LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 3 (PARTE 1)

VALUTAZIONE E PROVVEDIMENTI PREOPERATORI

Nel precedente capitolo sono state trattate le patologie per le quali può porsi l’indicazione alla gastrectomia e nel loro ambito le indicazioni specifiche. Per quanto riguarda le patologie neoplastiche l’indicazione alla gastrectomia è stata definita considerando l’istotipo e la sede del tumore (fondo, corpo, antro, cardias). Ma all’atto pratico è necessario considerare anche il rischio operatorio in relazione all’età e alle comorbilità del paziente. Inoltre una malattia avanzata può rendere inutile l’intervento, non derivandone un beneficio in termini di sopravvivenza e di qualità di vita. L’estensione della malattia deve essere quindi descritta in un modo che possano essere identificabili definite categorie di gravità, che consentano di definire non solo una prognosi, ma anche un orientamento sul trattamento più opportuno. Sono state perciò elaborate le “stadiazioni”, classificazioni con le quali è possibile assegnare un definito stadio prognostico al singolo caso clinico esaminato. Nel caso degli adenocarcinomi è principalmente utilizzata la stadiazione TNM, che distingue determinati livelli di infiltrazione parietale da parte del tumore primitivo (T), di estensione metastatica nei linfonodi regionali (N) e di metastasi a distanza (M). Nel caso dell’adenocarcinoma gastrico ogni combinazione di un livello T, di un livello N e di un livello M è collocabile in uno tra cinque stadi di malattia, indicati con numeri romani. Alcuni stadi sono suddivisi in sottostadi.

Criteri aggiuntivi possono essere necessari in casi particolari. Per esempio nel caso dell’early gastric cancer sono stati introdotti criteri per orientare sull’appropriatezza di un trattamento endoscopico piuttosto che chirurgico.

Nel seguito di questo capitolo sono esaminati gli accertamenti utili per la stadiazione e per la valutazione del rischio operatorio, nonché i provvedimenti utili in preparazione all’intervento.

3.1.1.1. Indagini  fondamentalii  per  la  stadiazione  in  caso  di  adenocarcinoma

– Tomografia computerizzata (TC) toraco-addominale.

La TC consente di evidenziare metastasi polmonari con maggiore accuratezza della tradizionale radiografia toracica (RX torace) (Cardinale, 2009), rispetto alla quale risulta superiore per il riscontro di nodulazioni polmonari anche qualora si utilizzino tecniche con dose ultrabassa (LD-CT) (Carey, 2020).

Sensibilità e specificità della TC sono aumentate con la sua evoluzione da TC unidetettore a  TC multidetettore (MDTC). Le attuali TC possono sono dotate di 64 (64-MDTC) o più detettori (Anzidei, 2009) La MDTC ha il vantaggio di una maggiore rapidità di acquisizione; inoltre, l’acquisizione di immagini su strati più sottili e di dati volumetrici consente di ottenere immagini su piani coronali, sagittali e obliqui con risoluzione analoga a quella degli originari piani assiali (Burrill, 2007). La MDTC dell’addome con mezzo di contrasto iodato ev ed ingestione di acqua ha evidenziato storicamente risultati interessanti con un’accuratezza del 65% nel definire la profondità d’infiltrazione neoplastica della parete e una sensibilità dell’88% per l’identificazione del tumore primitivo (Cho, 1994). L’esame è effettuato dopo che il paziente ha ingerito 500 ml di acqua 15 minuti prima dell’esame e 250 ml appena prima dell’esame. In successive esperienze l’accuratezza nel definire il grado di infiltrazione della parete gastrica è risultato 80-89% (Kim HS, 2001; Kim HJ, 2005), tanto che la MDTC con mdc ev e contrasto gastrico con acqua è diventata competitiva con l’endoecografia (EUS) nel discriminare i gradi di infiltrazione parietale, in particolare se si utilizzano le ricostruzioni multiplanari (MPR) (Chen, 2007; Kim HJ, 2005). E’ probabile che ulteriori evoluzioni tecnologiche della MDTC consentiranno di ottenere un’accuratezza superiore a quella dell’EUS nel definire il parametro T. Già oggi la MDTC può essere considerata equivalente all’EUS nel differenziare i gradi T2, T3 e T4, mentre l’EUS mantiene una maggior accuratezza nel differenziare T1 da T2 (Hallinan, 2013).

L’accuratezza, la sensibilità e la specificità della MDTC nella stadiazione del parametro N è rispettivamente 69-92%, 78-92% e 62-85,7% (Hallinan, 2013). L’interessamento linfonodale è notoriamente sottostimato dalla TC e più in generale da tutte le indagini strumentali, considerando che non infrequentemente i linfonodi con depositi metastatici possono presentare normali dimensioni.

L’accuratezza per la stadiazione M varia tra il 72% e l’86% (Hallin, 2013). La sensibilità nella ricerca delle metastasi peritoneali è mediocre, presentando una sensibilità del 20% per impianti peritoneali. Infatti, è frequente il riscontro di noduli peritoneali sotto il limite di risoluzione dello strumento (< 5mm). Il riscontro di ascite in assenza di patologia epatica è un segno indiretto che orienta alla presenza di una carcinosi peritoneale.

Anche l’adesione infiammatoria tra stomaco e pancreas e l’infiltrazione neoplastica superficiale del pancreas non sono tra loro discriminabili con certezza.

La MDCT è attualmente l’esame che fornisce il maggior numero di informazioni utili per la stadiazione. Inoltre, nella prospettiva di un ampliamento delle procedure laparoscopiche in chirurgia dello stomaco, la MDCT fornirà un utile supporto nella pianificazione degli interventi mediante l’elaborazione di immagini virtuali tridimensionali (Nishi, 2019).

– Esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS).

L’EGDS orienta la decisione chirurgica in caso di early gastric cancer; per esempio, l’endoscopia associata alle biopsie può consentire di identificare EGC polipoidi di tipo intestinale con infiltrazione mucosa e con diametro < 2 cm e EGC di tipo piano o depresso con infiltrazione mucosa e con diametro < 1 cm, i quali, non essendo associati a metastasi linfonodali, possono essere trattati con semplice tumorectomia senza necessità di linfoadenectomia (vedi cap. 2.2).

In caso di localizzazione cardiale l’EGDS consente di valutare l’estensione superficiale della neoplasia anche con l’ausilio di specifici coloranti, quali il reattivo di Lugol, che aderisce alla mucosa normale, o il blu di toluidina, che colora le aree neoplastiche. 

3.1.1.2. Indagini  accessorie  per  la  stadiazione  in  caso  di  adenocarcinoma

– Laparoscopia esplorativa.

E’ un’indagine utile quando si sospetta che il tumore sia localmente avanzato. Consente di ridurre morbilità e tempi di degenza rispetto all’immediato approccio laparotomico nel gruppo di pazienti che in corso di esplorazione chirurgica sono ritenuti inoperabili (Karanicolas, 2011; Leake, 2012). In casi dubbi consente di chiarire se il tumore è T4a o T4b e di effettuare un prelievo per esame citologico. E’ molto più sensibile di ogni altra indagine strumentale nel rilevare metastasi peritoneali. Per una più precisa definizione del parametro T e per l’identificazione delle metastasi epatiche è d’ausilio la sonda ecografica da 7,5 MHz lineare o orientabile. Questa sonda consente di valutare anche i linfonodi del tripode celiaco.

La laparoscopia è stata proposta per la ricerca di metastasi epatiche e peritoneali in pazienti con tumore del cardias o del fondo gastrico localmente avanzato dopo trattamento chemioterapico. Se sono visibili localizzazioni neoplastiche epatiche o peritoneali, il paziente non è operato e si provvede al posizionamento in esofago di una protesi per via endoscopica in caso di disfagia. In caso di neoplasia della superficie posteriore dello stomaco o della piccola curva gastrica con immagini tomografiche dubbie su infiltrazione del pancreas o del legamento epato-duodenale la laparoscopia consente di valutare meglio i rapporti tra lo stomaco, il parenchima pancreatico e il legamento epato-duodenale e consente di eseguire biopsie.

– Endoecografia (EUS).

L’EUS utilizza sonde di 12 MHz e consente di valutare il parametro T con accuratezza che varia dal 70 al 90% (Dittler, 1993; Grimm, 1993). Il tumore appare come un’area ipoecogena che sostituisce in parte o totalmente la tipica immagine a cinque strati della parete gastrica. L’EUS non consente di esplorare adeguatamente la piccola curva sotto il cardias e parte del fondo. Inoltre, non consente di valutare esattamente le dimensioni di una neoplasia ulcerata, poiché parte dell’ipoecogenicità periferica è causata dalla fibrosi peritumorale (Maruta, 1993). L’interessamento linfonodale è sottostimato dall’EUS, considerando che non infrequentemente i linfonodi con depositi metastatici possono presentare normali dimensioni. L’EUS non è adeguata per la ricerca di metastasi. Infine, altri limiti dell’EUS sono l’accuratezza operatore-dipendente e la necessità di una sedazione. Considerando le prestazioni della MDTC, l’EUS trova attualmente un ruolo importante nell’unica area debole della MDTC, ovvero nel differenziare l’infiltrazione T1 e T2. L’esame è quindi proponibile quando la MDTC e/o l’EGDS non hanno consentito di chiarire  se il tumore gastrico sia T1 o T2. Tuttavia, qualche autore ha evidenziato che un’attenta valutazione con endoscopia convenzionale consente di identificare l’EGC e di differenziare tra T1m e T1sm con un’accuratezza non inferiore a quella dell’EUS (Choi, 2010).

– Risonanza magnetica nucleare (RMN).

La RMN non è di norma utilizzata nella stadiazione del tumore gastrico, sia per i tempi di acquisizione superiori a quelli della TC, sia per gli artefatti causati dalla peristalsi dello stomaco. Alcuni studi hanno evidenziato che l’RMN ha accuratezza maggiore della TC nell’identificare il grado di infiltrazione T1. L’accuratezza raggiunge il 50-60% (Anzidei, 2009; Maccioni, 2010) ed è comunque inferiore ai risultati forniti dall’EUS.

– PET-CT con FDG.

Questo esame non ha utilizzo nella pratica clinica per finalità diagnostica e stadiante. Infatti è un esame con  sensibilità e accuratezza minore o pari a quelle della TC per l’identificazione del tumore primitivo e delle metastasi linfonodali. Tuttavia, è stato evidenziato che la PET-CT può evidenziare metastasi epatiche non riconosciute con TC in almeno il 5% dei casi (Findlay, 2019).

– Ecografia.

Nel percorso stadiante l’ecografia non ha un ruolo importante, essendo sostituita dalla MDTC (Neumaier, 2001). Ha comunque sensibilità del 75% per le metastasi epatiche. L’utilizzo del doppio contrasto (SonoVue ev e mezzo di contrasto ultrasonico orale) è stato ritenuto utile per ottenere accurate valutazioni del parametro T (Wang, 2019). Resta il fatto che l’accuratezza è operatore dipendente e non tutte le aree dello stomaco sono esplorabili.

L’ecografia può essere una risorsa nella stadiazione di neoplasie gastriche ed esofagee avanzate, consentendo un citoaspirato su linfonodi cervicali sospetti.

3.1.1.3. Indagini  speciali  per  la  stadiazione  in  caso  di  adenocarcinoma

– RX clisma opaco o colonscopia.

Queste indagini sono indicate se è previsto l’utilizzo del colon per la ricostruzione. Il clisma opaco deve essere effettuato dieci giorni prima dell’intervento per consentire la completa evacuazione del bario e un’eventuale integrazione dello studio con colonscopia, se indicata sulla scorta dei rilievi emersi nell’indagine radiologica. Deve essere ricercata la presenza di polipi e di diverticoli. Se sono presenti polipi, è opportuna una bonifica prima dell’intervento. Una patologia diverticolare può orientare a preferire un segmento di colon esente dalla patologia.

3.1.2. Indagini  fondamentali  per  la  stadiazione  in  caso  di  linfoma

La stadiazione del linfoma a cellule B è trattata nel capitolo 2.6. Gli esami utili per la stadiazione sono i seguenti:

– esame ematochimico: LDH, transaminasi e fosfatasi alcalina;

– esame dei leucociti su striscio di sangue periferico;

– esame citologico su biopsia del midollo osseo;

– ispezione dell’anello di Waldeyer;

– TC torace, per ricerca di masse del mediastino;

– ecografia o TC addome, per valutare la volumetria splenica ed epatica.

Per la stadiazione si utilizza il sistema di Ann Arbor (Carbone, 1971) o preferibilmente quello di Blackledge modificato (Rohatiner, 1994):

– I: interessamento confinato alla parete gastrica;

– IIa: interessamento dei linfonodi addominali regionali (perigastrici o del tripode celiaco);

– IIb: interessamento dei linfonodi addominali non regionali;

– III: superamento del peritoneo viscerale, interessamento di strutture adiacenti;

– IV: interessamento extranodale (fegato, milza, midollo osseo) o dei linfonodi extraddominali.

3.2. Valutazione  dello  stato  nutrizionale

Nel corso della prima visita è importante riconoscere uno stato di malnutrizione proteico-calorica. Infatti, la malnutrizione è associata a maggiore morbilità e mortalità postoperatoria (Rey-Ferro, 1997; Sungurtekin, 2004; Cid Conde, 2008). Un indice di massa corporea < 18,5 Kg/m2 può essere uno dei criteri per definire uno stato di malnutrizione (Weimann, 2017).

3.2.1.1. Valutazione  rapida  dello  stato  nutrizionale

Nel paziente affetto da un’importante patologia gastrica una malnutrizione può essere conseguente all’anoressia, alla sintomatologia algica postprandiale e/o all’ipercatabolismo sostenuto da una neoplasia gastrica avanzata. Nel corso della prima visita un orientamento sullo stato nutrizionale può essere ottenuto con la valutazione di specifici dati anamnestici e obbiettivi: valutazione dell’habitus fisico, riferito calo ponderale, abiti o bracciale dell’orologio riferiti “larghi” rispetto a un periodo precedente, anoressia, astenia; comparsa di pliche cutanee flaccide, ulcere da decubito, fragilità e rigature delle unghie).

E’ opportuno completare la valutazione clinica rapida dello stato nutrizionale, esaminando i seguenti parametri:

– Calo ponderale: è indicativa di malnutrizione una riduzione di peso negli ultimi dodici mesi uguale o maggiore al 10% del peso usuale. La percentuale è fornita dalla formula:

[(Peso abituale – peso attuale): peso abituale] x 100

Una malnutrizione grave è segnalata da un calo ponderale > 20%. Un calo ponderale del 10% (o del 5% nell’arco di 3 mesi) è già indicativo di malnutrizione significativa, se è associata a un basso indice di massa corporea (BMI) (Weimann, 2017). Per un calcolo rapido del BMI è utilizzabile un metodo indiretto secondo le indicazioni del MUST (Malnutrition Universal Screening Tool): è individuato il punto di mezzo sulla distanza tra l’acromion della scapola e il processo olecranico dell’ulna sul braccio sinistro del soggetto in condizione di flessione a 90° dell’avambraccio sul braccio (l’arto superiore controlaterale è steso lungo il corpo). E’ quindi misurata con un metro a nastro la circonferenza del braccio a livello del punto scelto, dopo che il soggetto ha steso il braccio lungo il corpo in assenza di contrazione muscolare. Se il valore misurato è > 23,5 cm, è probabile che il BMI sia < 20 Kg/m2; se il valore misurato è > 32,0 cm, è probabile che il BMI sia > 30 Kg/m2.

– Albuminemia: è indicativo di malnutrizione un valore < 3,5 g/dL.

– Indice prognostico nutrizionale (Onodera, 1986; Sakurai, 2016): albuminemia (g/dL x 10 + 0,005 x conta linfocitaria nel sangue venoso (numero/mm3). Un valore < 45 indica una significativa malnutrizione.

– Transferrinemia: è valutata in alternativa all’albuminemia. E’ indicativo di malnutrizione un valore < 180 mg/dL.

– Emocromo: un’anemia microcitica indica un deficit di Fe, vitamina B6, Cu, vitamina C o un’emorragia occulta per stillicidio ematico cronico dalla neoplasia; il rilievo di un’anemia macrocitica orienta a un deficit di vitamina B12 o di acido folico; un’anemia normocitica è secondaria a un’emorragia acuta o a una patologia cronica.

Non sono di routine esaminati i seguenti parametri immunologici, che possono comunque presentare valori anomali in conseguenza di una malnutrizione:

– numero di linfociti: valore patologico: < 1500/mm3. La conta linfocitaria ha maggiore significato se è ottenuta per la valutazione dell’indice prognostico nutrizionale.

– Test cutaneo di sensibilità agli antigeni di Candida: la risposta immunitaria è normale se il diametro dell’infiltrato cutaneo è > 1 cm.

Se si conferma che lo stato nutrizionale non è ottimale, è opportuno iniziare un trattamento dietetico ipercalorico per almeno due settimane prima dell’intervento (vedi paragrafo 3.2.2). L’apporto in proteine, vitamine e oligoelementi ha l’obbiettivo di ottimizzare la guarigione delle suture, di ridurre la mortalità in caso di fistola intestinale postoperatoria, di migliorare lo stato immunitario e di migliorare il pool proteico, vitaminico e minerale dell’organismo in previsione dell’inevitabile periodo di adattamento alimentare dopo gastrectomia, caratterizzato talvolta da importante calo ponderale.

3.2.1.2. Valutazione  alternativa  dello  stato  nutrizionale

La valutazione della malnutrizione è effettuabile in modo più accurato, utilizzando il “Malnutritional Universal Screening Tool (MUST)”, che prevede di sommare tre punteggi:

– il punteggio derivante dall’indice di massa corporea (IMC, noto anche come BMI), espresso in Kg/m2 e ottenuto dividendo la massa corporea, espressa in Kg, per l’altezza, espressa in metri, elevata al quadrato:

0 punti se BMI > 20

1 punto se BMI 18,5-20

2 punti se BMI < 18,5;

– il punteggio da calo ponderale involontario negli ultimi 3-6 mesi:

0 punti se calo ponderale < 5%

1 punto se calo ponderale 5-10%

2 punti se calo ponderale > 10%;

– il punteggio da mancato apporto nutrizionale in paziente con patologia:

2 punti se è verificata o prevista una sospensione dell’apporto nutrizionale di durata > 5 giorni.

L’addizione dei punteggi ottenuti nelle tre valutazioni fornisce il rischio globale di malnutrizione:

punteggio nullo: basso rischio;

1 punto: rischio medio;

2 o più punti: rischio alto.

Nel caso di punteggio pari a 1 o superiore è trovare una soluzione per aumentare l’apporto nutrizionale (vedi paragrafo 3.2.2).

3.2.2. Definizione di uno schema dietetico preoperatorio 

Nella maggior parte dei casi non vi è occlusione ed è sufficiente ricostituire la massa magra con una dieta ipercalorica per os. Nel caso in cui la valutazione clinica non abbia rilevato una significativa malnutrizione e nel caso in cui, se applicato il metodo “MUST”, il punteggio sia pari a 1  può essere proposta al paziente un’integrazione alimentare  con specifici prodotti alimentari tipo Fortimel o Ensure, con i quali è possibile fornire circa 100 grammi/die, contenenti circa 17 g di proteine, 15 g di lipidi di origine vegetale principalmente insaturi, 60g di glucidi e il fabbisogno giornaliero in vitamine, ioni, oligoelementi.

Nel caso in cui la valutazione clinica abbia rilevato una significativa malnutrizione e nel caso in cui, se applicato il metodo MUST, il punteggio sia almeno 2 è opportuna una valutazione nutrizionale specialistica.

Ulteriori provvedimenti per il supporto nutrizionale possono consistere in:

– Steroidi anabolizzanti: nandrolone alla dose di 50 mg im ogni tre settimane. Per tale indicazione il farmaco è considerabile “off label”; la sua somministrazione è perciò subordinata alla consegna di un’informativa scritta al paziente, dal quale deve essere inoltre acquisito un consenso scritto e firmato.

– Procinetici come clebopride 0,5 mg 15 minuti prima dei pasti sono utili se vi è evidenza clinica di ipotonia e di stasi gastrica in assenza di occlusione.

– immunonutrizione. 

L’immunonutrizione consiste nella somministrazione di prodotti che migliorano lo stato nutrizionale, potenziando i linfociti T helper, i linfociti natural killer e la risposta anticorpale (Pérez Cruz, 2015; Wong, 2016). Questi prodotti contengono arginina, acidi grassi omega3 e nucleotidi. L’arginina stimola la sintesi proteica ed è coadiuvante nel processo di cicatrizzazione; ha azione vasodilatante, favorendo la perfusione dei tessuti. Gli acidi grassi omega3 stimolano la sintesi di eicosanoidi e riducono i livelli di trigliceridi e di colesterolo nel sangue; hanno azione antiaggregante piastrinica. Queste sostanze migliorano inoltre la resistenza alle infezioni. Una meta-analisi confrontante immunonutrizione con nutrizione enterale ha evidenziato una riduzione delle infezioni, ma non della mortalità postoperatoria (Cerantola, 2011). Se si focalizza l’attenzione sull’entità della riduzione delle giornate di degenza postoperatoria, si ottiene una riduzione media di due giornate (Gianotti, 2002). E’ quindi da valutare il rapporto costo/beneficio dell’immunonutrizione, considerandone l’elevato costo. Nel valutare la reale utilità dell’immunonutrizione non dovrebbero essere trascurati i risultati di una review sistematica, che ha evidenziato una riduzione delle complicanze infettive significativamente più alta negli studi utilizzanti formulazioni prodotte da aziende (Heyland, 2001), quindi in studi verosimilmente affetti da conflitti di interesse. Questa stessa review conferma che l’immunoterapia non offre un beneficio in termini di mortalità postoperatoria. Un’altra review ha valutato sedici studi sull’immunonutrizione in chirurgia dell’apparato digerente, confermando l’associazione tra immunonutrizione e una riduzione delle complicanze infettive; di conseguenza si registra una lieve riduzione dei tempi di degenza. La stessa review evidenzia che tutti gli studi considerati avevano utilizzato prodotti forniti dalle aziende Novartis e Nestlè (Adiamah, 2019).

3.2.3. Valutazione del trattamento nutrizionale  

Lo stato nutrizionale dovrebbe essere rivalutato settimanalmente.

I parametri utilizzabili per monitorare lo stato nutrizionale sono la transferrinemia e l’albuminemia. La transferrinemia (valore patologico: < 180 mg/dL) è preferibile all’albuminemia in quanto è un indice più rapidamente variabile in rapporto allo stato nutrizionale e proteico. Alternative sono la prealbumina (valore patologico: < 10 mg/dL), che ha emivita di 36 ore, e la proteina legante il retinolo, che ha un’emività di 12 ore.

Nel caso in cui la valutazione clinica abbia rilevato una significativa malnutrizione e nel caso in cui, se applicato il metodo MUST, il punteggio sia almeno 2 è opportuna una valutazione nutrizionale specialistica. In questa sede si accenna solamente a un metodo storico per la valutazione delle necessità caloriche: la formula di Harris-Benedict, che consente di valutare il consumo energetico basale e quindi la necessità calorica:

CEB uomo = 66,47 + 13,75 x peso corporeo usuale (Kg) + 5,00 x altezza (cm) – 6,77 x età (anni)

CEB donna = 655,05 + 9,56 x peso corporeo usuale (Kg) + 1,86 x altezza (cm) – 4,67 x età (anni)

Nella formula il peso usuale può essere sostituito da quello ideale se la malnutrizione è cospicua.

Il valore ottenuto è moltiplicato per il fattore di correzione per attività: 1,3 se l’individuo cammina.

La formula di Harris-Benedict fu proposta nel 1918 (Harris, 1918); successivamente sono state proposte ulteriori formule per superarne i limiti nel valutare la necessità calorica in determinate categorie di pazienti (obesi, anziani, ospedalizzati, critici). Tuttavia, l’impressione che si ottiene, valutando gli studi scientifici, è che non esista una formula ottimale neppure in ogni specifica categoria di pazienti, cosicchè il miglior metodo per valutare il fabbisogno energetico è la calorimetria indiretta (Boullata, 2007).

Nell’ambito della valutazione nutrizionale citiamo anche il bilancio azotato, che indica il bilancio tra processi anabolici e processi catabolici:

Bilancio azotato = (g proteine introdotte: 6,25) – (g urea urinaria nelle 24 ore:2,14) – {[(g urea urinaria nelle 24 ore/2,14):100] x 20}- 1,3 g – 0,3 g (o 0,8 g per ogni °C di temperatura corporea sopra i 37 °C) – 2,3 g ogni 10 mg/dL di urea sierica superiore ai valori normali.

g proteine introdotte: 6,25 = azoto introdotto con la dieta

(g urea urinaria nelle 24 ore:2,14) = azoto urinario ureico

[(g urea urinaria nelle 24 ore:2,14):100] = azoto urinario non ureico

1,3 g = azoto perso con le feci

0,3 g = azoto perso con la perspiratio

oppure più semplicemente:

Bilancio azotato = (g proteine introdotte: 6,25) – (urea urinaria nelle 24 ore x 0,45) – 3 g 

Un bilancio azotato positivo indica una condizione di anabolismo prevalente sul catabolismo. Un bilancio negativo indica la necessità di aumentare l’apporto calorico. Un bilancio negativo è definibile “lieve” se pari a 5-10 g/die, “moderato” se pari a 11-15 g/die, “grave” se > 15 g/die.

Qualora lo stato nutrizionale sia compromesso da difficoltà nell’alimentazione (per es nausea, anoressia o disfagia), l’integrazione calorica deve essere effettuata con infusione continua di nutrienti per via enterale o parenterale. Entrambe le vie sono valide per ottenere lo scopo (Bozzetti, 2010). La somministrazione parenterale ha lo svantaggio di una maggiore incidenza di infezioni da batteri G+ appartenenti alla normale flora batterica della cute (Dresen, 2013), ma la breve durata del trattamento pre-operatorio e un’assistenza infermieristica domiciliare per la gestione della terapia consentono di renderne accettabile il rischio. Una nutrizione enterale tramite sondino naso-gastrico è un’alternativa che può essere mal tollerata. Un’ulteriore possibilità è la nutrizione enterale tramite catetere digiunostomico. Se è scelta questa possibilità, l’accesso preferibile è laparoscopico.

 

3.1

Fig. 3.1

Digiunostomia per via laparoscopica: la procedura è completata con il posizionamento di alcuni punti tra fascia trasversalis e contorno dell’orifizio digiunale

Infatti, la procedura laparoscopica consente anche di perfezionare la stadiazione preoperatoria.

In anestesia generale è insufflata CO2 nel cavo addominale tramite un trocar da 12 mm sotto-ombelicale fino a una pressione di 15 mm Hg. Sono introdotti due trocar da 10 mm nei quadranti inferiori destro e sinistro dell’addome. Un catetere Ø 14 Fr è introdotto tramite un’incisione nel quadrante addominale superiore sinistro e la sua estremità è esteriorizzata attraverso il trocar ombelicale. Il trocar ombelicale è estratto e reintrodotto a lato del catetere. Il digiuno è marcato con un punto circa 20-30 centimetri distalmente al legamento di Treitz, è afferrato con una pinza ed è esteriorizzato dall’orifizio sotto-ombelicale, adeguatamente allargato. La digiunostomia è confezionata 20-30 cm a valle della flessura duodeno-digiunale, tunnellizzando nella sottomucosa del digiuno il catetere (fig. 10.1.1) per almeno 10 cm; il catetere è quindi introdotto nel lume intestinale per almeno 10-20 centimetri. Completano la procedura una borsa di tabacco attorno all’orifizio d’ingresso del catetere nel digiuno e il posizionamento di alcuni punti tra fascia trasversalis e contorno dell’orifizio digiunale (fig. 3.1) (Ballantyne, 2000).

La nutrizione enterale è meglio attuata con diete elementari, per ovviare al ridotto mixing con il secreto bilio-pancreatico che caratterizza la nutrizione tramite digiunostomia. Sono disponibili in commercio prodotti per dieta elementare in confezioni sterili da 1000 ml con 1 Caloria/ml. L’osmolarità delle diete elementari (superiore a 300 mOsm/L) può causare nausea, vomito, dolori addominali colici e/o diarrea. In tal caso la riduzione della velocità d’infusione e l’aggiunta di additivi gelatinosi può evitare il problema, ma se la riduzione della velocità d’infusione è tale da non consentire di somministrare la dose prescritta nelle 24 ore, è opportuno ricorrere ad una dieta polimerica con osmolarità non superiore ai 300 mOsm/L.

La nutrizione enterale è trattata nel capitolo “Complicanze della gastrectomia”.

Accenniamo infine alle indicazioni del protocollo ERAS per quanto concerne l’apporto nutrizionale il giorno precedente l’intervento. Secondo gli autori di questo protocollo è raccomandato un carico di carboidrati, consistente in 800 ml di soluzione al 12,5% di glucosio la sera prima dell’intervento seguito da 400 ml della stessa soluzione 2 ore prima dell’induzione anestesiologica. Lo scopo è di ridurre la resistenza insulinica indotta dallo stress chirurgico, migliorare di conseguenza il controllo glicemico postoperatorio e favorire la ripresa dell’attività intestinale (Gustafsson, 2012; Mariette, 2015; Smith, 2011; Weimann, 2017).

3.3. Valutazione  della funzionalità  respiratoria

Oltre all’obbiettività e ai rilievi tomografici del torace in caso di broncopneumopatia si considerano i seguenti parametri:

– emogasanalisi arteriosa: fornisce dati importanti per valutare l’entità del rischio operatorio (vedi indici di Goldman, sezione 3.11). Una pO2 < 60 mmHg indica un’importante compromissione della funzionalità respiratoria.

– Spirometria: consente di valutare l’opportunità di una fisiochinesiterapia respiratoria preoperatoria e di seguire l’evoluzione della funzionalità respiratoria nel corso della stessa. Si valutano i seguenti parametri:

– capacità polmonare totale,

– capacità vitale,

– capacità funzionale residua,

– volume residuo,

– volume espiratorio massimo per secondo.

In caso di bronchite asmatica non precedentemente trattata è indicato un trattamento con glucocorticoidi inalatori ad alte dosi per almeno quattro settimane, per esempio beclometasone dipropionato 1 mg o altro glucocorticoide, come budesonide, associato a bromuro di ipratropio 250 microg ogni dodici ore. Contemporaneamente è somministrato per os un broncodilatatore beta2 adrenergico, come formoterolo 6 microg ogni dodici ore. L’associazione di un beta2 adrenergico con ipratropio bromuro migliora la funzionalità respiratoria rispetto al solo beta2 adrenergico.

I pazienti con BPCO dovranno inoltre essere trattati con fisiochinesiterapia respiratoria e adeguata idratazione per fluidificare le secrezioni bronchiali; ai farmaci per l’asma è aggiunto un mucolitico come ambroxol 30 mg x 3/die per os o 15 mg in soluzione inalatoria allo 0,75% ogni dodici ore. Una valida alternativa all’ambroxol è la carbossimetilcisteina 2,5 g per os in unica somministrazione giornaliera. Una settimana prima dell’intervento è intrapreso un trattamento con un macrolide, un fluorochinolonico o una tetraciclina, per sterilizzare le secrezioni bronchiali. Eventuali infezioni polmonari sono trattate con antibiotico ad ampio spettro. Il fumo di sigaretta deve essere sospeso almeno dieci giorni prima dell’intervento.

3.4. Valutazione  della  funzionalità  cardiaca  nei  cardiopatici

– ECG dinamico;

– ecocardiografia: fornisce dati sulla morfologia e sulla funzionalità delle valvole cardiache, degli atri e dei ventricoli; fornisce perciò importanti dati per individuare i pazienti che necessitano di sorveglianza postoperatoria in un’Unità di Terapia intensiva.

3.5. Studio dei  tronchi  arteriosi  sovra-aortici  nei  pazienti  con anamnesi  di  TIA  o  ictus

– ecocolordoppler: se si evidenzia una stenosi dell’arteria carotide comune o interna > = 70% da un lato e > = 50% dall’altro lato è indicata una TEA carotidea sul lato in cui la stenosi è predominante anche se il paziente è asintomatico. Se si evidenzia una stenosi dell’arteria carotide comune o interna > = 85% da un lato e nessuna stenosi controlateralmente è indicata una TEA carotidea sul lato in cui è presente la stenosi se la placca che determina la stenosi appare ecograficamente disomogenea, se la stenosi è sintomatica o se vi è anamnesi di TIA o ictus. Se si evidenzia un’occlusione dell’arteria carotide comune o interna da un lato e una stenosi dall’altro lato è indicata una TEA carotidea sul lato in cui è presente la stenosi anche se il paziente è asintomatico. Prima dell’intervento vascolare è opportuno confermare i dati forniti dal doppler con uno studio angiografico o tomografico dei tronchi sovra-aortici. La gastrectomia può essere effettuata una settimana dopo l’esecuzione della TEA. In alternativa alla TEA è possibile posizionare uno stent carotideo per via femorale se la placca non è disomogenea (quindi potenzialmente emboligena) all’immagine ecografica. Anche in questo caso la gastrectomia è effettuata una settimana dopo l’intervento. Se il doppler evidenzia un flusso cerebrale mediato esclusivamente dalle arterie cervicali non è indicato un preliminare intervento vascolare.

3.6. Valutazione  dell’assetto  coagulativo:  PT,  PTT  e  piastrine

Un PT normale con PTT prolungato può indicare un deficit di fattore VIII, IX, XI o XII (fattori della via intrinseca), la presenza di anticorpi anticardiolipina (IgM o IgG) oppure, più frequentemente, un blocco della via intrinseca causato dall’eparina. Per minimizzare il sanguinamento operatorio è necessario che la posologia della calciparina non aumenti il PTT oltre il valore di 40 o alternativamente si può sostituire l’eparina calcica con un’eparina a basso peso molecolare.

Se l’elevazione del PTT non è correlato a un trattamento eparinico una definizione eziologica potrà essere ricercata esaminando i seguenti esami emato-chimici:

– emocromo con formula; PT, PTT; antitrombina III sierica, fibrinogeno sierico; anticorpi anticardiolipina (IgM o IgG); test di Mixin. Se il PTT è normalizzato nel test di Mixin è indicata la ricerca del fattore VIII e del fattore IX. In caso contrario possono essere implicati anticorpi inibitori (per es. manifestazione tipica negli epatocarcinomi avanzati).

Il PT rileva un’alterazione della via estrinseca della coagulazione, via che dipende dal fattore tessutale della coagulazione. Un PT elevato (>1,7) indica frequentemente un trattamento anticoagulante con dicumarolico, un deficit di vitamina K espressione di insufficienza epatica o più raramente un deficit di fattore VII. Nel primo caso il dicumarolico deve essere sostituito con un’eparina a basso peso molecolare circa cinque giorni prima dell’intervento, nel secondo caso il trattamento con vitamina K (10 mg im/die) aumenta la sintesi dei fattori vitamina K dipendenti (fattore II, VII, IX e X) e normalizza il PT.

Se l’elevazione del PT non è correlato a un trattamento anticoagulante una definizione eziologica potrà essere ricercata esaminando i seguenti esami emato-chimici:

– emocromo con formula; PT, PTT; antitrombina III sierica, fibrinogeno sierico; Ac anticardiolipina IgM e IgG; test di Mixin e solo se il PT rimane allungato: fattore VII e fattore V di Leiden; transaminasi e gamma GT sieriche; bilirubina, Cr e urea sieriche.

Un dato anamnestico di anomali sanguinamenti in assenza di un’alterazione di PT e PTT può essere compatibile con rare anomalie della coagulazione che non alterano i parametri sopra indicati; si impone perciò una ricerca diagnostica da parte di un ematologo specializzato in disordini della coagulazione.

I pazienti candidati alla gastrectomia possono presentare patologie, quali l’adenocarcinoma o la gastropatia di Ménétrier, che comportano ipercoagulabilità e quindi un significativo rischio di trombosi venosa. In particolare il paziente con adenocarcinoma gastrico ha spesso un complesso disordine dei meccanismi deputati alla coagulazione e può presentare flebotrombosi superficiali e profonde recidivanti mesi prima della diagnosi. Tale fenomeno è noto come “sindrome di Trousseau”, in quanto inizialmente descritto da Trousseau nel 1865 in un paziente con neoplasia gastrica. La sindrome è stata successivamente dimostrata in associazione con pressocché tutti i tipi di adenocarcinoma, in particolare in sede pancreatica e di tipo mucinoso. Elementi fisiopatologici noti della sindrome sono  l’attivazione dei fattori della coagulazione indotta da sostanze tumorali (fattore tissutale, mucine, citochine infiammatorie) in grado di legarsi alla l-selectina e alla p-selectina endoteliale; ne consegue la formazione di microtrombi. Le piastrine possono aderire anche a microemboli neoplastici. Si nota la riduzione dell’antitrombina III secondaria alla formazione intravascolare di trombina e l’aumentata degradazione della trombomodulina, cofattore della proteina C, mediata dal fattore di necrosi tumorale (Fengler, 1990; Nashitz, 1992; Nashitz, 1993; Monreal, 1991; Oster, 1976; Pineo, 1974; Rickles, 1983 Rickles, 2006; Sacks,1977; Winter, 2006).

In presenza di un dato anamnestico di trombosi venose è utile valutare i seguenti valori nel sangue (Testa, 2004):

– emocromo con formula; PT, PTT; antitrombina III sierica, fibrinogeno sierico; proteica C; proteina S; test di resistenza alla proteina C attivata; ricerca del fattore V di Leiden; omocisteina sierica; LAC (anticoagulante lupico); Ac anti beta2 glicoproteina; Ac anticardiolipina IgM e IgG; MTHFR (analisi di mutazione del gene codificante per la metilen-tetraidrofolato reduttasi su prelievo di sangue).

Caratteristicamente le manifestazioni trombotiche della sindrome di Trousseau rispondono scarsamente al trattamento dicumarolico (Bell, 1985) e a fondaparinux sodico (Stevenson, 2005), mentre è adeguata la protezione offerta dall’eparina sodica e dalle eparine a basso peso molecolare, pur con diversa efficacia evidenziata in vitro tra differenti eparine a basso peso molecolare (Abilgaard, 1992; Bell, 1985; Borsig, 2003; Koenig, 1998; Ludwig, 2006; Mousa, 2004; Stevenson, 2005). L’asportazione della massa tumorale generalmente risolve la sintomatologia e ha dunque un importante ruolo palliativo.

In previsione di una valutazione ematologica possono essere utili i seguenti esami emato-chimici: emocromo con formula, INR, PTT, proteina C sierica, proteina S sierica, antitrombina III sierica, fibrinogeno sierico, omocisteina sierica; LAC (anticoagulante lupico), Ac anticardiolipina; fattore V di Leiden; transaminasi e gamma GT sieriche; bilirubina, creatinina e urea sieriche; MTHFR (analisi di mutazione del gene codificante per la metilen-tetraidrofolato reduttasi su prelievo di sangue); CEA.

Una storia di flebotrombosi recidivanti impone un trattamento profilattico con calciparina 12500 UI sc x 2/die o preferibilmente con un’eparina a basso peso molecolare, che ha analogo effetto anticoagulante e minor rischio emorragico sia per una minore attivazione dell’antitrombina e una minore inibizione delle piastrine, sia per una minore frequenza di attivazione della sintesi di IgG antipiastrine. In entrambi i casi la conta piastrinica deve essere controllata settimanalmente. Se è presente una trombosi venosa dell’asse iliaco-femorale è prudente posizionare un filtro cavale prima dell’intervento.

In appendice a questo capitolo è riportato un algoritmo orientativo per i più opportuni provvedimenti di profilassi antitrombotica (documento 3.4).

3.7. Valutazione della funzionalità renale: dosaggio di creatinina e urea siericheionemia (Na+, K+)analisi delle urine (pH, peso specifico, proteine, glucosio, esterasi leucocitaria, Hb, sedimento)Se è evidenziata un’alterazione della funzionalità renale le ulteriori indagini utili sono:

– dosaggio di acido urico, proteine, calcio, magnesio e fosfato sierici;

– misurazione nelle 24 ore del volume urinario, creatinina, urea, Na+, K+, proteine;

– calcolo della clearance della creatinina [(creatininuria (mg/dl) x volume urinario (ml/min)] : [creatininemia (mg/dl) x tempo in minuti]Tra le diverse formule per il calcolo della clearance della creatinina si ricorda anche la formula di Cockcroft-Gault, utilizzabile per l’adattamento della posologia dei farmaci nell’insufficienza renale cronica (Spruill, 2008): [Peso (Kg) x (140-età)] : creatinina sierica (mg/dL) x 72. Nella donna il risultato è moltiplicato per 0,85.

Pazienti con clearance della creatinina < 30 ml/min e significativa anemia di origine renale possono beneficiare pre-operatoriamente di un trattamento con epoetina alfa 8000UI 1 fl/settimana (o altro farmaco con azione eritropoietinica) per un mese, al fine di contrastare l’anemia.

– determinazione del pH e dell’equilibrio acido-base su prelievo venoso;

– ecografia renale se l’insufficienza renale è di recente insorgenza, per escludere una nefropatia ostruttiva.

3.8. Valutazione della funzionalità del pancreas endocrino: glicemia. Se la glicemia a digiuno fosse > 110 mg/dL in due consecutivi prelievi, sarebbe opportuna una valutazione diabetologia previo dosaggio della glicosuria e dell’emoglobina glicata.