di Enrico Ganz
Scopo di questo breve articolo è di presentare le peculiarità del melo Jakob Fischer, quando coltivato a quota molto elevata (1000-1100 metri). Non mi risulta infatti che esse siano riportate nei siti dedicati a questa antica varietà. Quasi sconosciuta in Italia, essa mi fu proposta alcuni anni fa in un vivaio di Termeno, dove mi ero recato, chiedendo consigli su un tipo di melo che fosse adatto per il luogo in cui avrei desiderato piantarlo, posto a 1100 metri dal livello del mare. Questa altitudine è molto elevata per i meli e non ne consente una coltivazione estensiva, per il negativo effetto che le gelate primaverili possono avere sulla fioritura e, nel caso della maggior parte delle varietà, per l’eccessivo rallentamento nella maturazione dei frutti a causa delle basse temperature stagionali. Tra le varietà più adatte per l’alta quota mi fu consigliato il melo Jakob Fischer, sia per la resistenza al gelo, sia per la buona qualità delle mele, sia per la rapida loro maturazione, che nelle aree vocate ai meleti ne consente la raccolta già alla fine di agosto, restando accettabile anche all’estrema altitudine di 1100 metri, dove la raccolta è effettuabile ai primi di ottobre.
Questa varietà prende il nome dal suo scopritore, l’agricoltore Jakob Fischer, che ne scoprì nel 1903 una giovane pianta allo stato selvatico a Rottum, ai bordi della Foresta Nera in Alta Svevia, evidentemente esito di importante mutazione genetica nel seme di qualche altra nota varietà. Fischer ne apprezzò le mele e le presentò alla Wurttemberg Gardening Association di Stoccarda, che a sua volta espresse un parere favorevole sulle loro qualità, favorendone la commercializzazione in Germania tra il 1920 e il 1930. Le mele furono presto conosciute con il nome del loro scopritore o, in alternativa, con il nome “Bella di Oberland” (fig. 1).
Il melo Jakob Fischer ha uno sviluppo vigoroso, raggiungendo un’altezza di quindici metri, che è piuttosto considerevole per il Malus domestica. E’ tuttavia normalmente commercializzato su portainnesto M9-337, che ne limita lo sviluppo arboreo a favore della precocità e della quantità produttiva. Ha una fiorituta di lunga durata, compresa tra aprile e maggio. E’ resistente al gelo, alle malattie fungine, al temibile fuoco batterico, causato dal batterio gram negativo Erwinia amylovora, e alla ticchiolatura, caratteristica patologia micotica dei meli, conseguente a infestazione da Venturia inaequalis. Si presta quindi alla produzione biologica e all’utilizzo come portainnesto per varietà più sensibili al gelo. I terreni pesanti, argillosi, umidi non sono adatti per questo melo, favorendone il cancro, malattia corticale prodotta dai miceti Cylindrocarpon mali e Nectria galligena. Essendo tetraploide, non è in grado di impollinare e perciò per la fruttificazione è necessario che in zona vi siano varietà impollinatrici. Sono segnalate occasionali varietà autofertili. Alle usuali quote in cui sono presenti le coltivazioni di meli (250-600 metri), le mele Jakob Fischer raggiungono il peso di 500 grammi e la raccolta è precoce, essendo possibile tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre. La loro forma è sferoidale, mediamente schiacciata ai poli. La buccia è caratteristicamente bicolore, giallo-verdognola sul versante in ombra e con striature rosse più o meno confluenti sul versante esposto al sole (fig. 2). Su tutta la sua superficie sono presenti sparse e poco evidenti lenticelle (fig. 3). Il peduncolo è piuttosto robusto, di lunghezza variabile (fig. 4).
Uno dei maggiori limiti della mela Jakob Fischer è la scarsa conservabilità: oltre il mese di conservazione la polpa diventa farinosa e poco gradevole. Questo fatto ne ha determinato l’insuccesso commerciale, relegando il melo Jakob Fischer a un utilizzo ornamentale in alcuni giardini della Germania e in meleti di piccole dimensioni, attualmente confinati a Biberach, Memmingen, Ravensburg e Ulm, dove sono peraltro in riduzione, sostituiti da aree residenziali e da altri tipi di coltivazione più redditizia. Per questo motivo e per le sue buone qualità organolettiche è stata recentemente adottata dal Presidio Slow Food. La polpa della mela Jakob Fisher è tenera, succosa, leggermente acidula, con aroma fruttato ed è utilizzata per il consumo fresco, per composte con cannella e per la produzione di succhi.
Come è noto, il terreno e i fattori climatici incidono sensibilmente sulla crescita dei meli, nonché sulla produzione e sulle qualità organolettiche delle mele. Per esempio, la pregiata mela Renetta trova il miglior clima a un’altitudine compresa tra 300 e 600 metri, mentre in pianura si caratterizza per maggiori dimensioni e per una polpa farinosa. In generale, terreni non pesanti, ben drenati, ricchi di sostanza organica favoriscono la salute dei meli; un’altitudine compresa tra 300 e 600 metri e un clima caratterizzato da spiccate escursioni termiche con giorni caldi e soleggiati, seguiti da notti fredde, migliora le qualità organolettiche delle mele.
Sintetizzate le caratteristiche più importanti del melo Jakob Fischer, concludo lo scritto, presentando alcune peculiarità della coltivazione di questa varietà a quota estrema, tra i 1000 e i 1100 metri. In questi luoghi il manto nevoso non costituisce un problema per la sopravvivenza della pianta. Anche il portainnesto M9-337 garantisce buona resistenza alla pianta, consentendole di superare gli inverni più rigidi. Come per ogni altra varietà di melo, la produzione è fortemente condizionata dalle temperature primaverili in corso di fioritura: improvvise gelate possono compromettere il raccolto. La specifica resistenza del melo Jakob Fischer alle avversità biologiche sopra indicate (fuoco batterico, ticchiolatura, muffa) e l’effetto inibente delle basse temperature montane sullo sviluppo di molti parassiti consentono di evitare trattamenti profilattici, garantendo una produzione assolutamente biologica. Occasionali attacchi di afidi sono trattabili con metodo biologico, irrorando le parti attaccate con una composizione di piretrine, che sono estratti naturali del Crysanthemum cinerarifolium, e di piperonilbutossido, inibitore degli enzimi citocromo P-450 dipendenti, consentito in agricoltura biologica. La principale avversità è costituita dagli attacchi dei cervidi, che in inverno si spingono nel fondovalle, scortecciando gravemente i giovani fusti di melo. Le parti danneggiate possono essere rivestite con appositi mastici, ma danni estesi possono compromettere la crescita degli alberi e predisporre all’infestazione da Cylindrocarpon mali (cancro corticale); perciò, in terreni non recintati i meli devono essere protetti da reti metalliche sufficientemente alte, considerando che la stratificazione nevosa può raggiungere un metro sopra il livello del terreno. Infine, è ben noto l’effetto lesivo della grandine sui frutti (fig. 5), evitabile con coperture in rete antigrandine. Le mele raggiungono un peso massimo considerevolmente inferiore a quello delle zone collinose, circa 200 grammi, e devono essere raccolte per il consumo più tardivamente, tra l’ultima settimana di settembre e la prima decade di ottobre. L’aroma è delicato, ma ben percepibile e gradevole, fruttato con ottimo equilibrio tra acidità e dolcezza. Una caratteristica peculiare della mela Jakob Fischer maturata in alta quota è la polpa asciutta, che, unitamente alle altre qualità organolettiche, la rende particolarmente adatta per lo strudel di mele, analogamente alla mela Renetta, alla mela Morgenduft e alla mela Annurca. La mela Renetta, in primis, e la mela Jakob Fisher sono preferibili per la componente acidula che le caratterizza, più spiccata nel caso della Renetta, più tenue nel caso della Jakob Fischer.
Non mi resta che concludere con la ricetta di un dolce, tipico del Trentino e dell’Alto Adige, ereditato dall’Impero austriaco, dove nel corso della storia giunse dall’Ungheria, provenendo dall’Impero ottomano con progressive modifiche delle più antiche ricette, che ci parlano del baklava, una stratificazione di pasta fillò avvolgente un composto di miele e di noci o pistacchi. La tradizionale versione austriaca prevede un rotolo di pasta a base di farina, acqua, uova e olio di oliva, contenente tra le sue spire mele affettate, uvetta sultanina, pinoli, zucchero e cannella. Attualmente l’impasto tradizionale tende a essere sostituito con pasta frolla o con pasta sfoglia. La ricetta qui riportata è quella tradizionale con l’unica variante dell’uso di aromatico vino dolce in sostituzione dell’acqua per l’impasto.
Strudel di mele
Miscelare farina integrale di frumento (290 g) con un uovo, sale (1/3 cucchiaino), olio di oliva (30 ml) e Marsala quanto basta (circa 90-100 ml). Lavorare la pasta per 7 – 8 minuti fino a renderla elastica, morbida e liscia al tatto. Modellarla in forma sferica ed ungerla di olio oppure avvolgerla in pellicola di polietilene; lasciarla riposare per 1/2 ora.
Sbucciare e affettare mele di una varietà non eccessivamente succosa (circa 1200 g), amalgamarle con cannella (4-5 cucchiai da minestra rasi) e zucchero vanigliato (100g).
Stendere con il mattarello la pasta sopra un canovaccio cosparso con un velo di farina, finché la pasta diventa molto sottile.
Stendervi sopra un sottile velo di burro fuso (20 g).
Distribuirvi sopra le mele e di seguito uvetta (100 g) e pinoli (30g). Arrotolare la pasta sollevando il canovaccio.
Produrre dei fori sulla superficie superiore del dolce con i rebbi di una forchetta.
Cottura in forno a 200-220 °C per 30 -35 minuti.
Dopo il raffeddamento cospargere la superficie del dolce con zucchero a velo e servire il dolce a temperatura ambiente con un vino dolce, per esempio, a mio parere, un Southern.