di Enrico Ganz

 

In questo articolo analizzo dapprima le conoscenze relative al livello di sezione arteriosa mesenterica nelle resezioni colo-rettali per adenocarcinoma del retto. Pervengo alla conclusione che la principale finalità di una sezione mesenterica bassa consiste nel tentare di ottenere una migliore vascolarizzazione del moncone colico e che questo obbiettivo ha significato solo se è ottimizzata anche la vascolarizzazione del moncone rettale. Analizzo di conseguenza la letteratura scientifica relativa all’escissione mesorettale, al fine di definire criteri utili per orientarsi a un’escissione mesorettale totale o parziale, rispettando al contempo la radicalità oncologica e un’adeguata vascolarizzazione del moncone rettale. Concludo lo scritto, definendo le condizioni anatomiche e le indicazioni per effettuare una sezione mesenterica bassa.

Introduzione

Nella mia esperienza una resezione anteriore del retto è sempre stata associata a una sezione dell’arteria mesenterica inferiore circa 1 cm distalmente alla sua origine. In un recente caso, relativo ad un ottantottenne, ho sezionato all’origine l’arteria emorroidaria superiore e l’arteria sigmoidea, conservando l’arteria mesenterica inferiore. E’ stato possibile confezionare un’anastomosi morbida con il moncone rettale tra 1/3 medio e 1/3 inferiore del retto. Il paziente ha avuto un ottimo recupero postoperatorio senza alcun segno di deiscenza anastomotica. L’alimentazione è stata possibile in seconda giornata postoperatoria. Pur essendosi svolto per via laparotomica, l’esito dell’intervento è stato sovrapponibile o tendenzialmente più favorevole delle resezioni colo-rettali effettuate per via laparoscopica. E’ evidente che un singolo caso non fa storia e che nel recupero funzionale postoperatorio probabilmente hanno avuto un ruolo preminente caratteristiche individuali. Ma l’esito sorprendente di questo caso è stato comunque utile, suggerendomi di mettere in discussione la mia consuetudine di sezionare l’arteria mesenterica inferiore all’origine. A mio parere non deve essere trascurata alcuna possibilità per migliorare la vascolarizzazione del’anastomosi colo-rettale, pur rispettando una linea di condotta oncologicamente corretta in relazione allo specifico caso che si tratta. Infatti, l’incidenza di deiscenza anastomotica in questo tipo di anastomosi non è indifferente, oscillando tra il 5 e il 26% (25,55,76) e fattori essenziali per contenerne l’incidenza sono un’adeguata vascolarizzazione dei capi anastomotici e l’assenza di trazione sull’anastomosi.

Da questa esperienza prendono origine le seguenti analisi e riflessioni.

Sezione mesenterica alta e bassa (Fig. 1)

La sezione dell’arteria mesenterica inferiore è un classico tempo nell’intervento di resezione anteriore del retto per adenocarcinoma. La sezione è effettuata a una distanza di circa 1 cm dalla sua origine (49), per evitare la lesione dei plessi nervosi, che mediano la funzionalità genito-urinaria. Nella prima metà del secolo scorso la tecnica chirurgica in uso prevedeva la conservazione dell’arteria mesenterica inferiore, sezionando all’origine l’arteria emorroidaria superiore. Negli anni ‘50 del secolo scorso vari autori indicarono l’opportunità di sezionare l’arteria mesenterica inferiore, per effettuare un’agevole asportazione en bloc dei linfonodi mesenterici inferiori. Infatti, questi linfonodi sono in continuità con la stazione linfonodale dell’arteria emorroidaria superiore e quindi con il territorio della neoplasia rettale (23). Questo approccio è tuttora valido, anche considerando che, unitamente alle altre manovre di mobilizzazione colica, la sezione dell’arteria mesenterica inferiore consente di ottenere un agevole abbassamento del colon discendente, per effettuare l’anastomosi con il moncone rettale residuo (15).

Ma è possibile ottenere comunque un analogo risultato in termini di radicalità oncologica, conservando l’arteria mesenterica inferiore e l’arteria colica sinistra e sezionando esclusivamente l’arteria emorroidaria superiore?

Mentre nei Paesi occidentali la sezione dell’arteria mesenterica inferiore è effettuata abitualmente in prossimità della sua origine (“sezione mesenterica alta”), in Giappone è invece diffusamente praticata la sezione bassa, ovvero la sezione dell’arteria emorroidaria superiore (Fig. 1). Questo differente orientamento deriva probabilmente da peculiarietà anatomiche; infatti, nei giapponesi il sigma presenta mediamente una maggiore lunghezza e per questo motivo può essere accostato senza tensione al moncone rettale anche senza aver sezionato l’arteria mesenterica inferiore (75). La possibilità di effettuare un’anastomosi colo-rettale priva di tensione è in generale un elemento che si ritiene importante per ridurre l’incidenza di deiscenza anastomotica.

E’ tuttavia evidente che in un certo numero di casi l’arteria mesenterica inferiore potrebbe essere conservata anche nei pazienti occidentali, quando si riscontrino condizioni anatomiche favorevoli. In uno studio anatomico europeo è stato evidenziato che un’anastomosi colo-rettale priva di tensione è sempre fattibile, se è conservata la metà craniale del sigma  (8). Qualora non vi fosse la possibilità di abbassare senza trazioni il moncone colico fino al moncone rettale, per effettuare l’anastomosi, l’arteria mesenterica inferiore dovrebbe essere senz’altro sezionata, provvedendo inoltre a proseguire il distacco del mesocolon sinistro dalla fascia di Toldt, ad abbassare la flessura splenica e a concludere la mobilizzazione con la sezione della vena mesenterica inferiore a livello del legamento di Treitz.

La sezione bassa dell’arteria mesenterica inferiore è compatibile con una procedura oncologicamente corretta. Infatti, può essere associata a una linfoadenectomia attorno al tronco mesenterico (46,80) e attualmente tale procedura è stata messa a punto anche per via laparoscopica (64). L’asportazione di questi linfonodi non migliora la prognosi, essendovi già una diffusione perlomeno micro-metastatica per via linfo-ematica in caso di loro positività (23) e potendovi essere una diffusione lungo vie linfatiche che non seguono l’arteria mesenterica, in particolare verso le catene iliache nel caso di tumori localizzati nel terzo inferiore del retto. Fortunatamente, la positività dei linfonodi alla radice dell’arteria mesenterica inferiore è infrequente: 0,7% nello studio di Adachi (1); 1.7% nello studio di Kanemitsu (34); 3,1% nello studio di Chin, includente tumori del colon sinistro e del retto (11); 17,3 % dei casi di tumore del colon sinistro e del retto in uno studio europeo risalente all’anno 1958 (2). In altri studi, che valutano questo aspetto, la percentuale di positività linfonodale varia tra lo 0,3% e l’8,6% (44). Nello studio di Chin questi linfonodi erano negativi nei tumori pT1; nei tumori pT4 erano positivi nel 4% dei casi (11). Nonostante che questi linfonodi siano rara sede di metastasi, il loro esame è comunque considerato orientativo in termini prognostici: la positività indica una peggiore prognosi rispetto ai pazienti con linfonodi negativi in questa sede (39,75).

Posto che una sezione mesenterica bassa richiede di effettuare in modo specifico una linfoadenectomia, mentre una sezione alta asporta en bloc i linfonodi associati all’arteria, è opportuno chiedersi se sia definibile un vantaggio nella scelta di una sezione bassa.

Vi è chi sostiene che una sezione bassa dell’arteria mesenterica inferiore si traduce in una migliore irrorazione sanguigna dell’anastomosi colo-rettale (63). E’ un’affermazione che merita di essere analizzata nel seguito di questo scritto. Conservare una fonte di irrorazione sanguigna per il colon discendente dopo una resezione sigmoido-rettale  è senz’altro interessante (Fig. 1); il vantaggio si manifesterebbe qualora nel corso della vita fosse necessario effettuare una resezione del colon trasverso. Infatti, se non vi fosse la vascolarizzazione mediata dall’arteria mesenterica inferiore e dall’arteria colica sinistra, la sezione dell’arteria colica media obbligherebbe a resecare anche il colon discendente fino al retto e ad effettuare un anastomosi tra il colon destro e il retto.

Recentemente sono stati pubblicati studi giapponesi, che hanno valutato il razionale di una sezione bassa in termini oncologici e in termini di complicanze postoperatorie. In uno studio di Yasuda e al. si è evidenziata una maggiore incidenza di ileo postoperatorio nei pazienti sottoposti a sezione alta, mentre la sopravvivenza libera da recidiva e la sopravvivenza a 5 anni non presentavano differenze significative anche considerando un sottogruppo di pazienti che presentavano metastasi linfonodali (80). Già in passato vari studi avevano evidenziato un’uguale prognosi in termini oncologici tra sezione mesenterica alta e bassa nel trattamento del tumore rettale (44,56,72,73). L’utilizzo della radio-chemioterapia preoperatoria smorza ulteriormente un’eventuale differenza nell’efficacia di una sezione mesenterica alta in confronto a una sezione bassa, potendo sterilizzare i rari linfonodi mesenterici inferiori metastatici. Si tenga inoltre presente la possibilità di effettuare una linfoadenectomia mesenterica inferiore dopo sezione mesenterica bassa.

In una meta-analisi includente 3652 pazienti sottoposti a sezione mesenterica bassa e 2265 pazienti sottoposti a sezione alta una deiscenza anastomotica è stata riscontrata rispettivamente nel 7,0% e nel 9,8% dei pazienti. La mortalità postoperatoria, il numero di linfonodi asportati, il tasso di recidiva e la sopravvivenza a 5 anni non differivano significativamente tra i due gruppi (81). Analogo risultato è stato riportato in un’altra meta-analisi e in una review di studi clinici (19,26). Per quanto riguarda l’incidenza di deiscenza anastomotica molti studi non evidenziano una significativa differenza tra sezione mesenterica alta e bassa (12,13,46,60,79). Questa evidenza è in accordo con l’osservazione di un conservato apporto vascolare al moncone colico (colon trasverso o colon discendente) dopo sezione dell’arteria mesenterica inferiore (27); solo la vascolarizzazione del sigma può essere compromessa dopo sezione mesenterica alta (20,27), rendendosi quindi opportuna la sua asportazione completa in corso di resezione colo-rettale, anche considerando la possibilità che in corrispondenza della flessura splenica sia congenitamente esile l’arteria marginale (44).

Un limite degli studi sopra citati consiste nel non considerare che la vascolarizzazione dell’anastomosi è ottimizzata solo se è ottimizzata la vascolarizzazione di entrambi i capi anastomotici: non solo di quello colico, ma anche di quello rettale. Quindi, allo stato attuale, non siamo certi che una sezione mesenterica bassa non migliori utilmente la vascolarizzazione dell’anastomosi colo-rettale. Per questo fine sarebbe necessario valutare casi in cui la sezione mesenterica bassa sia stata associata a un ben specificato approccio demolitivo al mesoretto, che coniughi radicalità oncologica e ottimizzazione della vascolarizzazione. Questo aspetto sarà trattato nel prossimo paragrafo.

L’approccio demolitivo al mesoretto

Un elemento che non è adeguatamente considerato nelle meta-analisi dedicate al livello di sezione dell’arteria mesenterica inferiore è il modo in cui viene effettuata la resezione rettale. Infatti, è evidente che il rischio di deiscenza anastomotica non è riducibile limitandosi a migliorare la vascolarizzazione del moncone colico con una sezione mesenterica bassa; è necessario che sia adeguata anche la vascolarizzazione del moncone rettale. Questo obbiettivo sarebbe realizzabile conservando il mesoretto; ma è ben noto che nel mesoretto possono esservi depositi metastatici. Quindi, il problema è comprendere quanto mesoretto debba essere asportato. In un’epoca di divulgazione della “total mesorectal escission”, il rischio è di essere indotti ad effettuare un overtreatment, asportando in blocco il mesoretto di principio, senza considerare l’opportunità di soluzioni più conservative, comunque oncologicamente corrette. Soluzioni che consentono di ottimizzare la vascolarizzazione del moncone rettale.

Nel paragrafo seguente è elencata una serie di dati utili per l’approccio chirurgico al mesoretto nell’adenocarcinoma del retto, tra i quali si potrà attingere per la successiva discussione sulle condizioni per la fattibilità di un’escissione mesorettale parziale, al fine di migliorare la vascolarizzazione del moncone rettale.

Dati utili per l’approccio chirurgico al mesoretto nell’adenocarcinoma del retto

– Anatomia chirurgica del mesoretto

Il mesoretto è costituito dal tessuto fibro-adiposo, linfonodale, vascolare e nervoso che avvolge il retto posteriormente e lateralmente in sede sottoperitoneale. Questo tessuto è delimitato dalla sottile fascia mesorettale. Esiste un piano di dissezione tra la fascia mesorettale e la fascia sacrale, che riveste i vasi pre-sacrali. Cranialmente il mesoretto è delimitato dall’origine dell’arteria emorroidaria superiore. Il plesso pre-aortico dei nervi simpatici è posteriore all’origine dell’arteria emorroidaria superiore e nella dissezione del mesoretto è essenziale conservarne l’integrità, mediando la funzione della continenza. Caudalmente la fascia di Waldeyer unisce a livello di S2-S3 la fascia mesorettale e la fascia presacrale. La sezione di questa fascia consente di concludere l’isolamento del mesoretto all’estremità caudale, dove la dissezione si conclude a livello del piano dei muscoli elevatori dell’ano. A ciascun lato la fascia mesorettale è perforata dall’arteria rettale media e da nervi del sistema autonomo. L’arteria è di variabile dimensione, ma tale da essere sezionabile dopo semplice elettrocoagulazione. L’inspessimento fibroso che la circonda è definito “legamento laterale del retto”.

Il numero medio di linfonodi contenuti nel mesoretto è 17.

– Dati di patologia oncologica del mesoretto

Nelle seguenti osservazioni l’infiltrazione tumorale (T) e le metastasi linfonodali (N) sono graduate secondo la classificazione TNM riportata in tabella II.

– – Nel mesoretto le cellule tumorali sono localizzabili all’interno dei linfonodi o nel tessuto fibro-adiposo in forma di nodulazioni libere; alcuni noduli sono metastasi linfonodali che ne hanno perforato la capsula. Lo stesso tumore primitivo che abbia oltrepassato il limite della tonaca muscolare può aggettare nel mesoretto. Comunque avvenga la colonizzazione, questo evento è molto importante in termini prognostici. Per questo motivo è stato introdotto il termine “margine di resezione circonferenziale”, che indica la distanza tra la fascia mesorettale e il più vicino deposito metastatico. Una distanza uguale o inferiore a 1 mm è considerata un elemento prognostico negativo (53).

– – La percentuale di metastasi linfonodali nel mesoretto in tumori T1 varia tra il 12% e il 16% (28,32,38,41).

– – La percentuale di metastasi nel mesoretto in rapporto alla sede del tumore è:

10% per la giunzione retto-sigmoidea; 26% per il retto superiore; 19% per il retto inferiore (33).

– – La distanza tra le metastasi linfonodali nel mesoretto e il polo caudale del tumore è:

— 2 cm se il tumore è a livello della giunzione retto-sigmoidea;

— 4 cm se un tumore è localizzato nel retto superiore;

— 3 cm se il un tumore è localizzato nel retto inferiore (33).

– – La distribuzione dei linfonodi positivi nel mesoretto in rapporto alla posizione di un adenocarcinoma rettale è 53% cranialmente, 36% in adiacenza e 11% caudalmente al tumore. Dopo chemioradioterapia per adenocarcinoma rettale in stadio III/IV una positività linfonodale è stata riscontrata nello 0,046%, nello 0,096% e nello 0,000% dei linfonodi mesorettali rispettivamente cranialmente, a livello e caudalmente al tumore. Considerando i depositi tumorali mesorettali, il 27%, il 68% e il 2% dei depositi era rispettivamente cranialmente, a livello e caudalmente al tumore (24).

– – un margine di resezione circonferenziale = < 1 cm è un fattore prognostico indipendente per sopravvivenza e indica un maggior rischio di recidiva sia nel caso di pazienti sottoposti a chemioterapia pre-operatoria, sia nel caso di pazienti sottoposti ad esclusiva chirurgia (53).

– – La diffusione intramurale del tumore non supera due cm caudalmente al polo caudale del tumore (67). Pazienti con resezione effettuata 2 cm caudalmente al tumore non presentano differenze in termini di sopravvivenza o di recidive rispetto a resezioni effettuate a una distanza maggiore (57).

– L’interessamento tumorale del mesoretto distale è un indice di cattiva prognosi (62).

– L’interessamento tumorale del retto distale è associato a una maggiore percentuale di positività dei linfonofi mesorettali e dei linfonodi laterali (71).

– Dati di chirurgia oncologica del retto

– – Dopo resezione anteriore del retto per adenocarcinoma rettale recidive locali sono state osservate nei primi tre anni di follow up nel 21-30% dei pazienti se non è effettuata un’escissione mesorettale totale (EMT) e del 6-11% se è effettuata una EMT (6,48,55).

– – Nel caso di metastasi nei linfonodi laterali (lombo-aortici) la EMT è associata a una sopravvivenza a 5 anni tra il 30% (47) e il 41%; l’aggiunta di una chemio-radioterapia pre-operatoria ha consentito di ottenere una sopravvivenza del 78% (50). L’asportazione chirurgica di questi linfonodi non migliora la sopravvivenza (65), mentre aumenta il rischio di disfunzioni sessuali e urinarie (51). L’interessamento metastatico dei linfonodi laterali non è un fattore prognostico indipendente e la peggiore prognosi osservata in caso di loro interessamento è determinata dalla disseminazione sistemica della malattia e dall’infiltrazione locale del tumore. Qualora il coinvolgimento dei linfonodi laterali sia dimostrabile con RM, la sopravvivenza libera da malattia a 5 anni è del 31% rispetto al 76% dei pazienti in cui non vi era questa evidenza (65).

– In caso di recidiva pelvica dopo precedente resezione rettale con EMT la sopravvivenza a 5 anni dopo chirurgia e residuo di malattia R0, R1 e R2 è rispettivamente del 40%, 16% e 0% (52).

– Dati sui trattamenti radio-chemio-terapici in associazione alla chirurgia del retto

– – La radioterapia preoperatoria riduce l’incidenza di recidiva locale, ma non la sopravvivenza a 5 anni.

– – In un’esperienza l’incidenza di metastasi linfonodali in tumori ypT3-4, ypT1-2 e ypT0 dopo radioterapia pre-operatoria è stato rispettivamente del 40%, 25% (in media 2 linfonodi mesorettali in prossimità della lesione), 0% (69). Si deve considerare che la risposta completa è valutabile solo istologicamente; infatti, solo nel 67% dei pazienti in cui è definibile una risposta completa sulla scorta della valutazione endoscopica il tumore è effettivamente ypT0-Tis-T1 dopo escissione locale o resezione rettale (14). Tra i pazienti ypT0-Tis-T1 il 10% presenta positività linfonodale.

– – La radioterapia “breve” ad alte dosi consente di ottenere in associazione alla EMT un ottimo controllo locale in pazienti con tumore rettale in stadio II-III, ma gli effetti collaterali cronici interessano circa il 60% dei pazienti, tra i quali l’incontinenza coinvolge il 13% dei pazienti e disfunzioni sessuali il 36% dei pazienti (70). In un altro studio l’incontinenza fecale a 5 anni è risultata del 51% versus 30% dopo esclusiva EMT (77). A questi effetti corrisponde il riscontro istologico nel mesoretto di fibrosi e d’inspessimento delle pareti vascolari, sclero-ialinosi dei linfonodi e fibrosi peri-neurale (59).

– – La chemio-radioterapia preoperatoria consente di ridurre l’incidenza di recidiva locale, ma non previene le metastasi a distanza (18). E’ stato perciò proposto di valutare con RM gli aspetti infiltrativi e i depositi metastatici nel mesoretto, per selezionare i casi in cui effettuare esclusivamente una EMT. Infatti, una radio-chemioterapia pre-operatoria non aumenta la sopravvivenza e aumenta la morbilità (21). In pratica, una radiochemioterapia pre-operatoria è indicata in caso di tumori T3 o T4, in caso di interessamento linfonodale nel mesoretto, oppure qualora si voglia sperare di ottenere una riduzione di un tumore localizzato in prossimità degli sfinteri, per evitare un’amputazione addomino-perineale.

– Dopo chemio-radioterapia pre-operatoria una risposta completa (ypT0) è associata alla persistenza di metastasi linfonodali nel 5% dei pazienti; nei ypT1 metastasi linfonodali sono state osservate nell’8% dei pazienti; nei ypT2 la percentuale sale al 26% (7).

– – La chemioterapia postoperatoria non aumenta la sopravvivenza (5,61).

Verso un approccio razionale all’escissione mesorettale

Cosa suggeriscono i dati rilevati nella precedente analisi della letteratura in rapporto al nostro obbiettivo di razionalizzare l’approccio demolitivo al mesoretto, coniugando l’attenzione per la vascolarizzazione del moncone rettale e per la radicalità oncologica?

Considerando i dati relativi alla diffusione intramurale, sarebbe sufficiente effettuare una sezione rettale due cm caudalmente al polo caudale del tumore per evitare residui di malattia intra-murale (57) e anche inferiore a 1 cm, se è stata effettuata una radio-chemioterapia pre-operatoria (42,54,74).

Per quanto concerne il mesoretto numerosi studi hanno sottolineato il beneficio che deriva dal rispetto di un’escissione mesorettale totale in confronto a un’escissione mesorettale effettuata “di principio” in modo poco accurato: una riduzione delle recidive locali da 30% a 7% (9). Secondo i risultati del Dutch Colorectal Cancer Group una radioterapia preoperatoria consente di ridurre le recidive dall’8,2% al 2,4% dopo EMT (17). Qual è l’incoveniente? Nel caso di un’escissione radicale del mesoretto si osserva un aumento delle deiscenze anastomotiche, che giunge al 20% e che è favorita dall’irradiazione preoperatoria (37).

In realtà il discorso è più complesso. Infatti, se è stata effettuata una radio-chemioterapia pre-operatoria, un’escissione mesorettale completa non comporta alcun beneficio in termini di recidiva e di sopravvivenza a 3 anni nei pazienti che hanno avuto una buona risposta alla chemio-radioterapia in assenza di linfonodi > 5 mm negli esami di stadiazione pre-operatoria (66). Inoltre, nel caso di tumori a una distanza = < 5 cm dalla linea dentata un’escissione mesorettale totale non apporta probabilmente significativi benefici. Infatti, in queste localizzazioni vi è diffusione non solo verso i linfonodi dell’arteria iliaca interna attraverso i legamenti laterali, ma anche nel circolo sistemico tramite le vene emorroidarie inferiori, predisponendo a metastasi che per questo motivo anche precocemente possono localizzarsi a livello polmonare. Chen e al hanno osservato metastasi polmonari entro 5 anni dopo l’intervento nel 13%, 3% e 0% dei pazienti con adenocarcinoma rispettivamente localizzato nel 1/3 inferiore, nel 1/3 medio e nel 1/3 superiore del retto dopo trattamento chemioterapico adiuvante; metastasi epatiche sono state riscontrate rispettivamente nel 12%, 9% e 2% dei pazienti con adenocarcinoma rispettivamente localizzato nel 1/3 inferiore, nel 1/3 medio e nel 1/3 superiore del retto (10). La cattiva prognosi dei tumori nel 1/3 inferiore del retto è confermata da altri autori (62).

Nel caso di un adenocarcinoma rettale T1 e T2 in qualunque posizione del retto e di un adenocarcinoma T3 o T4 della giunzione retto-sigmoidea la sezione può essere chiaramente effettuata 2 cm caudalmente al polo caudale del tumore. Nel caso di un adenocarcinoma T3 o T4 del retto superiore la sezione mesorettale dovrebbe essere effettuata 5 cm caudalmente al tumore, mentre l’escissione del mesoretto dovrebbe essere completa nel caso di una localizzazione tumorale nel retto inferiore. Più precisamente un’asportazione totale del mesoretto è indicata per i tumori T3 e T4 che giungono a una distanza di 8 cm o meno dall’orifizio anale, mentre, se la distanza è > 8 cm dall’O.A., la sezione mesorettale dovrebbe essere effettuata 5 cm caudalmente al tumore (83).

La positività di linfonodi mesorettali si osserva nel 10-30% dei pazienti con adenocarcinoma localmente avanzato e si associa a una riduzione della sopravvivenza a 5 anni. L’asportazione totale del mesoretto e la radioterapia non sono in grado di aumentarla; l’unico beneficio concerne la riduzione delle recidive pelviche. La radioterapia consente di ridurre l’incidenza delle recidive pelviche nei casi che rispondono (66), ma analogo risultato è ottenibile nei casi in cui è possibile tecnicamente asportare integro il mesoretto, posto che non vi sia infiltrazione della fascia mesorettale. In caso di infiltrazione fasciale (margine del deposito metastatico < 1 mm dalla fascia) una recidiva pelvica si osserva in quasi l’80% dei pazienti rispetto al 10 % dei casi senza infiltrazione (2) e anche le metastasi sono più frequenti, pur se è effettuata un’escissione totale del mesoretto.

Al termine di questa disamina emergono alcuni dati che ci consentono un approccio razionale al trattamento chirurgico del mesoretto. I dati sono sintetizzati in tabella I. Emerge inoltre l’importanza di valutare con RM gli aspetti infiltrativi e i depositi metastatici nel mesoretto, per selezionare i casi in cui evitare una radio-chemioterapia pre-operatoria. Infatti, la chemio-radioterapia preoperatoria consente di ridurre l’incidenza di recidiva locale solo in presenza di metastasi mesorettali, mentre non previene le metastasi a distanza (18) e aumenta la morbilità (21). In pratica, l’assenza di nodulazioni mesorettali e un cT1-2 orientano ad evitare una radio-chemioterapia neoadiuvante.

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Tab. I Indicazioni all’escissione mesorettale parziale o totale nell’adenocarcinoma del retto

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Infiltrazione parietale, sede del tumore

 

Livello di sezione mesorettale
T1, T2 in qualunque posizione 2 cm caudalmente al tumore
T3, T4 giunzione retto-sigmoidea 2 cm caudalmente al tumore
T3, T4, > 8 cm dall’O.A. 5 cm caudalmente al tumore
T3, T4 8 cm o meno dall’O.A. Escissione mesorettale totale

Nota – Se è stata effettuata una radio-chemioterapia pre-operatoria, un’escissione mesorettale completa non comporta benefici in termini di recidiva e di sopravvivenza a 3 anni nei pazienti che hanno avuto una buona risposta alla chemio-radioterapia in assenza di linfonodi > 5 mm negli esami di stadiazione pre-operatoria (66). Perciò, tumori T3 e T4 a una distanza di 8 cm dall’O.A., divenuti yT0, yT1, yT2 senza evidenza di interessamento linfonodale, potrebbero essere trattati con un’escissione mesorettale parziale.

O.A. = orifizio anale                    EMT = escissione mesorettale totale

 

Verso un approccio razionale al livello della sezione mesenterica

Dopo escissione totale del mesoretto il moncone rettale è meno vascolarizzato che dopo escissione mesorettale parziale e l’incidenza di deiscenza anastomotica aumenta. Questo elemento dovrebbe essere dunque considerato negli studi dedicati al confronto tra incidenza di deiscenza anastomotica nella sezione alta dell’arteria mesenterica inferiore e nella tecnica con conservazione dell’arteria colica sinistra (sezione bassa) nelle resezioni colo-rettali per adenocarcinoma del retto. Infatti, non sarebbe di pratica utilità ottenere una migliore vascolarizzazione del moncone colico con una sezione mesenterica bassa, se la vascolarizzazione del moncone rettale fosse mediocre.  In questi studi dovrebbero essere quindi definiti sottogruppi di pazienti in rapporto alla distanza della sezione rettale e mesorettale dall’orifizio anale e all’eventuale trattamento pre-operatorio con radioterapia. Gli studi attualmente disponibili in letteratura non sono impostati in questi termini.

Riassumendo la questione, una sezione bassa con linfoadenectomia dell’arteria mesenterica inferiore è oncologicamente adeguata ed è tecnicamente accettabile qualora l’anastomosi colo-rettale sia confezionabile senza tensione, ma è anche una procedura più indaginosa ed è giustificabile nell’ottica di ottimizzare la vascolarizzazione dell’anastomosi colo-rettale solo se si ottimizza la vascolarizzazione del moncone rettale nel rispetto della radicalità oncologica. La scelta di una delle due modalità di sezione mesenterica deve essere quindi fondata in primo luogo su una valutazione oncologica del caso che si intende trattare chirurgicamente e successivamente su una valutazione intra-operatoria di fattibilità della sezione mesenterica bassa, qualora indicata sulla scorta della precedente valutazione.

– Valutazione oncologica

In primo luogo è opportuno valutare pre-operatoriamente con RM gli aspetti infiltrativi e i depositi metastatici nel mesoretto, per selezionare i casi in cui sia possibile evitare una radio-chemioterapia pre-operatoria. Infatti, la chemio-radioterapia preoperatoria consente di ridurre l’incidenza di recidiva locale solo in presenza di metastasi mesorettali o di infiltrazione parietale T3 o T4, mentre non previene le metastasi a distanza (18) e aumenta l’incidenza di deiscenza anastomotica (21).

In secondo luogo, al fine di ottimizzare la vascolarizzazione del moncone rettale, deve essere evitata un’escissione radicale del mesoretto di principio, poiché il mesoretto media la vascolarizzazione del moncone rettale. In Tab. I sono riportati i livelli di sezione mesorettale in rapporto a sede e grado di infiltrazione parietale del tumore. Un’escissione mesorettale parziale consente di ottimizzare la vascolarizzazione del moncone rettale a condizione che la sezione mesorettale sia effettuata a livello della sezione rettale, evitando che un tratto di retto > 2 cm sia privato delle connessioni vascolari con il meso. Si deve tenere presente la possibilità di una diffusione intramurale del tumore, che è tuttavia limitata, per cui la sezione rettale deve essere effettuata almeno 2 cm caudalmente al margine caudale della neoplasia, se non sono stati effettuati trattamenti radio-chemioterapici, e almeno ½ cm caudalmente alla neoplasia, se è stato effettuato un trattamento chemio-radioterapico. Misure maggiori di quelle indicate non sono associate a un beneficio in termini oncologici.

– Valutazione intra-operatoria di fattibilità della sezione mesenterica bassa

Una sezione mesenterica bassa con linfoadenectomia dell’arteria mesenterica inferiore ha per condizione di fattibilità la possibilità di confezionare l’anastomosi colo-rettale senza tensione. Al fine di verificare questa possibilità è essenziale provvedere in primo luogo a un’adeguata mobilizzazione del mesocolon sinistro e della metà sinistra del mesocolon trasverso mediante scollamento del mesocolon sinistro dalla fascia di Toldt, dall’uretere e dai vasi gonadici, sezione del legamento spleno-colico, scollamento colo-epiploico a sinistra dei vasi colici medi, sezione della radice del mesosigma dal promontorio fino all’arteria mesenterica inferiore. A questo punto può essere valutata la possibilità di caudalizzare adeguatamente in piccolo bacino il colon discendente. Se il colon discendente raggiunge la sinfisi pubica è molto probabile che l’anastomosi colo-rettale possa essere effettuata senza tensione. Se l’anastomosi è effettuabile senza tensione, è preferibile effettuare una sezione dell’arteria rettale superiore e dell’arteria sigmoidea, conservando il tronco principale dell’arteria mesenterica inferiore e l’arteria colica sinistra. Il tronco principale dell’arteria mesenterica inferiore deve essere sezionato nel caso che sia insufficiente l’allungamento del colon discendente verso il moncone rettale. Tuttavia, prima di fare questa scelta, la possibilità di ottenere un allungamento, conservando la metà craniale del sigma, deve essere considerata.

Conclusioni

In conclusione, questo scritto esamina gli aspetti tecnici e funzionali della sezione alta e della sezione bassa dell’arteria mesenterica inferiore in corso di resezione colo-rettale per adenocarcinoma del retto; ricorda l’importanza di affidarsi a precisi criteri per la scelta tra un’escissione mesorettale totale o parziale dopo sezione mesenterica bassa (Tab. I), con la finalità di ottimizzare la vascolarizzazione del moncone rettale; contribuisce infine a suggerire la più opportuna linea di ricerca utile per chiarire il reale beneficio in termini di incidenza di deiscenza anastomotica dopo sezione alta  e bassa. Infatti, gli attuali studi confrontano la percentuale di deiscenza anastomotica nella sezione mesenterica alta e nella sezione mesenterica bassa, ma non considerano sottogruppi di pazienti definiti in rapporto all’estensione dell’escissione mesorettale e al trattamento radioterapico.

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Tab. II Classificazione TNM-UICC anno 2016

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Classe

 

Descrizione
TX Tumore primitivo non definibile
T0 Tumore primitivo non evidenziabile
Tis Carcinoma in situ: intraepiteliale o invasione della lamina propria [comprende cellule tumorali confinate all’interno della membrana basale ghiandolare (intraepiteliale) o della lamina propria (intramucosa) che non raggiungono la sottomucosa]
T1 Tumore che invade la sottomucosa
T2 Tumore che invade la muscolare propria
T3 Tumore con invasione attraverso la muscolare propria nella sottosierosa o nei tessuti pericolici e perirettali non ricoperti da peritoneo
T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o perfora il peritoneo viscerale
T4a Tumore che perfora il peritoneo viscerale
T4b Tumore che invade direttamente altri organi o strutture
   
NX Linfonodi regionali non valutabili
N0 Non metastasi nei linfonodi regionali
N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali
N1a Metastasi in 1 linfonodo
N1b Metastasi in 2-3 linfonodi
N1c Depositi tumorali satelliti nella sottosierosa o nei tessuti non peritonealizzati pericolici e perirettali senza evidenza di residui            linfonodali, strutture vascolari o neurali.
N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali
N2a Metastasi in 4-6 linfonodi
N2b Metastasi in 7 o più linfonodi
   
MX Metastasi a distanza non accertabili
M0 Assenza di metastasi a distanza
M1 Metastasi a distanza
M1a Metastasi confinate ad un organo (fegato, polmone, ovaio, linfonodi extraregionali)
M1b Metastasi in più di un organo

 

M1c Metastasi peritoneale con o senza metastasi in uno o più organi a distanza

 

Stadio            Descrizione
Stadio 0 Tis N0M0
Stadio I T1N0M0

T2N0M0

Stadio IIa T3N0M0
Stadio IIb T4aN0M0

 

Stadio IIc T4bN0M0
Stadio IIIa T1-2 N1a-c M0

T1 N2a M0

Stadio IIIb T3 T4a N1a-c M0

T2-3 N2a, M0

T1-2 N2b M0

Stadio IIIc T4a N2a-b M0

T3 N2b M0

T4b N1-2, M0

Stadio IVb Ogni T, ogni N, M1b

 

Stadio IVc Ogni T, ogni N, M1c

Note

cTNM: classificazione clinica.

pTNM: classificazione patologica.

Prefisso “y”: tumori colorettali classificati dopo trattamento neoadiuvante. Prefisso “r”: tumori colorettali recidivati dopo un intervallo libero da malattia.

 

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