di Enrico Ganz

 

Il termine “bezoario” indica un aggregato di sostanze indigerite, formatosi nello stomaco o nell’intestino tenue (3,18). La principale composizione del bezoario è precisabile con un prefisso: “fito-”, se    vi si rinvengono fibre vegetali (7), “trico-”, se vi si rinvengono capelli o peli (13), “latto-”, se deriva da componenti indigeriti di latte sintetico (10), “farmaco-”, se il nucleo di aggregazione è dato da capsule o compresse farmacologiche (27), ecc. 

Un insolito caso di occlusione intestinale, associata a pancreatite acuta, da me trattato in occasione di un reintervento, mi ha indotto a considerare se possa essere utilizzato il termine “ematobezoario” e se siano mai stati descritti casi simili. L’occlusione fu causata da un voluminoso coagulo di sangue a livello della flessura duodeno-digiunale, come si può notare in figura 1 e 4. La paziente era stata sottoposta a bypass gastrico per obesità in epoca remota. Giunse all’osservazione per un addome acuto causato dalla perforazione dello stomaco escluso, associata a una massiva distensione tra lo stomaco escluso stesso e il duodeno con stop in corrispondenza della flessura duodeno-digiunale, come evidenziato con TC addome urgente (Fig. 2).

Fig. 2

Tra gli esami ematochimici si segnala leucocitosi (22000 GB/mm3), proteina C reattiva 34 mg/dL, Hb 15,2 gdL, bilirubina nella norma, lieve aumento delle transaminasi, amilasi 294 U/L. Fu effettuata una resezione dello stomaco escluso, fu evacuato un ascesso subfrenico e prima di effettuare la sutura duodenale fu aspirato il contenuto duodenale. Al termine dell’intervento gli operatori non evidenziarono visivamente anomalie a livello della flessura duodeno-digiunale. In quarta giornata postoperatoria si manifestò spiccato dolore addominale e si osservò una perdita di secrezione biliare dal drenaggio, un’elevazione di lipasi e amilasi sieriche, che superarono il valore di 2200 U/L e di 1100 U/L rispettivamente, un’elevazione della bilirubina diretta (2 mg/dL), della fosfatasi alcalina (900 U/L), dell’AST (160 U/L) e dell’ALT (80 U/L). Fu effettuata una TC addome, che evidenziò il persistere di un’occlusione duodenale e di materiale endoluminale iperdenso con distribuzione circolare, irregolare, a livello della flessura duodeno-digiunale, compatibile con materiale ematico o con invaginazione (Fig. 3). Era inoltre riscontrabile modico edema pancreatico e una dilatazione del dotto di Wirsung, il cui calibro misurava 4 mm. 

Fig. 3

Il riscontro intra-operatorio consistette in una massiva dilatazione del duodeno determinata da un voluminoso coagulo ostruente, esteso a cavaliere tra la flessura duodeno-digiunale e la prima ansa digiunale con netto salto di calibro distalmente all’ostruzione. Non vi erano stenosi digiunali, ma era evidente la riduzione di calibro dell’ansa digiunale per ipotrofia rispetto alle anse del restante intestino tenue. Vi era una raccolta biliare attorno al moncone duodenale, ma non vi era alcun cedimento della recente sutura. Il coagulo era molto compatto, fisso nella sua posizione, non spostabile con la cosiddetta “manovra di mungitura”; fu necessario asportarlo tramite una digiunotomia. Ne seguì la risoluzione dell’occlusione intestinale e della perdita biliare, nonché una normalizzazione degli indici sierici di funzionalità epato-bilio-pancreatica. La paziente fu dimessa in settima giornata dopo il reintervento. 

 

DISCUSSIONE

In un’U.O. di Chirurgia generale capita occasionalmente di osservare un’occlusione intestinale causata da un bezoario. E’ stato calcolato che un bezoario è causa di un’occlusione dell’intestino tenue nello 0,4-4,8% dei casi. La percentuale varia in rapporto all’area geografica e alla popolazione considerata ed è in rapporto causale con la dieta intesa come quantità e tipologia della sua componente vegetale: è più frequente in popolazioni con importante componente vegetale nella dieta e in quelle che consumano in abbondanza determinati alimenti vegetali, che sono più facilmente associati alla formazione di fitobeziario, come il cachi (Turchia, Spagna) (18).

Nello studio di un’occlusione intestinale la tomografia computerizzata (TC) dell’addome con mezzo di contrasto può orientare alla diagnosi, evidenziando nel caso di un bezoario una formazione endoluminale di forma tondeggiante od ovoidale con cercine periferico ben contrastato (29). La diagnosi certa è posta dopo l’estrazione del bezoario tramite un’enterotomia. In assenza di aderenze l’ansa intestinale coinvolta può essere agevolmente esteriorizzata tramite una minolaparotomia, centrata sulla proiezione cutanea del rilievo patologico, identificata tramite le immagini TC. Nella maggior parte dei casi un bezoario occludente è localizzato tra la valvola ileo-ciecale e un tratto di ileo terminale lungo 60 cm; una localizzazione che è tipica anche per i calcoli migrati dalla colecisti nell’intestino tramite una fistola colecisto-duodenale (ileo biliare). Si ritiene che questa localizzazione sia in rapporto con il minor calibro intestinale e con la minore forza peristaltica in questa sede (7,18). 

Il bezoario più comune è il fitobezoario. Molto rari sono i casi di lattobezoario e di tricobezoario: il lattobezoario è osservato solo in età neonatale e solo in caso di alimentazione con prodotti sostitutivi del latte materno (10). Il tricobezoario è riscontrabile in giovani pazienti di genere femminile con patologia psichiatrica. Tipicamente si forma nello stomaco in seguito all’aggregazione di capelli intrappolati tra le pieghe della mucosa gastrica. Se il tricobezoario assume una forma molto allungata, proiettandosi oltre il piloro nell’intestino tenue per un tratto anche molto lungo con effetto occlusivo, il fenomeno, molto raro, è indicato come “sindrome di Rapunzel” (8,26). 

Considerando le occlusioni intestinali da me incontrate nell’arco di almeno vent’anni, ricordo non più di tre casi di fitobezoario e nessun caso di tricobezoario. In tutti i casi il tratto coinvolto è stato l’ileo. 

Il caso qui presentato è uno degli insoliti eventi che capita di osservare in un’U.O. di Chirurgia d’urgenza; è un caso che ci propone alcuni interessanti interrogativi: cosa ci insegna questa vicenda? Può essere definito “ematobezoario” un coagulo ematico ostruente? Sono mai stati descritti casi di occlusione duodenale da coagulo ematico? Sono noti casi di bezoario causante una pancreatite acuta?

– Cosa ci insegna questa vicenda?

In primo luogo, evidenziamo il significativo effetto negativo che un aumento della pressione endoluminale esercita sulle suture. E’ del resto ben noto nella pratica clinica che l’assenza di stenosi e di altri fattori suboccludenti distalmente a una sutura o a una legatura è una delle condizioni fondamentali per ridurre il rischio di deiscenza.    

In secondo luogo, evidenziamo l’importanza di agire prontamente per risolvere un problema di questo tipo, al fine di evitare che alla filtrazione biliare attraverso una sutura ancora integra subentri la perdita biliare per il cedimento della sutura duodenale, che è associata a elevata mortalità e comunque a un’ospedalizzazione di lunga durata. In generale, deve essere corretta al più presto un’ipertensione endoluminale, se essa agisce su una recente sutura o sulla recente legatura di un dotto. Per esempio, una perdita biliare, segnalata dal drenaggio, può manifestarsi anche dopo una colecistectomia, se coesiste una coledocolitiasi ostruente o anche solo subostruente, pur in presenza di un moncone cistico correttamente legato. Anche in tale situazione deve essere solerte la detensione della via biliare per via endoscopica, per evitare il cedimento della legatura sul dotto cistico. 

In terzo luogo, evidenziamo quanto possano essere ingannevoli determinate situazioni che si affrontano in urgenza. Infatti, agli occhi degli operatori il rilievo preminente nel corso del primo intervento dovette essere la peritonite, l’ascessualizzazione subfrenica e la perforazione del moncone gastrico. Dopo l’aspirazione del contenuto duodenale lo stop a livello della flessura duodeno-digiunale divenne inapparente e non fu ulteriormente considerato; si manifestò nuovamente in seguito all’accumulo di secreto bilio-pancreatico nel duodeno. 

Restando in tema di bezoario, anche il case report citato al punto 20 della bibliografia ribadisce quanto siano sfuggevoli in corso di intervento chirurgico urgente determinati rilievi patologici, che, se non identificati, hanno la potenzialità di inficiare il successo dell’intervento.

Sono noti casi di bezoario causante una pancreatite acuta? 

Un articolo comparso nel 1997 su J Clin Gastroenterol pone nel suo titolo la domanda “Può un bezoario causare una pancreatite acuta?” (11). La risposta è affermativa. La pancreatite acuta può essere conseguente all’effetto ostruente, sulla via biliare, di un bezoario alloggiato in un diverticolo paravateriano o di un tricobezoario incuneato nel digiuno prossimale (21). Nel caso qui considerato si sono manifestati i segni di un’iniziale pancreatite, rapidamente risoltasi dopo il secondo intervento decompressivo. 

  • “E’ definibile “ematobezoario” un coagulo ematico occludente l’intestino?

 Un primo passo verso la risposta può essere la ricerca di un articolo che riporti un caso di ematobezoario. Questa ricerca ci consentirà di comprendere anche se sia mai stata segnalata un’occlusione causata da un coagulo ematico, di considerare se tale coagulo possa essere definito “ematobezoario” e, in caso affermativo, quanto sia raro questo rilievo. 

Un ricerca tramite PubMed e tramite GOOGLE ci consente di trovare solo pochissimi articoli che riportano un caso di ematobezoario. Due articoli sono in lingua russa e non sono accessibili (1,23). I titoli ci forniscono alcune informazioni: si tratta di un ematobezoario riscontrato rispettivamente  in una donna con varici esofagee e in una donna con lupus eritematoso sistemico. Il terzo caso riguarda un ematobezoario, localizzato a livello dell’anastomosi digiuno-digiunale di un bypass gastrico, che causò un’occlusione intestinale in quinta giornata postoperatoria (24). Una TC evidenziò la dilatazione del moncone gastrico, del duodeno e delle efferente bilio-pancreatiche. Ma, come vedremo nel seguito, la definizione di ematobezoario potrebbe essere qui discutibile. 

Il caso da me riportato differisce dal caso precedente per l’intervallo di tempo tra la comparsa dell’ematobezoario e l’epoca di confezionamento del bypass gastrico e per la più drammatica evoluzione alla perforazione dello stomaco escluso e alla pancreatite acuta. E’ verosimile che l’ematobezoario sia originato da un sanguinamento nello stomaco escluso; nel lume gastrico il sangue si coagulò e si aggregò con materiale mucinoso dello stomaco, divenendo una massa molto compatta, che si incuneò a livello della flessura digiunale. Si può comprendere che il tratto intestinale escluso di un bypass gastrico potrebbe essere la sede ideale per la formazione di un aggregato occludente, che sia costituito da secrezioni e da sangue. I tratti in cui in questo contesto l’aggregato può incunearsi sono la flessura duodeno-digiunale e l’anastomosi digiuno-digiunale. Infatti, la flessura duodeno-digiunale è una marcata angolatura tra il duodeno e il digiuno, alla quale segue un tratto digiunale ipotrofico, quindi di calibro ridotto per l’esclusione dal transito alimentare; l’anastomosi digiuno-digiunale è pure frequentemente di calibro ridotto, perché in tal modo è confezionata, dovendovi transitare esclusivamente il secreto bilio-pancreatico. 

Resta infine la questione: un coagulo ematico ostruente è definibile “ematobezoario? 

In senso stretto, un bezoario è un aggregato di materiale indigerito, nel quale sono identificabili sostanze che derivano da secrezioni dello stomaco e/o dell’intestino tenue e sostanze estranee alle secrezioni gastro-intestinali; quindi, un bezoario non è un semplice corpo estraneo intestinale, quale potrebbe essere una collanina, una pallina di gomma, una spina di pesce, un acino d’uva, un bolo carneo intrappolato in esofago, un coagulo formatosi subito dopo un sanguinamento, ecc. Analogamente, un frammento osseo nel lume intestinale è definibile “corpo estraneo”, ma non “bezoario”. Tuttavia, se questo frammento funge nel tempo da nucleo di aggregazione per secrezioni intestinali che lo incapsulano, l’aggregato risultante è definibile “osteobezoario”, come quello riportato nell’immagine del case report citato in Bibliografia al punto 25. Il caso da me osservato orienta a considerare che l’ematobezoario esista, per quanto estremamente raro (perlomeno stando alle segnalazioni finora riportate), e che la sede di formazione sia il tratto compreso tra lo stomaco escluso e l’anastomosi digiuno-digiunale di un bypass gastrico confezionato per il trattamento dell’obesità. Per una rigorosa definizione di “ematobezoario” dovremmo aggiungere la dimostrazione che nel coagulo ematico ostruente sia presente anche altro materiale organico, ottenendosi in tal modo un’aggregato di sostanze, intestinali ed estranee all’intestino, che è quanto definisce il bezoario rispetto a un semplice corpo estraneo, a un fecaloma o a un calcolo migrato dalla colecisti tramite una fistola colecisto-duodenale. E’ verosimile che nel tratto intestinale escluso di un bypass gastrico possa verificarsi, in caso di sanguinamento, un processo di aggregazione tra sangue coagulato e secrezioni gastro-intestinali, producendosi in tal modo un compatto ematobezoario, come probabilmente è accaduto nel caso qui presentato. Infatti, l’iniziale occlusione non fu associata a anemizzazione. Tuttavia, non è necessario che il sangue entri nella composizione di un bezoario, per determinare un’occlusione intestinale. In anni recenti sono stati segnalati casi di occlusione postoperatoria, causata da un coagulo ematico nell’ansa afferente di un bypass gastrico (2,5,9,12,14,15,17,19,20,21,22,24). Negli articoli che riportano questi casi l’elemento occludente è correttamente definito “blood clot”, ovvero “coagulo ematico”, non essendo identificabile quell’aggregato di materiali, che definisce il “bezoario”. In ampie casistiche l’incidenza di questa complicanza è inferiore all’1% (2,9,20). Si verifica più frequentemente nei cinque-quindici giorni successivi all’intervento. La sede dell’occlusione è a livello dell’anastomosi digiuno-digiunale e molto raramente a livello dell’anastomosi gastro-digiunale. Seppur rara, appare una complicanza tipica del bypass gastrico per il trattamento dell’obesità. Questa complicanza non è descritta dopo confezionamento di ricostruzioni Roux in Y diverse dal bypass gastrico. Verosimilmente il fattore causale è un sanguinamento dalla linea di sutura dello stomaco escluso, al quale segue la formazione di un voluminoso coagulo ematico intragastrico. Sono peraltro note anche occlusioni gasto-duodenali causate da un coagulo ematico originante da un’ulcera gastrica (4,6). Nel caso di un bypass gastrico il fattore concausale dell’occlusione è verosimilmente il piccolo diametro dell’anastomosi digiuno-digiunale. 

In conclusione, il caso di occlusione duodeno-digiunale qui descritto ha la peculiarità di essersi verificato anni dopo il confezionamento di un bypass gastrico. L’occlusione fu causata da un  voluminosa massa con indubbia importante componente ematica. L’occlusione non fu preceduta da un’anemizzazione. Non è quindi escludibile che la massa si sia accresciuta nel tempo per l’aggregarsi di una componente ematica, esito di un sanguinamento, con secrezioni gastro-intestinali. In tal caso l’elemento occludente sarebbe definibile “ematobezoario” in senso stretto. Non mi risulta che siano stati finora segnalati casi di tardiva occlusione duodeno-digiunale, causata da un ematobezoario o comunque da un coagulo ematico nel contesto di un bypass gastrico. Altra peculiarità è data dalle estreme conseguenze a cui è giunta l’occlusione, avendo determinato la perforazione dello stomaco escluso e una pancreatite acuta da occlusione delle efferenze bilio-pancreatiche. 

 

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