LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 3 (PARTE 2)
3.9. Valutazione della funzionalità epatica: bilirubina sierica, transaminasi, gamma GT, LDH, PT, albuminemia
Se questi parametri sono alterati, la TC addominale consente di precisare se il paziente è affetto da metastasi epatiche o da cirrosi epatica. In caso di insufficienza epatica secondaria a cirrosi deve essere preoperatoriamente valutata clinicamente e tomograficamente l’entità del versamento ascitico e con l’esame neurologico il grado di encefalopatia. La classificazione di Child (Child, 1973), qui presentata nella versione modificata da Pugh (Pugh, 1973), utilizza questi dati per fornire una guida nel definire il rischio operatorio in presenza di un’epatopatia:
Sommando i punteggi si ottengono tre classi, alle quali è associabile una mortalità in relazione a determinati interventi chirurgici.
Classe A: 5-6 punti
Classe B: 7-9 punti
Classe C: 10-15 punti
Nei pazienti con un punteggio superiore a 9 è controindicata una gastrectomia e/o una resezione esofagea.
Alcuni studi hanno valutato la fattibilità di una gastrectomia D2 nei diversi stadi della classificazione Child-Pugh. L’orientamento che ne deriva è che l’intervento di gastrectomia per sè è fattibile nei pazienti Child-Pugh A senza importante aumento della mortalità e della morbilità rispetto a quanto osservato in pazienti non cirrotici. Un aumento di morbilità e di mortalità diventa evidente in stadio B, ma è accettabile. Una linfoadenectomia D2 è sconsigliabile in stadio B, comportando un’alta incidenza di ascite intrattabile e un’elevata mortalità postoperatoria (Jang, 2008; Lee, 2005; Ryu, 2005). In stadio B una linfoadenectomia D2 comporta una mortalità di almeno il 40% rispetto alla mortalità del 10%, che fu osservata in pazienti sottoposti a linfoadenectomia D2 nel trial Dutch (Guo, 2014). Tuttavia, si deve considerare che anche in stadio A il rischio di sequele correlate all’insufficienza epatica è significativo, pur essendovi un limitato aumento della mortalità. La morbilità consiste principalmente in ascite, seguita da encefalopatia epatica e infezioni, mentre il rischio di deiscenza anastomotica non appare aumentato (Lee, 2005). L’opportunità di valutare attentamente l’indicazione a una linfoadenectomia D2 nei pazienti cirrotici è supportato dall’osservazione che la patologia epatica limita significativamente la sopravvivenza a lungo termine: in uno studio la sopravvivenza a 5 anni nei pazienti epatopatici trattati per adenocarcinoma T1 è risultata del 50% (versus > 90% in assenza di patologia epatica) e il decesso era determinato dall’evoluzione della patologia epatica (Ikeda, 2009).
3.10. Valutazione della crasi ematica: emocromo, sideremia, volume globulare medio degli eritrociti
Un’anemia microcitica indica un deficit di Fe, vitamina B6, Cu o un’emorragia per stillicidio cronico; un’anemia macrocitica un deficit di vitamina B12, acido folico; un’anemia normocitica un’emorragia acuta o una patologia cronica. Accertata un’anemia, se si sospetta un deficit nutrizionale si dosano le sostanze di cui si sospetta la carenza. Ne sono di seguito riportati i valori normali:
– ferro: 60-160 microg/dL
– ferritina: 20-300 microg/L
– rame: 70-150 microg/dL
– vitamina B12: 200-800 ng/L
– acido folico: 3-20 microg/L
– vitamina C: 0,5-1,7 mg/dL.
La situazione più frequente è un’anemia sideropenica da sanguinamento in ulcera tumorale. Se l’Hb è < 9 ed è evidenziato un suo progressivo calo nei più recenti valori, è indicata un’EGDS e, se negativa, una colonscopia, per escludere una concomitante patologia del colon. Trasfusioni di sangue sono indicate se l’Ht è < 28. In ogni caso è indicato un trattamento marziale per alcune settimane, previa valutazione della sideremia. Per l’indicazione al trattamento con eritropoietina vedi sezione 3.13.
3.11. Valutazione del rischio operatorio
Il rischio operatorio è graduabile secondo una classificazione molto prossima a quella della classificazione ASA (American Society of Anesthesiologists):
La più recente versione della classificazione ASA prevede le seguenti definizioni (Hocevar, 2020):
– ASA 1: paziente sano
– ASA 2: paziente con patologia sistemica lieve
– ASA 3: paziente con patologia sistemica severa senza rischio di decesso (per es diabete, insufficienza renale cronica)
– ASA 4: paziente con patologia sistemica severa con costante rischio di decesso (per es angina instabile)
– ASA 5: paziente moribondo che non potrebbe sopravvivere più di 24 ore senza l’intervento chirurgico (per es aneurisma rotto dell’aorta addominale)
– ASA 6: paziente in morte cerebrale per il quale è possibile effettuare un prelievo di organi per trapianto in altro paziente
Una valutazione complementare è effettuabile calcolando l’indice cardiaco di Goldman, che consente di valutare il rischio di eventi cardio-vascolari dopo interventi non cardiochirurgici (Goldman, 1977):
Una valutazione complementare è effettuabile calcolando l’indice cardiaco di Goldman (1977):
Se il punteggio supera il valore di 26, la mortalità peroperatoria per cause cardiache si aggira sul 55% e le complicanze gravi si verificano in circa il 20% dei pazienti.
Per la valutazione del rischio cardiologico può essere utilizzato anche il seguente punteggio.
Punteggio per l’identificazione dell’indice di rischio cardiaco secondo Goldman modificato da Detsky (Detsky, 1986)
Una classificazione alternativa dell’indice di rischio cardiaco è il seguente:
Classe I: punteggio da 0 a 5: 6% di complicanze cardiache
Classe II punteggio da 6 a 12: 7% di complicanze cardiache
Classe III: punteggio da 13 a 25: 20% di complicanze cardiache
Classe IV: punteggio da 26 a 100: 100% di complicanze cardiache
Per scadenti condizioni generali si intende: PO2 < 60; PCO2 > 50; K < 3; HCO3 < 20; BUN > 50; Creatinina sierica > 3; SGOT elevata; cirrosi epatica.
Sul piano operativo si dovrà considerare quali possibilità vi siano per ottimizzare la terapia cardiologica in caso di rischio intermedio o alto. Si dovrà inoltre valutare se in caso di cardiopatia ischemica il compenso cardiaco possa essere migliorato con un intervento di rivascolarizazione coronarica mediante angioplastica o chirurgia tradizionale. Si devono definire con il cardiologo le linee di priorità tra la procedura cardiologica e l’intervento di gastrectomia, considerando anche le implicazioni di un eventuale trattamento antiaggregante nella previsione dell’intervento di gastrectomia.
In caso di sindrome di Brugada dovrà essere concordata con il cardiologo e con l’anestesista l’opportunità di un monitoraggio postoperatorio in Terapia Intensiva e sarà messo a disposizione del personale medico l’elenco dei farmaci che non devono essere utilizzati per il rischio aritmogeno:
– farmaci da evitare assolutamente:
– – Antiaritmici: ajmalina, flecainide, procainimide, propafenone.
– – Psicotropi: amitriptilina, clomipramina, desipramina, litio, loxapina, nortriptilina, oxcarbazepina, trifluoperazina.
– – Anestetici/analgesici: bubivacaina, procaina, propofol.
– – Altre sostanze: acetilcolina, accessiva assunzione di alcool, cocaina, ergon ovina.
– farmaci da evitare se possibile
– – Antiaritmici: amiodarone, cibenzolina, disopyramide, lidocaina, propanololo, verapamil, vernakalant.
– – Psicotropi: carbamazepina, ciamemazina, clotiapina, dosulepina, doxepina, fluoxetine, fluvoxamina, imipramina, lamotrigina, maprotilina, paroxetina, perfenazina, fenitoina, tioridazina.
– – Anestetici/analgesici: ketamina, tramadolo.
– – Altre sostanze: demenidrinato, difenilidramina, edrofonio, indapamide, metoclopramide, terfenadina, fexofenadina.
Non è escludibile che altri farmaci abbiano effetti proaritmici anche gravi. E’ opportuno ridurre all’essenziale la terapia farmacologica.
Per una versione aggiornata dell’elenco farmacologico è consultabile il sito
3.12. Consenso informato
La legge del 28/3/2001, n.145 prevede all’art. 5 che “un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona riceve innanzitutto una informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze e i suoi rischi. La persona interessata può, in qualsiasi momento, liberamente ritirare il proprio consenso”. Una successiva legge ha previsto che la documentazione relativa al Consenso informato sia depositata in cartella clinica. Quindi, prima dell’intervento il paziente deve essere informato su tipo, modalità, rischi e sequele ed eventuali menomazioni correlati al trattamento chirurgico che gli è consigliato. L’informazione è fornita nel corso di un colloquio e deve essere integrata da una scheda informativa su benefici, rischi ed eventuali menomazioni correlati al trattamento. E’ inoltre consegnata al paziente per la firma una scheda per il consenso al trattamento proposto. Gli originali di queste schede informative devono essere inseriti nella cartella clinica, firmati dal paziente. Il paziente deve apporre la sua firma in calce a una dichiarazione di consenso o di rifiuto a sottoporsi ad infusioni di sangue omologo, di plasma o di derivati del plasma in caso di necessità. Nella scheda informativa relativa alle trasfusioni di sangue deve essere indicata l’esistenza di un rischio infettivo derivante da tali infusioni.
Negli schemi 3.1 e 3.2. sono riportati esempi di scheda informativa con dichiarazione di consenso al trattamento rispettivamente chirurgico e anestesiologico.
3.13. Provvedimenti vari
– Programmazione di un trasferimento presso strutture riabilitative, se si prevede che il paziente possa necessitare di prolungata fisioterapia successivamente all’intervento.
– Determinazione del gruppo sanguigno.
– Determinazione dei marcatori di HBV, HCV (marcatori HIV solo in caso di fattori di rischio e previa autorizzazione del paziente).
– “Predonazione” di sangue autologo
E’ una procedura effettuata in alcuni Centri ospedalieri. In assenza di contro-indicazioni al prelievo (per es marcata anemia) sono prelevate 2 U di sangue tre settimane prima dell’intervento. Il sangue è concentrato e conservato con citrato a 4°C per eventuali trasfusioni durante e/o dopo l’intervento. Un trattamento con eritropoietina, per aumentare l’eritropoiesi, è indicato in pazienti con anemia di grado moderato (Ht 33-39 senza carenza di ferro), quando il periodo necessario per ottenere il quantitativo sufficiente di sangue autologo è troppo breve (ex nota 12 della CUF). Per la prescrizione di eritropoietina deve essere compilato il modulo “Piano terapeutico” (GU 270 del 18/11/2010).
– Vaccinazione contro l’epatite B almeno due settimane prima dell’intervento. Questo provvedimento è facoltativo.
– Vaccinazione antipneumococcica se è prevista una splenectomia. La necessità di questo provvedimento nel periodo preoperatorio è dubbia, poiché è molto raro che in un paziente splenectomizzato manifesti una sepsi da pneumococco nel periodo postoperatorio (Schwartz, 1980). Tuttavia, considerato che l’incidenza di sepsi postsplenectomia è di 0,13/100 persone per anno, che il rischio è maggiore nei primi anni dopo la splenectomia e che la mortalità è elevata (Cullingford, 1991; Ejstrud, 2009; Krinstinsson, 2014; Kyaw, 2006; Standage, 1982), appare raccomandabile effettuare la vaccinazione antipneumococcica e antihaemophilus e il momento migliore può essere il periodo pre-operatorio, almeno due settimane prima dell’intervento.
Si descrive nel seguito una tipica procedura per la gestione complessiva della vaccinazione, tenendo conto che può essere diversamente declinata nelle diverse realtà ospedaliere.
La prima seduta di vaccinazione post-splenectomia è eseguita in regime di “Pre-ricovero” e comprende i seguenti vaccini:
# Anti-pneumococcico 13 valente (Prevenar 13 1 fl s.c./i.m.) (Bonanni, 2017);
# Anti-haemophylus polisaccaridico di tipo B coniugato con tossoide tetanico (Hiberix 1 fl i.m.).
Il medico che segue gli accertamenti di prericovero provvede a segnare in cartella clinica i vaccini da somministrare al paziente. Devono esserne indicati il nome commerciale, la dose (1 fl) e la modalità di somministrazione (i.m.).
L’infermiere richiede i vaccini alla Farmacia ospedaliera. Nella richiesta devono essere indicati i seguenti dati del paziente: dati anagrafici, diagnosi, data di somministrazione.
L’infermiere provvede a somministrare i vaccini, tenendo presente che essi non devono essere iniettati in aree contigue.
Dopo la vaccinazione l’infermiere applica i tagliandi con il numero di lotto nella cartella infermieristica e compila il certificato di vaccinazione del Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS di riferimento relativamente alla prima seduta vaccinale. Il certificato è inviato con FAX all’ufficio Igiene. Il riscontro dell’invio è conservato in cartella clinica.
La seconda seduta vaccinale è prevista 15 giorni dopo la prima inoculazione: una dose di vaccino antimeningococcico quadrivalente ACWY-135 coniugato.
La terza seduta vaccinale è eseguita almeno otto settimane dopo la somministrazione di vaccino antipneumococcico: una dose di vaccino antipneumococcico coniugato 13 valente.
La quarta seduta vaccinale è prevista almeno otto settimane dopo la somministrazione della prima dose di vaccino antimeningococcico: una dose di vaccino antimeningococcico quadrivalente ACWY-135 coniugato.
Se il paziente è dimesso prima del quindicesimo giorno, nella lettera di dimissione è indicato dal medico compilatore l’appuntamento per l’iniezione del vaccino antimeningococcico nel reparto degenze. E’ inoltre invitato a contattare l’ufficio Igiene per il completamento del programma vaccinale.
Dopo la seconda seduta vaccinale, eseguita in ricovero o in post-ricovero, l’infermiere applica il tagliando con il numero di lotto nella cartella infermieristica e invia all’ufficio Igiene copia aggiornata del certificato.
– Sostituzione di un’eventuale terapia con anticoagulanti orali cinque giorni prima dell’intervento con un’eparina a basso peso molecolare o con eparina calcica 12500 UI sc x 2/die o 5000 UI x 3/die. La conta piastrinica deve essere controllata il giorno prima dell’intervento. Se si manifesta ipopiastrinemia, si deve valutare l’opportunità di rinviare l’intervento e la profilassi antitrombotica sarà proseguito con fondaparinux sodico sc, derivato eparinico sintetico somministrabile in presenza di ipopiastrinemia indotta da EBPM.
Trattamenti anticoagulanti con dabigatran, inibitore della trombina, e apixaban o rivaroxaban, inibitori del fattore Xa, devono essere sospesi e sostituiti con un’EBPM due giorni prima dell’intervento, se la clearance della creatinina è nella norma. Il rivaroxaban può essere sospeso due giorni prima dell’intervento anche nel caso di crearance della creatinina significativamente compromessa (la clearance deve essere almeno > = 15 ml/min).
Almeno dieci giorni prima dell’intervento deve essere sospeso anche un eventuale trattamento antiaggregante con acido acetilsalicilico, se esso non è ritenuto essenziale dal cardiologo. Analogamente dovrebbe essere sospesa la somministrazione di antiaggreganti piastrinici più potenti, come il clopidrogel. Vi sono situazioni in cui questa sospensione è associata a significativo rischio cardiologico. Qualora il trattamento con clopidogrel sia essenziale, ma sia anche a termine (per esempio dopo impianto di stent coronarico) e l’intervallo di tempo per il termine della terapia non superi due-tre settimane, si dovrà valutare se l’intervento di gastrectomia sia rinviabile fino alla sospensione del clopidogrel; in caso contrario l’antiaggregante per os deve essere sostituito almeno una settimana prima dell’intervento con Aggrastat in infusione endovenosa continua in ambiente ospedaliero. La terapia antiaggregante ev è sospesa 5 – 6 ore prima dell’intervento e ripresa per os nelle successive 48-72 ore.
– Preparazione colica nel caso in cui sia previsto utilizzare il colon per la ricostruzione. Due giorni prima dell’intervento è iniziata una dieta liquida; il giorno prima è somministrata una soluzione lassativa di fosfato di sodio (Phospho Lax) al mattino e alla sera. Se non è necessario intervenire sul colon, è indicata una preparazione intestinale meno energica, per esempio iniziando una dieta semiliquida senza scorie due giorni prima dell’intervento e somministrando un flacone di X Prep (soluzione di senna) il giorno prima dell’intervento o più semplicemente effettuando un clisma rettale.
– Prosecuzione dell’eventuale terapia anti-aritmica e anti-ipertensiva fino al mattino dell’intervento. Alcuni anestesisti preferiscono prudenzialmente sospendere i sartanici e gli ACE inibitori rispettivamente quarantotto ore e ventiquattro ore prima di un blocco peridurale, al fine di evitare possibili picchi ipotensivi.
– Igiene del cavo orale con collutori a base di clorexidina 0,2%. Una candidiasi dell’orofaringe è trattata con nistatina in sospensione per os o sciroppo alla dose di 500000 U x 4 die o con amfotericina B in sospensione per os alla dose di 500 mg x 4 die.
– Flurazepam 15 – 30 mg o clorazepam 1 mg la sera prima dell’intervento. Queste molecole hanno il pregio avere proprietà ansiolitica senza alterare le fasi REM del sonno.
– Posizionamento di sondino naso-gastrico, catetere vescicale e catetere venoso centrale il giorno dell’intervento. Il catetere vescicale è preferibilmente posizionato dopo l’induzione dell’anestesia.
– Emodialisi il giorno precedente l’intervento in caso di IRC in trattamento emodialitico.
Documento 3.1 – Esempio di scheda informativa sul trattamento chirurgico.
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Documento 3.2 – Esempio di informativa sulle procedure anestesiologiche.
Documento 3.3 – Esempio di procedura di ricovero per pazienti operandi di gastrectomia. Le assegnazioni dei compiti e la scelta dei farmaci sono orientativi; l’essenziale è che in una determinata U.O. siano definiti i farmaci utilizzabili e siano chiare le responsabilità del personale; fermo restando che il mancato espletamento da parte di un componente dell’equipe non deresponsabilizza altri dal porvi rimedio.
Documento 3.4 – Esempio di documento per la valutazione del rischio trombotico e della profilassi antitrombotica
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Documento 3.5 – Esempio di check list per la sicurezza in sala operatoria
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