di Enrico Ganz
Il posizionamento di un drenaggio toracico è una procedura non priva di rischi, in particolare quando è effettuata rapidamente in una situazione di emergenza (2,4). Una rara evenienza è la penetrazione del tubo nel diaframma con possibile lesione di organi intra-addominali, in particolare fegato, milza e stomaco. Se questa eventualità si concretizzasse nelle immagini di un RX torace effettuato dopo la procedura, sarà una TC con mezzo di contrasto iodato l’indagine più utile per fornire ulteriori importanti dettagli. In ogni caso la rimozione del tubo non deve essere affrettata, potendo esso esercitare un effetto emostatico per compressione sul parenchima epatico in cui è alloggiato. Nel corso dei preparativi per la sua rimozione è opportuno verificare l’assetto coagulativo del paziente, per provvedere a correggere eventuali parametri alterati (piastrine, PTT, INR). Deve essere inoltre richiesta al Centro Trasfusionale la disponibilità di emazie concentrate per eventuale emotrasfusione.
Se la lesione epatica è associata a una perforazione viscerale, è opportuna un’esplorazione chirurgica del cavo addominale, in primis, se fattibile, per via laparoscopica. Potrà essere allora definita l’entità della lesione e la possibilità di ripararla mantenendo l’accesso mini-invasivo o convertendolo in incisione xifo-ombelicale. Il drenaggio è rimosso in corso di intervento. Ritengo che sia interessante un tentativo di iniettare Floseal nel tramite epatico tramite un catetere inserito nel tubo prima della sua completa rimozione. Comunque, non infrequentemente la rimozione del drenaggio non comporta significativi sanguinamenti dal tramite epatico. Qualora si manifestasse un sanguinamento possono essere utilizzati come prima soluzione presidi emostatici, quali Floseal e Tachosil, seguiti da temporanea compressione con garza.
Se la lesione epatica è associata a un significativo emoperitoneo con o senza perforazione viscerale, l’esplorazione laparoscopica è fattibile se vi è stabilità emodinamica; in caso contrario è necessario procedere a un’esplorazione per via laparotomica in emergenza (1).
Se la lesione epatica non è associata a emoperitoneo e ad altre lesioni intra-addominali, si definiscono tre possibilità:
- estrazione del drenaggio in sala operatoria con successivo prolungato controllo ecografico. Questa soluzione può contare sul fatto che frequentemente all’estrazione del tubo non segue un significativo sanguinamento (8). Tuttavia, in caso di sanguinamento, l’approccio laparoscopico potrebbe diventare piuttosto difficile, essendo la visione ostacolata dal sangue versatosi nell’intervallo di tempo necessario per l’induzione dell’anestesia e per la collocazione dei trocar. Potrebbe essere allora necessario procedere con una più ampia incisione addominale.
- estrazione del drenaggio con contemporanea instillazione di sostanze emostatiche tramite un drenaggio inserito nel tubo (9);
- estrazione graduale del drenaggio nell’arco di alcuni giorni. Tale soluzione si fonda sull’idea che il tramite è progressivamente obliterato dal sangue coagulato, ma appare, a mio parere, imprudente, considerando che il tubo potrebbe lacerare il parenchima in seguito a un suo involontario spostamento, in particolare nelle ore notturne. Questa procedura è stata recentemente attuata da un’equipe marocchina (7); potrebbe essere accettabile in particolari contesti operativi.
- estrazione del drenaggio in anestesia generale sotto sorveglianza laparoscopica.
Personalmente ritengo che quest’ultima soluzione sia quella più accurata, consentendo di essere già in posizione di pronta aggredibilità in caso di significativo sanguinamento. Inoltre, in assenza di sanguinamento possono essere comunque apposti profilatticamente presidi emostatici sulla lacerazione epatica. Al fine di prevenire il sanguinamento, interessante è un tentativo di iniettare Floseal nel tramite epatico tramite un catetere inserito nel tubo prima della sua completa rimozione. Infine, in corso di laparoscopia potrebbe essere quantificata l’entità della breccia diaframmatica e in alcuni casi potrebbe essere possibile ripararla.
Non è inutile evidenziare che la presenza di una breccia diaframmatica non controindica l’accesso laparoscopico, posto che siano mantenute contenute pressioni di insufflazione (9-10 mmHg). Gli interventi di riparazione diaframmatica sono effettuabili per via laparoscopica (4) e non è neppure essenziale utilizzare in tutti i casi un tubo endotracheale a doppio lume (6); è importante che i polmoni siano tenuti in espansione al momento di serrare l’ultimo punto di sutura.
Nella mia esperienza ricordo un solo caso di lacerazione diaframmatica ed epatica causata da un drenaggio toracico. L’estrazione del drenaggio e il controllo ecografico hanno consentito di risolvere il problema.
In conclusione, la lesione descritta in questo scritto è molto rara, ma è utile prendere visione delle possibilità terapeutiche, che sono nella maggior parte dei casi non invasive o mini-invasive. In questo modo è possibile evitare di giungere a soluzioni eccessive, quali una laparotomia in emergenza in assenza di instabilità emodinamica.
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