per-blog-40adi Enrico Ganz

 

In questo breve articolo presento un aggiornamento sui tumori neuroendocrini del tenue e descrivo un caso di tumore neuroendocrino dell’ileo, da me trattato chirurgicamente. Non lo esporrò tuttavia nella classica descrizione del “case report”; infatti, il riscontro di un tumore neuroendocrino non è di rarità tale da giustificare questa forma di presentazione, usualmente utilizzata per contribuire alla complessiva conoscenza delle più rare patologie. Dunque, mi limiterò a presentarne solo i più significativi dati clinici e terapeutici, commentandoli brevemente in conclusione dell’articolo, dopo un’analisi della letteratura su questo tipo di tumore.

Caso clinico

La sintomatologia riferita consisteva in transitori episodi di dolore addominale diffuso, colico, persistenti da alcune settimane, non associati ad alterazioni flogistiche. Fu perciò eseguita una TC addome con mdc, che evidenziò un nodulo con diametro di circa 3,5 cm nell’adipe mesenteriale, non sicuramente dissociabile da un’ansa di tenue (fig. 1). La successiva RMN non fornì ulteriori informazioni, confermando la stretta contiguità della formazione a un’ansa di tenue (fig. 2). Fu perciò programmata una laparotomia esplorativa. In corso di intervento riscontrai un nodulo intraparietale del tenue con maggior diametro di circa 1,5 cm, lievemente stenosante e impercettibilmente retraente, 50 cm prossimalmente al cieco. Nell’adipe del corrispondente meso vi era una nodulazione con diametro poco superiore a 3 cm, corrispondente al rilievo tomografico, avvolgente a manicotto un ramo dell’arteria mesenterica superiore. Infine, lungo un tratto di tenue di 30 cm, prossimale alla neoplasia principale, vi erano altri tre noduli sottosierosi di minor volume.

Al fine di effettuare un esame istologico estemporaneo sul tumore stenosante, decisi di resecare un breve segmento di ileo, contenente la neoformazione di maggior volume, per evitare il taglio bioptico intra-operatorio del nodulo. L’esame istologico definì la natura neuroendocrina della neoplasia. L’intervento proseguì con la resezione di un contiguo segmento ileale, contenente le altre nodulazioni sottosierose, e dell’annesso meso, sezionandolo alla radice con inclusa la verosimile nodulazione metastatica. Seguì un’anastomosi ileo-ileale manuale in duplice strato. La dimissione avvenne in quinta giornata postoperatoria e fu esente da complicanze. All’esame istologico definitivo tutte le nodulazioni riscontrate intra-operatoriamente risultarono tumori neuroendocrini. Due linfonodi del meso erano interessati da metastasi. Il nodulo mesiale era pure di natura neuroendocrina, riferibile a una metastasi linfonodale, accresciutasi fino a distruggere completamente la capsula linfonodale.

Fatti questi rilievi, procederò a presentare nella sezione seguente una sintetica analisi della letteratura sui tumori neuroendocrini del tenue, concludendo infine con alcune utili osservazioni, che il caso clinico ci offre alla luce delle conoscenze disponibili su questo tipo di tumori.

I tumori neuroendocrini del tenue: analisi della letteratura

I tumori neuroendocrini del tenue (TNE-T; ileal NET nella terminologia internazionale), come più in generale i TNE dell’apparato gastro-intestinale, derivano dalla trasformazione neoplastica delle cellule neuroendocrine epiteliali, originanti dalle cellule staminali dell’endoderma del tubo intestinale primitivo. Il termine “neuroendocrino”, inizialmente riferito all’ipotesi che queste cellule derivassero dalla cresta neurale, è rimasto valido anche dopo la scoperta della loro origine endodermica, considerando che esse hanno la peculiarità di essere cellule epiteliali, che esprimono anche alcune caratteristiche delle cellule neurali. Le cellule neuroendocrine epiteliali ammontano a meno dell’1% delle cellule della mucosa gastro-intestinale (52,53), intervenendo nella regolazione del processo digestivo tramite il rilascio di peptidi contenuti in granuli citoplasmatici. In passato i TNE sono stati chiamati “carcinoidi”, termine talora ancora utilizzato in ambito clinico. I TNE del tenue rappresentano il 13 % dei TNE di tutte le sedi e i 2/5 dei TNE dell’apparato digerente. Per quest’ultimi si stima un’incidenza di circa 1-2 casi/100000 abitanti/anno, valore che è più alto che in passato per le odierne maggiori opportunità diagnostiche, derivanti da un più estensivo utilizzo dell’endoscopia. In uno studio autoptico l’incidenza dei TNE del piccolo intestino (duodeno, tenue) è risultata di 6,5/1000 casi. Il 75% di tutti i TNE riscontrabili in corso di studi autoptici è nel tenue (37).

Le cellule neuroendocrine del tenue sono differenziabili per i tipi di ormone prodotto: serotonina e sostanza P (cellule tipo EC), somatostatina (cellule tipo D), colecistochinina (cellule tipo I), peptide inibitore gastrico (cellule tipo K), motilina (cellule tipo M), neurotensina (cellule tipo N), grelina (cellule tipo Gr), secretina (cellule tipo S), peptide intestinale vasoattivo (cellule tipo VIP), enteroglucagone, polipeptide YY e neuro peptide Y (cellule tipo L). Le cellule tumorali riscontrabili più frequentemente nel tenue sono riferibili al tipo EC (cellule enterocromaffini), al tipo D, al tipo Gr, al tipo L e al tipo N. Si è osservato che nel tenue non sono riscontrabili tumori secernenti colecistochinina, peptide inibitore gastrico, motilina e secretina, nonostante che in questa sede siano reperibili le corrispondenti cellule normali (55).

I TNE indifferenziati non sono riferibili a un preciso tipo di cellula NE, probabilmente derivano da cellule staminali dell’intestino e sono definiti “carcinomi neuroendocrini” (CNE; NEC nella terminologia internazionale). I CNE rappresentano meno del 15% dei TNE (70,72) e la loro frequenza è particolarmente bassa nel tenue (73,74). Sono distinti morfologicamente in CNE a cellule piccole o a grandi cellule (17,71). Il 65% dei CNE è a grandi cellule. Esiste anche una forma mista di CNE, detta “carcinoma adenoneuroendocrino” (MANEC: mixed adenoneuroendocrine carcinoma), nel quale deve essere rappresentata una componente neuroendocrina in almeno 1/3 del campione esaminato e una componente adenocarcinomatosa in almeno un altro 1/3 del campione (72).

La definizione immuno-istochimica dei TNE si fonda principalmente sulla ricerca degli antigeni cromogranina A e sinaptofisina. Altri antigeni meno costanti sono NSE, neurofilamenti, CD56. E’ inoltre utile ricercare il CDX2, marcatore di adenocarcinoma (78). Per la diagnosi di CNE è utile ricercare le citocheratina (CK) ad alto peso molecolare, espresse solo dai carcinomi indifferenziati non NE.

I TNE del tenue non sono associati a sindromi ereditarie. Solo i TNE in altre sedi dell’apparato digerente sono associati alle sindromi ereditarie MEN1, MEN2, Von Hippel Lindau, paragangliomatosi familiare, sclerosi tuberosa e neurofibromatosi tipo 1.

La sede più frequente dei TNE-T è il tratto terminale del tenue (32,36), in particolare nei 60 cm prossimali al cieco, e in 1/3 dei casi sono multipli con riscontro di due, tre o occasionalmente numerosi noduli distribuiti lungo il tenue (9,42,58).

Tutti i noduli neuroendocrini del tenue sono considerati “di principio” tumori maligni e la malignità è graduabile in tre fascie definibili con la valutazione del numero di mitosi e del ki67. Il grado di malignità è graduabile come segue (69, 71):

Tipo                 Grado                     Mitosi su 10 campi 40x                   Ki67 index                 Differenziazione

TNE                 1                              <2/10hpf                                            <=2%                          Ben differenziato

TNE                 2                             2-20/10hpf                                          3-20%                         Ben differenziato

CNE                 3                             >20/10hpf                                           >20%                          Poco differenziato

Ki67 index: % cellule ki67+ ogni 500-2000 cellule nell’area di maggior marcatura nucleare (28,45,62). Ki67 è un antigene nucleare espresso da tutte le cellule nella fase proliferativa, ma non in fase di riposo G0; perciò il ki67 consente di calcolare la frazione di crescita in una popolazione di cellule tumorali.

Il grado è definito associando il valore di Ki67 al numero di mitosi su dieci campi min 40x.

Ai fini della stadiazione si deve aggiungere la definizione dell’eventuale diffusione linfonodale e a distanza, nonché la valutazione istologica della profondità di invasione nella parete intestinale, valutata nel prelievo operatorio.

La maggior parte dei TNE del tenue è ben differenziato. Essi possono rimanere asintomatici fino alla comparsa di metastasi, oppure possono causare anemizzazione e/o sintomi ostruttivi, che variano da transitorie algie addominali di tipo colico all’occlusione conclamata da stenosi o da intussuscezione intestinale. In caso di sintomatologia occlusiva coesistono frequentemente metastasi, poiché questa sintomatologia è più frequentemente associata a TNE con diametro maggiore di 1 cm, al quale corrisponde un frequente riscontro di metastasi; più precisamente, si rilevano metastasi nel 50% dei casi con diametro 1-2 cm, e nell’80% dei casi con diametro > 2 cm (41). I TNE del tenue < 1 cm sono invece associati a metastasi nel 15-30% dei casi (38,54).

I marcatori bioumorali utili per la diagnosi sono cromogranina A, NSE (enolasi neurone specifica), serotonina. La cromogranina A è secreta anche dai tumori non funzionanti e rappresenta il marcatore più specifico. La sua sensibilità è complessivamente superiore al 70%, ma nel caso dei NEC non è superiore al 65% (4,74). Falsi positivi si riscontrano in condizione di gastrite cronica atrofica, di malattie infiammatorie croniche, di morbo di Parkinson, di insufficienza renale cronica, di ipertensione arteriosa, di gravidanza e di trattamenti con inibitori della pompa protonica o con anti-ipertensivi. La cromogranina A è un marcatore utile anche in corso di follow up. La sostanza P ha sensibilità del 30% e specificità dell’85%; la neurotensina ha sensibilità del 40% e specificità del 60%; l’NSE è positiva in non oltre il 45% dei casi.

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Fig. 2

Le più comuni indagini strumentali utilizzabili per l’identificazione di un tumore del tenue sono la TC con mezzo di contrasto iodato (mdc) (26,61), la RMN con gadolinio, l’enteroRMN (33,66) e l’endoscopia con videocapsula o con enteroscopio a doppio pallone. L’indagine di prima scelta è la TC con mdc. I TNE appaiono tomograficamente come noduli ipervascolari; le lesioni che superano i tre cm possono presentare contrasto disomogeneo. L’enteroRMN può essere utile dopo aver riscontrato con TC un nodulo mesiale, interpretabile come possibile metastasi di un tumore del tenue tomograficamente non visibile. Un’altra indicazione può essere una sindrome da carcinoide senza evidenza tomografica del tumore primitivo. L’endoscopia con videocapsula e l’enteroscopia sono ulteriori possibilità diagnostiche da considerare in presenza di metastasi con sospetto tumore occulto (6,15,50,65), dopo aver escluso altre localizzazioni con le indagini sopra indicate, con TC torace e con colonscopia. Un’ulteriore possibilità diagnostica è data dalla PET con traccianti coniugati con molecole che hanno affinità per i recettori SST, espressi sulla superficie delle cellule tumorali neuroendocrine (5,20). Si deve tuttavia tenere presente che non tutti i TNE hanno un’espressività di recettori sufficiente per essere rilevati dalle indagini con marcatori recettoriali. In caso di espressività recettoriale la PET-TC con analoghi della somatostatina, coniugati con 68Ga (68), offre un’ottima risoluzione per lesioni inferiori a un centimetro, definendone il parametro SUV (2,18). Falsi negativi sono dati da milze accessorie, da lesioni pancreatiche benigne e da isole intrapancreatiche di cellule neuroendocrine, esprimenti elevate concentrazioni di recettori SST (79). Un’alternativa a questo tipo di PET è l’Octreoscan, ovvero la scintigrafia-SPECT con 111In-pentetreotide (8,30), che tuttavia in futuro sarà probabilmente sostituita dalla 68Ga-DOTA-peptidi PET, per una minore sensibilità in caso di lesioni =< 1 cm. Per i TNE intestinali la sensibilità dell’Octreoscan è del 75%. Un’alternativa è l’utilizzo di traccianti coniugati con metaboliti. In particolare, la PET-TC con 18F-DOPA è risultata molto valida per l’individuazione di TNE dell’intestino (sensibilità di circa il 90%) (27), mentre la PET-TC con 18FDG ha sensibilità eccessivamente bassa, rilevandosi peraltro un suo possibile utilizzo per identificare il carattere aggressivo di alcuni TNE, caratterizzati, come anche i CNE, da un elevato SUV rilevato da questo tipo di PET (76).

Le indagini citate sono utilizzabili anche per la stadiazione, che è infine completata con TC del torace.

Al termine della stadiazione nel 50% dei casi sono identificate metastasi. Le metastasi più precoci si rilevano nei linfonodi del mesentere, seguite da quelle epatiche e peritoneali con più tardive localizzazioni ossee e polmonari (54). La cosiddetta “sindrome da carcinoide” si manifesta in caso di metastasi epatiche da tumori EC, essendo causata dagli effetti sistemici della serotonina, non più filtrata dal fegato. Essa consiste principalmente in diarrea, episodi di vasodilatazione cutanea (iperemia, sensazione di calore, cardiopalmo, ipotensione), broncospasmo e insufficienza cardiaca destra, causata da stenosi polmonare e da insufficienza tricuspidale, conseguenti a fibrosi endocardica dell’atrio e del ventricolo destro (13,15,24,44,51). Manifestazioni più rare sono l’ipercheratosi e la pigmentazione cutanea, la fibrosi retroperitoneale, la malattia di Peyronie e la fibrosi occlusiva di vasi pelvici e mesenterici. Il riscontro di elevazione della concentrazione di acido 5-idrossi-indolacetico (5-HIAA) nelle urine 24 ore (> 8-30 mg/24ore) è diagnostico di sindrome da carcinoide (38), ma si deve considerare che falsi positivi si verificano in caso di dieta con alimenti ricchi di serotonina (banane, kiwi, ananas, avocado, frutta secca, formaggi stagionati, alcolici). Qualora sia ipotizzabile un approccio chirurgico in presenza di sindrome da carcinoide, deve essere valutata la funzionalità cardiaca anche con studio ecocardiografico.

La sopravvivenza a 5 anni dopo diagnosi di TNE del piccolo intestino (duodeno, ileo) non metastatico è del 65% (40); il valore è sensibilmente inferiore in presenza di metastasi epatiche, in particolare se esse sono in numero > 5 (23), risultando circa il 35% in quest’ultimo caso. Prognosi particolarmente severa hanno i NEC e i MANEC: al momento della diagnosi sono associati a metastasi in 2/3 dei casi e, perlomeno per quanto riguarda i NEC, la sopravvivenza mediana è di 34 mesi in assenza di metastasi, ma scende a 5 mesi in presenza di metastasi a distanza (69). Per quanto concerne i NEC a grandi cellule, la sopravvivenza è di 40 mesi, se il grado G3 è associato a un aspetto istologico definibile “ben differenziato” (20-50% dei casi di NEC a grandi cellule), ma scende a 17 mesi, se il grado G3 è associato a un aspetto di scarsa differenziazione cellulare (75). Infine, si rileva che il comportamento dei NEC a piccole cellule è molto più aggressivo di quello dei CNE a grandi cellule (77).

Trattamento

– Chirurgia

L’approccio chirurgico prevede la resezione di un segmento ileale con una distanza dal tumore di almeno 9-10 cm, includendo la corrispondente porzione di mesentere fino alla radice. Particolare importanza ha l’esame palpatorio del mesentere e la visualizzazione della sua trama vascolare per transilluminazione. Nel lembo mesenteriale asportato devono essere incluse le arcate vascolari che, tramite i rami terminali, fanno capo al tumore, in particolare quelle presso cui si localizzino linfonodi aumentati di volume. E’ importante eseguire un’accurata palpazione del piccolo intestino dal Treitz al cieco. Infatti, in 1/3 dei casi i TNE del tenue sono multicentrici. Eventuali ulteriori nodulazioni devono condurre a una resezione più ampia o a resezioni multiple. In caso di interessamento metastatico dei linfonodi regionali, l’aspetto macroscopico è quello di una linfoadenomegalia, se le metastasi linfonodali sono contenute all’interno della capsula linfonodale; se invece la proliferazione cellulare sconfina ampiamente oltre la capsula, si evidenzierà un nodulo mesiale, talvolta adeso o avvolgente un ramo mesenterico. In questo caso deve essere ben valutata la vascolarizzazione mesenterica, escludendo il coinvolgimento del tronco principale dell’arteria mesenterica superiore, prima di sezionare il tronco arterioso coinvolto.

In caso di metastasi addominali la chirurgia resettiva offre buoni risultati a condizione che il TNE sia G1-2 e che non sia lasciato un residuo macroscopico di malattia. In questa situazione si aumenta significativamente la sopravvivenza, anche fino all’80% a cinque anni (3,49). L’asportazione del tumore primitivo e un debulking, che non implichi sezioni transtumorali, è indicato anche in presenza di metastasi non completamente resecabili, prevenendo le complicanze locali del tumore primitivo e rallentando l’evoluzione metastatica (11) senza peraltro aumentare chiaramente la sopravvivenza a cinque anni (60).

In caso di ripresa di malattia dopo asportazione di TNE-T G1-2 è appropriato proporre una metastasectomia radicale. Qualora non risulti fattibile asportare completamente le componenti metastatiche, non è possibile enunciare una regola generale sull’indicazione all’approccio chirurgico: ogni caso merita una specifica valutazione (48), fermo restando che un debulking non dovrebbe implicare la sezione della massa tumorale. Se in aggiunta a metastasi epatiche > 3 cm, aggredibili chirurgicamente, vi sono metastasi epatiche <= 3 cm in sedi di difficile accesso chirurgico, deve essere presa in considerazione la possibilità di associare al trattamento chirurgico la radiofrequenza (14,15,57).

In caso di carcinoma NE (G3) metastatico il trattamento chirurgico non offre benefici.

– Chemioterapia

Nel caso di TNE del tenue G1-2 i farmaci che mostrano qualche effetto antitumorale sono gli antimetaboliti e gli alchilanti. La polichemioterapia fornisce una maggiore percentuale di risposta rispetto alla monoterapia, ma sostanzialmente gli schemi attualmente disponibili sono inefficaci nel contrastare significativamente la progressione di malattia (16,34,41).

In caso di carcinomi NE il cisplatino è riconosciuto come un farmaco tra i più efficaci, in particolare se combinato con altre sostanze rientranti nelle categorie sopra indicate. I carcinomi NE sono sensibili a questi chemioterapici (in particolare si ottiene circa il 65% di risposte obbiettive a cisplatino/etoposide), ma non sono in grado di arrestarne la rapida evoluzione all’exitus (19,56,59,67).

– Analoghi della somatostatina

Queste sostanze (octreotide, lanreotide nelle formulazioni a rapido o a lento rilascio, anche combinabili in corso di trattamento) sono utilizzate per il trattamento della sindrome da carcinoide in caso di TNE, ma non di CNE (39). Essi si legano ai recettori SST-2 e SST-5, riducendo l’entità della sintomatologia in 3/5 dei casi e rallentando la progressione di malattia in 1/3 dei casi, ma senza miglioramento della sopravvivenza (studi PROMID (46) e CLARINET). Non è chiaro se questo effetto citostatico potrebbe tradursi in qualche beneficio nel caso di TNE non funzionanti. In questi casi l’indicazione al trattamento dovrebbe essere comunque limitata ai TNE del midgut (comprendenti i TNE del tenue) G1-2.

Non è finora noto il ruolo di questi farmaci dopo trattamento chirurgico apparentemente radicale di TNE localmente avanzati o metastatici.

– Farmaci a bersaglio molecolare

Sono stati studiati e sono in corso di studio bevacizumab ed everolimus. Per everolimus vi è finora l’evidenza di un qualche beneficio nel caso di pazienti con TNE del piccolo intestino in fase avanzata e in progressione durante trattamento con somatostatina (studio RADIANT), ma ulteriori studi sono necessari per definire l’appropriatezza di questa indicazione. Finora non è definibile una concreta utilità di bevacizumab.

– Terapia radiorecettoriale

La terapia radiorecettoriale si avvale di isotopi beta emittenti (90Y, 177Lu), coniugati a sostanze con affinità per i recettori SST dei TNE (12,29,30). Prima del loro utilizzo terapeutico si deve preventivamente verificare con Octreoscan o con 68Ga-DOTA-peptidi PET se il tumore esprime i recettori bersaglio. Le risposte obbiettive sono di circa il 30% (7,10,21,64), con apprezzabile miglioramento della qualità di vita (63), ma i TNE del piccolo intestino sono tra i meno responsivi (29,47). Inoltre, la terapia non è indicata per i carcinomi NE del piccolo intestino.

Follow up dopo trattamento resettivo radicale

Il follow up dei TNE G1/2 può essere effettuato con dosaggio della cromogranina A e con TC addome con mdc semestrale; la cadenza è preferibilmente trimestrale in caso di tumori G3 (NEC e MANEC). Due anni dopo l’intervento può essere effettuata una PET con 68Ga-DOTA-peptidi, dopo aver accertato che la neoplasia asportata esprima il recettore SST-2a.

Conclusioni

Come prima anticipato, concludo con alcune osservazioni, che emergono dall’esame del caso che ho descritto all’inizio dell’articolo, considerando le conoscenze disponibili su questo tipo di tumori.

In primo luogo, emerge l’importanza di mantenere l’assoluta integrità del tumore nell’eventualità di voler ottenere una diagnosi istologica intraoperatoria. Si deve sempre evitare il taglio bioptico su una neoformazione gastro-intestinale, anche se ipoteticamente benigna, poiché la conseguente disseminazione tumorale sarebbe un fattore prognostico molto negativo in caso di tumore neuroendocrino o di GIST, non essendovi farmaci utili a contrastare gli impianti neoplastici nel peritoneo.

In secondo luogo, i dati della letteratura ci informano che i tumori neuroendocrini del tenue sono frequentemente multicentrici. Perciò, deve essere eseguita un’accurata palpazione dell’intestino, in particolare in prossimità dell’ansa ileale che si intende resecare. Resezioni multiple possono essere considerate in caso di neoformazioni ileali coesistenti con il tumore principale, ma eccessivamente distanti da questo e perciò non includibili in un unico pezzo di resezione. Sarebbe infine da considerare quale possa essere l’approccio più opportuno in caso di riscontro intra-operatorio di TNE del tenue con numerose altre formazioni verosimilmente neuroendocrine sparse su un ampio tratto di intestino. Non ho finora reperito case report che presentino questo scenario in corso di intervento, peraltro assolutamente possibile; si vedano in proposito i dati autoptici presentati da C.G. Moertel (42).

Infine, l’ultima osservazione: il riscontro istologico di una multicentricità è un dato che deve essere ben annotato nel programma di follow up, inducendo a proporre prudenzialmente una PET con 68Ga-DOTA-peptidi 18 mesi dopo l’intervento, dopo aver accertato che la neoplasia asportata esprima il recettore SST-2a Se il tumore è SST-2a negativo, potrebbe essere considerata un’endoscopia con videocapsula.

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