Quale sarà l’evoluzione dell’attuale pandemia causata dal SARS-CoV2? Quanto potrà sopravvivere il SARS-CoV2 nella comunità umana? L’articolo “Immunological characteristics govern the transition of COVID-19 to endemicity”, scritto da J.S. Lavine, O.N. Biornstad e R Antia, recentemente pubblicato su Science (Science 2021; 371: 741-5) cerca di dare una risposta. Gli autori dello studio svolgono il loro ragionamento tramite i seguenti punti:
- SARS-CoV-2 è un coronavirus con modalità di trasmissione e di replicazione analoga a quella dei quattro coronavirus endemici noti, che annualmente causano lievi sindromi respiratorie.
- i coronavirus endemici non sono associati a mortalità nell’età infantile per l’efficace risposta del sistema immunitario in questo periodo della vita e non causano malattie gravi negli adulti, verosimilmente grazie alla memoria immunologica acquisita in età infantile.
- Analogamente ai coronavirus endemici, anche SARS-CoV-2 non induce anticorpi di lunga durata. Tuttavia, è verosimile che le reinfezioni siano comunque più lievi. L’esperienza in questo ambito è ancora limitata, ma supporta questo orientamento.
- L’attuale esperienza orienta a pensare che la pandemia non avrà un brusco arresto e che la sua evoluzione naturale, se lasciata incontrastata, esiterebbe infine nell’infezione di tutti gli esseri umani in tempi diversi. Il virus potrà diffondersi senza possibilità di bloccarne la diffusione sia perché è altamente contagioso, sia perché è trasmissibile durante la fase asintomatica dell’infezione (cosiddetta “fase dell’incubazione”), sia perché l’infezione decorre paucisintomatica nell’età infantile, sia perché l’immunità acquisita dopo la prima infezione rende paucisintomatiche le reinfezioni, sia perché gli attuali vaccini sono efficaci nel prevenire la malattia severa ma non l’infezione e il conseguente sviluppo di una forma lieve di malattia.
- Come probabilmente verificatosi nel caso degli altri coronavirus endemici, in futuro nella popolazione l’infezione risulterà più lieve: i bambini di oggi saranno adulti con memoria immunologica per SARS-CoV-2 adeguata per eliminare il virus rapidamente con lievi sintomi.
- In questo contesto i vaccini sono e saranno utili per ridurre la mortalità tra le fasce a rischio di mortalità per età e per comorbilità. E il distanziamento sociale trova un razionale nel “prendere tempo” per l’allestimento dei vaccini.
In conclusione, è prevedibile l’evoluzione da pandemia a endemia: in futuro e nei secoli dei secoli SARS-CoV-2 sarà un fastidioso malanno di stagione. Forse, il prefisso “SARS” (Severe Acute Respiratory Sindrome) potrà essere cancellato.
Se ho scelto di esporre una sintesi dell’articolo in questo sito vi è una precisa ragione: si allinea perfettamente con il mio orientamento, formatosi dopo aver pubblicato in questo sito “Flash coronavirus”; uno scritto nel quale sottolineavo che nell’infanzia l’infezione da SARS-CoV-2 decorre frequentemente in modo paucisintomatico, come rilevato dai primi studi effettuati in Cina.
Per una più chiara previsione sarebbe utile conoscere la risposta di domande alle quali non siamo in grado di rispondere: Quale sintomatologia determinarono i quattro coronavirus endemici al momento della prima loro comparsa nella comunità umana? Con quale efficacia protettiva agirà la memoria immunologica, quando gli adulti, infettatisi in età infantile, contrarranno nuovamente l’infezione?
Ma nel complesso lo studio si avvale di considerazioni ragionevoli e le conclusioni sono più che verosimili: paucisintomaticità dell’infezione da SARS-CoV-2 nella fascia infantile, evidenza di una memoria immunologica per le infezioni da coronavirus endemici, ragionevole dubbio sull’efficacia di qualunque vaccino contro il Covid-19 nel fornire un’immunità duratura, certezza sul fatto che i vaccini non sono efficaci nel 100% dei casi e che non possono essere somministrati simultaneamente a tutta la popolazione mondiale, il continuo manifestarsi di varianti virali … non possono che condurci alle conclusioni dell’articolo: la pandemia muterà in un’endemia, ma il virus sarà molto meno letale.
Ma questo scenario potrebbe mutare in meglio, aggiungerei, qualora comparisse sulla scena un efficace farmaco antivirale. E’ la nostra speranza, anche considerando il mai sopito rischio di una diffusione del coronavirus MERS-CoV responsabile della MERS; una patologia associata a letalità anche nella fascia infantile.
A latere possiamo aggiungere le seguenti conclusioni:
- la migliore arma che l’essere umano ha contro la maggior parte dei micro-organismi risiede nell’attivazione del sistema immunitario nella fase infantile della vita;
- vi sono buone speranze in un futuro drastico calo della mortalità, seppur con costi economici derivanti dai vaccini che dovranno essere periodicamente somministrati alle fasce della popolazione a rischio per età, comorbilità o esposizione ambientale ad elevate cariche virali.
Con questo breve intervento concludo definitivamente l’argomento “Coronavirus” in questo sito, proseguendo in futuro con le tematiche chirurgiche.
Tuttavia, prima di abbandonare il campo, presento un minuscolo contributo personale, proponendo due osservazioni, una relativa alla mia storia personale, l’altra riferitami da un conoscente, per l’eventualità che possano avere un significato per studi in relazione al tema trattato.
Osservazione 1
Non mi sono mai sottoposto alla vaccinazione contro l’influenza. Di conseguenza ho contratto l’infezione con la classica sintomatologia correlatavi (febbre elevata, faringodinia, astenia) annualmente per un periodo della mia vita, in un successivo periodo della mia vita la classica sintomatologia dell’influenza si è manifestata ogni 3-4 anni, ultimamente questa sintomatologia è assente da nove anni.
Prodigi della memoria immunologica? Probabilmente sì.
Il vaccino anti-influenzale, somministrato annualmente, avrebbe avuto lo stesso effetto sulla memoria immunologica? Probabilmente no.
Ciò non toglie che in presenza di comorbilità sia importante la vaccinazione: non tutte le sindromi influenzali hanno un benevolo decorso con febbre e faringodinia. Potrei ricordare un episodio influenzale della mia giovane età caratterizzato da meningismo, fosfeni, febbre elevata e profonda astenia. L’episodio si verificò nel periodo invernale ed ebbi conferma dal medico di famiglia che era in corso un’epidemia “con interessamento nervoso”. Non vaccinarsi costituisce quindi un rischio, da ponderare con il desiderio di ottenere una buona memoria immunologica.
Un aspetto di particolare interesse per la scelta sarebbe comprendere se la memoria immunologica acquisita nei confronti dei virus influenzali sia di tipo crociato, quindi utile nel caso di infezioni sostenute da coronavirus, quali SARS-CoV-2.
Inoltre: qual è l’effettiva differenza tra la memoria immunologica formatasi dopo la vaccinazione contro una determinata malattia e la memoria immunologica formatasi dopo quella stessa malattia?
Osservazione 2
La seconda osservazione è di un mio conoscente, che vive in provincia di Venezia:
“Nel periodo invernale degli anni 2017, 2018 e inizio 2019 ho contratto lievi infezioni delle alte vie respiratorie, che tuttavia hanno lasciato uno strascico in termini di tosse e di lieve asma, come se l’organismo faticasse a liberarsi dal virus e fossero coinvolti i bronchi. Per questo motivo sono giunto a sottopormi a RX torace nel marzo del 2019, nonostante che abbia una sorta di fobia per le indagini radiologiche. La radiologa riscontrò minimi segni di bronchiolite e affermò che il fatto non la sorprendeva: quell’anno aveva frequentemente osservato quadri di bronchiolite più significativi del mio. Ricordando il mutamento della mia sintomatologia negli ultimi anni, pensai che per qualche motivo vi corrispondesse un qualche mutamento nella circolazione o nella genetica dei virus stagionali.
E’ un’osservazione interessante, che probabilmente non ha alcuna relazione con la pandemia verificatasi l’anno successivo. Ma è comunque interessante.