tormenti?”. L’età avanzata e l’esile corporatura ribadiscono la condizione di debolezza dell’oppresso, che oppone solo la forza del suo lamento e, forse, della sua preghiera. Egli è dunque un buon pover’uomo, probabilmente un profeta; noto infatti l’evidente ossatura tracheale, che potrebbe suggerire la forza della sua parola. Egli ha le fattezze dell’uomo giusto, umiliato e offeso, che non si ribella, ma porta la mano al petto, indicando che sopporta con dignità e mitezza l’oltraggio che sta ricevendo. Come si potrebbe dunque considerare simbolo del male questo personaggio?

Si potrebbe osservare che nei dipinti a olio della tradizione occidentale il Diavolo è talora rappresentato nelle sembianze di un monaco, di un “buon uomo”. Ma si tratta – per quanto ho visto – di scene che rappresentano le tentazioni nel deserto. Infatti nell’evangelico episodio delle tentazioni nel deserto il diavolo appare come un falso saggio che tenta di ingannare astutamente anche ricorrendo a consigli rapportati all’autorità delle Sacre Scritture:

“[9] Allora il diavolo condusse Gesù a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; [10] sta scritto infatti:

“Ai suoi angeli darà ordine per te,
 perché essi ti custodiscano”;

[11] e anche:

“Essi ti sosterranno con le mani,
 perché il tuo piede non inciampi in una pietra»” (Luca, 4, 9-10).

Diversamente, nelle scene in cui l’arcangelo Michele sconfigge il Male, il Male ha le fattezze di un demone ripugnante: presentare iconograficamente in questo modo il mistero etico della nostra esistenza ha lo scopo di evidenziare la negatività del male e di stimolare l’attrazione verso il Bene.

Esaminiamo ora l’arcangelo. Vi è la tradizionale spada di fuoco e l’armatura del soldato in uso secoli fa. La particolarità di questa immagine è la marcata sottolineatura della carnalità: i muscoli possenti; maschere di mostri sulle braccia, che assimilano la personalità di questo angelo a quella di chi ama tatuarsi la pelle con figure di draghi e di mostri; corpo e piedi rappresentati in un modo da sottolineare più la massa di un soldato di ventura, che la leggerezza dello Spirito.

Nel petto dell’angelo, dove ha sede il cuore, simbolo dei sentimenti, è rappresentato il volto digrignante del diavolo. Ne è forse l’anima? O forse l’arcangelo e il diavolo in un’unica figura rinviano al racconto di Giobbe? Per quanto ricordo, in questo libro vi è espresso il mistero di un Dio che mette alla prova il giusto con tormenti tramite l’azione del diavolo, entità subordinata alla volontà di Dio.

“Figlio, se cominci a servire il Signore, preparati alla prova.” (Sir 2, 1)

“Figlio, preparati alla tentazione. Accetta quando ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perché Dio prova gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.” (Sir 2, 1. 4 – 5)

Si potrebbe alternativamente considerare il volto digrignante come un simbolo dipinto sulla corazza dell’arcangelo: ma questa interpretazione non contribuisce alla spiritualità della figura angelica, considerando che era consuetudine portare su scudi e bandiere il simbolo della propria casata e non quella del nemico. Si noti inoltre che sulla corazza dell’angelo appare la croce, mentre il diavolo le è retrostante.

Un’ulteriore interpretazione è la seguente: l’arcangelo è vittorioso sul Male, dunque egli lo ha imprigionato. Sarebbe comunque una scelta del pittore piuttosto discutibile: il diavolo si sovrappone al fondo dorato, colore che tradizionalmente, in particolare nelle icone, è simbolo di Dio.

In conclusione, se proprio si volesse stabilire che questa sia una scena “sacra”, mi sembra che l’unica interpretazione attribuibile sarebbe la seguente: Dio mette alla prova il giusto e ne accoglie l’anima (il piccolo uomo che sale a destra). In questo contesto il Male non ha potere sul giusto che nella prova non si ribella a Dio: Satana può solo esprimere la sua rabbia (il digrignare i denti) impotente (il suo volto è imprigionato dietro la corazza crociata dell’angelo e non può ghermire l’uomo giusto).

Rimane da chiarire lo scritto che appare sulla sinistra dell’angelo, ma non mi è stato possibile definirne le parole.

Dal foglio illustrativo appeso al muro del Duomo risulta che vi è scritto: “Contro coloro che con cuore impuro al puro Tempio si accostano, protendo la spada”.

Questa scritta potrebbe essere adatta per una scena di lotta tra il Bene e il male, mentre appare meno coerente con la mia precedente interpretazione; per la quale sarebbe stata adeguata una scritta del tipo: “Il Male non tocchi l’uomo giusto che metto alla prova”. Questa frase ribadirebbe il significato iconografico: è Dio colui che pone un giogo all’uomo devoto (la figura angelica che schiaccia a terra l’uomo), per fortificarlo sulla via della santità (il piccolo uomo che sale verso il cielo), ma non consente al Male (il volto digrignante) di entrare in questa sfera d’azione. E a questo punto avremmo potuto dare un preciso significato alla croce – inferriata che blocca il diavolo: il giusto è protetto dal Male in virtù del sacrificio di Cristo. Purtroppo la scritta militare nel cartiglio rovina questa buona interpretazione. E’ davvero una mediocre frase, riferita all’ambito spirituale. Penso che un suo aspetto negativo sia l’esaltare la polarità spirituale Bene/Male; di conseguenza, una persona, che cerchi un significato utile per la propria vita, osservando la scena del dipinto, può solo avvertire preclusione, più che accoglienza in un percorso di miglioramento continuo della qualità etica della sua personalità. A meno che non abbia coscienza di essere il Bene in persona.

In conclusione, ho l’impressione che il messaggio di questo dipinto non si colga facilmente; e che l’ambiguità interpretativa sia un limite alla sua sacralità e dunque alla sua esposizione in una chiesa. Infatti, un dipinto di arte cristiana deve essere non solo esteticamente attraente e di buona fattura, ma anche condurre mente e sentimento verso il messaggio di Gesù. San Giovanni della Croce avvertiva: “Molta vanità e gioia vana può essere in ciò che concerne le immagini e i ritratti (…) quando si ripone gioia nella pittura e nell’ornamento più che in quanto essi rappresentano” (San Giovanni Della Croce “Salita al Monte Carmelo”, libro 3, cap 35 – 36).