L’idea di elaborare questo scritto deriva dal desiderio di approfondire alcune questioni relative al trattamento dell’epatocarcinoma, esaminate in un recente convegno, organizzato da alcune Società chirurgiche. Ne ho perciò rivalutato le questioni alla luce di ulteriori evidenze scientifiche, al fine di avere e di poter fornire una visione più ampia sul tema, espressa in modo sintetico e ulteriormente ampliabile e aggiornabile in futuro.
Incidenza
L’epatocarcinoma (EC) rappresenta i 9/10 delle neoplasie epatiche maligne ed è la seconda causa di morte nel mondo per neoplasia (24). L’incidenza più elevata, superiore a 20 casi per 100000 abitanti/anno, si rileva nell’Africa sub sahariana e nel sud-est asiatico. Il rapporto maschi/femmina varia da 2/1 a 3:1. In Italia l’incidenza è maggiore nelle regioni del Sud in relazione alla maggiore incidenza di epatite C.
Si riportano per un orientamento le incidenze per 100000 abitanti/anno in alcuni Paesi dell’Asia, dell’Africa, dell’Europa e dell’America:
Cina: 30 (maschi), 10 (femmine); Corea: 14 (maschi), 3 (femmine); Filippine: 20 (maschi), 6 (femmine); Giappone: 7 (maschi), 2 (femmine); Nigeria: 15 (maschi), 3 (femmine); Mozambico: 110 (maschi), 30 (femmine); Senegal: 25 (maschi), 9 (femmine); Algeria: 1,5 (maschi), 1,4 (femmine); Germania: 4 (maschi), 2 (femmine); Nord Italia: 7 (maschi), 3 (femmine); Gran Bretagna: 2 (maschi), 1 (femmine); Spagna: 8 (maschi), 2 (femmine); Colombia: 3 (maschi), 2 (femmine); Costa Rica: 5 (maschi), 2 (femmine) (62).
Sopravvivenza
La sopravvivenza a cinque anni dei pazienti con EC è del 15%. In caso di EC avanzato la sopravvivenza mediana è di 4-6 mesi. Per “EC avanzato” si intende la presenza di almeno uno dei seguenti reperti: infiltrazione vascolare controindicante un trattamento radicale, infiltrazione di strutture extraepatiche, metastasi.
Fattori di rischio
I principali fattori di rischio sono le epatopatie croniche, in particolare se sostenute dall’infezione virale da HCV e HBV (12), con rischio ulteriormente aumentato se di lunga durata, se presenti alti livelli di HBV DNA e se vi è co-infezione dei due virus. Il rischio di epatocarcinoma è 100 volte maggiore nel paziente HBsAg positivo rispetto all’individuo non portatore di virus dell’epatite (3). Il rischio appare correlato al maggior turn over degli epatociti nel contesto della flogosi cronica, che conduce all’accumulo di mutazioni genetiche. L’80% degli EC è correlato a un’infezione virale HBV, HCV o mista. Segue l’epatopatia da abuso di alcool, che in Italia rappresenta ¼ dei casi. Ma anche la semplice steatosi epatica appare un discreto fattore di rischio e, indirettamente, l’obesità. Tra i fattori di rischio con minore incidenza uno dei più importanti è l’esposizione cronica all‘aflatossina, una micotossina presente su alimenti contaminati da Aspergillus flavus o Aspergillus parasiticus. Gli alimenti contaminati da Aspergillus sono frequentemente cereali, arachidi, pistacchi, semi di cacao, frutta secca e latte prodotto da animali nutriti con alimenti contaminati. Concentrazioni elevate di Aspergillus si riscontrano in questi alimenti, quando sono depositati in ambienti caldo-umidi. Fattori di rischio più rari sono l’emocromatosi, il decifit di alfa1-antitripsina, il morbo di Wilson e la sindrome di Alagille (colestasi cronica da atresia dei dotti biliari periferici con altre anomalie). L’EC si osserva in corso di qualunque processo flogistico cronico del fegato, compresa l’epatite cronica biliare, in cui è tuttavia più frequentemente osservato il colangiocarcinoma.
Sintomatologia
Negli stadi in cui l’EC è operabile non sono presenti sintomi correlabili al tumore. In fase avanzata sono comuni il calo ponderale, l’astenia, il dolore addominale, l’ittero misto, l’ascite e altri segni di insufficienza epatica. Sintomi respiratori e versamento pleurico si osservano tipicamente in seguito all’innalzamento del diaframma causato da una voluminosa massa tumorale. L’EC non è usualmente associato a sindromi para-neoplastiche con espressione clinica. Tra le manifestazioni più comuni si ricorda l’eritrocitosi e l’ipercalcemia.
Gestione del rischio nell’epatopatia cronica – Diagnostica strumentale
Nei pazienti ad elevato rischio (cirrosi epatica, epatite cronica) non “classe Child C associata a controindicazioni al trapianto epatico” è consigliabile un follow up con ecografia epato-biliare ogni sei mesi (74). L’ecografia è l’esame di scelta, unendo rapidità di esecuzione, buona tollerabilità e sensibilità superiore al 90% in mani esperte. Il riscontro di un nodulo con diametro compreso tra 0,5 e 1 centimetro rende consigliabile un monitoraggio più stretto con ecografia e dosaggio sierico dell’alfa-fetoproteina ogni tre – quattro mesi. Il razionale di questa scelta poggia sul fatto che un EC < 1 cm non presenta angio-invasività e satellitosi (70). Inoltre il campionamento bioptico non sarebbe sicuramente centrabile sul piccolo nodulo e il conseguente esame cito-istologico potrebbe presentare falsi negativi, anche considerando la scarsa de-differenziazione degli EC < 1 cm, che li rende poco caratteristici. Se alla prima osservazione il nodulo è volumetricamente maggiore di un centimetro o se un nodulo < 1 cm aumenta volumetricamente nel corso del follow up, vi è indicazione a una TC quadrifasica con mdc. Tipicamente un EC mostra un incremento del segnale in fase arteriosa (wash-in) e successiva riduzione del segnale rispetto al parenchima circostante in fase venosa tardiva (wash-out), essendo irrorato da un ramo arterioso, che è assente nei noduli rigenerativi, nei quali prevale la circolazione portale (36). Un nodulo macrorigenerativo può occasionalmente superare il diametro di 0,5 cm, ma non un centimetro (55,69). Raramente in un fegato noduli maggiori di 0,5 mm possono corrispondere a un colangiocarcinoma.
Se la TC non è dirimente, per es se non vi è wash in, ulteriori informazioni possono essere ricercate mediante RMN con mezzo di contrasto (mdc) epatospecifico. I mezzi di contrasto per RMN sono il gadolinio e il gadolinio-etossibenzil-dietilentriaminopentacetato (Gd-EOB-DTPA). Il gadolinio consente di ottenere sequenze dinamiche T1 pesate in fase arteriosa, in fase portale e in fase tardiva. Il mdc è escreto per via renale. Il gadolinio-etossibenzil-dietilentriaminopentacetato (Gd-EOB-DTPA) si distribuisce in una prima fase come il gadolinio, ma venti minuti dopo la sua somministrazione è captato dagli epatociti e consente perciò di prolungare lo studio delle lesioni epatiche nella cosiddetta “fase epato-biliare”. Il mdc è escreto per via renale e biliare. La RMN con Gd-EOB-DTPA offre attualmente la migliore caratterizzazione strumentale possibile delle lesioni epatiche (22,51,34).
Nelle immagini RM l’EC appare isointenso o ipointenso nelle sequenze T1 e dopo somministrazione di mdc mostra un precoce aumento del segnale in fase arteriosa (wash in) con wash out in fase portale (15,16,72). I noduli displastici non ad alto grado mostrano invece un segnale più intenso nelle sequenze T1 e meno intenso in T2. Inoltre in fase arteriosa e portale non vi è aumento del segnale. Tuttavia, anche uno stravaso ematico in un EC può apparire iperintenso nelle sequenze T1 pesate.
Il Gd-EOB-DTPA associato a DWI (diffusing weighted sequence) aumenta la sensibilità a oltre il 90% in caso di early EC, altrimenti non ben caratterizzabile con altri metodi radiologici (15,16,35,80). L’ipointensità in fase epato-biliare con restrizione in DWI e l’iperintensità in T2 sono caratteristici di un EC (59). Si deve tuttavia tenere presente che alcuni EC possono esprimere recettori per il gadolinio e apparire iso- o iper-intensi in fase epato-biliare.
La biopsia rappresenta l’ultima risorsa diagnostica nei casi non chiariti dalla radiologia, che possono superare il 50% dei noduli con diametro =< 2 cm. Per alcuni clinici la biopsia è invece in ogni caso un passo imprescindibile per la conferma diagnostica prima di definire un trattamento. Tuttavia, anche la biopsia può non essere dirimente tra nodulo displastico e EC nel caso di noduli =< 2 cm. Lo studio immuno-istochimico sul materiale bioptico può agevolare la diagnosi (21). Nel decidere l’indicazione a una biopsia si deve tenere conto del possibile insemenzamento di cellule neoplastiche lungo il tragitto dell’ago, come occasionalmente osservabile dopo trattamenti ablativi percutanei (48), in quest’ultimo caso prevenibile mantenendo in funzione la sonda durante la sua estrazione, al fine di cauterizzare il tramite percutaneo. Si deve considerare che la biopsia è associata a un significativo rischio di sanguinamento per l’ipervascolarizzazione arteriosa del tumore. Trombocitopenia e deficit dei fattori coagulativi, frequentemente riscontrabili nelle epatopatie croniche, aumentano ulteriormente il rischio. In termini di sanguinamento il citoaspirato con ago sottile sarebbe un approccio più sicuro, ma troppo spesso non fornisce materiale abbastanza strutturato per una sicura diagnosi.
Tra le altre indagini strumentali disponibili la FDG-PET è risultata inadeguata per la diagnosi di EC (81).
Indagini sierologiche
Indagini di laboratorio utili dopo il riscontro di una massa epatica sono le seguenti: emocromo; bilirubina, albumina, proteine totali, AST, ALT, LDH, gamma-GT, sodiemia, potassiemia, calcemia, creatinina e urea sieriche; PT, PTT; CEA, alfa-fetoproteina; test sierologici per epatite di tipo B e C. Il dosaggio dell’HBV DNA è subordinato al riscontro di positività per HBsAg.
Un’elevazione del CEA orienta alla natura metastatica della massa; una piastrinopenia e una leucopenia sono indicativi di ipertensione portale e di ipersplenismo; l’albumina, la bilirubina e il PT forniscono dati sulla funzionalità epatica, consentendo di definire il punteggio Pugh-Child; transaminasi e gamma GT forniscono informazioni sull’attività di un processo flogistico del fegato.
Stadiazione
La stadiazione è preferibilmente effettuata con Gd-EOB-RM per quanto riguarda il fegato, avendo sensibilità maggiore della TC per noduli di piccole dimensioni (35), che potrebbero coesistere con il tumore principale, e con TC con mdc per gli altri organi, compresi quelli toracici.
Valutazione pre-trattamento della funzionalità epatica
Qualora l’EC sia tecnicamente resecabile, deve essere valutato il rischio correlato a una resezione epatica o ad altre procedure. In primo luogo è utile valutare indirettamente la funzionalità epatica con la classificazione di Child-Pugh (35,65), che considera alcuni parametri biologici di funzionalità epatica, ne definisce tre intervalli di valore e attribuisce a ciascun intervallo di valore un punteggio da uno a tre.
Child A: 5-6 punti; Child B: 7-9 punti; Child C: 10-15 punti
(1) Graduazione dell’encefalopatia:
Grado I: disforia, lieve confusione, asterixis incostante
Grado II: tendenza alla letargia ed episodi di disorientamento, asterixis presente
Grado III: letargia, stato confusionale, asterixis presente
Grado IV: coma di entità variabile, asterixis assente, onde delta all’EEG
Il punteggio totale ottenuto ricade in una di tre classi, denominate A, B, C, ciascuna associata a una determinata sopravvivenza prevedibile a un anno e a due anni. La sopravvivenza decresce dalla classe A alla classe C. La classe C identifica un’epatopatia con riserva funzionale tale da non consentire il più delle volte neppure una resezione molto limitata.
Classe Child Sopravvivenza a 2 anni
Child A 85%
Child B 55%
Child C 35%
Una classificazione alternativa è la MELD, che utilizza la seguente formula:
9,6 x In (mg/dL Cr) + 3,8 x In(mg/dL Bil) + 11,2 In(INR) + 6,4. Si ottiene un valore correlabile con la mortalità:
Punteggio MELD Mortalità a tre mesi (%)
< 9 1,9
10-19 6,0
20-29 19,6
30-39 52,6
= > 40 71,3
Una più precisa definizione della riserva funzionale del fegato si ottiene con la prova della clearance del verde di indocianina, effettuabile solo se la bilirubinemia è inferiore a 2,5 mg/dL. In questo test si valuta la cinetica di eliminazione della molecola a 5, 10 e 15 minuti dopo iniezione ev di 0,5 mg/Kg. Si rinvia alla “Nota di approfondimento” per maggiori informazioni su questo test.
I dati forniti dal test possono essere combinati con i valori della bilirubina sierica, per definire i limiti massimi della resezione epatica programmabili (57):
bilirubina sierica > 2,0 mg/dL –> resezione non indicata
bilirubina sierica 1,6 – 1,9 mg/dL –> enucleazione
bilirubina 1,1 – 1,5 mg/dL –> resezione limitata
bilirubina normale, IGCR15 normale –> resezione estesa
bilirubina normale, IGCR15 10-19% –> segmentectomia, lobectomia sinistra, bisegmentectomia VII-VIII o V-VI
bilirubina normale, IGCR15 20-29% –> subsegmentectomia
bilirubina normale, IGCR15 30-39% –> resezione limitata
bilirubina normale, IGCR15 > 40% –> enucleazione
La valutazione indiretta della fibrosi epatica con il metodo dell’elastografia con Fibroscan può offrire un ulteriore dato orientativo per la predizione di insufficienza epatica postoperatoria. Il dispositivo Fibroscan è costituito da un trasduttore, posto all’estremità di una sonda ad ultrasuoni, che invia nel fegato un’onda con frequenza di 50 MHz. Un altro trasduttore misura la velocità dell’onda nel fegato. La misurazione è quindi convertita in valori che esprimono la rigidità del parenchima epatico e che sono espressi in KiloPascal (60). Un valore superiore a 16 kPa è associato con elevata sensibilità a un significativo rischio di insufficienza epatica postoperatoria (8).
Meno utilizzata, pressochè esclusa dalla pratica clinica, è la scintigrafia epato-biliare.
Ulteriori valutazioni pre-operatorie
In caso di epatopatia deve essere valutata la pressione del sistema portale. Segni indiretti di ipertensione portale sono l’ascite, la splenomegalia, la piastrinopenia e la presenza di shunt venosi. Vi è la possibilità di una valutazione diretta della pressione con ecocolordoppler (HPVG), ma può essere sufficiente un’EGDS, finalizzata alla ricerca di varici esofagee, che devono essere eradicate con legature elastiche in caso di significativo rischio di sanguinamento (68, 80).
Infine è opportuno calcolare con TC la volumetria della porzione di fegato che si ritiene possa residuare dopo l’intervento (38). Questo volume si ottiene sottraendo dal volume totale di fegato il volume tumorale. Si calcola quindi la percentuale di volume epatico residuo funzionante, che è uguale al rapporto tra il volume epatico residuo funzionante, espresso in cc, e il volume epatico totale, espresso nella stessa unità di misura (FLR% = FLR cc/TLV cc). In caso di fegato cirrotico o comunque con epatopatia cronica Child A si ritiene prudente effettuare una resezione solo se FLR = > 40 %.
Stadiazione
Nell’EC la stadiazione TNM non è molto utilizzata, anche considerando che nel paziente cirrotico si evita un’accurata linfoadenectomia, associata a gravi sequele.
Una delle classificazioni più utilizzate è la BCLC, che in base a caratteristiche del tumore e dello stato clinico identifica cinque gruppi di pazienti e li correla a una determinata sopravvivenza mediana (46), fornendo inoltre un orientamento per la scelta del trattamento più opportuno (25). Qui presento lo schema con alcune modifiche:
ASA = classificazione dello stato fisico secondo l’American Society of Anesthesiology
Scelte terapeutiche
A. Fegato sano.
In questo caso nei diversi stadi non si considera la diversità delle classi Child.
– In stadio A0 è proponibile l’ablazione con radiofrequenza o la resezione chirurgica.
– In stadio A1 è indicata la resezione chirurgica.
– In stadio A3 l’indicazione a una resezione, alla radiofrequenza o a una combinazione delle due tecniche deve essere valutata caso per caso.
In stadio B è proponibile la TACE o la TARE.
In stadio C è proponibile il trattamento con sorafenib o con TARE.
B. Patologia cronica del fegato (epatite, cirrosi).
Il trapianto è da considerare in tutti i sottostadi A. Se il trapianto non è fattibile per comorbilità:
– nello stadio A0 può essere indicata l’ablazione o la segmentectomia.
– In stadio A1 può essere indicata la resezione epatica con estensione massima limitata dalla valutazioni funzionale con test al verde di indocianina e con definizione volumetrica del fegato residuo.
– In stadio A2 è da considerare l’ablazione o una tumorectomia.
– In stadio A3 è indicata l’ablazione.
In stadio B è proponibile la TACE o la TARE.
In stadio C è proponibile il trattamento con sorafenib o con TARE.
In stadio D non vi è un trattamento utile a migliorare la sopravvivenza.
Trattamenti chirurgici e ablativi
La scelta del tipo di trattamento può essere guidata dallo schema BCLC, riportato nel precedente paragrafo. Si trattano nel seguito alcune questioni relative ai tipi di trattamento disponibili.
Resezione epatica
La mortalità postoperatoria dopo resezione epatica in pazienti Child A è prossima al 3% e le complicanze postoperatorie sono del 30%. Queste percentuali scendono rispettivamente al 0,5% e al 20% in caso di fegato non cirrotico. Facendo una media dei numerosi dati di sopravvivenza a cinque anni dopo resezione si ottiene un valore del 45% (107-127). Tuttavia, si rileva un’ampia oscillazione di valori, dal 26% al 73%. Questo fatto riflette evidentemente i diversi criteri per l’indicazione di operabilità. In caso di tumore < 3 cm, G1, non infiltrante strutture vascolari o extra-epatiche in fegato sano la sopravvivenza a cinque anni è del 70-75%, ma scende al 25% in caso di tumore G3.
L’accesso chirurgico è usualmente laparotomico, ma nel caso di tumori di piccole dimensioni, sottocapsulari in piani coronali anteriori, l’accesso laparoscopico offre un’opportunità in casi selezionati dopo valutazione delle immagini radiologiche da parte del chirurgo e finale verifica della fattibilità in corso di esplorazione laparoscopica con ausilio di sonda ecografica.
Trapianto epatico
In pazienti con epatopatia in stadio Child A il trapianto epatico consente di ottenere sopravvivenze del 75% a cinque anni (76). Al fine di ottimizzarne i risultati in relazione alla disponibilità di organi sono stati definiti i cosiddetti “criteri di Milano” (52,53): nodulo singolo =< 5 cm o non più di tre noduli con diametro =< 3 cm. Se questi criteri sono rispettati, il rischio di recidiva dopo trapianto è basso e il paziente deve essere valutato presso un Centro Trapianti di fegato. Nel caso in cui il tempo di attesa per il trapianto appaia eccessivo in relazione all’evoluzione tumorale deve essere valutata la fattibilità di trattamenti ablativi per via percutanea o laparoscopica, oppure resezioni epatiche di minima, possibilmente per via laparoscopica.
Se i criteri di Milano non sono rispettati, vi è un rischio di recidiva che compromette l’accettabilità del trapianto epatico in rapporto al rischio/beneficio e in rapporto alla limitata disponibilità di organi. In questo caso il trapianto può essere considerato dopo un trattamento terapeutico alternativo (per es radiofrequenza, tumorectomia, segmentectomia) che sia risultato efficace dopo un periodo di follow up di almeno un anno. Anche la TARE è un’opportunità, per ricondurre entro i criteri di Milano pazienti con un quadro tumorale leggermente sconfinato oltre il loro ambito.
Il trapianto di fegato appare una soluzione appropriata in caso di recidiva epatica non resecabile N- senza invasione vascolare, comparsa almeno un anno dopo la prima resezione. In queste condizioni la sopravvivenza a 5 anni raggiunge circa il 75% dei casi.
Nei pazienti Child B vi è indicazione al trapianto, se sono rispettati i criteri di Milano e se non vi sono contro-indicazioni correlate a età e comorbilità. Se il trapianto non è fattibile, devono essere prese in considerazione una resezione chirurgica di minima o la radiofrequenza, avvalendosi delle considerazioni prima riportate. Per questi pazienti lo studio della funzionalità epatica è di particolare importanza e frequentemente la resezione epatica non può estendersi oltre una tumorectomia.
Nei pazienti Child C l’unica opzione terapeutica è rappresentata dal trapianto, se non controindicato per età, comorbilità e superamento dei criteri di Milano.
Ablazione
Per “tecniche ablative” si intendono tecniche caratterizzate dall’introduzione percutanea sotto guida ecografica di dispositivi in grado di indurre una necrosi tumorale con mezzi chimici o fisici.
L’ablazione termica con radiofrequenza (400-500 KHz) consiste nell’introduzione intraparenchimale di una sottile sonda nel centro del tumore, seguita dal posizionamento di due sottili elettrodi, tramite i quali scorre una corrente alternata, che produce un aumento della temperatura tale da causare una necrosi efficace nel raggio di circa 1,5 cm dalla sonda. La sopravvivenza a cinque anni dopo trattamenti con radiofrequenza oscilla tra 35% e 60% (43,64). Le recidive oscillano tra il 5% e il 20%. (19,43,58,77).
In alternativa, sono disponibili più recenti dispositivi che emettono micro-onde. Le micro-onde consentono una maggiore penetrazione nel tessuto tumorale, ma non vi sono vantaggi in termini di sopravvivenza. La radiofrequenza potrebbe ragionevolmente avere vantaggi in caso di tumori = 3 cm (4,49,28).
Queste tecniche forniscono i migliori risultati per tumori fino a 3 cm. E’ inoltre necessaria la visualizzazione ecografica del nodulo da trattare e una distanza del nodulo di almeno 2 cm dai peduncoli portali maggiori, potendosi manifestare lesioni termiche ostruenti della via biliare. Inoltre, il flusso ematico intraportale contrasta l’effetto termico nella massa tumorale.
Un importante rischio associato a queste tecniche è il sanguinamento epatico nella sede di introduzione del dispositivo. E’ quindi importante considerare l’assetto coagulativo: piastrinemia e PT dovrebbero orientativamente essere maggiori rispettivamente di 50000/mm3 e del 50% (58). L’approccio laparoscopico è particolarmente utile in caso di noduli difficilmente accessibili, per es se localizzati nei segmenti II, IV, VII, VIII, oppure sottocapsulari o in prossimità di organi cavi (30,40,63,75,84). La manovra di Pringle e la riduzione del flusso portale indotto dal pneumoperitoneo agevolano il trattamento di formazioni in prossimità di vasi portali.
L’ablazione chimica consiste nell’iniezione intratumorale di etanolo o di acido acetico. L’etanolo ha nota efficacia nell’indurre necrosi negli EC, essendovi ben distribuito dalla ricca vascolarizzazione del tumore (45,83). Una necrosi completa si ottiene in tumori con diametro non superiore a 2 cm. La sopravvivenza a cinque anni oscilla tra 35% e 60%. Tuttavia, i risultati sono inferiori a quelli ottenibili con la radiofrequenza (14,26) e per questo motivo attualmente l’alcolizzazione è riservata ai casi non trattabili né chirurgicamente per comorbilità o grado di compromissione epatica, né con radiofrequenza per contiguità della neoplasia alla colecisti o a grossi vasi.
Le tecniche percutanee sono associate a complicanze nel 2% dei casi, principalmente costituite dall’emoperitoneo.
Resezione epatica o ablazione per l’EC <= 3 cm?
In pazienti Child A con nodulo singolo <= 3 cm la resezione epatica consente una sopravvivenza del 70% a 5 anni. In questo caso l’ablazione con radiofrequenza è apparsa inferiore alla resezione chirurgica in vari studi non randomizzati. Le recidive locali dopo radiofrequenza per tumori < 3 cm in casi Child-Plugh A sono apparse superiori rispetto a quelle dopo resezione epatica (20% vs 0,4%) (64). La sopravvivenza a 5 anni è risultata del 10% superiore tra i pazienti trattati con resezione epatica rispetto a quelli sottoposti a radiofrequenza (85). Una differenza di sopravvivenza dell’ordine del 10% è stata osservata anche per tumori = < 5 cm.
Tuttavia, se si considerano i pochi studi randomizzati (10,32) – di maggior valore rispetto a quelli non randomizzati – la superiorità dell’approccio chirurgico non è stata dimostrata. La radiofrequenza appare particolarmente vantaggiosa in caso di noduli <= 2 cm in posizioni “difficili” per la segmentectomia chirurgica, purchè adeguatamente lontani da grossi vasi, dalla colecisti e dalla superficie epatica. Comorbilità significative o età > 80 anni orientano senza dubbio all’ablazione con radiofrequenza, mentre difficoltà tecniche nell’accedere al nodulo per via percutanea o sotto guida laparoscopica orientano al trattamento chirurgico. In caso di nodulo < 2 cm in fegato sano e in paziente giovane si tende a preferire l’approccio chirurgico, ma non è possibile dichiarare superiore questo approccio a quello ablativo.
La presenza di tre o più noduli <= 3 cm in epatopatia cronica lascia presagire la futura comparsa di tumori metacroni o di recidive epatiche; perciò, in attesa di un trapianto, una resezioni chirurgica appare ragionevole solo se vi è contro-indicazione alla radiofrequenza per uno o più noduli. Radiofrequenza e chirurgia possono concorrere all’eradicazione dei noduli nel corso della stessa seduta operatoria. Se uno o più noduli sono > 3 cm, l’approccio chirurgico non è evitabile, posto che sia attuabile con un criterio di radicalità oncologica e di accettabile rischio perioperatorio.
Resezione anatomica o non anatomica?
Per “resezione epatica anatomica” si intende l’asportazione di un volume epatico comprendente uno o più “segmenti”. Un “segmento” è un volume epatico nel quale è riconoscibile un proprio assetto distributivo dell’asse vascolo-biliare. Nel fegato sono identificabili otto segmenti epatici (106). Secondo una linea di pensiero sarebbe importante effettuare, se possibile, resezioni anatomiche, per asportare i peduncoli portali afferenti al territorio della neoplasia, lungo i quali le cellule tumorali possono migrare. In passato altri autori hanno invece più genericamente sottolineato il beneficio di un’ampia resezione, rispetto a una resezione limitata nel caso di tumori < 3 cm (90), ma il dato non è stato successivamente confermato (91,92,99). Esistono studi che evidenziano una migliore sopravvivenza a 5 anni, di almeno il 10%, e un minor rischio di recidive a 5 anni, di almeno il 15%, dopo resezione epatica anatomica. Tuttavia, vi sono anche evidenze contrarie (61,92) e perciò sarebbe oncologicamente accettabile una resezione epatica non anatomica. In questo ambito non vi è pieno accordo sulla distanza del margine di resezione dal tumore: vi è chi ritiene sufficiente asportare almeno 1 cm di parenchima sano circostante il tumore (87); ma per altri è una misura insufficiente (92-96), se fattibile una più ampia resezione.
Nella maggior parte dei casi l’EC si manifesta in un fegato nel quale è in atto un processo flogistico cronico, che è un elevato fattore di rischio per tumori metacroni, osservati dopo il trattamento resettivo o ablativo (88,97,98). Tali possono essere molte recidive, che si potrebbero attribuire erroneamente a una satellitosi, cioè a micrometastasi epatiche di cellule tumorali diffusesi lungo vie intraparenchimali; una percentuale non precisabile, ma che molto probabilmente inficia l’utilità di una resezione anatomica in un fegato con elevato rischio di sviluppare nuove focalità tumorali.
A questo punto resta la domanda: “Una resezione anatomica è il miglior approccio all’eradicazione della satellitosi? Un orientamento alla risposta è fornito dai seguenti dati (91):
Dimensione dell’EC Distanza massima dei microsatelliti dal bordo tumorale
< 5 cm 11-34 mm
>= 5 cm 24-97 mm
Una satellitosi è presente in più del 90% degli EC. Non vi è una linea preferenziale lungo la quale la satellitosi si distribuisce; essa puo’ sconfinare in segmenti diversi da quello in cui è localizzato il tumore in conseguenza di un’ampia disseminazione venosa (92). Non appare dunque fondata l’asserzione che la resezione anatomica è oncologicamente più appropriata di una resezione non anatomica.
Cenni di tecnica chirurgica: le resezioni epatiche maggiori
– Epatectomia laterale sinistra non anatomica (bisegmentectomia 2-3)
L’asportazione dei segmenti 2 e 3 con conservazione della vena sovraepatica sinistra e del peduncolo ilare sinistro è definita “epatectomia laterale sinistra non anatomica”. Sezionato il legamento falciforme e il legamento coronarico sinistro, è completata la sezione del legamento gastro-epatico, proseguendo posteriormente lungo la linea del legamento di Aranzio fino ad incontrare la vena sovraepatica sinistra.
Previa manovra di Pringle si effettua quindi la sezione parenchimale a sinistra del – e parallelamente al – legamento falciforme. I peduncoli ilari e la vena sovraepatica sinistra non sono incontrati e tutte le strutture vascolari che attraversano la linea di sezione sono legate con filo 4/0 o coagulate. Il metodo più economico ed efficace per frantumare il parenchima ed esporre le strutture vascolari è la kellyclasia: una pinza delicata consente di schiacciare il parenchima, lasciandone intatta la trama vascolare, che è legata e/o coagulata. Per l’emostasi, oltre alla legatura dei vasi più cospicui con filo 4/0, la coagulazione elettrica è il metodo con il più elevato rapporto efficacia/costo e la sua efficacia è aumentabile con l’instillazione di acqua sulle strutture venose durante la coagulazione.
– Epatectomia laterale sinistra anatomica
L’epatectomia laterale sinistra anatomica prevede l’asportazione dei segmenti 2 e 3, sezionando il peduncolo portale sinistro e la vena sovraepatica sinistra.
La procedura inizia con la sezione del legamento falciforme e del legamento coronarico sinistro. Retratto verso destra il lobo sinistro del fegato, è completata la sezione del legamento gastro-epatico lungo la linea del legamento di Aranzio fino ad incontrare posteriormente la vena sovraepatica sinistra. La punta di un klemmer lungo è spinta cautamente subito cranialmente all’istmo che segna il confine tra I segmento e lobo sinistro del fegato ed è diretta obliquamente a destra e cranialmente, fino ad emergere tra vena cava inferiore, vena sovraepatica media e vena sovraepatica sinistra; la vena sovraepatica sinistra è isolata su laccio.
Si inizia ora ad esporre il peduncolo epatico sinistro con la sezione del ponte parenchimatoso tra superficie inferiore del II e IV segmento. Segue l’abbassamento della placca ilare, conducendo lo scollamento tra fegato e superficie anteriore del peduncolo epatico. Il peduncolo sinistro è isolato, legato e sezionato a sinistra del legamento ombelicale, preservando i rami arterioso e portale per il IV segmento. La legatura è effettuata tradizionalmente con filo, isolando ciascuna struttura, o in massa con suturatrice. La vena sovraepatica sinistra è serrata con tourniquet. La sezione parenchimale è effettuata a sinistra del legamento ombelicale, parallelamente al legamento falciforme. La mobilizzazione del lobo sinistro è completata staccandolo posteriormente dal I segmento: il lobo è sollevato, retratto a destra, e la sezione parenchimale è condotta lungo la linea del legamento di Aranzio. Segue la sezione della vena sovraepatica sinistra con forbice, previo clampaggio con pinza vascolare, o con suturatrice vascolare.
– Lobectomia sinistra
Se è necessario asportare anche il IV segmento si procede come sopra descritto, ma la sezione del peduncolo ilare sinistro è effettuata alla sua origine, in modo da includere anche il ramo per il IV segmento. Inoltre la sezione parenchimale inizia nel letto della colecisti, esposto con la colecistectomia, e giunge alla vena cava tra vena sovraepatica destra e media. Sono sezionate vena sovraepatica media e sinistra. La loro sezione è effettuata su clamp o mediante suturatrice.
Se è infiltrato anche il I segmento la resezione epatica non è indicata.
Follow up
Dopo resezione o ablazione epatica deve essere eseguito un follow up con le modalità descritte nel precedente paragrafo “Gestione del rischio”.
In caso di recidiva deve essere ridefinita la stadiazione BCLC (sopra riportata) e sulla scorta dello stadio il tipo di trattamento è definito con le stesse modalità utilizzate per la decisione relativa al trattamento del tumore originario.
Trattamento delle recidive dopo resezione o ablazione
Le recidive devono essere trattate nei limiti del possibile, sfruttando le possibilità terapeutiche sopra descritte. Infatti, si è osservato un beneficio in termini di sopravvivenza mediana rispetto all’astensione (100-105).
Trattamenti farmacologici
Attualmente l’unico chemioterapico utilizzabile nel trattamento dell’EC è il sorafenib, sostanza inibitrice di chinasi, che riduce la proliferazione cellulare e la neoangiogenesi. L’indicazione riguarda l’EC inestirpabile in pazienti con funzionalità epatica conservata. Il trattamento è in grado di aumentare la sopravvivenza di circa due mesi (11).
Il trattamento neoadiuvante non offre benefici.
Trattamenti palliativi
Tra i trattamenti palliativi si ricordano la TACE (chemoembolizzazione transarteriosa) e la DEB-TACE. La TACE consiste nell’introduzione nel ramo arterioso afferente alla neoplasia di doxorubicina in lipiodol, a cui segue l’iniezione della sostanza embolizzante. Il danno citotossico, prodotto dal chemioterapico, è amplificato dal danno ischemico e può essere ulteriormente amplificato associando la TACE con l’ablazione percutanea tramite radiofrequenza. Una necrosi patologica completa si osserva in 1/3 degli EC < 3 cm e nell’80% dei casi corrisponde a una risposta completa (66). La TACE migliora la sopravvivenza a due anni rispetto all’astensione dal trattamento (6,47).
La DEB – TACE utilizza microsfere embolizzanti impregnate di doxorubicina, che è rilasciata lentamente. La DEB – TACE è una metodica molto più costosa della precedente, ha una migliore tollerabilità sul piano tossicologico, ma non presenta benefici di sopravvivenza (27,41,71).
La TACE è effettuata ogni due mesi fino a risposta completa o comunque fino a un massimo di tre sedute. Non è ripetuta in caso di risposta assente.
Controindicazioni alla TACE sono la trombosi portale dei rami principali (flusso portale epatofugo), Child B e C, insufficienza renale (Cl Cr < 30 mg/dL) e tumori > 10 cm o bilobari e multinodulari.
Una più recente metodica transarteriosa è la TARE, radio-embolizzazione con 90Y, che offre opportunità analoghe alla TACE senza vantaggi su risposta tumorale e sopravvivenza e con maggiore complessità procedurale (66,73). L’unico vantaggio sulla TACE è la possibilità di utilizzarla nei casi di trombosi portale (39,42). Un ulteriore utilizzo è nel trattamento di epatocarcinomi con finalità di downstaging o bridging (29) nei casi eccedenti il criterio di Milano in previsione di trapianto (1). Un suo limite è la controindicazione in caso di collaterali che possano deviare le particelle al polmone, dove causerebbero importanti danni da radiazioni. Devono essere inoltre chiusi angiograficamente con spirali l’arteria gastro-duodenale e l’arteria gastrica destra, per evitare danni intestinali. Per lo stesso motivo deve essere esclusa la possibilità di uno shunt intestinale tramite collaterali anomale dell’arteria epatica (31). La somministrazione delle particelle deve essere preceduta dalla valutazione dello shunt polmonare con 99mTC scan. Se lo shunt al polmone è > 20%, la procedura è contro-indicata. Per il trattamento sono disponibili microsfere in vetro di 20-30 micron (TheraSphere®) oppure microsfere in resina di 20-60 micron (SIR-Spheres®). Alle particelle è adsorbito 90Y, un beta emettitore con emivita di 64 ore. Nel parenchima epatico gli elettroni emessi percorrono 8 mm. Il 95% della radiazione è emessa in 11 giorni.
In ultima linea è considerabile la terapia con sorafenib (400 mg ogni dodici ore), unico farmaco in grado di migliorare la sopravvivenza in pazienti Child A con epatocarcinoma, per quanto con risultati molto modesti (2-3 mesi).
Note di approfondimento
Test al verde di indocianina
Il test consente di valutare la funzionalità epatica tramite la clearance epatica del verde di indocianina (86). Con il termine “clearance epatica” si intende il prodotto tra capacità di estrazione del fegato e flusso ematico nel fegato.
Il verde di indocianina è una sostanza idrosolubile; somministrata ev si lega rapidamente alle proteine plasmatiche e si distribuisce nel sangue entro tre minuti. La sua estrazione avviene per il 70% nel fegato sano, non è metabolizzata ed è escreta nella bile inalterata senza subire riassorbimenti a livello intestinale (circolo entero-epatico assente). L’assorbimento e l’escrezione del verde di indocianina sono mediate rispettivamente dalle proteine vettrici del fegato MDRP2 e MDR3, la cui concentrazione si riduce in rapporto al deterioramento della funzionalità epatica.
In passato per il dosaggio del verde di indocianina era necessaria una valutazione fotometrica su campioni di sangue arterioso prelevati nell’arco di 15 minuti dopo la sua somministrazione intravenosa alla dose di 0,25 – 0,5 mg/Kg di peso corporeo. Attualmente la sua concentrazione ematica è misurabile con comodi densitometri a lettura transcutanea. I parametri valutati sono il tasso di ritenzione a 15 minuti (IGC R15) o il tasso di eliminazione dal sangue (IGC PDR). IGCR15 = (concentrazione di VI a 15 minuti/concentrazione di VI a 0 minuti) x 100; valore normale < 10%; IGC PDR: valore normale > 18-24% per minuto.
Il test è affidabile per la valutazione della funzionalità epatica solo in condizioni emodinamiche normali e con bilirubina < 2,5 mg/dL. Infatti, elevate concentrazioni di bilirubina competono con il verde di indocianina per il legame alle proteine vettrici del fegato, alterandone la cinetica. IGCR15 o IGC PDR si correlano con la morbilità postoperatoria e forniscono un orientamento sull’entità della massima resezione epatica possibile, che deve tuttavia essere ulteriormente affinato con i dati della volumetria epatica. Un IGCR15 < 10% orienta a resezioni epatiche estese; un valore compreso tra 10% e 20% orienta a non eccedere oltre la bisegmentectomia; un valore > 20% orienta a non eccedere oltre la segmentectomia; un valore > 30% è associato a un significativo aumento della morbilità postoperatoria anche dopo segmentectomia (57). L’IGCR15 deve essere associato ad altri parametri per un’accurata predizione del rischio di insufficienza epatica dopo resezione.
Il verde di indocianina è molto ben tollerato, ma contiene iodio ed è controindicato per i pazienti allergici allo iodio.
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