In un recente articolo, pubblicato in questo sito, ho presentato il nodo G, un nuovo tipo di nodo scorrevole autobloccante, derivante da una modifica nell’esecuzione del nodo YS.
Il cappio del nodo G ha presentato un’adeguata tenuta sotto le condizioni di carico illustrate nell’articolo, ma si è dimostrato adeguato solo per il confezionamento di piccolo cappi. Infatti, lo scorrimento del nodo su tratti superiori a cinque centimetri determina un significativo attorcigliamento del cappio, che si avvolge in strette spire, compromettendone il serraggio.
Per risolvere questo problema, ho esaminato la configurazione del nodo, che è visualizzatile nel precedente articolo. Il nodo G presenta spire, che formano un corto tunnel, nel quale scorre il filo che compone la parte scorrevole del cappio. L’unico elemento in grado di interferire con uno scorrimento rettilineo del filo all’interno del tunnel è il tratto terminale del filo che compone le spire. Questo tratto di filo è tenuto accostato al filo scorrevole dalle due spire alla base del cappio e il suo contatto con il filo scorrevole ne determina effettivamente l’attorcigliamento nel corso dello scorrimento, come ho potuto riscontrare, eliminando il problema dopo averlo portato al di fuori delle due spire. Ovviamente in questo modo il nodo è assolutamente instabile e deve essere cercata una diversa modalità per il suo confezionamento che, pur rispettandone sostanzialmente la configurazione, si concluda con il disimpegno dal tunnel del tratto di filo responsabile dell’attorcigliamento e con il suo ancoraggio ad almeno una delle spire del nodo.
Ho quindi elaborato il nuovo nodo G, che presenta il vantaggio di non determinare attorcigliamenti del cappio anche con scorrimenti di 45 cm su filo Sofsilk 2 o Vycril 2. La nuova posizione del tratto terminale di filo che compone le spire (filo “A”) è indicata con due asterischi in figura 1 e appare esterna al tunnel del nodo. Quindi, non interagisce con il tratto scorrevole del filo all’interno del nodo.
Nelle seguenti figure è illustrato il confezionamento del nuovo nodo G.
Il tratto di filo indicato con la lettera “S” è il filo scorrevole, mentre il tratto di filo indicato con la lettera “A” è il filo che forma gli avvolgimenti del nodo. Le mani dell’operatore si collocano sul lato inferiore delle figure e l’estremità del cappio si trova sul loro lato superiore.
Questo orientamento spaziale è valido per il caso in cui l’ansa del filo, utilizzata per l’annodatura, avvolga una struttura anatomica intra-addominale ed esca dal trocar con i capi nelle mani dell’operatore, che si accinge ad effettuare l’annodatura. In questa situazione quanto rappresentato sul lato inferiore delle figure è posto ad un livello più alto dell’estremità dell’ansa o del cappio; quindi, nelle seguenti descrizioni si indicherà come “inferiore” un punto A rispetto ad un altro punto B, se questo punto A si trova più prossimo all’estremità dell’ansa, che diventerà il cappio, rispetto al punto B.
Il tempo iniziale è indicato in figura 2: il capo sinistro, raddoppiato in modo da formare un’ansa in “J”, è sovrapposto al filo destro. Quindi l’ansa ruota attorno al tratto scorrevole S del cappio due volte per 360° come in un nodo chirurgico (fig. 3).
L’ansa “A” ruota attorno al cappio per 360° da dietro in avanti (fig. 3 – 4).
L’ansa “A” si porta posteriormente ed entra da dietro in avanti, diretta verso l’alto, nell’occhiello indicato con * in fig. 4, ottenendosi la configurazione indicata in fig. 5.
In questi passaggi è preferibile evitare la rotazione assiale dell’ansa “A”, che determinerebbe l’accavallamento delle spire formanti il nodo.
Per serrare il nodo si traziona l’ansa “A” in opposizione al cappio, controllando il modo in cui le spire si stringono. Poi si fa scivolare sul cappio verso l’alto il pollice e l’indice della mano destra in opposizione, fino a incontrare la resistenza del nodo; allora si oppone una controtrazione sul cappio. Quindi si traziona ulteriormente l’ansa “A” con la mano sinistra, tenendo fermo il nodo con la mano destra.
Si ottiene in questo modo il nodo scorrevole autobloccante G (Fig. 1). In figura 6 il nodo è mostrato sul versante posteriore.
Il serraggio del nodo può essere completato con alcune altre manovre che tuttavia non sono indispensabili: trazionare il capo “A” in opposizione al nodo; trazionare il versante non scorrevole del cappio in opposizione al nodo; divaricare i due fili del cappio sotto al nodo.
Ho testato il nodo G, così modificato, utilizzando il dispositivo visibile in figura 7 e descritto nel precedente articolo “Nota di tecnica chirurgica: un nuovo nodo extracorporeo autobloccante”, pubblicato su questo sito. Confrontando i dati presentati nella sottostante tabella con quelli contenuti nella tabella del precedente articolo, si evidenzia che la tenuta del cappio al carico appare ora ulteriormente migliorata, probabilmente essendo stato rimosso dal tunnel del nodo il tratto “A” del filo, che non solo determinava l’attorcigliamento del cappio in corso di scorrimento, ma che interferiva anche con un ottimale serraggio del nodo sul cappio. Come si può osservare in tab. 1, sono state effettuate quindici misurazioni su altrettanti cappi stretti con questa nuova versione del nodo G: rispetto al valore basale di 9,0 mm, il cappio del nodo G si allunga a un valore medio poco superiore a 9,15 mm dopo essere stato sottoposto a un carico di 1 Kg per 90 secondi nelle condizioni sperimentali indicate nel succitato articolo. In dieci su quindici prove il cappio non ha subito alcun allungamento nell’ordine di grandezza minima stabilito (0,5 mm).
Questa versione del nodo G è di semplice esecuzione, pur richiedendosi maggiore attenzione rispetto al nodo YS, per evitare rotazioni dell’ansa in J sul suo asse.
Anche il serraggio del nuovo nodo G appare piuttosto semplice, ma deve essere accurato, come sopra descritto, per stringere in modo omogeneo e deciso le spire del nodo sul filo scorrevole del cappio.