di Enrico Ganz

 

La più nota e frequente sindrome paraneoplastica associata ai tumori neuroendocrini compresi tra la terza porzione duodenale e il colon trasverso prossimale (“midgut carcinoids”) è la sindrome da carcinoide, comprendente un’ampio spettro di sintomi, tra i quali i più significativi, caratterizzati da una frequenza intermittente, sono il dolore addominale colico, la vasodilatazione cutanea al volto e al collo, la diarrea e il broncospasmo (13). La sindrome si manifesta in fase metastatica ed è causata dagli effetti di sostanze secrete e immesse in circolo dalle cellule tumorali, che comprendono serotonina, prostaglandine, callicreina, istamina, dopamina, sostanza P, neuropeptide K, motilina, VIP, peptide stimolante il rilascio di gastrina (GRP), neurotensina, ecc. (1,17,18,19,30,36,41,44,53,56,58,62). Il ruolo specifico di ciascuna sostanza nella sindrome non è ancora ben conosciuto. Quando la sindrome si protrae per anni (2), può manifestarsi una fibrosi subendocardica sul versante ventricolare della valvola tricuspide e sul versante arterioso della valvola polmonare, che si traduce in insufficienza o in stenosi sintomatica di queste strutture (14,50,57,59).

Una particolare manifestazione paraneoplastica, tipica dei TNE del tenue (TNE-T), è la fibrosi mesenterica (3). I TNE-T rappresentano circa il 9% dei TNE di varie sedi (25) e in circa il 70% dei casi sono metastatici al momento della diagnosi (63). Una fibrosi mesenterica si manifesta in circa il 40-50% dei TNE-T con interessamento linfonodale (3,28,51), ma è sintomatica solo nel 4% dei casi (11); talvolta, al momento della diagnosi si associa la sindrome da carcinoide, ma non è finora documentata una contemporanea presentazione con la fibrosi valvolare cardiaca (15), che è una manifestazione tardiva della sindrome. La sintomatologia è secondaria a ischemia per occlusione dei vasi mesenterici (45,64), oppure a un’occlusione intestinale per un volvolo (29) o per l’angolatura aderenziale di una o più anse intestinali (60). Se la fibrosi si estende al tessuto retroperitoneale può manifestarsi idronefrosi ostruttiva (11,15). Nel 90% dei casi sono presenti metastasi epatiche (51), e in tutti i casi sono riscontrabili metastasi linfatiche (28). Nell’86% dei casi si riscontra escrezione urinaria di acido 5-idrossi-indolacetico, catabolita della serotonina (51). Un fattore predittivo di fibrosi è un valore sierico di cromogranina >121 μg/L e un’escrezione urinaria di acido 5-idrossi-indolacetico > 67 μmol/24 ore (4).

In tale situazione la sopravvivenza a lungo termine non è migliorata dal trattamento chirurgico (4). Tuttavia, l’asportazione del tumore primitivo, pur in presenza di metastasi epatiche, può aumentare la sopravvivenza da 50-88 mesi a 75-139 mesi (5). L’indicazione a un approccio chirurgico diventa indiscutibile per risolvere complicanze acute, quali un’occlusione o un infarto intestinale.

In questo scritto è riportato un caso di occlusione intestinale associata a fibrosi mesenterica secondaria a tumore neuro-endocrino dell’ileo, discutendone successivamente le attuali conoscenze fisiopatologiche e le possibili scelte chirurgiche.

Caso clinico

Si tratta di un paziente di 72 anni, giunto in Pronto Soccorso per diffuso dolore addominale colico. La sintomatologia era iniziata dieci giorni prima e consisteva in stipsi, seguita nell’ultima giornata da alcune evacuazioni diarroiche e da due episodi di vomito.

Fig. 2

L’obbiettività addominale era caratterizzata da discreta dolorabilità addominale tra epigastrio e ipogastrio senza resistenza muscolare e con negatività del segno di Blumberg.

Gli esami emato-chimici evidenziarono lieve leucocitosi (11000 GB/mm3) ed elevazione della proteina C reattiva (9,3 mg/dL).

Fu eseguito un RX addome, che evidenziò una segmentaria distensione di alcune anse di tenue in meso-ipogastrio senza significativi livelli idroaerei. Coesisteva una coprostasi.

Nel corso della breve osservazione la sintomatologia regredì e il paziente fu inviato a domicilio con l’indicazione a una rivalutazione nel caso in cui si fosse ripresentata la sintomatologia.

Il paziente si ripresentò quattro giorni dopo per una riacutizzazione del dolore addominale e per progressiva distensione addominale.

Gli esami ematochimici evidenziarono una riduzione degli indici di flogosi: i leucociti si erano normalizzati e il valore plasmatico di proteina C reattiva era sceso a 2,3 mg/dL. Gli altri valori erano nella norma.

All’esame obbiettivo era rilevabile diffuso meteorismo e rumore di guazzo alla prova di succussione-auscultazione.  Non era presente resistenza muscolare e i segni di Blumberg e di Giordano erano negativi.

Fu eseguito un RX addome, che evidenziò nei quadranti medi dell’addome distensione di numerose anse di tenue con netta accentuazione delle valvole conniventi e con presenza di multipli livelli idro-aerei.  Si associava estesa marezzatura fecale a carico del colon ascendente.

Fig. 3

Fu quindi eseguita una tomografia computerizzata (TC) dell’addome con mezzo di contrasto iodato. L’esame confermò la sovradistensione di numerose anse di tenue in parte a contenuto liquido, in parte aereo, con presenza di multipli livelli idroaerei. Nel quadrante medio-inferiore, in paramediana destra, le anse presentavano strette volute in un quadro suggestivo di volvolo ileale con associata disomogenea banda di tessuto a profili sfrangiati, estesa per circa 3-4 centimetri, dove confluivano numerose strutture vascolari stirate e ruotate (Fig. 2, fig. 3). Si associava una falda di versamento peritoneale più significativa nello scavo pelvico. Posta la diagnosi di occlusione intestinale, il paziente fu sottoposto a laparotomia esplorativa urgente. Il primo riscontro fu un’abbondante secrezione ascitica torbida tra anse spiccatamente dilatate. Si repertò inoltre un piccolo tumore stenosante dell’ileo a una distanza di circa 60 cm dal cieco. Il tumore infiltrava superficialmente un’ansa contigua e la radice del mesentere (Fig. 1). Come si nota in figura 1 il punto C è il tratto più distale dell’occlusione in contiguità del tumore. Vi si evidenzia cianosi e dilatazione venosa da congestione, segni che si accentuano in direzione prossimale con progressiva dilatazione del calibro ileale nelle anse B e A. L’occlusione non era determinata da una stenosi tumorale, ma da un’angolatura aderenziale. La stessa angolatura costituiva il fulcro attorno al quale iniziava a formarsi un volvolo ileale. La dissezione fu condotta tra i vasi mesenterici e la penultima ansa ileale, adesavi tramite denso tessuto fibroso. L’arteria mesenterica era costituita da un tronco principale, che si divideva in due tronchi terminali, destro e sinistro, per l’irrorazione dell’ileo. Il tronco mesenterico destro era tenacemente inglobato nel tessuto fibroso, che si estendeva nel piano retroperitoneale, costituendo un duro piastrone, nel quale non erano palpabili le pulsazioni dell’aorta. Dopo la dissezione e la sezione del tronco mesenterico destro alla sua radice si demarcò un tratto ischemico di ileo lungo circa un metro, includente le anse coinvolte dal processo neoplastico. Nell’asportazione fu incluso il meso delle anse fino alla radice. Essendo rimasta vitale l’ultima ansa ileale, irrorata dall’arteria ileo-colica, fu possibile confezionare un’anastomosi ileo-ileale. L’anastomosi fu confezionata in continua latero-lateralmente in duplice strato.

In sede epatica furono repertati cinque – sei piccoli noduli metastatici. Fu asportato il nodulo di volume maggiore (diametro ca 1 cm) sulla cupola epatica. Coesisteva una microgranulia peritoneale in prossimità della loggia splenica.

Il decorso postoperatorio fu privo di complicanze con completa regolarizzazione della funzionalità gastro-intestinale in V giornata postoperatoria.

L’esame istologico evidenziò un tumore neuro-endocrino G1 infiltrante il tessuto periviscerale con embolizzazioni neoplastiche linfo-vascolari e infiltrazione peri-neurale. L’infiltrato infiammatorio era assente. Erano presenti metastasi in quattro su trentatré linfonodi esaminati, tutte con estensione extracapsulare. Il nodulo epatico era una metastasi di tumore neuroendocrino.

Discussione

Nel caso presentato la localizzazione del tumore nel tratto distale dell’ileo corrisponde alla sede di più frequente riscontro dei TNE-T (32,38). Anche la presentazione intra-operatoria è tipica ed è simile alla seguente descrizione di NDS Bax e HF Woods, risalente al 1997:

“Typically the findings at operation are of a mass, often in the right iliac fossa, which consists of loops of small bowel adherent to each other and the ascending colon. The tumour, which may be no more than 1-2 cm in diameter, forms the nidus of the mass. There may be mesenteric deposits and seedlings in the peritoneum. In addition, secondary deposits are usually seen on the surface of the liver. Nearly half of the patient in one series were diagnosed as a result of presenting in the above manner” (2).

Il caso sopra descritto si presta per evidenziare una caratteristica tipica dei tumori neuroendocrini a cellule enterocromaffini, derivanti dal tratto intermedio dell’intestino embrionale (“midgut carcinoid”): l’induzione di un processo fibrotizzante, che in una delle possibili espressioni si manifesta in forma di “fibrosi mesenterica” (51). A questo riscontro macroscopico corrisponde la presenza di fibroblasti con elevata espressione di α-actina del muscolo liscio, ovvero fibroblasti attivati, proliferanti, attivamente sintetizzanti collagene di tipo III (27).

L’infiltrazione peri-tumorale associata ai TNE-T è tipicamente scarsa e questo fatto orienta a considerare che la fibrosi sia stimolata direttamente dalle sostanze prodotte dal tumore, in particolare dalla serotonina, sostanza prodotta dall’85% dei TNE del piccolo intestino.

L’effetto fibrotizzante della serotonina è documentato da molte osservazioni. In primo luogo, la serotonina determina un aumento del DNA in colture di fibroblasti, legandosi al recettore 5-HT1b (54). Inoltre, numerose sono le evidenze di un nesso causale tra elevata concentrazione ematica di serotonina e fibrosi subendocardica nella sindrome da carcinoide (10,31,43,46,48,49,57). Si è anche osservato che pazienti con fibrosi mesenterica e TNE-T presentano frequentemente un’escrezione urinaria di acido 5-idrossi-indolacetico (4), catabolita della serotonina (23) e che il rischio di fibrosi mesenterica è elevato quando l’escrezione supera 67 microMol/24 ore (4).

Un’ulteriore evidenza indiretta della correlazione causale tra serotonina e fibrosi è l’effetto fibrotizzante della metisergide, farmaco che si lega al recettore 5-HT2b con effetto attivante (22,5). I recettori per la serotonina 5-HT2b, 5-HT2a e 5-HT1a/b sono stati evidenziati sulla superficie dei fibroblasti (33).

La serotonina è dunque indubbiamente un importante agente etiologico, ma il quadro fisiopatologico della fibrosi mesenterica para-neoplastica non è ancora completamente chiarito. Per esempio, tra le cellule infiammatorie rintracciabili nello stroma reattivo del tumore si trova significativa espressione di transforming growth factor-β2 (TGF-β2), una citochina (35,61) con azione profibrotica, che stimola tramite i recettori TGFβR1 e TGFβR2 la differenziazione delle cellule stromali in miofibroblasti (8,34). Inoltre, le citochine TGF-β, prodotte anche dalle cellule tumorali, stimolano l’espressione di collagene da parte dei fibroblasti (26). Infine, i fibroblasti della matrice esprimono il PDGFRβ (7,20), recettore su cui agisce il fattore di crescita correlato alle piastrine (PDGF). Il PDGF è prodotto dalle cellule tumorali (6,7) e stimola la proliferazione fibroblastica. Un altro dato interessante è il riscontro istologico di plasmacellule Ig4+ in numero > 40 per campo ad alto ingrandimento nello stroma di metastasi mesenteriche da tumore neuro-endocrino nel 26% dei casi (47). Considerando che una rara patologia non tumorale è la fibrosi mesenterica associata a plasmacellule Ig4+ (9,12,24,40), a mio parere potrebbe essere oggetto di futuri studi il significato di queste cellule nello specifico contesto della fibrosi associata ai TNE con infiltrato plasmacellulare.

Concludo questa breve analisi sull’etiopatogenesi della fibrosi mesenterica, osservando che l’esame istologico nel caso qui presentato non ha evidenziato un infiltrato infiammatorio nello stroma. Questo dato suggerisce che la fibrosi di un TNE-T possa essere causata esclusivamente da sostanze prodotte dal tumore, tra le quali la serotonina è certamente la molecola più importante.

Sul piano chirurgico il caso presentato fornisce l’opportunità di considerare quale sia il miglior trattamento di un’occlusione ileale secondaria a una fibrosi mesenterica associata a un TNE-T.   Questa evenienza si colloca nell’ambito di una malattia avanzata, caratterizzata frequentemente da un’infiltrazione fibrosa con metastasi linfonodali ed epatiche, sulle quali i trattamenti chemioterapico e radioterapico forniscono risultati insoddisfacenti (16,37,39).

In corso di intervento si riscontrò l’adesione della penultima ansa ileale al mesentere mediante un denso e tenace tessuto fibroso. La fibrosi si estendeva lungo l’asse vascolare mesenterico distale e si approfondiva in una colata retroperitoneale mediana di consistenza tale da non potersi apprezzare le pulsazioni dell’aorta e da non poter distinguere palpatoriamente la colonna vertebrale dal tessuto antistante. Lo scollamento sulla superficie anteriore del ramo arterioso mesenterico destro ha consentito di mobilizzare l’ansa ileale adesavi, di liberare l’asse mesenterico dalla “presa” del tessuto fibroso e di procedere alla resezione ileale, includendo il meso fino alla radice e il ramo arterioso mesenterico destro. Ne è derivata una completa e rapida risoluzione dello stato occlusivo con beneficio che si mantiene cinque mesi dopo la procedura con l’ausilio di analoghi della somatostatina.

Se questo risultato appare confortante, si potrebbe obbiettare che a fronte di un’elevata rischiosità della procedura e della necessità di asportare un ampio tratto di intestino manca il beneficio di una radicalità oncologica; quindi, in situazioni di questo tipo un atteggiamento meno aggressivo potrebbe sembrare preferibile.

Fornire una risposta nel caso specifico non è difficile: si deve considerare non solo che il tratto di intestino resecato era affetto da adesioni tumorali, ma anche che sulla scorta delle conoscenze relative alla biologia dei TNE-T la completa asportazione del ramo mesenterico inglobato dalla fibrosi ha avuto il razionale di prevenire una prevedibile evoluzione ischemica del tratto intestinale irrorato, riducendo  a lungo termine il rischio di dover intervenire successivamente per infarto o per perforazione intestinale. Si può sperare che ne derivi un beneficio a lungo termine.

Una più generale questione, che questo caso suggerisce, è la seguente: nel caso di un avanzato encasement dell’asse vascolare mesenterico è opportuno effettuare comunque un debulking o il tumore deve essere considerato inoperabile?

E’ noto che il debulking è una corretta opzione terapeutica palliativa nei tumori neuro-endocrini non completamente resecabili, comportando un significativo prolungamento della sopravvivenza mediana (5), che non si osserva invece nel caso dell’adenocarcinoma. Per esempio, nell’esperienza di Givi, l’asportazione del tumore primitivo, pur in presenza di metastasi, ha consentito di aumentare la sopravvivenza mediana da 47 a 159 mesi (21). Quindi, la risposta alla domanda è la seguente: “Appare razionale sia asportare il tumore primitivo, sia distaccare l’arteria mesenterica superiore dalla “morsa” della colata fibrosa”. In questa prospettiva, nei casi di encasement dell’arteria mesenterica superiore Ohrvall e al. hanno proposto la loro tecnica, che consiste nella completa mobilizzazione del colon destro, del mesocolon destro e della radice mesenterica dalle loro adesioni posteriori, in modo da poter più agevolmente dissecare l’arteria mesenterica dal tessuto fibroso e tumorale (42).

In conclusione, l’aspetto istruttivo del caso qui presentato si compendia nei seguenti tre aspetti:

– la fibrosi mesenterica che si associa ai TNE-T può presentarsi in assenza di un infiltrato infiammatorio peri-tumorale, suggerendo che il tumore sia in grado di stimolare direttamente la fibrosi. Molte evidenze conducono a considerare importante il ruolo della serotonina, prodotta dalle cellule tumorali, nell’indurre la fibrosi.

–  E’ importante sospettare intra-operatoriamente l’istotipo sulla scorta dei rilievi intra-operatori. I TNE-T hanno una caratteristica presentazione, corrispondente a quella qui descritta, che dovrebbe essere confermata da un esame istologico estemporaneo sul segmento intestinale resecato oppure su una nodulazione linfonodale o epatica. Infatti, sarebbe errato rinunciare tout court a un debulking in caso di tumore neuroendocrino, come anche sarebbe inutile effettuare un debulking nel caso di un adenocarcinoma.

– Il più appropriato trattamento chirurgico dell’occlusione intestinale secondaria a una fibrosi mesenterica correlata a un TNE-T si presta a un’intrinseca “discutibilità”. La scelta più corretta è definibile solo in corso di intervento, trovando una ragionevole soluzione tra il desiderio di attuare la più radicale soluzione palliativa, consistente in un debulking con toilette dell’arteria mesenterica superiore, e l’esigenza di concludere l’intervento in sicurezza.

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