di Enrico Ganz

La coprostasi è una delle condizioni che non infrequentemente sono oggetto di consulenza chirurgica in un Pronto Soccorso. Tra i fattori di rischio vi è un’età > 65 anni, la disidratazione, l’allettamento, la demenza, trattamenti con farmaci quali oppioidi e antidepressivi triciclici, la neuropatia diabetica, il genere femminile. Questi dati sono anche frequentemente riscontrabili nei casi di coprostasi, che evolvono alla perforazione sigmoido-rettale per decubito di fecalomi (9). Il decubito ha il suo fondamento fisiopatologico in una riduzione della perfusione tessutale causata dalla pressione dei fecalomi sulla mucosa del colon. E’ stato calcolato che una pressione intraluminale > 35 cm H2O per alcune ore determina una necrosi ischemica della parete colica con successiva perforazione (9). Se vi è fuoriuscita di materiale fecale nel cavo peritoneale, la peritonite che ne deriva è definita “stercoracea” o “fecale”. 

Possono condurre all’ipotesi diagnostica il riscontro di una sintomatologia orientativa per peritonite sulla scorta dei dati anamnestici e dell’obbiettività addominale (contrattura dei muscoli addominali, segno di Blumberg), associato al riscontro di una coprostasi con l’esplorazione rettale e con l’RX addome. Successivamente, la tomografia computerizzata (TC) dell’addome è lo strumento più adeguato per il rapido riconoscimento di questa condizione (10,14). 

Case report e casistiche su questo tipo di addome acuto sono piuttosto rari (1,6), ma è anche stato osservato che la sua reale incidenza è maggiore di quanto farebbero supporre le pubblicazioni sul tema. Questa è anche la mia impressione, considerando quanto accade nell’attività di un’U.O. di Chirurgia generale e d’urgenza. Il fatto può essere spiegato con il basso grado di attenzione rivolto allo studio di questa patologia, ma è anche probabile che il fenomeno sia emergente in tempi recenti nelle nostre società, per l’aumentare della quota di anziani in avanzata età con molteplici patologie croniche.

L’unica opportunità per sopravvivere a una peritonite stercoracea da perforazione sigmoido-rettale è l’intervento chirurgico in emergenza. La mortalità postoperatoria riportata in letteratura nelle peritoniti stercoracee è di circa il 30% (3,13), ma questo dato è riferito all’insieme delle cause che possono determinarla, tra le quali principalmente la  perforazione diverticolare conseguente a diverticolite e la deiscenza anastomotica dopo resezione colo-rettale. La mortalità è certamente più elevata, se si restringe il campo alla perforazione da decubito di fecalomi, che coinvolge frequentemente un paziente con età > 75 anni, con un certo grado di demenza, con sindrome ipocinetica e con un certo numero di comorbilità, quali diabete e disturbi del ritmo cardiaco; un paziente, che inoltre giunge frequentemente disidratato e in stato di shock settico più o meno avanzato per una peritonite che non sempre suscita immediato allarme nell’ambito familiare o istituzionale, esprimendosi con un atipico dolore addominale sfumato. Un’elevata mortalità in questo gruppo di pazienti non sorprende, considerando le implicazioni settiche di una contaminazione fecale nel cavo peritoneale in un individuo indebolito dal fisiologico declino del sistema immunitario e dalle comorbilità, al quale si aggiunge la scarsa reattività psichica allo stress chirurgico in presenza di deterioramento delle funzioni cognitive. Tuttavia, se le condizioni generali non sono proibitive, ovvero se il rischio anestesiologico del paziente non è definibile ASA 5, oppure ASA 4, associato a conclamata demenza e a sindrome ipocinetica, un tentativo di trattare questo tipo di peritonite può dare qualche soddisfazione, in particolare se non vi è elevazione dei lattati sierici, che rappresentano un importante fattore prognostico negativo (8). 

Il trattamento chirurgico più prudente in questi pazienti fragili consiste nella resezione colo-rettale con chiusura del moncone rettale e colostomia terminale per via laparotomica mediana. Questa tecnica è definita “intervento di Hartmann”, essendosi diffusa in seguito all’esperienza del professor Henry Hartmann (1860-1952), che nel secondo ventennio del secolo scorso trattò due casi di occlusione intestinale da neoplasia del sigma con una colostomia, seguita da resezione del sigma e da chiusura del moncone rettale (12) (Nota 1). 

Un’alternativa è la resezione colo-rettale seguita da anastomosi colo-rettale. Essa appare complessivamente preferibile considerando casistiche di pazienti con perforazione diverticolare Hinchey 4, ovvero con perforazione diverticolare complicata da peritonite stercoracea (7), ma in realtà necessita di scelta appropriata nel singolo caso in esame. Infatti, questa soluzione è preferibile solo nei casi in cui il paziente sia emodinamicamente stabile e qualora i monconi intestinali non siano edematosi per la flogosi indotta dalla contaminazione fecale del cavo peritoneale. In caso contrario vi è il rischio di una deiscenza dell’anastomosi con conseguenze evidentemente negative in un individuo fragile. 

Una tecnica che ha invece perduto terreno nel trattamento della peritonite stercoracea è la sutura diretta della perforazione seguita da ileostomia o da colostomia di protezione, per la frequente deiscenza della sutura, che spiega la più elevata mortalità postoperatoria associata a questo intervento (11). 

Nei casi in cui la perforazione si verifica su un tratto di sigma prossimale, che sia facilmente accostabile alla parete addominale, sarebbe tecnicamente fattibile una sigmoidostomia in corrispondenza del tratto intestinale perforato, ma anche questa soluzione non è raccomandabile in presenza di un coprostasi massiva per il rischio di riperforazione (5). Questo approccio conservativo sembrerebbe essere comunque una risorsa nel caso che non fossero riscontrati segni di ischemia del colon, dopo averlo svuotato del contenuto attraverso la sua breccia. In realtà, si deve anche considerare che potrebbe essere preferibile cogliere l’occasione della procedura chirurgica in corso, per resecare un sigma ipotonico, frequentemente sede di diverticoli, che potrebbe diventare in seguito nuova causa di coprostasi complicata. 

Non è scopo di questo scritto esaminare in dettaglio queste tecniche chirurgiche, ma semplicemente di puntualizzare una ben precisa attenzione che a mio parere è utile avere nell’approccio chirurgico, quando si effettua una resezione colica per una patologia non oncologica, quale può essere la perforazione da decubito di fecalomi: l’opportunità di conservare la vascolarizzazione mesenterica.

In effetti, nel corso di molti anni, mi è capitato di incontrare chirurghi che, nell’affrontare una peritonite stercoracea, causata da una perforazione sigmoido-rettale, hanno adottato la tecnica della resezione colica con sezione alla radice del peduncolo mesenterico inferiore; una tecnica, che è più propriamente adeguata per le resezioni coliche con finalità oncologica, essendo finalizzata ad asportare i linfonodi regionali, potenziale sede di metastasi. Un’altra tipica manovra, che può far seguito a questa logica di “radicalizzazione”, è lo scollamento del mesoretto dal piano presacrale, per ottenere la mobilizzazione del retto. In realtà, in assenza di un sospetto di neoplasia la sezione di questi vasi dovrebbe essere evitata. Infatti, i pazienti con peritonite stercoracea presentano frequentemente ipotensione per disidratazione e per un certo grado di shock settico; in questa condizione non è logico ridurre l’apporto sanguigno al colon. La conservazione dell’arteria e della vena mesenterica inferiore, nonché dei suoi rami, consente di ottimizzare la vascolarizzazione dei monconi intestinali e questo è certamente razionale, sia nel caso che si decida di ristabilire immediatamente la continuità intestinale con un’anastomosi, sia nel caso che si preferisca effettuare l’intervento secondo Hartmann. 

Una resezione più conservativa della vascolarizzazione consiste nel sezionare le arterie sigmoidee alla loro origine in modo da preservare l’arteria mesenterica inferiore e l’arteria colica sinistra. Anche questa tecnica è ben nota in ambito oncologico e trova applicazione in casi selezionati. Essa prevede che sia asportato l’intero mesosigma fino alla sua radice e, per ottenere questo, ai suoi estremi è sezionata la vena mesenterica inferiore e l’arteria rettale superiore, ovvero il ramo terminale dell’arteria mesenterica inferiore, originante distalmente all’emergenza dell’arteria colica sinistra dall’arteria mesenterica inferiore.  Come nel caso della precedente tecnica, si può osservare che anch’essa è definibile un “overtretment” nel trattamento della peritonite stercoracea da perforazione sigmoidea.

Personalmente, esclusa la coesistenza di una neoplasia, preferisco effettuare la sezione del mesosigma a ridosso del versante mesenterico del sigma. La sezione è prolungata secondo necessità tra mesoretto e retto; in questo modo non vi è necessità di distaccare il mesoretto dal piano presacrale, per ottenere la mobilizzazione del retto. In tale situazione la vascolarizzazione contenuta nel mesosigma è completamente preservata, ottimizzando il flusso ematico, arterioso e venoso, del moncone rettale e del moncone colico, che residuano dopo la resezione sigmoido-rettale. Prima di distaccare il sigma dal mesosigma, provvedo a una completa mobilizzazione del colon sinistro, abbattendone la flessura sinistra, previo scollamento colo-epiploico a sinistra dei vasi colici medi, e scollando tutto il mesocolon sinistro dal piano della fascia di Toldt fino alla sua radice. A questo punto la sezione del’arteria mesenterica inferiore diventa l’estrema ratio, da riservare al caso che fosse di palese impedimento nel condurre il moncone del colon discendente alla parete addominale, per il confezionamento della stomia. 

Questa tecnica non ha nulla di innovativo; per esempio, risale al 2001 l’aggiornamento de l’Encyclodedie médico-chirurgicale relativo all’intervento di Hartmann per diverticolosi perforata, nel quale si legge: “les ligatures vasculaires sont effectuées dans le méso au plus prés de la paroi digestive”(2). Non è tuttavia inutile ribadire questo aspetto tecnico, considerando che i principi oncologici talvolta conducono istintivamente le mani del chirurgo a distanziare le legature dal versante colico, per ricondursi alla tecnica della resezione colica “oncologicamente corretta”.  

Altri aspetti meritano attenzione in un intervento secondo Hartmann per peritonite stercoracea da perforazione sigmoido-rettale: un accurato lavaggio di tutto il cavo peritoneale con soluzione fisiologica tiepida e una delicata toilette con garze, per rimuovere il materiale contaminante; lo svuotamento del contenuto colico in un sacchetto tubulare per laparoscopia, prima di confezionare la stomia; l’accurato esame del colon – e del colon discendente in particolare -, per escludere la presenza di diverticoli in fase di perforazione ed aree ischemiche o distasate; una corretta esecuzione della colostomia; una sutura siero-muscolare manuale in continua o a punti staccati, per rinforzare la sutura meccanica del moncone rettale; un posizionamento di drenaggi tipo Penrose, che sia adeguato per drenare i recessi peritoneali (docce parieto-coliche, cavo di Douglas, loggia splenica, regione sovra- e sotto-epatica); lo svuotamento dell’ampolla rettale al termine dell’intervento con delicati lavaggi e con manovra digitale… Tutto questo non è sinonimo di successo, ma perlomeno è un mettere in atto le risorse tecniche possibili per non doversi rimproverare nulla, perlomeno sul piano della tecnica chirurgica, in caso di evoluzione infausta. Ho indicato precedentemente i fattori prognostici negativi identificabili pre-operatoriamente. Nel periodo postoperatorio ulteriori fattori prognostici negativi sono la comparsa di ipotermia in prima giornata postoperatoria e un’insufficienza renale durante la prima settimana di degenza (4). Ma, al di là dell’orientamento prognostico, è soprattutto importante considerare che in aggiunta alla tecnica chirurgica è essenziale un costante monitoraggio emodinamico con trattamento intensivo, per avere qualche soddisfazione dopo il trattamento chirurgico in un paziente fragile. 

 

Bibliografia

1. Chakravartty S, Chang A, Nunoo-Mensah J. A systematic review of stercoral perforation. Colorectal Dis 2013; 15: 930-5.  

2. Domergue J, Fabre JM, Castorina S. Colectomies pour maladie diverticulaire. Encycl Méd Chir, Techniques chirurgicales – Appareil digestif, 40-580, 2001.

3. Dumont F, Vibert E, Duval H e al. Morbi-mortality after Hartmann procedure for peritonitis complicating sigmoid diverticolitis. 

4. Eckmann C, Bassetti M. Prognostic factors for mortality in (fecal) peritonitis: back to the roots. Intensive Care Med 2014; 40: 269-71. 

5. Guyton DP, Evans D, Schreiber H. Stercoral perforation of the colon. Concepts of operative management. Am Sur 1985; 51: 520-2.

6. Huang WS, Wang CS, Hsieh CC e al. Management of patients with stercoral perforation of the sigmoid colon: Report of five case. World J Gastroenterol 2006; 12(3): 500-3.

7. Lambrichts DPV, Edomskis PP, van der Bogt RD e al. Sigmoid resection with primary anastomosis versus the Hartmann’s procedure for perforate diverticulitis with purulent or fecal peritonitis: a systematic review and meta-analysis. Int J Colorectal Dia 2020; 35(8): 1371-86. 

8. Lee HJ, Kim KH, Lee SC e al. Prognostic factors of patients with stercoral perforation of the colon. Korean J Gastroenterol 2020; 76(4): 191-8.

9. Marget M, Ammar H. Not your usual constipation: stercoral perforation. BMJ Case Report 2017; 2017: bcr2016218283.

10. Maurer CA, Renzulli P, Mazzucchelli L e al. Use of accurate diagnostic criteria may increase incidence of stercoral perforation of the colon. Dis Colon Rectum 2000; 42: 991-8.

11. Serpell JW, Nicholls RJ. Stercoral perforation of the colon. Br J Surg 1990; 77(12): 1325-9.

12. Van Gulik TM, Mallonga ET, Taat CV. Henri Hartmann, lord of the Hotel-Dieu. Neth J Surg 1986; 38(2): 45-7.

13. Tridente A, Clarke GM, Walden A e al. Patients with faecal peritonitis admitted to European intensive care units: an epidemiological survey of the GenOSept cohort. Intensive Care Med 2014; 40(2): 202-10.

14. Wu CH, Wang LJ, Wong YC e al. Necrotic stercoral colitis: importance of computed tomography findings. World J Gastroenterol 2011; 17: 379-84.

 

Nota 1

“E’ regola, per l’estirpazione dei cancri della parte terminale del colon pelvico, effettuare  un intervento ancora molto pesante, l’amputazione addomino-perineale del retto. Per due malati colostomizzati per occlusione, ho deciso, in un secondo tempo, di estirpare il segmento di colon prossimale all’ano e al retto, con il corrispondente territorio linfonodale. Poi ho chiuso l’estremità superiore del retto e l’ho peritoneizzato senza toccare il pavimento pelvico.”

(Hartmann H. Nouveau procédé d’ablation des cancers de la partie terminale du colon pelvien. Congrès francais de chirurgie 1921; 30: 441)