“E non ci indurre in tentazione,”
καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν,
Le tentazioni nel deserto
Olio su tela
169,90 cm x 285,00 cm
Si potrebbe articolare il versetto di questa preghiera nel seguente modo:
“O Signore, non abbandonarci alla tentazione, poiché non abbiamo ancora la forza spirituale del nostro Maestro; liberaci invece dal male, conducendoci a quelle esperienze di vita utili a maturare spiritualmente per essere forti come Gesù, che nell’esperienza del deserto varcò la soglia del Tuo regno, entrando in sintonia con la Tua volontà e rivelandosi degno di essere tuo fedele figlio.”
L’invocazione “Non abbandonarci alla tentazione” diventa allora una sfaccettatura dell’invocazione “Venga il Tuo regno”.
La traduzione di “μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν” con “non abbandonarci alla tentazione” è stata recentemente introdotta nel Messale romano, per evitare che la precedente versione “non indurci in tentazione” facesse pensare che Dio induca in tentazione, ovvero che Dio “generi” il peccato nella mente umana. La mente generatrice del peccato è l’uomo, ma, secondo la concezione espressa nell’Antico Testamento, Dio può favorire eventi utili ad esaminarne il comportamento. Leggiamo, per es:
– “Dio mise alla prova Abramo e gli disse: Abramo, Abramo! Rispose: Eccomi!” Riprese: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò” (Gn 22,1).
“Il Signore disse a Mosè: “Ecco, io sto per far piovere pane dal cielo per voi: il popolo uscirà a raccoglierne ogni giorno la razione di un giorno, perché io lo metta alla prova, per vedere se cammina secondo la mia legge”(Es 15,25).
“Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato i suoi comandamenti” (Dt 8,2).
Anche nel Nuovo Testamento non si afferma mai che Dio determini a livello ideativo l’agire peccaminoso dell’uomo, compito che semmai è attribuito a Satana. Questo orientamento emerge sia in scritti di S. Paolo, sia nella prima lettera di S. Pietro: “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando di divorarvi. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi” (IPt 5, 8-9). Nella lettera di Giacomo si afferma anzi esplicitamente: “Nessuno, quando è tentato dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male” (Gc 1,13). Evidentemente la preoccupazione di questi autori derivava dalla possibilità che qualche cristiano fosse convinto che Dio potesse essere la “mente interiore” del comportamento di trasgressione ai comandamenti. Un comportamento che ha invece origine in un’elaborazione intrinsecamente umana in termini di rispetto e di diniego di determinati valori morali. Considerando che questi scritti sono attribuiti ad autori molto attenti agli insegnamenti di Gesù, si può supporre che effettivamente questo stesso fosse il pensiero di Gesù.
Il termine “indurre” doveva essere inteso nel senso di “introdurre” l’uomo in un’esperienza favorevole alla tentazione, per saggiare le caratteristiche morali della sua mente. Questo aspetto dell’“indurre” si coglie bene nell’episodio delle Tentazioni nel deserto, narrato dettagliatamente nei vangeli di Matteo e di Luca: “Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal Diavolo” (Mt 4,1). Qui è esplicitamente escluso che Dio tenta, ma comunque mette alla prova, consentendo che si verifichi una situazione favorevole alla tentazione, quindi “abbandonando” il fedele alla tentazione, per saggiarne il valore morale. Responsabile della tentazione è il diavolo, intendendosi per “diavolo” non necessariamente una persona divina, ma un complesso di pulsioni umane in opposizione con la morale divina. Così anche in un passo della prima lettera a Timoteo S. Paolo ribadisce l’“umanità” della tentazione che conduce al peccato: “Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla” (ITim 6,9).
Appare evidente l’importanza che Gesù attribuiva alla preghiera, al rapportarsi con Dio Padre, per resistere alla tentazione, se si considera il sopra citato episodio delle tentazioni nel deserto (Mt 4,1) e l’episodio del suo ritiro con i discepoli sul monte degli Ulivi dopo l’ultima cena:
[39]Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. [40]Giunto sul luogo, disse loro: “Pregate, per non entrare in tentazione”. [41]Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: [42]”Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». [43]Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. [44]In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. [45]Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. [46]E disse loro: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”.
Composizione del dipinto “Le tentazioni nel deserto”
– Le tentazioni di Gesù
Gesù è inginocchiato, provato dalla fame e dall’avversità del deserto. Fame e privazioni acuiscono un desiderio di conforto fisico che i beni materiali potrebbero dargli (cibarsi di pane), ma esso non gli appare infine prioritario rispetto alla comunione con Dio, favorita dal vuoto materiale del deserto. La debolezza fisica fa emergere nel suo animo pulsioni di onnipotenza: il desiderio di trasformare un sasso in pane; di avere angeli pronti a salvargli la vita in caso di caduta dalla sommità del tempio di Gerusalemme; di possedere i regni del mondo, simboleggiati nel dipinto da volti di sovrani dell’epoca (1) che ruotano attorno alla testa del diavolo come satelliti intorno al loro pianeta. Ma queste possibilità gli appaiono infine effimere e poco desiderabili nel momento stesso in cui le valuta in contrasto con la volontà di colui che ama, Dio Padre. Una volontà che egli trova espressa nelle Sacre Scritture (il rotolo in pergamena), ma infine anche nel suo stesso “cuore” di Figlio di Dio (la mano stretta a sé). Questo amore filiale per Dio si manifesta pienamente nella risposta all’ultima tentazione: all’autorevole citazione delle Sacre Scritture, finalizzata ad alimentare il compiacimento egocentrico dell’essere “l’Eletto di Dio” («Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano” »), Gesù oppone la saggezza di un’altra citazione delle stesse Scritture, che invita a un sobrio rispetto verso Dio: «E’ stato detto: “Non tenterai il Signore Dio tuo”».
La prova nel deserto ha infine evidenziato la coscienza dell’uomo che potrà sostenere la responsabilità di una missione divina a favore dell’umanità, perché ha la facoltà di identificare e di attualizzare nella sua vita la sapienza di Dio. Perciò Gesù è approvato da Dio – simboleggiato dalla luce alla sua destra – mentre il diavolo, simbolo di primitive pulsioni egocentriche, con espressione vacua si dissolve fluttuando nell’aria, dopo aver indicato con l’apparenza di un saggio le tre proposte che non hanno infine sedotto Gesù.
– Il simbolo del codice genetico
La scena della tentazione alla trasformazione della pietra in pane invita il cristiano a temere la pulsione a una creatività onnipotente svincolata dalla volontà di Dio, con l’obiettivo di un Paradiso terreno dove essere un Alter Deus. In particolare oggi il cristiano deve impegnarsi a riconoscere e a rispettare la volontà di Dio nel definire opportunità e limiti etici delle possibilità tecniche in ambito genetico. A questo allude l’immagine di un filamento elicoidale di DNA inscritto nel sasso offerto dal diavolo per la sua trasformazione in pane.
– I Re Magi
Alla scena della tentazione al possesso dei regni si collega concettualmente sul lato destro la scena che presenta i Re Magi, alla ricerca del Messia, e il re Erode, contrariato per la profezia sulla nascita di un re nella terra da lui governata. Le due scene stimolano a riflettere su quali devono essere le caratteristiche morali di coloro che gestiscono il potere in un’ottica cristiana, ovvero tenendo in considerazione la risposta di Gesù al diavolo, che gli propone di possedere i Regni del mondo:
“Sta scritto: “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”.
Nel racconto dei Re Magi (Mt 2, 1-13), si menziona il re Erode, esempio negativo di capo di governo, perché ritiene un suo personale possesso il potere e gli averi della sede istituzionale che occupa. Fornito questo dato storico, il racconto si fa allegorico, indicando nella figura dei Re Magi quali sono i governanti illuminati (re nei tempi passati, presidenti e capi di governo nell’attualità): essi sono coloro che gestiscono le risorse del potere (l’oro offerto a Gesù) secondo la volontà di Dio (la stella cometa) a favore dell’umanità bisognosa (Gesù neonato). Il concetto di un’umanità sofferente e bisognosa “abbracciata” in Gesù fu espresso da Gesù stesso nella parabola del Giudizio Universale, in cui egli sovrappone la sua identità con quella dell’umanità sofferente in questo mondo:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. [32]E saranno riunite davanti a lui tutte le genti (…) [34]Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: [35]”Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. [35]Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, [36]nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.” [37]Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? [38]Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? [39]E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?” [40]Rispondendo, il re dirà loro: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.” (Mt, 25).
L’umanità “abbracciata” in Gesù (si veda la tradizionale immagine simbolica di Gesù neonato nella mangiatoia del presepe) è da lui nobilitata in quanto egli è punto di arrivo di Dio all’uomo (la stella cometa che indica il luogo della sua nascita) secondo la fede del cristiano nella coscienza che Gesù ha avuto di essere “figlio di Dio”. Questa nobilitazione rende l’azione di governo a favore del popolo un servizio a Dio nel rispetto del precetto “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”. L’esempio lo diede il “re povero” Gesù, che dopo aver affermato nel deserto la sua adesione a questo precetto, impiegò la sua ricchezza, consistente nel suo sapere e nel tempo della sua vita, per l’umanità bisognosa che poteva raggiungere nel suo cammino.
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1 Sono rappresentati l’imperatore di Roma Tiberio Giulio Cesare Augusto (42 a.C. – 37 d.C.), l’imperatore cinese Liu Xiu (5 a.C. – 57 d.C.), il re dei Parti Artabano III (periodo di regno: 12 – 38 d.C.), un sovrano etiope.
Fonti evangeliche del dipinto “Le tentazioni nel deserto”
– Lc 4, 1-12
– Mt 2, 1-13
Lc 4, 1-12
Le tentazioni nel deserto
[1]Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto [2]dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. [3]Allora il diavolo gli disse:
“Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”.
[4]Gesù gli rispose:
“Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo””.
[5]Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:
[6]”Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. [7]Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarà tuo”.
[8]Gesù gli rispose:
“Sta scritto: “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai””.
[9]Allora lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù; [10]sta scritto infatti:
“Ai suoi angeli darà ordine per te,
perché essi ti custodiscano”;
[11]e anche:
“Essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra”.
[12]Gesù gli rispose: «E’ stato detto:
“Non tenterai il Signore Dio tuo”.
[13]Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.
Mt 2, 1-13
L’adorazione dei magi
[1]Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: [2]«Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». [3]All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. [4]Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. [5]Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
[6]E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.
[7]Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella [8]e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
[9]Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. [10]Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. [11]Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. [12]Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.
[13]Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”.