Gloria Patri
La dossologia “Gloria Patri” è una formula di lode a Dio in uso nella chiesa cattolica ed è nota anche come “Doxologia minor”:
Gloria al Padre,
al Figlio
e allo Spirito Santo,
come era in principio,
ora e sempre,
nei secoli dei secoli.
Amen
E’ definita una “dossologia”, intendendo con questo termine una formula di lode a Dio, approvata dall’autorità ecclesiale, per l’utilizzo in un contesto liturgico. Una dossologia più articolata è la formula “Gloria in excelsis Deo”, noto anche come Doxologia major, per distinguerla dalla dossologia Gloria Patri.
L’origine della dossologia Gloria Patri si perde nell’antichità ed è derivata dalla formula battesimale trinitaria, a sua volta derivante dal seguente passo del vangelo di S. Matteo:
[16]Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. [17]Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. [18]E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. [19]Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, [20]insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
La dossologia Gloria Patri fu inserita nel Breviario come formula finale nella recita dei Salmi, ma può essere utilizzata come formula a sé stante, per esprimere affetto reverenziale a Dio in un’ottica di fede trinitaria.
Vi sono due aspetti che emergono chiaramente in questa formula: la visione trinitaria di Dio e l’idea che Gesù Cristo, persona storicamente definibile, abbia un’ulteriore dimensione in Dio: eterna successivamente alla sua morte terrena, ma anche eterna prima della sua nascita, essendo una delle tre Persone di Dio con il Padre e con lo Spirito Santo.
Posta questa breve premessa, scopo dello scritto è di esporre alcune osservazioni personali su queste due questioni, rifuggendo le complesse elaborazioni teologiche, che storicamente hanno suscitato più divisioni e conflitti, che armonia, decretando per questo stesso fatto la loro erroneità; tentare di comprendere Dio per desiderio di conoscenza è ὕβϱις e non porta alcun bene.
La visione trinitaria nella Chiesa cattolica
Nella dossologia Gloria Patri è esplicitata una visione trinitaria di Dio. La teologia cristiana cattolica e ortodossa riconosce la sussistenza di tre Persone in Dio: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Sono al contempo Persone partecipanti della stessa essenza divina (unico Dio) e Persone distinte (Dio trino). Sono “Persone distinte, identiche e indivisibili, uguali per potenza, per gloria, per potestà e per attributi”. Le tre Persone divine sono citate nel passo finale del vangelo di Matteo (5):
[16]Gli undici discepoli si recarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro designato [17]e, vedendolo, lo adorarono, essi che pure avevano dubitato. [18]E Gesù, avvicinatosi, parlò loro così: “Ogni potere è stato dato a me in cielo e in terra. [19]Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, [20]insegnando loro a praticare tutto ciò che io vi ho comandato. Ed ecco, ormai io sono con voi in ogni tempo, fino alla fine del secolo” (Mt 28, 16-20).
Ne è derivata la formula trinitaria battesimale, documentabile per la prima volta nella Didachè (2). La Didaché risale alla prima metà del II secolo d.C. ed è il più antico testo noto tra gli scritti redatti con la finalità di consigliare a una comunità cristiana regole di vita in sintonia con gli insegnamenti di Gesù Cristo. Riguardo al battesimo vi è scritto: “Venendo poi al battesimo, battezzate così: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, in acqua corrente” (Didachè 7, 1).
Padre, Figlio e Spirito Santo costituiscono la “Trinità divina”. Il termine “Trinitas” fu utilizzato per la prima volta da Tertulliano nel III secolo d.C.. La dottrina trinitaria fu meglio definita e sintetizzata nel cosiddetto “Simbolo” nel corso del concilio di Nicea (325 d.C.). Ulteriori contributi alla dottrina trinitaria furono apportati tra il IV e il V secolo d.C. da S. Basilio, da S. Gregorio di Nanzianzo, da S. Gregorio di Nissa e da S. Agostino. Il Simbolo fu riveduto nel corso del I Concilio di Costantinopoli (381 d.C.) e la nuova versione divenne nota come “Simbolo niceno-costantinopolitano”:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo
e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture,
è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio.
Con il Padre e con il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Accese (e perciò tristi) dispute vi furono tra la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa nel IX e nell’XI secolo sulla questione “Filioque”, ovvero sull’origine sorgiva (ekporeumai) dello Spirito Santo dal Padre (visione orientale), piuttosto che sulla processione (il “venire fuori da) dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio in virtù del loro amore reciproco (visione occidentale). In linea con la visione occidentale, S. Agostino affermava che (9) “lo Spirito Santo non procede dal Padre nel Figlio e poi dal Figlio per santificare la creatura, ma procede dall’uno e dall’altro simultaneamente, benché sia il Padre che ha dato al Figlio di essere, come lo è egli stesso, principio da cui procede lo Spirito. Nemmeno possiamo infatti dire che lo Spirito Santo non sia vita, dato che è vita il Padre, è vita il Figlio; di conseguenza, come il Padre, che ha la vita in se stesso, ha dato anche al Figlio di avere la vita in se stesso, così gli ha dato che la vita proceda da lui, Figlio, come procede anche da lui, Padre” (De trinitate, 15, 27.48). Espresso in modo più sintetico “come il Padre ha in sé stesso anche la proprietà di essere principio della processione dello Spirito Santo, ha dato ugualmente al Figlio di essere principio della processione del medesimo Spirito Santo” (2). A sostegno di questa visione si può citare Apocalisse 22,1: “Poi mi mostrò un fiume dell’acqua della vita, chiara come cristallo, venendo (ekporeumenon) dal trono di Dio e dell’Agnello”. Qui lo Spirito Santo è simboleggiato dall’acqua di vita, che sgorga dal trono di Dio Padre e del Figlio. E’ un’immagine rintracciabile, per esempio, nel seguente passo del vangelo secondo Giovanni (7, 37-39): “37Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva 38chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». 39Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti, non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato.”
In antitesi, i patriarchi orientali sostenevano che dovesse essere rispettata l’indicazione del concilio di Nicea sull’origine sorgiva dello Spirito Santo esclusivamente dal Padre (10). Infatti, è scritto (11): “Ma quando apparve la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il Suo amore per l’umanità, Egli ci salvò, non sulla base delle azioni che abbiamo compiuto in rettitudine, ma per la Sua misericordia, con un lavaggio di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, che Egli riversò su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore” (Tt 3, 4-6).
Una visione personale
– Dio trinitario e uomo: un incontro predestinato o fortuito?
“Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, (…).”
Le Persone del Padre e del Figlio si definiscono per l’esistenza dell’uomo, per l’interazione tra uomo e Dio. Questo fatto potrebbe condurre a pensare che l’uomo sia l’unico essere significativo per Dio nell’eternità, prima di ogni tempo, ora e per sempre.
Una questione piuttosto importante riguarda la correttezza di questa visione antropocentrica in un’ottica di fede: nell’evoluzione dell’Universo spiritualmente esiste null’altro che il binomio Dio-uomo? Non potrebbero esservi altre intelligenze sensibili alla divinità tra i miliardi di sistemi planetari?
E Dio può aver programmato la Creazione dal momento del Big Bang prioritariamente in previsione di giungere al manifestarsi dell’essere umano?
Se quest’ultima risposta fosse affermativa, dovrebbe esservi la possibilità di prevedere ogni sequenza di causa-effetto; dovrebbe essere quindi valido quel principio della fisica classica noto come “determinismo laplaciano”, per il quale l’evoluzione temporale di un sistema è determinabile, poiché è possibile conoscerne in un determinato istante la posizione e la velocità nello spazio.
La meccanica quantistica ha messo in crisi il determinismo, dimostrando che per il principio di indeterminazione di Heisenberg la misurazione di determinate proprietà fisiche di una particella elementare, quale può essere l’elettrone, preclude essenzialmente la possibilità di misurare altre proprietà complementari (1). Per esempio, se riesco a misurare la velocità della particella, perdo definitivamente la possibilità di misurarne la posizione. Questo principio si applica anche in altri ambiti: se riesco a misurare il valore di energia di un campo, non riesco a misurare il tasso di variazione del valore di energia di quel campo. Lo stato della particella o del campo in un punto dello spazio può essere definito esclusivamente dalla funzione d’onda di Schrödinger, che fornisce un numero per ogni punto dello spazio. Un picco indica un’elevata probabilità che la particella si trovi in quel punto, ma, individuata la particella, si perde essenzialmente la possibilità di misurarne la velocità. Sembrerebbe quindi che l’evoluzione dell’Universo abbia un certo grado di casualità e che perciò non sia prevedibile. Pur consapevoli che ogni visione in ambito fisico e metafisico soffre dei nostri limiti intellettivi, sulla scorta di tali evidenze può esservi il dubbio che Dio possa avere la possibilità di un completo controllo nell’evoluzione dei processi fisici e che quindi possa aver pianificato prima di ogni tempo un’evoluzione dell’Universo finalizzata alla manifestazione della natura umana. Oppure, la casualità dei fenomeni fisici gli consente di “giocare a dadi” fino ad ottenere comunque il risultato voluto? O forse non vi è casualità, poiché ogni possibilità si realizza in un universo distinto, come proposto nell’interpretazione quantistica dei “molti mondi”?
Certo è che l’indeterminazione quantistica è una prerogativa delle particelle elementari. Quando si passa da singole particelle a oggetti complessi, quali le molecole, avviene quello che è chiamato “fenomeno di decoerenza”. Le onde di probabilità diventano tanto concentrate che la probabilità di trovare l’oggetto cercato in corrispondenza del picco dell’onda rasenta il 100%. Nel caso degli oggetti macroscopici diventano valide le leggi di Newton, che consentono di prevedere con certezza una posizione e una traiettoria dell’oggetto.
La “via che porta alla realtà” non è semplice ed è ostacolata da innumerevoli quesiti senza risposte certe, anzi adatti a confondere la mente umana fino a farla precipitare nell’abisso dell’ὕβϱις. Personalmente mi fermo prima di questo limite, limitandomi a osservare talvolta sorprendenti concatenarsi di eventi, che mi lasciano l’impressione di una misteriosa volontà, di una causalità, piuttosto che di una casualità. Ma queste esperienze, acquisite per una mia ipersensibile osservazione, che ad altre persone mi sembra mancare del tutto, non possono che fornirmi niente più che l’ipotesi di una presenza sovrannaturale, insufficiente per un’affermazione scientifica, ma comunque sufficiente per fondare in me un orientamento verso l’ammissione di un disegno provvidenziale, fonte di fiducia e di speranza.
– L’umanità divina
Nel precedente paragrafo sono rimaste inevase le prime due domande, che derivano da un dubbio sulla correttezza di una visione antropocentrica del cosmo: “Nell’evoluzione dell’Universo spiritualmente esiste null’altro che il binomio Dio-uomo?” e “Non potrebbero esservi altre intelligenze sensibili alla divinità tra i miliardi di sistemi planetari?”
Se le risposte fossero affermative, la visione antropocentrica sarebbe errata e in un’ottica di fede le divine persone, Padre e Figlio, sarebbero “componenti divine” di una realtà molto più complessa. {Dio-Padre Dio-Figlio} sarebbe solo una delle possibili manifestazioni divine, derivanti dall’interazione tra il pensiero umano e l’infinita realtà divina. Un’interazione che non può certo avvenire in modo meccanicistico, ma per libera scelta di Dio e dell’uomo, ciascuno con le sue ragioni. Infatti, non vi potrebbe essere altro Dio concepibile, se non un ente non solo “diffuso”, onnipresente, ma anche volitivo.
Sappiamo che nell’universo i fotoni sono caratterizzati da una doppia proprietà corpuscolare e ondulatoria. Le onde si materializzano in una particella nel momento in cui interagiscono con l’osservatore umano tramite i suoi strumenti. Questo fenomeno non è stato finora chiaramente spiegato in termini ontologici, anche considerando che la descrizione matematica dell’onda avviene con un’equazione fondata sulle probabilità. Il motivo per cui ne ricordo l’esistenza consiste nel fatto che questa strana proprietà corpuscolare/ondulatoria mi ha suggerito l’ipotesi di una particolare interazione tra Dio e il cristiano: Dio potrebbe essere per il cristiano un’entità divina Padre-Figlio, in conseguenza di una particolare interazione che storicamente si verificò tra il pensiero di Gesù Cristo e il pleomorfo tessuto divino. Come in un ambiente ondulatorio può precisarsi una determinata particella nello strumento e nella mente dell’osservatore, così nell’interazione tra Gesù e l’”ambiente” divino si precisò il Dio-Padre; si precisò come “Padre” per una comune volontà, per una speciale reciproca sintonia “sentimentale” tra Dio e un uomo dalle caratteristiche tali che piacque a Dio consacrarlo suo sacerdote. Gesù ha costituito una comunità di uomini sensibili a questo tipo di interazione, agganciandola perciò a una ben precisa sfera divina {Padre Figlio}. I cristiani prendono atto che Gesù si è proclamato “Figlio di Dio Padre” e ripongono speranza nella verità di questa affermazione. In quanto figlio di Dio egli non può che essere stato assunto presso il Padre dopo la morte. Il Figlio è in sintonia con Dio Padre e Dio Padre è in sintonia con il Figlio. Gli insegnamenti di Gesù esaltavano l’importanza della santificazione, della fedeltà, dell’affidamento, dell’amore, del perdono nella relazione umana con il Dio-Padre. Quindi, l’interazione tra il Figlio e il Padre non può che essere di tipo amorevole. Come anche amorevole è sostanzialmente l’interazione tra {Padre Figlio} e l’essere umano. L’interazione tra Padre e Figlio avviene tra persone divine e, in quanto tale, la stessa interazione è santa e divina, quindi Persona, Spirito Santo. Lo Spirito Santo costituisce il vincolo sostanziale tra le due entità. Lo Spirito Santo è anche il vincolo tra Dio e gli uomini che si affidano a tale realtà divina secondo la volontà di Gesù Cristo, che in vita espresse il desiderio di attrarre gli uomini nella sua sfera spirituale.
Ovviamente possono esservi altre modalità di interazione tra Dio e gli uomini, pur con fondamentali elementi comuni: un Dio unico accomuna le grandi religioni monoteistiche. Il Dio {Padre Figlio} precisa per il cristiano i contorni dell’Umanità divina nell’infinito e inconoscibile tessuto divino, esteso ben oltre l’ambito umano. L’Umanità divina diventa nelle caratteristiche definite da Gesù Cristo un preciso e importante riferimento per la vita morale del fedele. Questo fatto è molto importante. Infatti, se l’Umanità divina fosse genericamente l’espressione divina dell’essere uomo, ne sarebbe l’espressione in ogni possibile caratteristica morale di un uomo: nel suo essere benefattore, malvagio, mite, traditore, filantropo, opportunista. Ne deriverebbe un Dio multiverso, contemporaneamente Dio dei benefattori, Dio dei malfattori, Dio della pace e della malvagità. Non è questo il principio ispiratore, non solo nella comunità cristiana, ma anche nelle religioni che si sono stabilmente affermate nelle comunità umane. Tuttavia, nella comunità cristiana l’Umanità divina ha determinate specificità, che la contraddistinguono da altre religioni. Infatti, riporta l’impronta dell’esperienza di Gesù. L’idea di un’Umanità divina, ovvero di un essere divino che si apre all’uomo secondo specifiche condizioni di accessibilità, si sviluppò nel percorso intellettuale e sentimentale dei profeti ebrei, caratterizzato dall’attrazione per un’entità sovrannaturale che sostiene il valore della giustizia, che ama i più deboli e che desidera il rispetto tra gli uomini; una divinità che nei limiti delle categorie umane predilige l’accoglienza dell’uomo buono, amante della giustizia. I profeti sapevano che solo questa umanità divina è il Bene, poiché solo essa è in grado di fornire salde fondamenta a una civiltà ed è la sola forza civilizzatrice, che emerge trainante nel caos distruttivo, generato da quei pensieri e da quelle azioni definibili “male”. In un preciso intervallo di tempo, il tempo della sua vita, Gesù Cristo sostenne nei suoi insegnamenti e nelle sue opere il valore divino di questo tipo di umanità, percependo nella preghiera sia l’approvazione di Dio Padre per questo impegno, sia la coscienza di essere figlio di Dio, destinato a dare definitivo e sacro compimento alla linea intellettuale dei profeti: ‘”Umanità divina”, figlio di Dio.
Come uno strumento di misurazione può identificare un fotone, facendo al contempo collassare la funzione d’onda di Schrödinger, che ne definiva una probabilità di esistenza ovunque, così Gesù Cristo precisò definitivamente con il suo agire e con la sua preghiera un Dio Padre amorevole nella vastità divina, completando l’opera dei profeti. Inoltre, fornì le coordinate per rapportarsi con lui. Il Dio Padre è una sorta di “nicchia” del Dio esteso, un ambito divino accessibile agli intelletti umani sensibili al messaggio di Gesù Cristo. E’ un Dio, nel quale secondo la speranza cristiana potrà esservi misteriosamente accoglienza dopo la morte biologica. E’ il cosiddetto “Paradiso”, nel quale Gesù Cristo suggerì quale sia la dimensione relazionale con Dio Padre: amore di una qualità divina tale che nei secoli seguenti i teologi definirono “Spirito santo” la relazione tra il Dio Padre e il Figlio, Gesù Cristo. Questa relazione annulla il binomio Padre/Figlio, Padre/fedele, per costituire piena unità. Dio può essere un’entità molto più estesa della Trinità con l’impronta umana di un Figlio e di un Padre, ma per il cristiano la relazione con Dio si pone esclusivamente nei termini di questa Trinità per mezzo e per merito di Gesù Cristo.
Impossibile è invece avere piena comprensione di Dio in tutta la sua infinita estensione a causa degli angusti limiti cognitivi umani. Ogni essere vivente, l’uomo e ogni altra specie animale, hanno determinati limiti cognitiviti. Per esempio, un cane potrebbe avere una sua idea degli esseri umani e gli esseri umani potrebbero contribuire a consentirgli di approfondire questa conoscenza, interagendo con lui; ma certamente la sua comprensione delle abitudini, delle conoscenze, delle capacità intellettive, dei sentimenti degli uomini soffre di ampi limiti e il suo Uomo è un essere che non ha quell’ampiezza esistenziale che noi, uomini, possiamo meglio definire. Tuttavia, sul piano pratico il cane ha un livello cognitivo sufficiente per entrare positivamente in relazione con l’uomo. Analogamente Dio è probabilmente un’entità molto più estesa delle nostre possibilità conoscitive. I nostri limiti intelletuali sono tali che persino la realtà definibile con i nostri sensi e con la nostra intelligenza ha confini non superabili, definiti dai limiti stessi dei nostri sensi e della nostra intelligenza. Se i nostri sensi e la nostra intelligenza s’ipertrofizzassero, il confine sarebbe spinto oltre, ma non potrebbe comunque oltrepassare il limite del nostro spazio-tempo che definisce l’Universo e che definisce fisicamente noi stessi; oltre quel limite si apre forse uno spazio “ultrafisico”, governato da leggi fisiche che non vigono nel nostro Universo.
Un breve intermezzo fisico
L’ipotesi precedente può ampliarsi alla ragionevole considerazione del concetto di “multiverso”, ovvero un infinito insieme di universi. Vale la pena soffermarvisi molto brevemente, per comprendere meglio l’ampiezza dei nostri limiti cognitivi e la complessità della realtà. Più linee di ricerche nell’ambito della fisica teorica convergono nel far emergere l’ipotesi di un multiverso (3). In particolare, di un certo interesse è la teoria inflazionaria, finalizzata prioritariamente a fornire una visione sull’espansione del nostro universo dopo il Big Bang, che sia più articolata dell’originaria teoria del Big Bang. La teoria inflazionaria può avere una premessa sperimentale sull’omogeneità termica della radiazione cosmica di fondo a micro-onde in tutto lo spazio cosmico sondabile dai rilevatori termici (3). La radiazione cosmica di fondo è diffusa in tutto lo spazio e deriva dalla particolare frequenza assunta dai fotoni più antichi che possiamo intercettare: si diffusero nello spazio quando l’elevata temperatura, prodottasi per effetto del Big Bang, scese a valori che consentirono la formazione degli atomi. La formazione degli atomi consentì di rendere elettricamente neutro l’ambiente plasmatico, quindi attraversabile dai fotoni. La frequenza di questi fotoni, attualmente rilevabile nell’ambito della radiofrequenza, è in rapporto con l’entità dell’espansione e del raffreddamento dell’Universo. L’aspetto inaspettato di questa radiazione è l’avere una temperatura di 2,7 gradi Kelvin sopra lo zero assoluto in qualunque area dell’universo sondabile con i rilevatori, anche quando consideriamo aree con distinti orizzonti cosmici, ovvero aree che non sono mai state contigue o perlomeno interconnesse da un qualunque tipo di radiazione in conseguenza del loro repentino allontanamento al momento del Big Bang; un allontanamento che avvenne più rapidamente della velocità della luce come evidenziato dai calcoli. Queste aree dovrebbero avere temperature differenti, poiché nessun tipo di informazione può averle mai interconnesse. Queste aree sono rimaste quindi isolate una dall’altra: come avrebbero potuto raggiungere comunque la stessa temperatura, determinata dalla radiazione cosmica di fondo? La soluzione di questo enigma potrebbe risiedere nella cosmologia inflazionaria, che ipotizza una prima dilatazione dello spazio, successivamente al Big Bang, sufficientemente “lenta” perché tutto lo spazio raggiungesse la stessa temperatura, seguita da una seconda rapidissima espansione, determinata da una gravità repulsiva mediata da un ipotetico campo di forza, definito “inflatone” (3). Secondo la teoria inflazionaria l’inflatone è un campo caratterizzato da energia uniforme e da pressione negativa uniforme. La pressione negativa dell’inflatone si traduce in una gravità repulsiva. Infatti, secondo la teoria della relatività generale la gravità dipende non solo dalla massa o dall’energia di un oggetto, ma anche dalla pressione. Una pressione positiva determina una gravità attrattiva, una pressione negativa determina una gravità repulsiva.
Come ogni campo l’inflatone deve avere un valore che varia nel tempo. In ciò differisce dalla costante cosmologica, che è un valore fisso, immutabile. Alle origini dell’Universo l’inflatone agì per un brevissimo intervallo di tempo, riducendosi di valore, mentre rilasciava un’imponente quantità di energia. L’energia rilasciata si convertì in particelle, che riempirono lo spazio generatosi nella fase di espansione inflazionaria. Questo evento potrebbe verificarsi innumerevoli volte nel Cosmo, conducendo alla formazione di innumerevoli Universi. Il motivo per cui l’inflatone “decide” di rilasciare energia risiederebbe nell’agitazione quantistica, un fenomeno comune a tutti i campi. Le fluttuazioni quantistiche sono una realtà che è stata indirettamente accertata perlomeno nel nostro Universo. Infatti, se essa esistesse determinerebbe differenze di temperatura nell’ordine di un millesimo di grado tra differenti regioni del nostro Universo. Queste differenze sono state confermate sperimentalmente.
Il ruolo delle fluttuazioni quantistiche nell’evoluzione dell’Universo è essenziale. Infatti, le regioni con energia un po’ maggiore sono avvantaggiate in termini di massa (E= m x c al quadrato); quindi, esse esercitano un’attrazione gravitazionale sulle particelle delle aree a minore energia. Questo fenomeno conduce alla formazione delle galassie.
In conclusione, l’inflatone – se esistesse realmente – riempirebbe il Cosmo, sicché gli effetti espansivi potrebbero produrvisi ripetutamente in modo parcellare per effetto di fluttuazioni quantistiche, dando origine a infiniti universi in espansione nell’ambito di un comune substrato infinito (3).
La teoria inflazionaria non trova tutti concordi; si legga in proposito il parere di R. Penrose in “La strada che porta alla realtà” (7). Più in generale, le teorie cosmologiche oltrepassano l’estremo limite della realtà verificabile sperimentabile, proiettandosi nell’ignoto con il solo sussidio di procedimenti matematici e producendo molte varianti, tra le quali si tende a scegliere quella che appare più adeguata a spiegare l’origine e l’evoluzione dell’Universo.In tal modo esse abbandonano l’alveo scientifico con la possibilità di diventare per i loro sostenitori “materia di fede”. Ma, al di là delle teorie fisiche, alcune domande fondamentali nell’ambito fisico e spirituale ci orientano a considerare la possibilità di un multiverso, sia nell’infinità dello spazio, sia nell’infinità del tempo. Infatti, proviamo a rispondere a domande quali “Per quale motivo la costante cosmologica ha esattamente il valore che ha?”; “Per quale motivo la carica dell’elettrone è un intero e non un terzo?”; “Per quale motivo nel nostro universo vi è una varietà ben definita di particelle e non tutte le particelle possibili in termini di massa e di altre caratteristiche fisiche?” Finora, a mio (e non solo) parere, non è definibile altra ipotesi ragionevole che questa: “Questi valori costanti si sono definiti nel nostro universo con il valore che hanno, per il semplice fatto che in altri universi coesistenti, ma non accessibili, si sono definiti con un’infinita combinazione di valori diversi, tali da renderne l’ambiente incompatibile con la nostra forma di vita, ma non necessariamente con altre forme di vita, che potrebbero essere possibili perlomeno in alcuni universi. Limitandoci ad un solo esempio, si è notato che nelle prime fasi della formazione di due ipotetici Universi il campo di Higgs avrebbe elevata probabilità di stabilizzarsi su un valore differente in ciascun Universo. Ne deriverebbero importanti differenze sulle proprietà delle particelle presenti in ciascun Universo.
Anche sul piano spirituale si può avanzare una domanda che ci orienta all’esistenza di infiniti universi, perlomeno in una sequenza temporale: “Qual era l’agire di Dio prima del Big Bang, l’evento che diede origine al nostro universo circa quattordici miliardi di anni fa?” Un tale intervallo di tempo è considerabile quasi un istante in un’ottica di eternità …
Universi religiosi
Se queste osservazioni ci orientano all’entità dei nostri limiti intellettivi, sono anche utili per allontanarci da una visione eccessivamente antropocentrica. Non è ragionevole pensare che l’uomo sia stato l’essere esclusivamente essenziale nell’agire divino dall’infinito abisso del “prima di questo universo” fino ad oggi. Comunque sia la complessità della realtà, è certo che in ambito spirituale il cristiano ha il suo Universo negli insegnamenti del suo maestro, Gesù Cristo; essi definiscono la modalità di interazione tra lui, Dio e gli altri esseri viventi. Di quanto Dio trascenda questo Universo non gli è dato sapere; è probabile che lo trascenda, ma questo fatto non ha importanza essenziale per la sua vita.
I fedeli ebrei e mussulmani hanno un altro universo spirituale, che presenta importanti aree di sovrapposizione con l’universo cristiano. In questi ambiti le comunità religiose possono dialogare amabilmente e proficuamente nel comune cammino verso il Paradiso, ciascuna rispettando le proprie specificità. In un messaggio della Comunità Islamica Italiana si coglie questo aspetto: “Preghiamo affinché i nostri sacrifici in Italia e in Europa possano favorire lo sviluppo di una comunità di credenti nel Dio Unico in dialogo con le altre comunità di ebrei e cristiani e, insieme, essere degni interpreti di una testimonianza sensibile alla sacralità delle nostre rispettive radici dottrinali e orientamenti spirituali, illuminata nelle buone opere per il bene comune di tutta la società occidentale e orientale.
Nel Sacro Corano esiste un termine, Wasatiyyah, che indica la via attraverso la quale realizzare in modo eccellente questo dialogo tra uomini e fra gli uomini e Dio. Si tratta della “via mediana della rettitudine”, la “virtuosa via della moderazione” o anche “la via del mezzo seguendo l’integrità profetica”, tutti significati di Wasatiyyah che per tutti i musulmani si situa al cuore della sunnah, l’esempio del profeta Muhammad.” (4).
Questo orientamento è riaffermato nel documento “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”,
frutto dell’incontro fra cristiani cattolici e musulmani in data 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, firmato da papa Francesco e dall’imam Al-Tayyeb.
Nel commento della COREIS (6) si sottolinea che
“del Dio creatore è qui ricordato un suo attributo fondamentale, la misericordia, forse il suo aspetto più citato e ricordato dal fedele mussulmano, “il Misericordioso”, Al-Rahman, secondo la cui forma, per l’Islam, è stato creato l’uomo, la forma del Misericordioso, ‘ala surati-r-Rahman.
(…)
Le argomentazioni che accompagnano questa dichiarazione congiunta di intenti verso un bene comune e condiviso sembrano necessarie, affinché un segno concreto di fratellanza fra Cristianesimo e Islam, nel nome di San Francesco e del pio sultano d’Egitto già alla loro epoca incompresi da tutti, non rimanesse nella vaghezza delle dichiarazioni di principio, ma si disponesse fin da subito ad essere applicato in ogni circostanza della vita pubblica.
Colpiscono in questo documento alcuni riferimenti a problematiche cruciali dei nostri giorni, quali la necessità di “salvaguardare il Creato” o la denuncia di “sistemi di guadagno smodato” o “la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali”, già oggetto di recenti encicliche papali come “Laudato si’”, sulla cura della casa comune o “Caritas in veritate”, in modo particolare il suo terzo capitolo su “Fraternità, sviluppo economico e società civile”, che hanno trovato la comunità islamica sostanzialmente concorde nelle analisi e nelle possibili soluzioni.
Nell’accento particolare al carattere di fratellanza “umana”, che deve unire i fedeli delle diverse religioni, vi è un richiamo innanzitutto a una ritrovata pienezza dell’umanità nella centralità della funzione dell’uomo e della donna come “vicari di Dio sulla Terra”, quindi custodi della Creazione in tutte le sue componenti e dinamiche di economia spirituale e materiale, di salvaguardia fisica e di orientamento al vero bene. E di conseguenza, anche in una fratellanza tra gli uomini che sia protesa verso il divino, che sia un reciproco richiamo a una contemplazione trascendente, in definitiva che abbia origine e ritorno in Dio.
Ci sembra opportuno osservare che la diffusa mancanza di una qualità veramente spirituale nei rapporti interpersonali, spesso ridotti a mera sentimentalità o convenzione formale, è una delle cause inespresse che stanno portando la società contemporanea a perdere il senso stesso di comunità e di famiglia, in primis nel senso di “famiglia umana”.
Colpisce anche il lungo elenco di istanze “in nome di…”, sintesi fra le diverse voci «di buona volontà» che concorrono in diversi modi al bene comune di ogni società, per poterle far convergere nel “nome dell’Unico Dio”. Un accompagnamento alle diverse sensibilità, da quelle per i diritti umani come riflesso di un diritto divino universale e primordiale, ai richiami coranici al valore e all’inviolabilità della vita umana, alle beatitudini evangeliche verso la povertà di spirito, l’umiltà dei cuori, la difesa della giustizia, ancora alla sensibilità per quelle categorie dei deboli, ai quali si rivolgono esplicitamente le attenzioni di entrambe le dottrine religiose nell’esercizio anche materiale della carità.”
L’eternità del Figlio
Gloria (…) al Figlio, (…), come era in principio, ora e sempre (…).
Nel processo temporale compreso tra il “principio” e il “sempre” l’eternità del Figlio è una questione piuttosto intrigante. Per Figlio s’intende Gesù Cristo, un uomo vissuto in un preciso periodo storico, ma non solo, in un’ottica di fede cristiana. Infatti, secondo il testo noto come “Vangelo di S. Giovanni” “Gesù era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo conobbe” (Gv 1, 10). Inoltre, riguardo al Figlio afferma “In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il verbo era Dio. (Gv 1, 1) e “il Verbo si fece carne e venne ad abitare tra noi” (Gv 1, 14). Si tratta di un pensiero sviluppato da una scuola teologica nei primi secoli del cristianesimo. Nella successiva professione di fede cattolica (il Credo niceno-costantinopolitano) Gesù è definito “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato e non creato della stessa sostanza del Padre. Per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal Cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Egli resuscitò, salì al Cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”.
– La gloria del Figlio nel passato
Sul piano temporale nel Credo sono definite due caratteristiche del Figlio per quanto concerne il passato: l’essere in principio, all’inizio del tempo, essendo una Persona di Dio; e l’essere stato storicamente uomo generato da una donna con il concorso di una volontà divina a beneficio dell’uomo. Analogamente nella dossologia Gloria Patri il Figlio è glorificato, precisandone l’origine temporale nella Trinità: “(…) come era in principio, (…)”.
Ma qual è il principio nell’intervallo temporale in cui la Trinità merita di essere glorificata da parte dell’uomo? Nel Credo niceno-costantinopolitano vi è un’indicazione temporale: “Per mezzo di lui tutte le cose sono state create”. Il principio dei tempi, nell’interesse esistenziale che può averne l’essere umano, è quindi collocato dal Credo nell’origine della Creazione, quindi, nei termini della fisica moderna, nel Big Bang cosmico. L’uomo deve rendere onore a Dio per il tempo del suo operare fin dall’origine della Creazione, perché è da quel tempo che è iniziato il lungo percorso di avvicinamento di Dio all’uomo. Dio è identificato in una Trinità fin dall’origine dei tempi. Alla Trinità partecipa la Persona del Figlio, predestinato a incarnarsi in forma umana, nascendo da donna in un preciso tempo e luogo della storia.
– La gloria del Figlio nel presente
Per quanto concerne la gloria nel presente, il cristiano considera Gesù presente in spirito nella sua esistenza, in accordo con il vangelo di Giovanni: “Se uno mi ama, osserverà le mie parole e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso lui” (Gv 14, 23). Questa è l’epoca in cui il cristiano può esprimere la sua fede, il suo amore e la sua speranza con un gioco di parole aramaico, la lingua che parlava Cristo: “Maran atha”, ovvero “Il Signore è venuto” e “Marana tha”, ovvero “Vieni, Signore” (8). E’ l’epoca in cui l’invocazione “Venga il Tuo Regno” nella preghiera del “Padre nostro” è richiesta del fedele che non può prescindere dall’esprimere nel quotidiano la carità (“se uno mi ama, osserverà le mie parole …”). In tal modo un anticipo del Regno divino definitivo si stabilisce già nel presente mediante la stessa volontà del fedele.
– La gloria del Figlio nel futuro
Per quanto concerne il futuro, il Credo e la dossologia Gloria Patri fanno affondare la gloria di Dio nel “sempre”, nell’eternità. Il cristiano confida nella terza venuta di Gesù Cristo, una venuta che è nascosta nella mente di Dio: “E di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine”.
Considerazioni personali
La temporalità sottolineata nella dossologia Gloria Patri – come era in principio, ora e sempre – deriva dalle indicazioni di un pensiero teologico che fu sintetizzato nel Credo niceno-costantinopolitano. L’aspetto a mio parere più ostico di questo pensiero è la proiezione dell’esistenza di Gesù Cristo nel “principio dei tempi”. Infatti, come recita il Credo niceno, Gesù, in quanto Persona divina, sarebbe coesistente al Padre prima di tutti i secoli, divenendo partecipe della “creazione di tutte le cose”. Questa affermazione stride con l’evidenza che Gesù ebbe un preciso vissuto storico caratterizzato da un inizio, ovvero la sua nascita, da un’evoluzione della sua personalità e da libere scelte (per le quali si vedano nei Vangeli gli episodi del battesimo, delle tentazioni nel deserto e della preghiera nel Getzemani). Dunque, con quale certezza sarebbe possibile escludere che l’elezione di Gesù Cristo a figlio di Dio non sia piuttosto avvenuta per scelta divina nel corso del suo percorso di vita dalla nascita alla morte? In proposito, pare indicativo il passo del vangelo secondo Luca, laddove descrive l’episodio del battesimo (5): “[21]Quando tutto il popolo ebbe ricevuto il battesimo, anche Gesù fu battezzato e, mentre egli pregava, il cielo si aprì [22] e lo Spirito Santo discese sopra di lui in forma corporea, come una colomba, e una voce venne dal cielo: “Tu sei il mio figlio diletto, in te mi sono compiaciuto” (Lc 3, 21-22). Sembrerebbe questo il momento dell’elezione dell’uomo Gesù a Figlio di Dio. E’ tuttavia opportuno notare che tale episodio non nega una pre-esistenza di Gesù Cristo nel tessuto divino rispetto alla sua esistenza terrena; infatti, orienta a una corrispondenza tra il “tessuto divino” e la personalità del Figlio prima di ogni tempo. Quindi, sarebbe ragionevole ipotizzare che la persona del Figlio fosse potenzialmente presente in Dio, di fatto divinamente presente, mancandone solo la traduzione storica in un uomo destinato per questo compito a divenire “figlio di Dio”, Persona divina.
Tuttavia, non è neppure escludibile l’ipotesi di un Dio “vasto”, che in un determinato tempo della storia umana interagì casualmente con l’uomo Gesù e decise di “sposarne” la causa, innalzandolo alla sua natura e glorificandolo a beneficio di una definita comunità di uomini, unita dal valore del suo insegnamento.
Si potrebbe diversamente sostenere che la glorificazione di Gesù presso il Padre dopo la sua morte implica il passaggio della sua esistenza in una dimensione atemporale, eterna, che potrebbe perciò precedere l’intervallo di tempo della sua esistenza terrena. Questo fatto può apparire assurdo, ma, laddove si introduca il fattore divino, è evidente che questa impressione dipende dalla limitatezza dei nostri schemi mentali.
Lascio al lettore un confronto tra queste libere osservazioni e il dictat della scuola teologica di Giovanni (5):
“[1]In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio. [2]Egli era in principio con Dio. [3]Tutto fu fatto per mezzo di lui e senza di lui niente fu fatto di tutto ciò che esiste. [4]In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; [5]e la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno compresa (…). [9]Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. [10]Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo conobbe. [11]Venne nella sua casa, ma i suoi non l’accolsero. [12]Ma a quanti lo ricevettero, diede il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,1-12).
Vi riecheggia il pensiero di San Paolo, espresso nella lettera ai Colossesi:
“[15]Cristo è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; [16]poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle dei cieli e quelle sulla Terra, quelle visibili e quelle invisibili (…). Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1, 15-16).
La discussione sul tema potrebbe essere infinita, non potendo essere supportata da dati scientifici. Perseverarvi sarebbe ὕβϱις. E’ quindi preferibile affidarsi ai fondamenti essenziali della fede cristiana e, per quanto è nelle mie facoltà, tentare di proporre nel seguente dipinto un aspetto fondamentale della predicazione di Cristo: il desiderio e la promessa di accogliere con benevolenza nel Regno di Dio Padre onnipotente e misericordioso uomini benevoli, misericordiosi, animati da sentimenti di giustizia, incuranti della stessa propria vita nell’essere assistenti e difensori degli umiliati e offesi dalle avversità della vita.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo nei secoli dei secoli.
Riferimenti
- Cox B. L’universo quantistico svelato. Ed. Hoepli, 2013.
- Didachè. In http://www.monasterovirtuale.it/didache.html
- Greene B. La realtà nascosta. Universi paralleli e leggi profonde del cosmo. Ed Einaudi, 2012.
- Messaggio inviato da COREIS (Comunità Religiosa Islamica Italiana) in data 21/8/2018 in occasione della Grande Festa del Sacrificio di Abramo, Eid al-Adha.
- Lagrange M.J. Sinossi dei quattro Evangeli. Ed Morcelliana, 1983.
- Abd al-Ghafur Masotti. Documento di Abu Dhabi: un commento islamico. Settimana News, 29/3/2019. In: http://www.settimananews.it/ecumenismo-dialogo/documento-abu-dhabi-un-commento-islamico/?utm_source=COREIS+Italiana&utm_campaign=410bc27195-EMAIL_CAMPAIGN_2019_04_01_02_44&utm_medium=email&utm_term=0_1436b845d8-410bc27195-167998397
- Penrose R. La strada che porta alla realtà. BUR Rizzoli, 2014.
- Ratzinger J. “Gesù di Nazaret – Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla resurrezione” Ed. Libreria Editrice Vaticana, 2011.
- Agostino. La Trinità. In https://www.augustinus.it/italiano/trinita/index2.htm
- Salerno M. Testimonianze cristiane. La questione del Filioque. In http://www.testimonianzecristiane.it/teologia/storia/filioque.htm
- Paolo. Lettera a Tito. La Bibbia di Gerusalemme. Ed. Dehoniane Bologna, 1990.