di Enrico Ganz

 

La fattibilità di una gastrectomia D2 per via laparoscopica è attualmente ben dimostrata. Tuttavia, la difficoltà dell’intervento è significativamente maggiore che per via laparotomica, richiedendosi quindi un apprendistato abbastanza lungo da essere fattibile solo in Centri ad alto volume di chirurgia gastrica. Nei Paesi orientali l’elevata incidenza di neoplasia gastrica ha favorito la formazione di tali Centri e quindi lo sviluppo di competenze laparoscopiche. Di conseguenza, recentemente in questi Paesi è stato possibile avviare trial clinici prospettici multicentrici, che valutano principalmente la mortalità e la morbilità postoperatoria e secondariamente il tempo di degenza postoperatoria dopo gastrectomia laparoscopica e dopo gastrectomia laparotomica (12): in Cina lo studio CLASS, in Corea lo studio KLASS, in Giappone lo studio JCOG. Questi studi sono in realtà ciascuno un insieme di trial, distinti mediante numerazione. Per esempio, lo studio CLASS-02-01 confronta principalmente la mortalità e la morbilità della gastrectomia per via laparoscopica e per via laparotomica nel trattamento dell’adenocarcinoma gastrico in stadio I (7); lo studio KLASS-03 valuta pazienti con adenocarcinoma nel 1/3 prossimale dello stomaco in stadio I (9); lo studio JCOG-1401 valuta la fattibilità della gastrectomia totale e parziale per via laparoscopica nel trattamento dell’EGC (6); lo studio CLASS-04 valuta i risultati della linfoadenectomia all’ilo splenico con conservazione della milza in corso di gastrectomia per adenocarcinoma avanzato.
Altri studi confrontano invece i risultati tra gastrectomia laparoscopica e gastrectomia robotica (3).
L’analisi della letteratura (1-17) e la valutazione di filmati sulla gastrectomia totale laparoscopica mi offre l’opportunità di presentare le seguenti osservazioni, finalizzate a un orientamento su quale sia l’approccio chirurgico “vincente”:
– le tecniche della gastrectomia totale laparotomica, laparoscopica e robotica sono ben codificate.
– Mortalità e morbilità sono sovrapponibili nella tecnica laparoscopica, robotica e laparotomica in Centri ad alto volume di Chirurgia gastrica (4).
– La linfoadenectomia all’ilo splenico presenta difficoltà tecniche non indifferenti per via laparoscopica (6,8).
– Rispetto al trattamento laparoscopico il trattamento robotico si associa a tempi operatori più lunghi (1, 10, 12) e a più elevati costi (10), ma anche a un maggior numero di linfonodi asportati e a una minore perdita di sangue (1, 11). Tuttavia, non tutti gli studi confermano questi benefici, sottolineando una “parità” tra le due tecniche (10, 14, 16). Vi è invece concordanza sulla minore durata dell’apprendistato per quanto concerne la chirurgia robotica, anche a prescindere dall’esperienza laparoscopica dell’operatore (1, 2).
– Son e al. (15) considerano simili i risultati tra approccio robotico e laparoscopico in termini di linfoadenectomia: in media 47,2 linfonodi asportati con l’approccio robotico e 42,8 linfonodi asportati con l’approccio laparoscopico. Ma una preferenzialità per l’approccio robotico diventa evidente quando gli autori considerano le stazioni linfonodali lungo l’arteria splenica e all’ilo splenico, risultando preferibile l’approccio robotico laddove sia necessaria un’accurata linfoadenectomia dell’asse splenico.
– In uno studio di Yang e al. (17) è stata osservata un’inadeguatezza nell’asportazione dei linfonodi nel 0,4%, 4,1% e 1,7% dopo gastrectomia con accesso rispettivamente laparotomico, laparoscopico e robotico.
– La lettura dell’articolo “Le anastomosi dopo gastrectomia per via laparoscopica”, pubblicato in questo sito, consente di evidenziare il fatto che tutti gli operatori hanno “sofferto” la maggiore complessità dell’anastomosi esofago-digiunale con suturatrice circolare per via laparoscopica, adottando perciò vari stratagemmi che allergeriscono, più che annullare, tale complessità, oppure modificando radicalmente la tecnica dell’anastomosi con l’utilizzo della suturatrice lineare. Per quanto l’anastomosi con suturatrice lineare sia considerata una valida alternativa, alcune perplessità restano sugli esiti di un’eventuale deiscenza anastomotica, poiché l’anastomosi lineare sconfina più frequentemente in mediastino.
– Dubbia appare la reale convenienza economica dell’approccio laparoscopico rispetto a quello laparotomico. Ciò è ancora più evidente per l’approccio robotico (10). Ai maggiori costi della strumentazione non si contrappone una significativa riduzione della degenza postoperatoria (5). Nel bilancio non dovrebbero essere dimenticati gli elevati costi per le complicanze più gravi nella fase di apprendistato degli operatori.
– Sul piano estetico i benefici dell’approccio mini-invasivo sono modesti o perlomeno discutibili, considerando che nell’approccio mini-invasivo l’incisione chirurgica si riduce da una lunghezza di circa 15-17 cm (incisione xifo-ombelicale) a una lunghezza di 5 cm, alla quale devono essere aggiunte perlomeno altre tre incisioni di 8 mm e un’incisione di 15 mm (Fig. 1). Ma in alcune pubblicazioni sono presentati schemi con 5-6 accessi, dei quali i trocar da 12 mm sono da due a quattro. Una tale “costellazione” di incisioni non sembra più gradevole di una cicatrice successiva a una sutura xifo-ombelicale accuratamente eseguita.
– La minilaparotomia dell’approccio laparoscopico è tutt’altro che esente da laparoceli.
– L’approccio mini-invasivo non introduce alcuna semplificazione dell’intervento rispetto all’approccio laparotomico; anzi lo rende più indaginoso e di maggior durata. La linfoadenectomia è tecnicamente più difficile nell’approccio laparoscopico, in particolare quando devono essere asportati i linfonodi dell’arteria splenica e dell’ilo splenico. E’ quindi più probabile che nell’approccio laparoscopico alcuni pazienti beneficino di una linfoadenectomia imperfetta, piuttosto che più accurata rispetto all’approccio laparotomico. Questo perlomeno nei Centri in cui non sia possibile sviluppare un’ampia esperienza di gastrectomia laparoscopica.
– In corso di gastrectomia totale laparoscopica è necessaria un’ottima intesa tra primo e secondo operatore, al fine di coordinare le azioni di dissezione con le più opportune trazioni sui tessuti. Questa necessità vincola la prestazione chirurgica più alla presenza di un’equipe molto affiatata, che alla capacità “autosufficiente” di ogni singolo primo operatore. E questo è un punto di debolezza rispetto all’approccio robotico e laparotomico.
In conclusione di queste osservazioni, appare evidente che la gastrectomia laparoscopica in ambito oncologico non è una tecnica proponibile nella routine della maggior parte degli ospedali italiani, non essendovi nel trattamento chirurgico dell’adenocarcinoma gastrico volumi di attività paragonabili a quelli registrabili in Giappone, in Cina e in Corea. In ogni caso, sono tutt’altro che dimostrati i benefici di un approccio mini-invasivo rispetto all’approccio laparotomico, in particolar modo per gli aspetti che hanno sempre rappresentato un punto di forza dell’approccio laparoscopico: il risultato estetico e la riduzione del tempo di degenza postoperatoria.

 

Bibliografia
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13. Liu F, Qin X. Clinical research status of laparoscopic total gastrectomy in China. Zhonghua Wei Chang Wai Ke Za Zhi 2018; 21(2): 121-5. (Abstract).
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