di Enrico Ganz

Le immagini presentate in questo articolo evidenziano alcuni momenti di una laparoplastica effettuata per un laparocele in fossa iliaca sinistra (Fig. 2). Il caso si presta per documentare in generale i limiti tecnici di una riparazione in tale area anatomica e per discutere in modo specifico l’opportunità di un rinforzo fasciale profilattico con protesi negli interventi di chiusura di colostomia. Infatti, questi interventi comportano una ricostruzione dei piani muscolo-fasciali in fossa iliaca e sono gravati da una discreta incidenza di laparocele, in particolare se coesiste un’ernia parastomale.

In figura 3 è evidenziato il sacco erniario dopo la dissezione dalla cute, alla quale aderiva ampiamente in corrispondenza del derma. Il sacco si impegna attraverso un’ampia lacuna in fossa iliaca sinistra. La fascia del muscolo obliquo esterno è stata parzialmente dissecata dal sottocute in prossimità del sacco. Successivamente il sacco è stato dissecato dalle tenaci aderenze con il piano fasciale ed è stato affondato, per chiudere con una sutura in filo a lento assorbimento la lacuna della fascia trasversalis, unico piano ricostruibile direttamente (Fig. 1).  I rilievi anatomo-chirurgici sono evidenziati dalle frecce in fig. 1 (click sull’immagine per l’ingrandimento). La freccia bianca destra indica la fascia del muscolo obliquo esterno. Il sottostante muscolo obliquo esterno è riconoscibile rispetto al muscolo obliquo interno e al muscolo trasverso per la particolare inclinazione delle fibre muscolari (freccia gialla). La freccia bianca inferiore indica la fascia del muscolo obliquo esterno in prossimità del suo inspessirsi nel legamento inguinale. Superiormente alla freccia bianca superiore si nota che la fascia dell’obliquo esterno trapassa nella fascia rettale anteriore, indicata dalla freccia nera. Come è noto, il muscolo trapassa medialmente in una lamina aponeurotica, alla quale partecipano anche i retrostanti muscoli obliquo interno e trasverso. Le aponeurosi di questi muscoli concorrono mediamente alla costituzione della guaina rettale. La freccia grigia indica il margine caudale del muscolo obliquo esterno, che normalmente dovrebbe poggiare sul muscolo obliquo interno e sul retrostante muscolo trasverso, qui sostituiti in fossa iliaca dalla lacuna laparocelica. Sotto la freccia grigia sono visibili fibre del muscolo obliquo interno, rivestite da una lamina aderenziale. La freccia verde indica il muscolo retto addominale di sinistra. Il muscolo è stato scollato dalla fascia rettale posteriore per alloggiarvi una protesi. Lo scollamento può giungere fino alla linea alba, ma non può oltrepassarla, consentendo di ottenere una tasca non particolarmente profonda. Nell’area centrale dell’immagine vi è il piano più profondo che si possa qui evidenziare, costituito da una sottile fascia trasversalis (freccia rossa e blu). In questa sede dovrebbe esservi normalmente dall’avanti in dietro la fascia del muscolo obliquo esterno, il muscolo obliquo esterno, il muscolo obliquo interno e il muscolo trasverso; in una normale situazione anatomica questi muscoli trapassano medialmente nelle loro aponeurosi, che sono in continuità con la guaina del muscolo retto. Queste strutture sono state qui sostituite dall’ampia lacuna laparocelica. Il lembo mediale (freccia rossa) e il lembo laterale (freccia blu) della sottile fascia trasversalis sono stati suturati, tenendo affondato il voluminoso sacco peritoneale con un tampone. La linea nera tratteggiata costeggia la linea di sutura, che chiude con un filo assorbibile la lacuna laparocelica. Infine, la freccia viola indica una clip posizionata nel corso del precedente intervento sui vasi epigastrici inferiori di sinistra, visualizzabili nel tessuto adiposo retrostante al muscolo retto sollevato.

In figura 4 è mostrata la ricostruzione finale. La protesi è ben distesa ed è stata fissata circonferenzialmente alla fascia trasversalis con punti in filo assorbibile. Sul versante cranio-mediale è stato necessario incidere la protesi per inserirne un lembo sotto la fascia del muscolo obliquo esterno e un lembo sotto il muscolo retto.

Si può intuire che in un caso di questo tipo la stabilizzazione della protesi è di livello inferiore a quanto ottenibile con la riparazione di un laparocele della linea alba con tecnica di Rives. Infatti, lo scollamento utile per ricavare la tasca per l’alloggiamento della protesi è limitato lateralmente dalla spina iliaca anteriore superiore e dal ligamento inguinale; medialmente dalla linea alba; caudalmente dalla sinfisi pubica. Solo cranialmente si può ottenere un ampio spazio tra fascia e muscolo obliquo esterno. La qualità della ricostruzione è ulteriormente compromessa qualora la fascia del muscolo obliquo esterno e la fascia rettale anteriore non possano essere accostate al davanti della protesi. Nel caso di laparoceli mediani una soluzione per la chiusura di una fascia in tensione consiste nel praticare sezioni fasciali detensive, ma in questa sede non sono fattibili se la lacuna fasciale è ampia. Non resta che chiudere parzialmente la fascia, come nel caso qui illustrato. La protesi non è quindi stabilizzata da un solido piano anteriore. Inoltre, resta in contatto con il sottocute e questo fatto costituirebbe un rischio di infezione non indifferente nel caso che nel periodo postoperatorio si verificasse una necrosi della sovrastante cute. Il rischio di un’ischemia cutanea può essere diminuito, asportando quanto più possibile i lembi cutanei deconnessi dal piano fasciale; in particolare è raccomandabile asportare tutta la cute atrofica che aderisce al sacco peritoneale.  Queste precauzioni sono state adottate nel caso illustrato e il decorso postoperatorio è stato privo di complicanze. Ma, in generale, le preoccupazioni restano e non esiste una migliore ricostruzione alternativa. Infatti, ancor meno desiderabile sarebbe una posizione intraperitoneale della protesi, non potendosi evitare aderenze con le anse intestinali con rischio di occlusione intestinale e di fistole enteriche (2,5). In uno studio sulla correzione di laparoceli parastomali – laparoceli localizzati quindi in fossa iliaca – il posizionamento di una protesi sottofasciale è risultata la soluzione migliore (6). Non sembra esservi una soluzione migliore per la correzione un laparocele in fossa iliaca, rilevandosi tuttavia i limiti tecnici esemplificativamente descritti nel caso qui illustrato. Si avverte perciò il desiderio di prevenire un laparocele in questa sede; un evento che è piuttosto frequente dopo gli interventi di chiusura di colostomia. Infatti, la percentuale di laparocele dopo chiusura di colostomia è in media del 7% con variazioni tra gli studi comprese tra lo 0% e il 48% (1).

Una soluzione per prevenire il laparocele potrebbe consistere nel posizionamento profilattico di una protesi in sede retromuscolare al termine dell’intervento. Alcuni autori hanno riportato risultati soddisfacenti con protesi in polipropilene (10,19). E’ attualmente in corso un trial, per dare una risposta certa alla questione (14). L’incidenza di infezioni a livello della ferita non aumenta con l’utilizzo di una protesi in polipropilene, ma nel caso in cui si verificasse un’infezione la protesi complicherebbe certamente il trattamento. Per questo motivo si è provato ad utilizzare protesi biologiche. Sul tema vi sono due studi, dei quali uno ha dimostrato una riduzione nell’incidenza di laparocele nel gruppo di pazienti trattati con protesi biologica (11), mentre l’altro non ha evidenziato alcun beneficio nella prevenzione del laparocele (1). Il livello di evidenza è quindi molto basso. In una review sulla prevenzione del laparocele con protesi biologica su incisioni addominali è stato individuato un solo studio con il più elevato livello di evidenza e il più basso rischio di bias (13); esso non evidenzia alcun beneficio nel posizionamento profilattico di una protesi biologica dopo incisione mediana in pazienti con obesità patologica (15).

A mio parere, l’utilizzo di una protesi biologica profilattica è comunque una soluzione prudente in casi selezionati, considerando che, come nel caso illustrato, la riparazione di un laparocele in fossa iliaca può essere necessariamente insoddisfacente: l’impossibilità di chiudere la fascia del muscolo obliquo esterno e la limitata estensione della tasca in cui alloggiare la protesi non si combinano favorevolmente.

Con quale criterio porre l’indicazione a una protesi?

Prima di rispondere a questa domanda, sono opportune due osservazioni. In primo luogo, una protesi biologica appare più indicata per rinforzare una fascia integra, che per la copertura di una lacuna fasciale, essendo destinata al riassorbimento, dopo aver stimolato l’ispessimento fibroso dei piani che le sono contigui (7). In secondo luogo, i fattori di rischio per un laparocele dopo chiusura di stomia sono: le colostomie (rispetto alle ileostomie), il diabete mellito, l’obesità patologica, l’ernia parastomale e la razza nera (3,4,8,9,16,17).

Tenendo conto di queste osservazioni, qual è dunque un criterio ragionevole per ritenere prudente il posizionamento profilattico di una protesi al momento della chiusura parietale dopo affondamento di una colostomia o di altro intervento che abbia comportato un’incisione in fossa iliaca? A mio parere, consiste nel combinarsi di almeno tre dei seguenti fattori: obesità, fragilità dei piani fasciali – valutata visivamente e digitalmente – età avanzata, conformazione “a botte” dell’addome (indicativo di relaxatio parietale) e ampio difetto parietale – quale può essere talora associato a un’ernia parastomale – con bordi fasciali che si accostano in tensione. La scelta di una protesi biologica è preferibile, se vi è il rischio che i tessuti siano contaminati da batteri, come nel caso di una chiusura di colostomia.

In ogni caso dopo l’intervento è prudente mantenere per alcuni giorni un’antibioticoprofilassi attiva nei confronti dei batteri Gram positivi, utilizzando un antibiotico glicopeptidico, tipo teicoplanina (12), o una cefalosporina di seconda generazione (18), in particolare in presenza di fattori di rischio determinati da comorbilità (diabete, immunodepressione, obesità) o dal posizionamento di drenaggi (20), che in casi come quello descritto sono importanti per ridurre il rischio di ematomi e di sierosi in sede sottocutanea e nella tasca in cui è accolta la protesi. Per quanto concerne i drenaggi, l’utilizzo di un sistema chiuso in aspirazione riduce ulteriormente la possibilità di una contaminazione batterica.

 

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