di Enrico Ganz

 

Introduzione

Il termine medico “volvolo” deriva da “volvere”, verbo latino che in una sua accezione significa “avvoltolarsi”. Si definisce “volvolo ileale” un’anomala rotazione di un tratto ileale attorno al suo mesentere con un angolo tale da determinarne un’occlusione. Una definizione alternativa è la seguente: “una particolare forma di occlusione intestinale, causata da un’anomala rotazione di una o più anse ileali attorno all’asse del loro mesentere”. Il volvolo può essere complicato da ischemia o da infarto del tratto intestinale che ha subìto la rotazione mesenteriale.

Il volvolo è definito “primitivo” quando non ne è identificabile la causa, “secondario” quando la causa è identificabile. Un volvolo ileale primitivo si riscontra in circa il 10-15% dei casi in Europa e in Nord America; più elevate percentuali, superiori al 30%, sono state riportate in alcuni Paesi africani (9,37) e orientali, in particolare in Afganistan (12), India, Russia, Iran (42) e Nepal (35). In Cina e in Giappone l’incidenza di volvolo ileale non si discosta dai valori delle aree geografiche occidentali (20,41). Negli Stati Uniti il volvolo dell’intestino tenue rappresenta l’1% delle occlusioni intestinali (8). In casistiche meno recenti, comprese tra il 1900 e il 1958, la percentuale oscilla tra lo 0,7% e il 6,9% negli Stati Uniti e tra l’1,2% e il 7,4% nei paesi europei (36,42). E’ stato notato che in due casistiche raccolte nella stesso qualificato Istituto statunitense, risalenti l’una al 1930 e l’altra al 1958, si è registrato nel tempo un calo della percentuale dal 6,9% al 3,3% (42). Il motivo non è chiaro, potendo essere in rapporto con il miglioramento dello stato nutrizionale, con una diversa accuratezza nella diagnosi o nell’annotazione diagnostica tra le due epoche o con altro fattore causale. Nei Paesi orientali – in particolare Russia, Afganistan, Iran, India – il volvolo dell’intestino tenue rappresenta fino al 20% delle occlusioni intestinali (42).

L’età media è di 66 anni (8,35), ma con estremi che coprono tutta l’estensione della vita adulta e picco d’incidenza tra VI e VIII decade di vita (45). Il genere femminile è riscontrato nel 53-57% dei casi (36,42).

Il rischio di volvolo primitivo è in rapporto con l’ampiezza del mesentere (intesa come distanza tra il suo attacco all’intestino e la sua radice) e con la lunghezza della radice mesenterica; un mesentere ampio con corta radice è un fattore predisponente (42). E’ probabile che la più elevata incidenza di volvolo riscontrata in alcune popolazioni orientali e africane derivi da un’ampiezza del mesentere maggiore che nelle popolazioni europee. Infatti, l’annodamento ileo-sigmoideo, una rara forma di occlusione e di ischemia intestinale (2,28), favorita dall’ampiezza del mesentere e del mesocolon, è sconosciuta tra i nativi dell’Europa, mentre è segnalata in Paesi del Medio-Oriente, dell’Africa e dell’Asia in cui l’incidenza di volvolo è elevata.

Se è assente l’adesione del mesentere al piano posteriore per causa congenita, diventa elevato il rischio di una rotazione dell’intera matassa ileale attorno alla radice dei vasi mesenterici (16,42). Questo evento si riscontra più frequentemente nel periodo neonatale, mentre molto rara è la sua osservazione nell’età adulta.

L’osservazione clinica e anatomo-patologica ha orientato a considerare quali altri probabili fattori predisponenti una scarsa adiposità del mesentere e dell’omento, i traumi addominali e la gravidanza (42). La gravidanza nel secondo-terzo trimestre può essere raramente una concausa di volvolo ileale in presenza di altri fattori predisponenti, per esempio adesioni fibrose (44).

E’ stata anche osservata un’associazione tra volvolo ileale e consuetudine di alimentarsi con pasti ricchi in fibre vegetali dopo un periodo di digiuno, come accade durante il periodo del Ramadan in alcune comunità mussulmane. Nel 1909 Spasokukozki avanzò un’ipotesi etiopatogenetica, che è stata più volte riproposta in studi successivi (12,16,40,42), sia per spiegare la maggiore incidenza di volvolo ileale osservata tra gli afgani nel periodo di Ramadan, sia per spiegare alcuni casi di volvolo primitivo: riempitosi rapidamente di materiale alimentare, il primo tratto digiunale si collocherebbe nel quadrante addominale inferiore sinistro. Le restanti anse intestinali vuote sarebbero di conseguenza spinte verso il quadrante addominale superiore destro con conseguente parziale rotazione oraria del mesentere, che in alcuni casi può progredire ulteriormente fino al formarsi di un volvolo.

Importante fattore predisponente è qualsiasi elemento che aderisca a un’ansa ileale, favorendone la rotazione del mesentere. Più comunemente si tratta di una briglia aderenziale postoperatoria (8,36), più raramente di una cisti ovarica o mesiale (21), di un diverticolo di Meckel, di un tumore, ecc. Alcune cause o concause sono assolutamente rare e diventano oggetto di case report: un’ernia para-duodenale, una lipomatosi digiunale, un diverticolo digiunale, un’ascaridosi intestinale, un dotto onfalo-intestinale, ecc (5,6,11,34,38,39,46). In figura 1 si può osservare una cospicua dilatazione dell’intestino tenue, causata dalla torsione di un’ansa ileale (freccia) rispetto a un punto di fissità costituito da una lamina fibrosa, adesa sul versante peritoneale di una cicatrice chirurgica.

E’ da ricordare che possono condurre a un volvolo gli spostamenti dell’intestino nel corso di procedure laparoscopiche (1,14,43).

Infine, un volvolo associato a malrotazione, caratteristico dell’età neonatale e ben noto al chirurgo pediatrico, può occasionalmente manifestarsi nel giovane e nell’adulto, giungendo all’osservazione del chirurgo generale, che deve quindi conoscerne l’esistenza. Mi è quindi parso utile presentare al termine di questo scritto un caso di volvolo da malrotazione in una giovane, giunto all’osservazione del chirurgo generale.

Sintomatologia

La sintomatologia può comprendere sintomi e reperti obbiettivi genericamente compatibili con un’occlusione intestinale meccanica, ma anche con altre cause di addome acuto, quali una pancreatite acuta o un’entero-colite. La chiusura dell’alvo a feci e gas non è un sintomo tipico del volvolo ileale all’esordio della sintomatologia. Sintomi molto comuni sono il dolore addominale, l’inappetenza e la nausea. Nel 10% dei casi la presentazione clinica del volvolo ileale è caratterizzata da un aspecifico dolore addominale di tipo colico, associato a meteorismo e a dispepsia; i leucociti sono nella norma o lievemente aumentati, tra 11000 e 13000/mm3 (8,36).

Almeno un episodio di vomito è riferito dalla maggior parte dei pazienti, in particolare se vi è significativa sofferenza ischemica dell’intestino. Il dolore può essere occasionalmente assente in pazienti con comorbilità, quali decadimento cognitivo o sclerosi multipla (36). In questi casi si manifesta una progressiva distensione addominale e vomito.

L’obbiettività varia da reperti molto sfumati in circa il 10% dei casi (36) a rilievi di significativa evidenza: tachicardia, febbre, distensione e meteorismo addominale, rumori peristaltici assenti o metallici, contrattura della muscolatura addominale e positività del segno di Blumberg settoriali o diffuse, rumore di guazzo con la prova di succussione-auscultazione. Nel 20% dei casi è apprezzabile una massa addominale (36).

Quando la rotazione del meso determina una riduzione o un arresto del ritorno venoso nel corrispondente segmento intestinale, possono esservi le manifestazioni cliniche di un’ischemia o di un infarto intestinale che nella più ampia espressione comprendono intenso dolore addominale, nausea, vomito, chiusura dell’alvo a gas e feci, tachicardia, elevazione della temperatura corporea > 37,5 °C, resistenza muscolare, positività del segno di Blumberg, peristalsi torpida o assente, leucocitosi marcata (> 13000 gb/mm3; > 18000/mm3nell’80% dei casi (16)), elevazione della proteina C reattiva sierica, elevazione dei lattati sierici, riduzione del pH arterioso, segni clinici e bio-umorali di disidratazione (tachicardia, oliguria, confusione mentale, elevazione della creatinina sierica, ipopotassiemia, elevazione dell’ematocrito).

Diagnosi

La diagnosi pre-operatoria di volvolo ileale necessita di uno studio radiologico nel contesto di una diagnostica differenziale dell’occlusione intestinale o più genericamente dell’addome acuto (13,17,31).

In presenza di un addome acuto l’esame più frequentemente eseguito inizialmente in molte Unità di Pronto Soccorso è l’RX addome. Tuttavia, questo esame ha insufficiente specificità diagnostica e può essere meglio sostituito dalla valutazione palpatoria e auscultatoria dell’obbiettività addominale, quale primo approccio diagnostico, al fine di valutare l’opportunità di eseguire una tomografia computerizzata (TC) dell’addome. Di particolare importanza è ricercare i classici segni di infiammazione peritoneale con la semplice palpazione profonda: la contrattura muscolare riflessa e il segno di Blumberg. Segno clinico di occlusione intestinale, quando non associato al dato anamnestico attuale di alvo diarroico, è il rumore di guazzo, evidenziabile con un’accurata prova di succussione-auscultazione. La prova inizia appoggiando la testa dello stetoscopio a lato di uno dei muscoli retti dell’addome, premendola poi rapidamente con adeguata forza in direzione postero-mediale e rilasciandola altrettanto rapidamente senza perderne il contatto con la parete addominale. Il movimento è ripetuto in rapida successione, ricercando auscultatoriamente in ogni quadrante addominale e sui fianchi il rumore prodotto dalle secrezioni ristagnanti nel lume intestinale. In pazienti con obesità patologica o con addome teso, peritonitico, oppure in presenza di rumori ambientali, come può accadere in alcune situazioni operative di Pronto Soccorso, l’RX addome può essere più affidabile della valutazione clinica, fermo restando la sua scarsa specificità: nella casistica di Roggo (36), comprendente 35 casi di volvolo ileale, il sospetto diagnostico di volvolo fu posto solo in un caso, avvalendosi dell’RX addome.

L’indagine radiologica più indicata per una diagnosi differenziale in caso di occlusione intestinale o di sintomatologia peritonitica è la TC addome con mezzo di contrasto. Reperto patognomonico di volvolo ileale è la presenza di un decorso spiraloide delle branche arteriose mesenteriche nel tratto di mesentere ruotato. La TC consente inoltre di definire l’entità dell’occlusione e di orientare il clinico sul grado di urgenza chirurgica, fornendo informazioni sull’esistenza di un’ischemia intestinale (pneumatosi parietale, imbibizione mesenterica, versamento addominale, presenza di gas nelle vene mesenteriche) o di una perforazione intestinale (pneumoperitoneo, versamento endo-addominale, retropneumoperitoneo) (13,15,37).

Mortalità

In una casistica di 20680 pazienti del Nord America la mortalità per volvolo ileale, valutata tra il 1998 e il 2010, è risultata del 5% nel caso in cui il trattamento sia effettuato il giorno stesso del ricovero (8), ma già nei primi anni ’90 del secolo scorso in un Centro di eccellenza del Nord America poteva essere nulla nei casi non associati a infarto intestinale (36). Le più importanti casistiche occidentali pubblicate tra il 1977 e il 1988 evidenziavano valori di mortalità elevata, tra il 17% e il 47%, in sottogruppi di pazienti in cui il volvolo ileale era complicato da infarto intestinale di entità non precisata (36). Per quanto ho potuto osservare negli ultimi 17 anni di attività, tra il 2001 e il 2018, presso l’U.O. di Chirurgia generale dell’ospedale di Mestre la mortalità è stata nulla, escludendo rari casi complicati da infarto intestinale submassivo in pazienti anziani.

Trattamento

Il trattamento è essenzialmente chirurgico e rappresenta un’urgenza da espletare possibilmente entro un’ora anche nel caso in cui non sia stata evidenziata tomograficamente l’evoluzione a un infarto intestinale o, ancor peggio, a una peritonite diffusa da perforazione nell’area infartuata. Infatti, sono proprio queste le evoluzioni che devono essere evitate con una rapida soluzione operativa. L’accesso chirurgico più usuale è una laparotomia mediana di contenute dimensioni, centrata sulla scorta dei rilievi tomografici. L’accesso laparoscopico è meno comune (30,23). Un accesso laparoscopico è proponibile se non vi è il sospetto di sindrome aderenziale, se è tomograficamente esclusa una condizione patologica causale del volvolo che necessiti di laparotomia, se sono esclusi segni di infarto intestinale e se la dilatazione della matassa intestinale è modesta. Un approccio laparoscopico di principio è invece discutibile: nelle occlusioni del piccolo intestino l’approccio laparoscopico di principio è associato ad almeno il 50% di conversioni in laparotomia e a un altro 6-20% di conversioni in minilaparotomia per poter effettuare una resezione intestinale (24,33).

Esplorato il cavo addominale, il tratto di intestino torto e ischemico deve essere derotato. Inoltre, deve essere rimossa la causa che aveva determinato il volvolo, quando identificabile: il provvedimento potrebbe consistere nell’asportazione di una briglia aderenziale, di un diverticolo di Meckel, di una voluminosa cisti ovarica o mesiale, ecc. Nei casi di volvolo primitivo che non necessita di resezione è stato proposto di effettuare un’enteropessia dopo la derotazione (4), in particolare se si riscontrano caratteristiche del mesentere predisponenti al volvolo ileale, quali un mesentere ampio (29) con stretta radice. Tale soluzione non ha tuttavia molto sèguito: l’enteropessia, o intervento di Noble, è attualmente scomparso dalla pratica ospedaliera. Personalmente ricordo di aver assistito a questo tipo di intervento in una sola occasione; era l’anno 1989 e l’enteropessia fu effettuata dal Treitz all’ultima ansa ileale. Ricordo che l’intervento fu caratterizzato da un importante ritardo di canalizzazione, “predetto” dal chirurgo che lo eseguì, facendo riferimento alla sua esperienza. Più razionale può essere la fissazione del mesentere alla parete addominale posteriore dopo averne inciso il peritoneo, se la radice mesenterica è particolarmente corta o inesistente (11).

Se il segmento intestinale è necrotico e perforato, si procede alla sua resezione, seguita da accurati lavaggi con soluzione fisiologica tiepida in ogni loggia del cavo peritoneale fino ad ottenere un liquido quasi limpido nell’aspirato. Nella maggior parte dei casi la continuità intestinale può essere subito ristabilita. Nella mia esperienza un’anastomosi ileo-ileale latero-laterale manuale in duplice strato è stata finora una soluzione adeguata anche nel caso di monconi edematosi in un contesto di peritonite da perforazione. I fattori più importanti per prevenire il rischio di deiscenza sono l’ottima vascolarizzazione dei monconi ileali e una corretta tensione sul filo di sutura, che non deve né esitare in una sezione della parete ileale edematosa, né risolversi in un’insufficiente accostamento dei margini intestinali. Non ultimo, al fine di ottimizzare la vascolarizzazione, ritengo importante che il mesentere subisca meno sezioni possibile. Preferisco quindi sezionarlo tra legature in tutta prossimità del tratto intestinale che deve essere resecato. Completata la resezione intestinale, una contenuta incisione trasversale a metà del tratto mesenterico liberato dall’intestino ischemico consentirà di affiancare i due monconi intestinali per l’anastomosi latero-laterale.

La scelta di evitare l’anastomosi e di deviare il transito all’esterno con un’ileostomia a canna di fucile può essere una soluzione più prudente in caso di ischemia intestinale persistente, posto che la stomia disti almeno un metro dal Treitz. L’alternativa è la sutura dei monconi ileali in duplice strato, seguita dalla chiusura della cute e da una riesplorazione laparotomica dopo 48 ore. Se l’ischemia sarà regredita, si procederà con l’anastomosi ileo-ileale e con la chiusura parietale per piani. Nell’esperienza dell’U.O in cui lavoro questa soluzione è sempre stata preferita all’ileostomia ed è una valida alternativa.

Volvolo ileale da malrotazione nell’adulto e nel giovane

La malrotazione intestinale è definibile come la condizione determinata dall’arresto totale o parziale della rotazione intestinale antioraria che si verifica per un totale di 270° nel corso del normale sviluppo embriologico (11).

L’interruzione della rotazione intestinale a 90° esita in una posizione dell’angolo duodeno-digiunale a destra della linea mediana e del colon a sinistra (mesentere comune completo). In questo caso la radice mesenterica è abbastanza lunga da non esservi un particolare rischio di volvolo completo del tenue.

L’arresto della rotazione intestinale a 180° esita in una posizione dell’angolo duodeno-digiunale a destra della linea mediana e in una posizione del cieco in sede sotto-epatica. Questa configurazione, nota come “mesentere comune incompleto”, si associa a una corta radice mesenterica; un fattore di rischio per il volvolo completo del tenue (25).

Tra questi estremi vi sono molte situazioni intermedie. Inoltre esistono le rotazioni inverse. Questa varietà di forme ha condotto all’esigenza di ulteriori classificazioni, come la seguente (7):

Tipo Ia: assente rotazione del colon e del duodeno (mesentere comune completo):

Tipo IIa: assente o incompleta rotazione del duodeno;

Tipo IIb: rotazione oraria del colon e del duodeno (duodeno anteriore e colon posteriore all’asse mesenterico);

Tipo IIc: rotazione oraria del duodeno;

Tipo IIIa: duodeno destroposto e cieco in sede craniale (mesentere comune incompleto);

Tipo IIIb: incompleta adesione della flessura epatica (possibile presenza di briglie di Ladd);

Tipo IIIc: incompleta adesione del cieco;

Tipo IIId: variazioni nella fissazione del passaggio duodeno-digiunale (presenza di recessi para-duodenali favorenti l’ernia interna).

Una malrotazione si osserva con frequenza di 1/500 neonati e diventa frequentemente sintomatica nei primi mesi o nei primi anni di vita. Nell’85% dei casi diventa sintomatica nelle prime due settimane di vita (32). Una malrotazione intestinale si osserva radiologicamente in circa lo 0,2% degli adulti (22), ma è molto raro che giunga all’osservazione del chirurgo generale per essere sintomatica. In questa eventualità si tratta di pazienti con una lunga storia di dolore addominale ricorrente (18), per la quale sono state già avanzate varie ipotesi diagnostiche, tra le quali sindrome del colon irritabile, ulcera peptica, colecistopatia, appendicite cronica, pancreatite cronica, papillo-oddite, sindrome aderenziale, patologie psicosomatiche dell’intestino,  finzione (10,11).

Una malrotazione diventa sintomatica quando si complica con un volvolo. Fattore favorente è una corta radice mesenterica, una caratteristica anatomica costante nella malrotazione nota come “mesentere comune incompleto”, esito dell’arresto della rotazione intestinale a 180° in fase embriologica.

Quando sintomatico, il volvolo intestinale associato a malrotazione si manifesta nel neonato e nell’infanzia con sintomi quali irritabilità, pianto, coliche addominali ricorrenti e vomito biliare. Il vomito è costante ed è caratteristicamente di tipo biliare, poiché è conseguente a un’occlusione duodenale. La causa di occlusione duodenale può essere una compressione ab estrinseco da parte di bande fibrose, note come “briglie di Ladd”, strutture connettivali fibrose tese tra il cieco e il peritoneo parietale destro, incrocianti la terza porzione duodenale (26,27). E’ verosimile che la sintomatologia ricorrente – nel neonato, come nell’adulto – sia determinata da modeste e transitorie torsioni mesenteriali, tali da causare angolature del duodeno; può inoltre concorrere l’effetto stenosante delle briglie di Ladd. In alcuni casi la torsione può evolvere in un vero volvolo, ovvero in una rotazione mesenteriale e intestinale tale da determinare un’occlusione intestinale o un’ischemia intestinale più o meno severa, che può evolvere in infarto intestinale.

Fig. 2

In fig. 2 e in fig. 3 si può osservare un raro caso di occlusione intestinale causata dall’incarceramento di un’ansa ileale posteriormente al mesentere in un quadro di torsione mesenterica.

Il trattamento chirurgico della malrotazione intestinale consiste nel cosiddetto “intervento di Ladd”, indicato sia per il trattamento del volvolo, sia per prevenirlo nelle varianti della malrotazione che predispongono alla sua insorgenza. In generale, questa procedura prevede i seguenti tempi operatori (3):

– detorsione mesenterica anti-oraria;

– sezione delle briglie di Ladd in corrispondenza del duodeno;

– collocamento del tenue nella parte destra del cavo addominale e del cieco a sinistra;

– appendicectomia.

Fig. 4

Caso clinico

Si tratta di una paziente italiana di 14 anni, fenotipicamente indiana, con anamnesi patologica remota negativa, ricoverata in seguito a caduta da un’altezza di circa otto metri. All’ingresso una TC evidenzia una frattura trasversa dell’ileo destro e delle branche ileo- e ischio- pubiche bilateralmente.

Tre giorni dopo il ricovero, dopo aver pranzato, la paziente accusa un dolore addominale diffuso. Alla palpazione l’addome è diffusamente dolente con lieve resistenza muscolare. Per tale motivo è effettuata una TC addome, che evidenzia un decorso vorticoso degli assi mesenterici in centro addome con posizione del passaggio duodeno-digiunale a destra della linea mediana, un ematoma retroperitoneale in rapporto con il muscolo ileo-psoas destro e una discreta coprostasi colica. Non vi sono segni di sofferenza intestinale. Leucociti e lattati sono nei limiti di norma.

Un’ora dopo l’esecuzione della TC la paziente è sottoposta a intervento ortopedico per stabilizzare le fratture del bacino.

Il giorno seguente persiste una discreta dolorabilità addominale alla palpazione, ma non vi è resistenza e il segno di Blumberg è negativo. Vi è meteorismo intestinale, apprezzabile alla percussione su tutto l’ambito addominale. E’ posizionato transitoriamente un sondino naso-gastrico, che non fornisce un apprezzabile drenaggio, ed è iniziata una nutrizione parenterale. Gli indici emato-chimici di flogosi sono nella norma.

Nei giorni seguenti la sintomatologia addominale è molto lieve, tuttavia la funzionalità intestinale non si normalizza: la peristalsi è quasi assente e si manifestano alcuni episodi di vomito biliare.

Sei giorni dopo l’esordio della sintomatologia l’alvo si apre alle feci e la peristalsi è apprezzabile, discretamente valida con borborigmi. E’ rimosso il SNG e la paziente inizia ad alimentarsi.

Il giorno seguente compare vomito postprandiale senza altra sintomatologia significativa. Si ritorna perciò al digiuno e alla NPT, ma non è posizionato un sondino naso-gastrico.

Tre giorni dopo la paziente è canalizzata, ma la peristalsi appare molto torpida e l’addome è marcatamente meteorico, poco dolente alla palpazione. La causa dell’ileo adinamico è riferita in prima ipotesi all’ematoma pelvico extraperitoneale. Si esegue una TC addome di controllo, che conferma i precedenti rilievi. Reperto nuovo è invece la comparsa di una marcata sovradistensione gastro-duodenale con ampio livello idro-aereo, estesa fino al passaggio duodeno-digiunale, oltre il quale le pareti del digiuno sono collabite. La parete duodenale appare lievemente inspessita. Si evidenzia inoltre una discreta distensione gassosa del colon coinvolgente in particolare il trasverso e il discendente-sigma con pareti ipotoniche di normale spessore (Fig. 4, Fig. 5).

E’ riposizionamento un SNG, tramite il quale è subito aspirata secrezione biliare e un elevato volume di gas; ne consegue un’immediata, completa, detensione dell’addome. Si osserva inoltre la risoluzione della lieve sintomatologia dolorosa addominale, precedentemente riscontrata alla palpazione.

Nel sospetto di una sofferenza vascolare del duodeno è effettuata un’EGDS, che non evidenzia nè sofferenza della mucosa duodenale, né ostacoli al transito fino alla terza porzione duodenale. La mucosa gastrica è edematosa.

Nonostante il confortante riscontro endoscopico, nei giorni seguenti la situazione non migliora e dal SNG è quotidianamente drenata una quantità di secreto biliare che giunge fino 500 ml.

Dall’esordio della sintomatologia sono trascorsi dodici giorni. Gli esami emato-chimici si mantengono nella norma, ad eccezione di una lieve, stazionaria, anemizzazione (Hb 9,5) correlata all’iniziale trauma osseo.

Non essendo stato efficace il trattamento conservativo, si decide il trasferimento in altra struttura ospedaliera dotata di Unità operativa di Chirurgia pediatrica, al fine di sottoporre la paziente ad intervento chirurgico di Ladd, che sarà eseguito con buon esito per via laparoscopica.

Discussione

Il caso di malrotazione intestinale presentato in questo scritto è inseribile nel gruppo “mesentere comune incompleto” ed è certamente unico nel suo sviluppo clinico, intervenendo anche le sequele del trauma osseo sulla sintomatologia addominale. Non per questo ne è ridotta l’utilità didattica, prestandosi per richiamare l’attenzione su un’anomalia anatomica poco conosciuta dai chirurghi generali dell’adulto, non essendo di comune riscontro nella loro attività clinica. Maggiore esperienza sul tema ne hanno i chirurghi pediatrici, considerando che una malrotazione si osserva con frequenza di 1/500 neonati e diventa frequentemente sintomatica nei primi mesi o nei primi anni di vita.

Nel caso qui presentato la sintomatologia iniziale era riconducibile a un ileo paralitico. In ambiente ospedaliero le più frequenti cause di ileo paralitico sono l’eccessiva somministrazione di morfina o suoi derivati nel trattamento del dolore, l’ipopotassiemia negli anziani e gli ematomi pelvici post traumatici. Quest’ultima causa era rintracciabile nella storia clinica della paziente, essendo stato tomograficamente riscontrato un ematoma pelvico conseguente a frattura dell’ileo destro e delle branche ileo- e ischio- pubiche. Benché coesistessero i reperti tomografici di torsione mesenterica in malrotazione e di un duodeno destroposto, inizialmente non vi era evidenza né clinica, né tomografica, né laboratoristica di un’ischemia o di un’occlusione duodenale: l’obbiettività addominale era modesta, non vi era leucocitosi ed elevazione dei lattati, erano assenti i tipici segni tomografici di un’ischemia intestinale e non era evidente una distensione gastrica.

Solo dieci giorni dopo l’esordio della sintomatologia addominale, diventò evidente tomograficamente un’occlusione al passaggio duodeno-digiunale, non associata a ischemia intestinale, come verificato tomograficamente ed endoscopicamente. A questo punto l’elemento predominante non era più l’ileo paralitico riflesso, ma l’effetto occludente correlato alla torsione mesenterica. In tale situazione, essendo causa dell’occlusione, la torsione mesenterica può essere definita “volvolo”; il meccanismo dell’occlusione consisteva in un’angolatura del passaggio duodeno-digiunale.

Due sono gli interrogativi insoluti che ci lascia questo caso:

– causa dell’ileo paralitico fu la torsione mesenterica o l’ematoma pelvico?

– La torsione mesenterica era pre-esistente al trauma o il trauma stesso ne è stato il fattore causale in presenza di un mesentere con stretta radice?

Ma soprattutto questo caso deve ricordarci che la torsione mesenterica in malrotazione può occasionalmente presentarsi nel giovane e nell’adulto, giungendo all’osservazione del chirurgo generale (11). Un importante rischio della torsione mesenterica è l’ischemia intestinale, che può evolvere in infarto intestinale massivo; è perciò opportuno prevenirla chirurgicamente subito dopo la diagnosi, anche qualora la sintomatologia sia transitoria. In questo caso la sintomatologia è stata strettamente controllata, attendendo un parziale recupero postoperatorio (e sperando che vi fosse una risoluzione spontanea della torsione), prima di procedere con l’intervento addominale.

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