di Enrico Ganz

 

Questo scritto ha per tema una patologia chirurgica di non frequente riscontro, l’infarto del cieco. La sua trattazione sarà seguita dalla presentazione di un caso clinico utile per alcune riflessioni principalmente focalizzate sul trattamento chirurgico.

Definizione

Per “infarto del cieco” si intende una necrosi del cieco secondaria a insufficienza vascolare acuta in assenza di coinvolgimento del colon ascendente e dell’ileo terminale in tale processo patologico. Si specifica che l’infarto è “parziale” quando una parte del cieco rimane vitale (13,16,23). Per indicare che la necrosi non è molto estesa, restando orientativamente contenuta entro un decimo o meno della superficie ciecale, si utilizza anche il termine “parcellare”.

Incidenza

L’infarto del cieco ha la maggiore incidenza sopra la sesta decade di vita ed è un evento raro. Un’analisi della letteratura, risalente al 2016, ha individuato 79 casi di tale patologia nell’archivio PubMed (20).

Eziologia

Le  cause sono evidentemente di tipo vascolare e sono distinte in “occlusive” e “non occlusive”.

Le più note situazioni comprese nelle cause non occlusive sono procedure cardiochirurgiche (11) e l’emodialisi (6,15).  Comune condizione fisiopatologica delle cause non occlusive è una prolungata ipotensione arteriosa, che tuttavia non è disgiunta da una condizione vascolare pre-occlusiva, ovvero da una pre-esistente vasculopatia, nella maggior parte dei casi aterosclerotica. Verosimilmente possono anche concorrervi quelle varianti anatomiche nel territorio dell’arteria ileo-colica e dell’arteria colica destra che sono meno favorevoli per una sufficiente irrorazione sanguigna del cieco in uno stato di ipotensione. Per un esame delle varianti nella vascolarizzazione dell’emicolon destro si rinvia alle immagini del lavoro di J. Sonneland (33), citato in bibliografia, condotto su 600 esami autoptici.

Per “cause occlusive” s’intendono quelle accomunate da un’occlusione vascolare nel territorio di irrorazione sanguigna del cieco. Una necrosi del cieco può essere causata dall’occlusione del tronco principale dell’arteria ileo-colica (7) oppure di uno dei suoi due rami terminali, l’arteria ciecale anteriore e posteriore (10). Le cause vascolari occlusive sono il volvolo del cieco, l’arteriosclerosi, l’embolia e le vasculiti, quali il morbo di Behçet’s (26).

Una particolare causa vascolare occlusiva di necrosi del cieco è l’ipertensione endoluminale del cieco secondaria a un’occlusione funzionale o meccanica del colon. L’occlusione colica è più frequentemente associata a una diastasi e a una perforazione del cieco, che a una sua necrosi; tuttavia, in condizioni di vasculopatia una sostenuta e prolungata pressione intraluminale può causare un’ischemia dapprima mucosa e successivamente a tutto spessore della sua parete (8,20).

Non infrequentemente nell’anamnesi dei pazienti con necrosi del cieco si riscontrano patologie cardiache croniche (17,24,31), pur in assenza di una trombosi dell’arteria ileo-colica.

Più chiara causa di infarto del cieco è l’abuso di ergotamina (28) o di cocaina (19). Pur trovandosi inseriti tra le cause occlusive, questi due fattori eziologici ne devono essere differenziati, essendo sì cause vascolari occlusive, ma in termini funzionali, per il loro effetto vasocostrittore.

Complessivamente considerando i case report relativi all’infarto del cieco si comprende che nella maggior parte dei casi in cui sono escluse condizioni associate a una causa vascolare non occlusiva, ipotizzandosi quindi una causa occlusiva, non è in realtà identificata un’occlusione vascolare meccanica nel territorio di irrorazione dell’arteria ileo-colica sulla scorta dei dati tomografici e anatomo-patologici. Inoltre, si deve considerare che l’infarto del cieco in associazione all’abuso di farmaci vasocostrittori è eccezionale. Quindi in questi non infrequenti casi dovrebbe esservi un fondamento fisio-patologico non riconducibile esclusivamente alle cause  sopra menzionate. Nella successiva discussione del caso clinico cercherò di dare risposta a questa osservazione.

Il volvolo del cieco, una ben definita causa di infarto del cieco

Il volvolo ciecale si osserva in gravidanza con un’incidenza di un caso ogni 3000 (21) e occasionalmente in associazione a leiomiomi uterini giganti (2). Altri fattori predisponenti per il volvolo del cieco sono la presenza di aderenze postoperatorie, l’occlusione meccanica del colon, l’ileo adinamico e la stipsi cronica grave, trattata abitualmente con lassativi (18,22,30). In tutti i casi è necessario che il cieco sia congenitamente mobile per una difettosa adesione del mesocieco e del mesocolon destro. Uno studio autoptico ha evidenziato che questa condizione si verifica nel 11% degli adulti (32). Il volvolo del cieco rappresenta il 34-50% dei casi di volvolo del colon (3,9). Si osservano due modalità di rotazione: la prima consiste nella rotazione oraria o antioraria del cieco, dell’ultima ansa ileale e del colon ascendente prossimale; la seconda nella rotazione in direzione craniale e anteriore del fondo ciecale. La prima è definibile in senso stretto “volvolo”, essendo il volvolo per definizione una rotazione mesiale attorno a un punto fisso. La seconda è piuttosto un “basculaggio” del cieco (9,22,29). Nel volvolo del cieco propriamente detto l’occlusione intestinale si localizza a livello della valvola ileo-ciecale, nel secondo caso, più raro, a livello del passaggio colo-ciecale. Mentre il basculaggio del cieco predispone alla diastasi del cieco più che alla sua necrosi, il volvolo del cieco può evolvere in necrosi, come nel caso di ogni altro tratto intestinale che sia coinvolto da un volvolo.

Sintomatologia e diagnosi nell’infarto del cieco

La sintomatologia è sovrapponibile a quella della maggior parte dei casi di appendicite (4,10,14,20), rendendone impossibile la diagnosi differenziale sulla scorta dei dati clinici. Si rileva infatti febbre contenuta entro i 38,5 °C, dolore di tipo continuo in fossa iliaca destra con resistenza muscolare alla palpazione profonda e positività del segno di Blumberg, alterazioni della funzionalità digestiva quali nausea, inappetenza, conati di vomito e vomito. Il dato anamnestico di un dolore che non sia esordito inizialmente in sede epigastrica, per poi localizzarsi in fossa iliaca destra, nonché un’età avanzata del paziente, devono comunque indurre al sospetto che la patologia abbia scarsa probabilità di essere riferibile a un’appendicite. Tuttavia, un’analoga sintomatologia può essere associata a una diverticolite del cieco, a una malattia infiammatoria acuta del tratto ileo-cieco-colico, a un carcinoma del cieco, a una diverticolite in un sigma dislocato a destra, a un’annessite destra, a un diverticolo duodenale perforato.  La diagnosi differenziale con una pielonefrite è invece frequentemente agevole, non essendo normalmente riscontrata nell’infarto del cieco l’associazione di stranguria, di positività del segno di Giordano e di febbre superiore a 38,5 °C.

Tra gli esami di laboratorio spiccano la leucocitosi, l’aumento della proteina C reattiva e della procalcitonina. Nel caso in cui l’infarto sia secondario a un volvolo o a un basculaggio del cieco la sintomatologia acuta può essere preceduta da aspecifici e transitori episodi subocclusivi, caratterizzati da dolore addominale di tipo colico, nausea, vomito e chiusura dell’alvo alle feci (1,9). Se vi è franca occlusione intestinale si può riscontrare l’alterazione di quei valori emato-chimici che sono indicativi di disidratazione: elevazione dell’emoglobina, della creatinina e dell’azotemia sierica.

L’infarto del cieco può evolvere in perforazione e in tal caso i segni clinici e laboratoristici orientano a una peritonite diffusa, ma non consentono di precisarne la causa.

L’esame strumentale di prima scelta per la diagnosi è la tomografia computerizzata (TC) dell’addome con mezzo di contrasto. Segni indicativi di sofferenza ischemica del cieco sono la presenza di microbolle aeree intraparietali (pneumatosi), l’assenza di opacizzazione dell’arteria ileo-colica o dei suoi rami, l’inspessimento della parete ciecale (12,17,27,31). Questi reperti possono essere assenti, mentre costante è il reperto di versamento periciecale, piuttosto modesto se è assente una perforazione. L’appendice risulta frequentemente normale, regolarmente vascolarizzata.  Frequente è l’inspessimento parietale dell’ultima ansa ileale e la congestione edematosa del tessuto periciecale. In caso di perforazione si rileva pneumoperitoneo e versamento peritoneale di varia entità. Un possibile riscontro è la presenza di bolle aeree nel sistema portale. In caso di volvolo il cieco appare dislocato dalla normale sede, dove possono essere invece presenti anse ileali dilatate. Per altri segni radiologici orientativi di volvolo si rimanda alla review di M. Hasbahceci (13).

In assenza di alterazioni parietali e di difetti vascolari la TC non consente di identificare con certezza l’infarto del cieco, ma consente comunque di individuare reperti sufficienti a rendere consigliabile l’approccio chirurgico, definendo la presenza di una grave patologia a carico del tratto ileo-cieco-colico.

Trattamento

Il trattamento farmacologico è di supporto al trattamento chirurgico e si compendia in nutrizione parenterale totale, antibioticoterapia ad ampio spettro ev, profilassi antitrombotica con eparina a basso peso molecolare. Il trattamento del dolore è attuabile in prima linea con paracetamolo (1 grammo ogni otto ore).

Solo il trattamento chirurgico è risolutivo e costituisce un’urgenza, al fine di evitare l’evoluzione verso la perforazione, la peritonite diffusa e lo shock settico. Esso consiste in un’emicolectomia destra (4,17) o in una resezione del cieco, seguite da un’anastomosi ileo-colica.

In caso d’ischemia intestinale diffusa è preferibile soprassedere all’anastomosi, confezionando un’ileostomia terminale e suturando il moncone colico oppure effettuando un’ileostomia e una colostomia contigue (20).

In caso d’infarto parziale del cieco è stata occasionalmente riportata l’asportazione dell’area necrotica, seguita dalla sutura della breccia (16,23) o da una ciecostomia tramite tubo percutaneo. La resezione dell’area necrotica seguita dalla sutura della breccia potrebbe essere una soluzione più semplice rispetto alla resezione completa del cieco, in particolare se la necrosi è di tipo parcellare, ma la sua adozione non può prescindere da una riflessione sulla più probabile causa della necrosi e da un’attento studio tomografico della vascolarizzazione ciecale. Si deve infatti considerare che nel caso un importante compromissione delle arterie ciecali il processo patologico interessante parte del cieco potrebbe progredire in un secondo momento al tessuto contiguo con conseguente fistolizzazione e peritonite. In questo contesto la conservazione del cieco “a tutti i costi” sarebbe poco ragionevole, non residuando un’alterazione funzionale clinicamente rilevante in seguito alla sua completa resezione.

La ciecostomia tramite tubo percutaneo tipo Petzer (30) dovrebbe avere ormai un significato storico, essendo gravata da infezioni parietali e peri-ciecali, nonché da un prolungato disagio per il paziente in assenza di alcun vantaggio rispetto alla sutura diretta (18,22). Inoltre, la frequente occlusione del tubo ne rende esclusivamente teorico il suo beneficio in termini di decompressione intraluminale.

 

Caso clinico

La paziente, ottantenne, di genere femminile, giunge in Pronto Soccorso sette ore dopo l’esordio di intenso dolore in fossa iliaca destra, associato esclusivamente a nausea e a lieve aumento della temperatura corporea. L’obbiettività è caratterizzata esclusivamente da spiccata dolorabilità alla palpazione in fossa iliaca destra con positività del segno di Blumberg. Tra i dati anamnestici significativi vi è una fibrillazione atriale cronica, un remoto episodio di embolia polmonare secondario a trombosi venosa profonda, flebectomie per varici agli arti inferiori, l’asportazione di una neoplasia mammaria seguita da radioterapia con successivo follow up negativo, stipsi cronica. Nell’anamnesi farmacologica attuale si riscontrano i seguenti farmaci: propafenone, anastrazolo, lisinopril/idroclorotiazide, acido acetilsalicilico a basso dosaggio, un inibitore di pompa protonica e simvastatina. La paziente assumeva inoltre tisane a base di erbe lassative per stipsi cronica, adeguatamente controllata con tali rimedi.

All’ingresso i leucociti sono 13000 mm3e la proteina C reattiva 0,74 mg/dL. I valori di PTT e INR sono rispettivamente 0,7 e 0,99. L’elettrocardiogramma non evidenzia alterazioni del ritmo. La pressione arteriosa omerale era nei limiti di norma.

Fig. 2

Dopo quattro ore di osservazione è effettuata una TC addome, che evidenzia l’inspessimento delle pareti del cieco sul versante antero-laterale (Fig. 1), un lieve inspessimento dell’appendice nel terzo prossimale, un inspessimento iperdenso dell’ultima ansa ileale, piccole nodulazioni linfonodali nell’adipe del mesocolon destro, offuscamento dei piani adiposi periviscerali e un’esile falda fluida in scavo pelvico. La vascolarizzazione ciecale appariva conservata (Fig. 2).

Dodici ore dopo l’ingresso in PS i valori dei leucociti e della proteina C reattiva aumentano rispettivamente a 18000 mm3e a 9,21 mg/dL, mentre la sintomatologia persiste invariata dopo aver iniziato un trattamento antidolorifico e antibiotico.

La paziente è stata quindi ricoverata nell’U.O. di Chirurgia generale per procedere a una laparoscopia esplorativa, nel corso della quale si è riscontrata una necrosi della parete antero-laterale del cieco. Il cieco non era sovradisteso ed era bascullabile a destra e a sinistra rispetto ai punti fissi costituiti dal colon ascendente e dall’appendice, indenne e profondamente affondata nel piano retroperitoneale. L’ultima ansa ileale era discretamente edematosa, normocromica. Il mesocolon destro era caratterizzato da spiccata adiposità e una componente edematosa sembrava concorrere al suo cospicuo spessore in tutta prossimità del cieco, estendendosi al contiguo mesentere. Una falda siero-purulenta si raccoglieva in doccia parieto-colica destra e nel cavo di Douglas.

Aspirata la secrezione, ammontante a circa 20 ml, l’intervento è proseguito per via transrettale destra, centrando l’incisione sul cieco. E’ stata effettuata una resezione del cieco, includendo alcuni centimetri di ileo e di colon ascendente. La sezione del meso è stata effettuata con fini legature in tutta prossimità del’intestino, al fine di non compromettere la vascolarizzazione dei monconi colico ed ileale. La continuità intestinale è stata ristabilita con un’anastomosi ileo-colica latero-laterale (LL) manuale in duplice strato con filo a lento assorbimento. Dopo l’incisione del colon ascendente è stata aspirata una discreta quantità di feci liquide. L’intervento si è concluso con lavaggi del cavo peritoneale, utilizzando acqua fisiologica tiepida, e con il posizionamento di un drenaggio in cavo di Douglas e di un drenaggio peri-anastomotico, entrambi di tipo laminare.

Il decorso postoperatorio è stato regolare. Il sondino naso-gastrico è stato rimosso in prima giornata postoperatoria ed è stata subito prescritta una dieta liquida. Una dieta semiliquida, priva di fibre vegetali, è stata prescritta in terza giornata postoperatoria. La canalizzazione è avvenuta in settima giornata postoperatoria dopo somministrazione di Movicol, decisa dopo alcuni vani tentativi di canalizzazione con piccoli clisteri e considerando il dato anamnestico di grave stipsi. Il purgante è stato somministrato dopo l’esecuzione di un RX addome in ortostasi, al fine di escludere un quadro occlusivo. I drenaggi sono stati rimossi in ottava giornata postoperatoria. In nona giornata è stato necessario evacuare una raccolta purulenta sottocutanea in sede di ferita chirurgica. La dimissione è avvenuta in decima giornata postoperatoria in condizioni di completa regolarizzazione della funzionalità gastro-intestinale. Un’ecografia non ha evidenziato raccolte intra-addominali.

Discussione

– L’eziopatogenesi

L’esame del caso sopra riportato fornisce conferma della difficoltà nel definire esattamente la causa di un infarto del cieco nella maggior parte dei casi (20,25,31). Possiamo qui escludere le cause vascolari non occlusive, ma definire con certezza quale sia stata la causa vascolare occlusiva è impossibile, non essendo evidenziabili tomograficamente difetti endoluminali nel tronco principale dell’arteria ileo-colica e lungo i suoi rami fino al limite di risoluzione dell’apparecchio. Si può comunque proporre un’ipotesi ragionevole dopo aver considerato anche i seguenti significativi dati. In primo luogo il cieco non era sovradisteso ed era bascullabile a destra e a sinistra rispetto ai punti fissi costituiti dal colon ascendente e dall’appendice, profondamente fissata al piano retroperitoneale. Non vi era quindi quel tipo di mobilità predisponente al volvolo. In secondo luogo la porzione di cieco rivestita dal meso, quindi meglio vascolarizzata, era integra, mentre la sua porzione libera era necrotica. Queste osservazioni orientano a considerare che l’infarto sia stato l’esito di un’insufficienza vascolare per compromissione del microcircolo. I dati anamnestici di vasculopatia (trombosi venosa profonda, embolia polmonare, episodi di fibrillazione atriale) e di età avanzata confortano questo orientamento. Inoltre, la stipsi cronica può aver contribuito a una progressiva relaxatio della parete ciecale, compromettendone il microcircolo.

Esclusi i casi secondari a un volvolo del cieco e i casi in cui è riconoscibile una causa vascolare non occlusiva, l’infarto del cieco si manifesta usualmente in pazienti anziani senza poter riconoscere una causa vascolare occlusiva nel territorio d’irrorazione dell’arteria ileo-colica. Probabilmente il fondamento eziopatologico è analogo a quello del caso in esame. Verosimilmente possono concorre all’ipoperfusione ciecale quelle varianti anatomiche delle arterie ileo-colica e colica destra meno favorevoli per l’irrorazione sanguigna del cieco in presenza di un deficit del microcircolo. Per un esame delle varianti nella vascolarizzazione dell’emicolon destro si ricorda nuovamente di riferirsi alle interessanti immagini del lavoro di J. Sonneland (33), citato in bibliografia.

– La diagnosi

Questo caso conferma l’impossibilità di diagnosticare in modo certo l’infarto del cieco sulla scorta dei dati clinici (16,20,25,31) e conferma l’importanza diagnostica della TC addome nell’addome acuto. Anche qualora non vi siano i segni tipici di una grave sofferenza ischemica del cieco, la TC consente comunque di orientare all’opportunità di una laparoscopia esplorativa, evidenziando i segni di una significativa sofferenza nell’area ileo-cieco-colica, quali una falda fluida in fossa iliaca destra e in piccolo bacino, irregolarità di spessore parietale del cieco, offuscamento linfangitico dei circostanti piani adiposi e inspessimento dell’ultima ansa ileale.

– Il trattamento chirurgico

In presenza di un infarto del cieco il trattamento chirurgico è deciso nella maggior parte dei casi per una grave, ma non definita patologia ciecale o ileo-cieco-appendicolare, prima che sia effettuata una diagnosi certa. Perciò l’iniziale approccio laparoscopico è a mio avviso preferibile a quello laparotomico, consentendo di acquisire elementi utili per la diagnosi e per la pianificazione dell’intervento, evitando un’ampia incisione addominale. Vi sarebbe la possibilità di condurre l’intera procedura con approccio mini-invasivo, se si riscontrassero nel corso dell’esplorazione laparoscopica le condizioni per un’agevole operatività. Ma anche nel caso in cui al termine dell’esplorazione si preferisse procedere alla resezione per via laparotomica, sarebbe possibile contenere significativamente la lunghezza dell’incisione chirurgica anche in caso di cospicua adiposità, centrandola in modo ottimale in sede pararettale o rettale destra sulla sede del cieco con l’ausilio del controllo visivo tramite l’ottica.

L’esplorazione laparoscopica inizia con il posizionamento di un trocar con calibro di 10 mm in sede para-rettale sinistra sulla linea ombelicale trasversa e di un trocar con calibro di 5 mm in sede sovrapubica. Nel primo trocar è alloggiata l’ottica, nel secondo una pinza. Il letto operatorio è ruotato a sinistra e in posizione “Trendelenburg”. All’esplorazione segue l’aspirazione delle secrezioni purulente, che anche in assenza di una franca perforazione accompagnano frequentemente l’infarto del cieco, alloggiandosi in doccia parieto-colica destra e nel cavo di Douglas. Dopo aver escluso la presenza di un’appendicite un trocar con calibro di 10 mm può essere inserito in sede sovra-ombelicale mediana per poter condurre più accuratamente l’esplorazione con due pinze. Al termine dell’esplorazione laparoscopica si valuta la fattibilità di una resezione del cieco con conservazione dell’arteria ileo-colica. Se si decidesse di proseguire per via laparoscopica, il programma operatorio dovrebbe prevedere il confezionamento di un’anastomosi ileo-colica intracorporea. Non sarebbe invece razionale effettuare un’incisione di servizio per confezionare un’anastomosi extra-corporea, potendosi effettuare da subito la resezione ciecale e l’anastomosi più comodamente e con minore dispendio di mezzi per via laparotomica tramite un’incisione di analoghe dimensioni, effettuata in sede rettale o para-rettale destra.

Nel caso qui presentato è stato scelto di procedere per via laparotomica, optando per l’inconsueta incisione transrettale destra, contenendone la lunghezza entro i quattordici centimetri, una misura modesta nel caso specifico in rapporto alla significativa profondità del cavo addominale.

Certamente più comuni sono l’incisione mediana e quella para-rettale destra. Ritengo che la scelta di un’incisione transrettale sia interessante in particolare nel caso di pazienti anziani con addome globoso, caratterizzato da relaxatio, come nel caso qui presentato. Nell’addome che presenta queste caratteristiche la fascia trasversalis è esile, talora indistinguibile dalla lamina peritoneale, ed anche la fascia rettale anteriore è sottile. La possibilità di interporre il muscolo retto sulla linea di sutura parietale offre il vantaggio di una maggiore protezione contro il laparocele.

La scelta di una corta incisione non ha significato estetico nell’anziano, ma offre piuttosto un’ulteriore garanzia contro il laparocele. Si deve tuttavia tenere conto di una maggiore difficoltà nel confezionamento di un’anastomosi manuale quando l’addome è globoso per adiposità sottocutanea e intra-addominale. Questa difficoltà è accentuata dall’edema dell’ultima ansa ileale, che spesso accompagna l’infarto del cieco, come anche osservato nel caso qui presentato. Nel caso da me trattato questo edema non era associato a una sofferenza vascolare, ma era piuttosto secondario al coinvolgimento flogistico, linfangitico, del mesentere contiguo al cieco. Non poteva quindi giustificarsi una resezione dell’ultima ansa ileale.

Ma in quale modo l’edema ileale può aumentare la difficoltà di una sutura manuale?

L’esperienza qui riportata chiarisce bene l’interrogativo. Nel corso della sutura ileo-colica la chiusura delle spire con una trazione verticale del filo non era possibile per un’eccessiva resistenza del filo nello scorrimento all’interno della spessa parete ileale; la trazione sarebbe esitata in lacerazioni della parete colica, essendo il colon ascendente fisiologicamente fissato al piano posteriore. La trazione del filo in direzione orizzontale era invece possibile, ma limitata dalla contigua parete addominale, trovandosi il colon ascendente in un piano profondo e non potendo essere mobilizzato ed esteriorizzato per i limiti operativi imposti dalla corta incisione. In questa condizione è stato necessario stringere ogni spira della sutura facendo scorrere il filo orizzontalmente nello stretto spazio compreso tra la parete colica e la doccia parieto-colica, trazionandolo con pinza anatomica e ripetendo l’azione dopo essere giunti a fine corsa contro la parete addominale, fino al serraggio della spira. Al contempo si deve evitare di allentare la sutura e per questo fine diventa indispensabile una buona intesa con il collega che aiuta. Questo modo di procedere è stato necessario per la prima linea di sutura sulla parete posteriore e per le due linee di sutura sulla parete anteriore, la prima della quali di particolare importanza per la chiusura su questo versante del lume intestinale esposto.

In queste condizioni operative particolare attenzione deve essere posta nell’evitare contaminazioni del campo operatorio, inserendo prima delle sezioni intestinali una garza in doccia parieto-colica destra e applicando una garza sul mesentere in modo da contornare l’area su cui sarà confezionata l’anastomosi. Inoltre, un aspiratore con cannula di ampio diametro deve essere prontamente disponibile durante la sezione colica, che è effettuata al termine della prima linea di sutura posteriore dell’anastomosi.

Se tale modo di procedere consente di mettere alla prova la propria capacità tecnica nell’esecuzione di un’anastomosi in posizione profonda e in uno spazio angusto, si deve tenere presente che la sicurezza della procedura ha la priorità; quindi, non deve esservi dubbio sull’opportunità di allargare l’incisione addominale quanto basta in relazione alla coscienza delle proprie possibilità tecniche oppure, in alternativa, di adottare un’anastomosi meccanica. Scelta quest’ultima lecita, per quanto personalmente sia diffidente verso questa modalità di sutura su tessuti edematosi.

Se dovessi effettuare un altro analogo intervento, provvederei a mobilizzare parzialmente il cieco e parte del colon ascendente per via laparoscopica, al fine di poter superficializzare i monconi intestinali per l’anastomosi. Questa possibilità rappresenta un ulteriore motivo per raccomandare l’iniziale approccio laparoscopico e, in caso di conversione, un’incisione transrettale destra di contenute dimensioni. La più razionale sequenza dei tempi operatori potrebbe essere quindi la seguente:

– laparoscopia esplorativa;

– aspirazione delle secrezioni per esame colturale;

– lavaggio della cavità peritoneale;

– mobilizzazione parziale del cieco e del colon ascendente rispetto al piano posteriore;

– incisione transrettale destra centrata sul cieco;

– resezione del cieco;

– anastomosi ileo-colica LL manuale in duplice strato con filo a lento riassorbimento;

– posizionamento di un drenaggio peri-anastomotico e di un drenaggio nel cavo del Douglas.

Resta infine da considerare l’opportunità di effettuare una resezione del cieco rispetto alla più frequente scelta di un’emicolectomia destra. E’ evidente che la dimostrazione di una pervietà dell’asse ileo-colico nelle immagini tomografiche pre-operatorie e l’assenza di una sofferenza ischemica del colon ascendente, rilevata in corso di intervento, sono due elementi che consentono di scegliere più razionalmente la resezione del cieco – anche parziale in caso di infarto parcellare – rispetto all’emicolectomia destra.

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