Si riporta un caso di ingestione di mercurio elementare e si esaminano gli aspetti tossicologici e chirurgici da considerare in questa eventualità.
Caso clinico
Si tratta di una giovane, giunta in Pronto Soccorso dopo ingestione di una quantità imprecisata di mercurio elementare, orientativamente 50 ml. All’ingresso un RX addome ha documentato una frammentaria distribuzione del mercurio lungo la cornice colica con prevalente concentrazione in sede ciecale (Fig. 1). E’ stata eseguita una colonscopia a bassa insufflazione, che ha consentito di estrarre per aspirazione una modesta quantità di metallo. Nei successivi tre giorni sono stati eseguiti clisteri a bassa pressione, che ne hanno favorito un’ulteriore rapida eliminazione dalla cornice colica, ma non dall’appendice. Come documentato da un Rx addome (Fig. 2), l’appendice appariva completamente contrastata dal metallo. Nei successivi due giorni si è tentato di favorirne la fuoriuscita dal lume appendicolare con modifiche posturali. Non avendo ottenuto risultati, il giorno seguente si ritenuto prudente eseguire un’appendicectomia, per evitare il rischio di una disseminazione peritoneale di mercurio in caso di perforazione appendicolare. L’appendicectomia è stata effettuata tramite corta incisione pararettale e per via retrograda, al fine di evitare il reflusso di mercurio nel cieco. Il decorso postoperatorio è stato regolare e la paziente è stata dimessa in quinta giornata postoperatoria in buona salute. Nel corso dell’osservazione non si sono osservate manifestazioni di tossicità. La sintomatologia è consistita unicamente in una sensazione di peso in fossa iliaca destra, manifestatasi in concomitanza con la raccolta del mercurio nel cieco, come documentato da un RX addome (Fig. 1). L’escrezione urinaria di Hg è risultata inferiore al limite per il quale è consigliabile un trattamento con chelante, che è circa 20 µg/L.
Discussione
La discussione del caso clinico è preceduta da una breve sintesi sulle interazioni dei diversi stati chimici del mercurio con l’organismo umano.
Note chimico-fisiche sul mercurio
Il mercurio è un elemento metallico con numero atomico 80 e peso atomico 200,6. A temperatura ambiente (25 °C, 298 K) si presenta in forma liquida, di colore argenteo, con spiccata volatilità. Il suo punto termico di congelamento è -38,9°C e il punto di ebollizione è 357°C. Si presenta in tre stati chimici:
– mercurio elementare (Hg0);
– mercurio inorganico, formante sali;
– mercurio organico, includente tre forme: con catena arilica e con catena alchidica corta o lunga.
I sali di mercurio inorganico sono distinti in rapporto allo stato ossidativo in
– mercurosi, con cationi Hg+ combinati in forma dimerica, (Hg-Hg)++.
– mercurici, in cui il mercurio è in forma cationica bivalente (Hg++), più stabile della precedente.
Note sulle interazioni biologiche del mercurio (5, 8, 9, 16, 22, 29, 34, 45)
Il mercurio non interviene in alcuna normale funzione biologica e la sua interazione con le funzioni enzimatiche dell’organismo umano è sempre dannosa. In generale, gli effetti tossici del mercurio sono multifattoriali, derivando principalmente da molteplici blocchi enzimatici conseguenti al legame con gruppi sulfidrilici, carbossilici, fosforici, aminici, amidici. Inoltre, i sali di mercurio (mercurio inorganico) hanno effetti causticanti. L’emivita biologica del mercurio è circa 60 giorni. Si specificano di seguito gli aspetti essenziali dell’interazione tra le diverse forme di mercurio e l’organismo umano:
– mercurio elementare (21, 26, 28, 36, 37, 38, 43).
La tossicità acuta da Hg0 è conseguente esclusivamente all’inalazione dei suoi vapori. Il mercurio volatile transita rapidamente attraverso gli alveoli. La sua elevata liposolubilità ne consente il transito attraverso gli eritrociti, la barriera emato-encefalica e la placenta. Nei tessuti è ossidato enzimaticamente in Hg++. Le più elevate concentrazioni si rilevano nel cervello, dove penetra sia come Hg++, sia come Hg0, che è infine ossidato in Hg++.
La sintomatologia da intossicazione acuta può comprendere edema polmonare, segni di insufficienza respiratoria, ipotensione, tachicardia, iperpiressia. Alcuni giorni dopo l’esposizione può manifestarsi necrosi tubulare acuta. Nell’intossicazione cronica si manifesta astenia, calo ponderale, tremori, disartria, deficit a carico della memoria, dell’eloquio e dell’attenzione; nei casi più gravi restringimento del campo visivo, atassia, allucinazioni e delirio (1, 6, 45).
L’assorbimento cutaneo di Hg0 è modesto e l’assorbimento intestinale è esiguo, inferiore allo 0,01% di una dose. La flora batterica anaerobia trasforma piccoli quantitativi di mercurio elementare in Hg++ e in mercurio organico, assorbibili dalla mucosa intestinale. Tuttavia, la presenza transitoria di elevati quantitativi di mercurio elementare nel tratto intestinale è associata a tossicità relativamente modesta. In un caso descritto nel 2007 da Song il paziente ne ingerì circa un litro (corrispondente approssimativamente a 13 Kg) e manifestò ripetuti episodi di vomito, dolore addominale e iperperistaltismo. Fu riscontrata leucocitosi transitoria (20000 GB/mm3) e le ALT aumentarono a 89 UI/L una settimana dopo l’ingestione, ma si normalizzarono tre settimane dopo l’evento. Prima di iniziare il trattamento con chelante, le concentrazioni di Hg nel sangue e nelle urine furono rispettivamente 0,18 µg/mL e 653 µg/L. Una concentrazione ematica di Hg superiore a 0,20 µg/ml e un’escrezione urinaria di mercurio superiore a 50 µg/L suggeriscono una significativa esposizione e orientano al trattamento con un chelante.
– Mercurio inorganico (2, 7, 11, 18).
I sali di mercurio inorganico sono causticanti per le mucose e dopo ingestione ne è assorbito circa il 10%. La tossicità varia in rapporto al composto: particolarmente tossici sono il calomelano (Hg2Cl2) e il sublimato corrosivo (HgCl2). In generale, la sintomatologia evidenziabile dopo ingestione di mercurio inorganico è caratterizzata da erosioni labiali e mucose, nausea, vomito, diarrea, dolore addominale, ipotensione di gravità variabile, polso scoccante. L’eliminazione del mercurio avviene tramite i reni, dove la concentrazione mercuriale può elevarsi fino all’insorgenza di insufficienza renale acuta da necrosi tubulare.
La quantità di mercurio inorganico che non è assorbita dall’intestino è escreta con le feci dopo essere stata trasformata in forma organica da batteri anaerobi sulfo-riduttori. La concentrazione maggiore è raggiunta nel rene, mentre solo in caso di esposizione cronica vi può essere un significativo accumulo nel cervello.
– Mercurio organico (17, 23, 24, 31, 35, 39, 40, 41, 42, 47, 48; 32, 33).
Il mercurio organico è un contaminante presente nella catena alimentare, in particolare nei pesci in forma di metilmercurio. Il mercurio versato nelle acque è trasformato in metilmercurio da micro-organismi acquatici. Un contenuto di mercurio nella carne di pesce superiore a 0,5 mg/Kg ne rende sconsigliabile il consumo. Negli anni ’50 e ‘60 del secolo scorso in Giappone vi furono gravi casi di intossicazione acuta in situazioni di dieta prevalentemente basata su pesce con elevate concentrazioni di metilmercurio. Il metilmercurio presenta una catena alchidica (gruppo metilico), che per la sua liposolubilità consente il rapido transito della molecola attraverso le membrane cellulari. Il dimetilmercurio è un composto di maggiore, elevata, tossicità, in grado di penetrare attraverso la cute, nonché attraverso presidi protettivi, quali lattice e neoprene.
Il mercurio organico è assorbito dall’intestino in quantità maggiori del mercurio inorganico (90% della dose ingerita). Il mercurio in forma arilica e alchidica a lunga catena è trasformato rapidamente nell’organismo in mercurio inorganico. Il mercurio in forma alchidica a corta catena (per es metilmercurio, dimetilmercurio) rimane invece stabile più a lungo e per la sua liposolubilità penetra in molti tessuti, incluso il cervello e gli eritrociti.
Il metilmercurio è escreto tramite la bile nell’intestino. Il 90% della quota escreta nell’intestino è eliminata con le feci, mentre una parte è riassorbita, instaurandosi quindi un circolo entero-epatico. La quota di mercurio liberatasi nell’organismo in forma cationica (Hg++) è eliminata per via renale.
Il mercurio organico interviene usualmente nella tossicità da esposizione cronica, manifestandosi prevalentemente con sintomi neurologici (tremore, parestesie, riduzione del campo visivo, deterioramento cognitivo, insonnia, instabilità emotiva, neuropatia periferica, ipoacusia, atassia). L’organo maggiormente interessato è il cervello, in particolare la corteccia frontale, le aree visive e il cervelletto.
Osservazioni sul caso clinico riportato
La paziente osservata giunse in PS il giorno seguente l’ingestione e non presentava alcuna sintomatologia, segno che non aveva ingerito sali di mercurio o composto organici. Non rimaneva dunque che considerare la forma elementare di mercurio (Hg0), che nella dose approssimativamente valutabile in questo caso non è tossica dopo ingestione (13, 19, 20, 27, 36, 38, 46). E’ tuttavia opportuno accelerarne l’eliminazione naturale con blandi lassativi e clisteri a bassa pressione. La colonscopia è un provvedimento che può far parte dei consigli forniti dai Centri antiveleno e nel caso in esame ha consentito di rimuovere una discreta quantità di metallo per aspirazione, ma è insufficiente per una completa pulizia, poiché l’insufflazione anche blanda favorisce la frammentazione e la dispersione del metallo nel lume colico. L’utilità di questo provvedimento è discutibile, anche considerando il rischio di perforazione associato a questa procedura. Una contaminazione mercuriale del cavo peritoneale può condurre a granulomi da corpo estraneo e ad assorbimento sistemico del metallo.
Una possibile sequela dell’ingestione di mercurio elementare è la ritenzione mercuriale nell’appendice, come si è osservato in questo caso (Fig. 2). Nella maggior parte dei casi si riesce ad ottenere l’eliminazione del metallo in modo conservativo, con modifiche posturali in clinostatismo (13, 19, 27). Talora sono necessarie alcune settimane per un completo svuotamento dell’appendice (20) e il paziente è seguito ambulatorialmente, non necessitando di trattamenti ospedalieri. Prudenzialmente, fino alla completa eliminazione del mercurio sono eseguiti periodici controlli dei livelli urinari di Hg e se i valori superano 20 – 30 µg/L nelle urine delle 24 ore vi è indicazione al trattamento con un chelante. Tuttavia, si deve tenere presente che non vi è un valore soglia ben definito di escrezione mercuriale nelle urine, che non sia associato a sintomi e che sia valido per tutta la popolazione (49).
L’alternativa è eseguire precocemente un’appendicectomia (13, 30). Il razionale di questa scelta è di evitare prudenzialmente il rischio di una perforazione appendicolare con ingresso del mercurio nel cavo peritoneale; evento che è associato ad assorbimento sistemico e alla formazione di granulomi (4, 10, 12, 14, 15, 20, 25). Supporta questo orientamento anche la considerazione che in assenza di flogosi l’appendicectomia è un intervento mini-invasivo. Si può per contro osservare che nei pochi casi di transitoria ritenzione appendicolare di mercurio si sono riscontrate raramente flogosi appendicolari (3, 30); inoltre, non sono stati finora riportati casi certi di rottura appendicolare da mercurio. Non essendo definibile una verità assoluta sulla migliore scelta, appare ragionevole spiegare al paziente i rischi e benefici associati a entrambe le possibilità, al fine di una sua decisione consapevole. L’accesso chirurgico preferibile per l’appendicectomia è tramite corta incisione pararettale mirata sul livello in cui l’appendice contrastata dal mercurio è stata identificata nella radiografia dell’addome. Si procede per via retrograda, isolando la base appendicolare e serrandola con un laccio. Ogni cura deve essere usata per evitare la rottura appendicolare. Un RX addome e un dosaggio di Hg nelle urine delle 24 ore sono effettuati prima della dimissione dall’ospedale.
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