Il mondo che mi circonda è straordinario: esprime nulla più che formale e sufficiente censura per le ingiustizie di coloro che opprimono e massacrano vite umane; ignora un’analisi sulle cause fondanti i conflitti, per schierarsi con coloro che ritiene più utili per i propri fini economici; è molto attento alla tutela e alla diffusione di animali potenzialmente pericolosi per l’uomo in ambienti antropizzati, garantendo loro diritti che gli animali stessi non ci concederebbero, se avessero la possibilità di interagire con noi alla pari o in posizione di forza; e difende una “Privacy”, della quale non comprende neppure la sostanza, consentendo perciò che i privati siano infastiditi da telefonate con finalità commerciali, ma vietando con le nuove normative di pubblicare in Internet casi clinici di interesse medico, seppur privi di alcun dato che possa associarli a una specifica persona. Poco, anzi nulla importa che questi casi siano un utile contributo alle conoscenze nell’ambito della Medicina e della Chirurgia, come alternativa all’ammuffire nelle cartelle cliniche di un archivio ospedaliero.
Stanti gli attuali limiti imposti dalla legge sulla Privacy, nell’affrontare la questione sull’ipotetica sindrome indicata nel titolo, dovrò evitare di riportare descrizioni di casi da me operati, che avrebbero peraltro consentito di impostare un articolo scientificamente più accurato nel pieno rispetto dell’anonimato dei pazienti. Ma non rinuncio a riportare la mia complessiva esperienza, sulla quale nessuno ha il diritto di porre veti, e che consente comunque di porre le premesse per un approfondimento scientifico del tema trattato.
L’esperienza consiste nell’osservazione di un significativo ritardo di canalizzazione e, in particolare, della necessità di prolungare la permanenza del sondino naso-gastrico per episodi di vomito biliare in pazienti nei quali ho avuto occasione di effettuare una resezione della flessura sinistra del colon in condizione di occlusione intestinale. Non sono invece mai stati una costante il ritardo di canalizzazione intestinale e il vomito biliare in pazienti da me operati per occlusione intestinale causata da neoplasia in altre sedi del colon.
Normalmente la canalizzazione intestinale si manifesta in un intervallo di tempo compreso tra due e quattro giorni dopo una laparotomia. Nei casi da me operati la canalizzazione per via naturale o tramite l’ileostomia è avvenuta sette – dieci giorni dopo l’intervento di resezione della flessura colica sinistra effettuato in urgenza. L’unica caratteristica distintiva di questi interventi rispetto a altri tipi di resezione colica è stata la sezione del legamento di Treitz, effettuata nel corso del distacco del mesocolon dalla superficie pancreatica. Questa modalità di procedere non è necessariamente lo standard, ma deriva dal mio desiderio di assicurare la maggiore radicalità oncologica anche nei casi in cui ci si potrebbe accontentare di risolvere il problema emergente, ovvero l’occlusione intestinale, con una sezione più limitata del mesocolon.
Il legamento di Treitz fu descritto nel XIX secolo da Vaclav Treitz, direttore dell’Istituto di Anatomia Patologica di Praga. E’ una fascetta di tessuto prevalentemente fibroso, tesa tra il retroperitoneo a sinistra dell’arteria mesenterica superiore e il piccolo intestino al suo passaggio dall’ambiente retroperitoneale al cavo peritoneale. E’ convenzionalmente considerato il repere per stabilire la transizione dal duodeno al digiuno. La sua presenza concorre a determinare una caratteristica curvatura dell’intestino, nota come “flessura duodeno- digiunale”. Alla particolare conformazione di questa curvatura concorre la fissità del duodeno al piano retroperitoneale e la mobilità del digiuno. Il legamento è necessariamente sezionato, qualora si voglia effettuare una resezione della flessura colica sinistra, che sia radicalmente oncologica.
Tutti gli interventi di resezione della flessura sinistra sono stati da me effettuati in urgenza per occlusione intestinale da neoplasia stenosante. L’occlusione intestinale può aver quindi contribuito al ritardo di canalizzazione, determinando una transitoria disfunzione della peristalsi per stiramento della tonaca muscolare dell’intestino. Tuttavia, in questi pazienti il ritardo di canalizzazione è stato ancor più evidente di quanto ho potuto osservare in altre cause di occlusione intestinale, caratterizzandosi in particolare per l’abbondante “ristagno gastrico” nei giorni seguenti l’intervento. Ritardi di canalizzazione dopo un trattamento chirurgico per occlusione intestinale non possono che preoccupare e diventa prudente effettuare uno studio TC, per escludere ulteriori cause meccaniche di occlusione, quali le aderenze. Così si è proceduto di regola in questi pazienti, quando il drenaggio dal SNG persisteva abbondante con meteorismo intestinale persistente e con ileostomia “muta” o comunque con alvo non canalizzato dopo la quarta giornata postoperatoria. Ma il tipico riscontro è stato una dilatazione delle anse intestinali in assenza di salti di calibro. In tutti i casi la funzionalità gastro-intestinale si è normalizzata entro la decima giornata postoperatoria.
Non mi resta che individuare nella sezione del legamento di Treitz, effettuata in una condizione di occlusione intestinale, la causa specifica del ritardo di canalizzazione in questi pazienti e, in particolare, la causa della prolungata paresi gastrica, che rende opportuno mantenere per più tempo del consueto il sondino naso-gastrico. Non mi sembra che questa sindrome sia stata descritta, perciò la definisco “sindrome di Treitz”, fermo restando che essa rimane entità ipotetica nell’attesa che qualcun altro effettui uno studio specifico, non essendomi possibile nell’ambiente di lavoro in cui opero.