Per blog11di Enrico Ganz

 

nviai le seguenti osservazioni nel 2013 ad alcuni uffici della provincia di Venezia e della regione Veneto. Vi si esprime la preoccupazione per una scarsa sensibilità nei confronti della tutela della fauna ittica autoctona nei corsi d’acqua. Non so quanto la mia comunicazione sia stata utile. La ripresento in questa sede, sperando di sensibilizzare su questo tema un maggior numero di persone. Tuttavia, sono consapevole che nel corso della lettura qualcuno potrebbe accigliarsi e infine rispondere: “Ma è forse questo il problema principale per le specie autoctone dei nostri fiumi? Perché l’autore non ha menzionato l’inquinamento delle acque? Non sa forse che nei corsi d’acqua italiani sono stati rilevati (dati ISPRA) 130 tipi di pesticidi, tra i quali alcuni vietati dalla legislazione, e che in un terzo dei campioni di acqua analizzati queste sostanze erano in concentrazioni superiori ai limiti di legge? E inoltre perché non ci riferisce che vi sono acque contaminate da metalli pesanti, da arsenico, da diossina, da sostanze farmacologiche, da tossine prodotte da alghe e cianobatteri, nutriti dall’eccesso di sostanze organiche scaricate nelle acque dei laghi? Anche tutto questo non è salutare per la fauna ittica e in particolare per quella autoctona, che in molti casi soffre maggiormente di quella alloctona per la presenza di sostanze inquinanti.

Purtroppo, dati alla mano, egli avrebbe ragione. La lettera seguente presenta solo un aspetto del problema. Ma anche questo è da considerare. 

 

“Egregi responsabili del settore Pesca,

vi propongo alcune osservazioni e riflessioni che derivano dalla mia constatazione di un’importante presenza di specie ittiche alloctone nei corsi d’acqua della nostra regione.

Poiché è noto il negativo impatto che alcune di queste specie hanno sulla fauna ittica autoctona, emerge l’opportunità di ricercare le migliori modalità per tutelare la fauna autoctona, come anche risulta dalle indicazioni fornite dalla Regione e dalla recente Carta ittica della provincia di Venezia: La legislazione vigente in materia di acquacoltura e di pesca nelle acque interne, a seguito della Legge Regionale 28 aprile 1998 n. 19, individua misure per la tutela del patrimonio ittico. Nell’articolo 4 di tale legge si pone l’attenzione sul fatto che la protezione del patrimonio ittico deve basarsi sull’incremento della produttività naturale degli ecosistemi acquatici, sul riequilibrio biologico e sul mantenimento delle linee genetiche delle specie ittiche originarie”.

A più alto livello la direttiva 92/43/CEE impegna gli Stati membri a regolamentare ed eventualmente a vietare l’introduzione nel loro territorio di specie alloctone che possano compromettere la conservazione degli habitat e delle specie autoctone. Lo Stato italiano ha vietato la reintroduzione, l’introduzione ed il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone (DPR n. 357 del 1997, modificato dal DPR n. 120 del 2003)

Per quale motivo, nonostante queste buone intenzioni, nelle acque interne dilagano le specie alloctone, alcune delle quali alterano le caratteristiche genetiche della fauna locale, come nel caso dei carassi, o che la depauperano, come i siluri?

A questo interrogativo si può rispondere che i pesci tendono a colonizzare i corsi d’acqua per continuità, provenendo anche da luoghi molto lontani. Si è inoltre ipotizzato che uova di specie alloctone siano portate dagli uccelli, annidate nel loro piumaggio. Ma è evidente che questi fenomeni si sarebbero verificati già in tempi remoti, sicché le attuali specie alloctone sarebbero presenti nei nostri fiumi da secoli. Invece i corsi d’acqua della provincia di Venezia sono popolati da numerose specie alloctone comparse relativamente di recente. I carassi sono comparsi numerosi circa trent’anni fa e i siluri erano considerati di recente osservazione nell’anno 2000; si veda in proposito il volume “La fauna ittica della provincia di Venezia” edito dall’Assessorato alla Caccia, Pesca e Polizia provinciale di Venezia, dove si legge anche: “La distribuzione frammentata del siluro d’Europa fa ipotizzare immissioni locali operate da qualche sprovveduto non conscio del danno provocato”.

Chi potrebbe aver immesso specie alloctone? Con tutta probabilità chi può averne un interesse.

La Provincia di Venezia ha fiducia nelle associazioni di pescatori sportivi; perciò è disposta ad assegnare e ha anche assegnato loro in gestione o concessione una determinata percentuale dei corsi d’acqua: Le zone di pesca vietata o regolamentata dal presente articolo possono essere affidate in gestione, previa sottoscrizione di apposita convenzione, ad enti pubblici, associazioni o federazioni di pescatori sportivi” (Articolo 22, comma 7 del Regolamento provinciale per l’esercizio della pesca nelle acque interne della Provincia di Venezia); “Le concessioni di acque pubbliche per l’esercizio della pesca sportiva e dilettantistica previste dall’articolo 30 della L.R. n. 19/98 e assentite dalla Carta ittica provinciale sono rilasciate dal dirigente responsabile dell’ufficio competente (…) ad associazioni o federazioni di pescatori dilettanti-sportivi (…) (art 24 del citato regolamento).” Inoltre “in via generale la Provincia non effettua immissioni in acque in concessione per la pesca dilettantistico-sportiva dove le semine sono a carico del concessionario” (Carta ittica 2013 – 2018).

 

Tuttavia, poiché l’elemento fondante di associazioni di pescatori sportivi come FIPSAS è il piacere per le competizioni con attrezzi di pesca e poiché questo fine si correla strettamente con l’interesse per un’elevata concentrazione di pesci e/o per determinate loro taglie in relazione alle possibili caratteristiche delle gare sportive, non sembra raccomandabile attribuire proprio a queste associazioni la responsabilità di immissioni ittiche: è inevitabile che i loro associati possano considerare interessanti proprio specie alloctone molto prolifiche, ma infauste per la fauna locale, come il carassio e il siluro.

La mia perplessità sull’assegnazione di concessioni a queste associazioni nasce anche dalla modesta, ma orientativa, mia esperienza di pesca a fondo alla fine degli anni ’90:

# corsi d’acqua come il rio Draganziolo e il fiume Muson Vecchio presso Stigliano rivelavano essenzialmente popolazioni di scardole e di carpe; il Piave Vecchia e il Sile da Caposile a Jesolo pullulava di carassi e di “carassi-carpa”, rispettivamente specie alloctona e specie derivante da ibridazione. Mentre i primi due fiumi non erano gestiti da associazioni, il Piave Vecchia e il Sile era gestito dalla FIPSAS.

# In un ramo del Bacchiglione in provincia di Padova conobbi l’abbondanza dei piccoli persici sole, altra specie alloctona. Anche questo ramo era gestito da un’associazione di pescatori sportivi.

# In un determinato tratto del Sile nei dintorni di Quarto d’Altino ebbi l’occasione di pescare abramidi. Ciò non si verificò in altri tratti del fiume.

Queste modeste esperienze del passato orientano a comprendere che, per quanto i pesci si diffondano lungo i corsi d’acqua, in realtà le specie alloctone si concentrano laddove le acque risultano in concessione ad associazioni di pescatori sportivi.

La scarsa presenza di specie alloctone nel fiume Muson Vecchio non è solo una mia osservazione, ma si può desumere dall’analisi delle mappe ittiche contenute nel volume “La fauna ittica della provincia di Venezia” edito nell’anno 2000 dalla provincia di Venezia.

Nello stesso volume si legge: “La presenza del carassio nelle acque provinciali è aumentata in modo notevole soprattutto negli ultimi vent’anni, purtroppo sembra a seguito di alcune immissioni inopinatamente operate in buona parte del reticolo idrografico provinciale (…)”.

Il motivo può essere facilmente spiegato ricorrendo ancora alla mia modesta esperienza: nel Piave Vecchia, fiume con diritti esclusivi di pesca posseduti dalla FIPSAS, recuperavo carassi ogni pochi minuti, pescando a fondo con granaglia; nel Muson Vecchio, fiume libero da concessioni, attendevo almeno quattro ore prima di pescare una carpa e un po’ più frequente era il reperimento di scardole. E’ evidente che le popolazioni autoctone non sono in grado di soddisfare i pescatori meno pazienti. Nello stesso volume appena citato si legge: “E’ d’altra parte innegabile il valore ludico – sportivo del carassio: in alcune gare di pesca i carassi possono rappresentare il 90 per cento del catturato”.

 

Di conseguenza, attribuire ad associazioni di pescatori sportivi la concessione delle acque interne appare assolutamente imprudente, per quanto ai responsabili del settore “Pesca” non sfugga il rischio derivante dalla rinuncia a gestire direttamente il ripopolamento ittico nelle acque fornite in concessione; la Carta ittica della provincia di Venezia prevede infatti l’importanza di controlli da parte della Provincia sulle semine ittiche: “Tutte le semine di materiale ittico effettuate da soggetti diversi dalla Provincia devono essere autorizzate dall’ufficio competente, che ha anche il compito di controllare la certificazione di origine di tale materiale. (…) La certificazione di cui sopra deve essere messa a disposizione anche sul luogo di consegna per gli eventuali controlli delle autorità sanitarie locali preposte e degli incaricati della Provincia, prima dell’immissione nei corsi d’acqua”.

In realtà questa Carta non prevede rigorosi controlli, considerando che ne è sottolineata l’eventualità, ma non la fattività. Ciò può favorire irregolarità da parte di chi ha il maggior interesse all’introduzione e all’incentivazione di specie alloctone. Queste irregolarità non possono certo essere scoraggiate dalla lieve sanzione relativa all’immissione in acque interne di specie ittiche non autoctone: nel volume “Norme per l’esercizio della pesca nelle acque interne e lagunari”, aggiornato a luglio 2011, questa sanzione è indicata in euro 1032,66. Una cifra irrisoria, se fosse condivisa in un gruppo di pescatori che si accordasse per l’immissione di queste specie ittiche.

 

Per quale motivo si danno dunque in concessione acque ad associazioni di pescatori sportivi? Qual è la logica di queste concessioni? Forse il motivo è la possibilità di risparmiare sul personale di Provincia e Regione, assegnando a volontari un’importante quota di lavoro per il ripopolamento dei fiumi?

Ma, se il motivo fosse questo, non sarebbe forse più opportuno coinvolgere associazioni ambientaliste che non abbiano interessi specifici nell’ambito della pesca, come il WWF?

A dire il vero, la FIPSAS si presenta nel suo sito come Associazione di Protezione Ambientale, ovvero un’associazione di soggetti che devono “offrire garanzie adeguate in merito alla capacità di interpretare e di difendere, similmente agli Enti pubblici a ciò istituzionalmente preposti, l’interesse generale alla tutela dell’ambiente”. Essa è stata inserita nella lista delle Associazioni di Protezione Ambientale dal Ministero della Salute. Ma si consideri quanto in realtà offre il suo sito Internet (FIPSAS Venezia): solo gare e classifiche di campionati. Nulla che riguardi l’ambiente. Nessun incontro sulla fauna e sull’idrogeografia. Analoga situazione nel sito nazionale, alla voce “Dipartimento Ambiente”, dove si accenna vagamente all’impegno per una pesca eticamente corretta, alla promozione di principi di sostenibilità ambientale e ad altre iniziative di educazione ambientale, promesse in futuro.

In realtà l’elemento fondante di questa e di altre associazioni di pesca è l’organizzazione di gare e di campionati. Un obbiettivo che poco si concilia con la tutela della fauna ittica autoctona. Si legga in proposito la relazione del Presidente FIPSAS, qui allegata: essa è incentrata sull’orgoglio per le medaglie di gara e per la petizione contro la riduzione delle quote del tonno rosso assegnate ai pescatori sportivi. Si legga anche l’articolo FIPSAS allegato “Pesca al tonno rosso, da oggi si chiude… come da copione”: si comprende che questa petizione non ha solo motivazioni ludiche, ma anche economiche, sostenute dagli esercizi commerciali del settore.

Negli articoli che ho esaminato non ho trovato alcun sostegno a quegli interessi “diffusi”, ovvero, nel caso specifico, “ambientalistici” che nel parere dell’’Avvocatura di Stato pubblicato nel sito del Ministero dell’Ambiente sono ritenuti essenziali per la definizione di “Associazione di Protezione Ambientale”.

Se dunque si ritenesse che fornire acque in concessione alle associazioni di pescatori sportivi sia stato un modo per sensibilizzarle alla problematica del corretto ripopolamento ittico, si dovrebbe prendere atto che la tematica ambientalistica non ha ottenuto alcuna risonanza nel sito della più rappresentata di queste associazioni. E in particolare la tematica sulla tutela della fauna autoctona; come prevedibile.

Per questo motivo, non può che preoccupare la seguente affermazione contenuta nella Carta ittica 2013 – 2018: “In via generale la Provincia non effettua immissioni in acque in concessione per la pesca dilettantistico-sportiva dove le semine sono a carico del concessionario”.

 

La preoccupazione deriva anche dall’innegabile pressione che i portatori di interesse nell’ambito della pesca possono esercitare sulla Regione. Mi riferisco al tentativo da parte della Regione Veneto di consentire nel 2008 l’immissione nelle acque interne di specie alloctone come la trota iridata, nonostante che essa possa competere con l’autoctona trota fario: “si è osservato che dove si sono sviluppate popolazioni di trota iridea, ad esempio sulle Dolomiti bellunesi, sono state eliminate le altre specie salmonicole precedentemente presenti.” (dalla già citata “La fauna ittica della provincia di Venezia”, edita nell’anno 2000). Il tentativo fu attuato ricorrendo alla definizione di specie “para-autoctona” omologabile alle specie autoctone (Deliberazione della Giunta della Regione Veneto 4 marzo 2008 n. 438). In tal modo si potevano “aggirare” le disposizioni statali. La delibera fu successivamente annullata da una sentenza della Corte Costituzionale, avendo generato un conflitto di attribuzione tra enti, ed essendo effettivamente arbitrario considerare “para-autoctona”, come rilevato dalla Corte, una specie introdotta in Italia sul finire dell’800.

Ma i pescatori sportivi non demordono e nel sito FIPSAS un recente articolo ci annuncia già l’”autogoverno dei pescatori” (vedi allegato).

 

 

Un’altra triste questione riguarda i “diritti esclusivi di pesca”. Nella recente Carta Ittica della provincia di Venezia si precisa che sono assegnati alle Associazioni affiliate alla FIPSAS della sezione provinciale di Venezia i diritti esclusivi di pesca sulle acque della Piave Vecchia e del Sile da Caposile alla foce del Cavallino, già di proprietà degli eredi Tagliapietra e acquistati dalla FIPSAS nel 1989. Questi diritti sono associati a doveri, per esempio la cura della fauna ittica, provvedendo al ripopolamento.

Notiamo che la legge sui diritti di pesca risale al periodo monarchico (legge 24 marzo 1921, n° 312); essa è tuttora vigente, ma di quella superata cultura ne è espressione. Perciò è incredibile che dopo più di sessant’anni di democrazia essa sia ancora sfruttata per assegnare diritti di questo tipo ad associazioni di pescatori sportivi, negandoli a coloro che a queste associazioni non intendono rivolgersi, poiché non ne condividono lo spirito aggregativo. Infatti, non tutti ricercano nella pesca dilettantistica la competizione sui campi di gara. La pesca è anche il piacere di una solitaria contemplazione della natura abbinata al piacere per la ricerca di soluzioni tecniche e a quello per un occasionale pietanza a base di pesce. Un “otium” che può avere importanza sul piano psico-fisico per chi ha pressanti impegni di lavoro.

Per quale motivo chi trova nella pesca questi elementi dovrebbe essere obbligato ad ottenere un permesso da un’associazione di pescatori sportivi? E per quale motivo un dovere per la fauna ittica del fiume, che è un bene della comunità, deve essere associato a diritti che escludono? Non sarebbe forse inaccettabile che aziende, privati o associazioni avessero il diritto esclusivo di transito su segmenti della viabilità pubblica, con possibilità non solo di mantenerlo in cambio di manutenzione, ma anche di venderlo o di trasmetterlo in eredità? Sarebbe inaccettabile, poiché attualmente la società democratica avverte di avere il diritto di usufruire dei beni pubblici e il dovere di tutelarli o di svilupparli nei modi più opportuni; ma non certo escludendosi da diritti su questi beni. Sarebbe dunque opportuno abolire la legge sui diritti esclusivi di pesca o, perlomeno, procedere a una loro revoca.

 

Per quanto concerne il dovere per la fauna ittica del fiume da parte di chi ha il diritto esclusivo di pesca sul fiume Piave Vecchia si può fare un’ulteriore osservazione. La Carta ittica precisa che: “il mantenimento dei diritti esclusivi di pesca è vincolato alla presentazione di un piano di programmazione produttiva delle zone interessate nel quale devono essere specificate le zone di protezione, i ripopolamenti programmati e il numero delle guardie giurate addette alla vigilanza (art. 17, c. 4, della L.R. n. 19/1998)”.

Appare quindi sufficiente la presentazione di un programma, ma non sono evidenti i criteri per la valutazione dell’attuazione di questo programma, ovvero i risultati minimi da ottenere, perché al termine del quinquennio sia riconfermata l’assegnazione dei diritti esclusivi di pesca. Questa situazione si presta a decisioni assolutamente arbitrarie nella valutazione finale per la riconferma dei diritti esclusivi di pesca, indipendentemente dai risultati. Dunque, in un’epoca in cui la trasparenza obbliga anche i partiti a esporre al pubblico in modo molto dettagliato i propri rendiconti, sarebbe forse opportuno che fossero resi pubblici i rendiconti relativi al ripopolamento ittico e, più in generale, i risultati relativi al programma attuato dall’avente il diritto esclusivo di pesca.

 

In conclusione,

# si deve riflettere se sia importante tentare di tutelare la fauna ittica autoctona delle acque interne. Se si ritiene opportuno impegnarsi per la sua tutela, deve essere rivisto criticamente il razionale per concedere semine ittiche alle associazioni di pescatori sportivi, sfruttandone la qualifica di “Associazioni di tutela ambientale”.

# La competenza ambientale delle associazioni di pescatori sportivi dovrebbe essere limitata alla cura delle sponde lungo i corsi d’acqua e a progetti di sensibilizzazione sulla qualità dell’acqua: solo in questi ambiti gli interessi associativi coincidono con quelli della collettività.

# Progetti di sensibilizzazione alla tutela del patrimonio ittico autoctono dovrebbero coinvolgere associazioni ambientalistiche prive di interessi connessi alla pesca, mentre le associazioni di pesca sportiva appaiono più opportunamente destinatarie di questi progetti.

# Il ripopolamento ittico richiede non solo alto senso di responsabilità, ma anche particolari competenze tecniche; per questo motivo e per un migliore controllo sull’operatività, tutte le procedure relative alle immissioni ittiche dovrebbero essere concentrate presso un unico Centro regionale.

# Sarebbe opportuno rendere più severe le sanzioni in caso di immissione non autorizzata di specie alloctone nei corsi d’acqua, in particolare di quelle che determinano inquinamenti genetici delle specie di interesse conservazionistico.

# Si dovrebbe considerare la liceità di introdurre specie alloctone che sicuramente non compromettano le specie autoctone e che abbiano un valore alimentare/gastronomico e/o che siano indicatori naturali della salubrità delle acque.

# Sarebbe interessante studiare il nesso tra sviluppo delle specie autoctone e salubrità delle acque, al fine di identificare quelle specie autoctone che meritino particolare protezione non solo per motivi conservazionistici, ma anche risultando naturali indicatori della salubrità delle acque.

# Appare infine opportuno riflettere se sia ancora tollerabile una legislazione che definisca e tuteli i diritti esclusivi di pesca.

 

Si invia per conoscenza la presente missiva al Ministero dell’Ambiente, poiché la questione trattata coinvolge responsabilità di questo Ministero e poiché, pur essendo focalizzata all’ambito della provincia di Venezia, essa può essere considerata stimolo di riflessione valido per tutto il restante ambito nazionale.

 

Cordiali saluti