di Enrico Ganz
E’ ben noto che in molti casi una diagnosi pre-operatoria di appendicite acuta non è definibile con certezza sulla scorta dei soli dati clinici. La sintomatologia può essere considerata decisamente orientativa per un’appendicite solo quando il dolore inizia in sede epigastrica, localizzandosi entro poche ore in fossa iliaca destra e associandosi a leucocitosi, febbre compresa tra 37,5 e 38,5°C, nausea, vomito alimentare, inappetenza e resistenza in fossa iliaca destra alla palpazione profonda con positività del segno di Blumberg. Ma vi sono molte sfumature sintomatologiche sul tema, che sono in rapporto con la posizione retro-ciecale o sotto-epatica dell’appendice, oppure a sue patologie parassitarie, granulomatose o tumorali (1,2,4,6,7,11,14). Ne derivano quadri sintomatologici che possono sovrapporsi alla presentazione clinica di patologie acute interessanti il mesentere (adenomesenterite), il retroperitoneo (ascesso del muscolo psoas), il cieco, il tratto terminale dell’ileo e gli annessi. Per esempio, in caso di appendicite retro-ciecale il dolore può esordire in fossa iliaca destra ed essere associato a modesti rilievi clinici: febbricola, inappetenza e una dolorabilità in fossa iliaca destra alla palpazione profonda, priva dei segni tipici della peritonite; inoltre, la conta dei leucociti ematici è frequentemente nella norma. Questa presentazione clinica è sovrapponibile ad atipici quadri di flogosi pelvica, in cui è riferito dolore in fossa iliaca destra, mentre non è evocabile la tipica dolorabilità alla pressione in regione pelvica e sono assenti rilievi ecografici. Si può allora scegliere un approfondimento diagnostico con TC addome o con laparoscopia, oppure preferire un trattamento con antibiotico ad ampio spettro, rinunciando a ricercare una diagnosi precisa. La laparoscopia presenta a mio avviso il pregio di effettuare una diagnosi anche nel caso di flogosi pelviche come quella documentata in figura 1, non rilevabili da una TC. Inoltre, evita l’esposizione a radiazioni ionizzanti in regione pelvica e consente di effettuare un prelievo di liquido peritoneale per esame colturale e citologico. L’approccio laparoscopico consente anche di effettuare un trattamento definitivo, qualora il problema derivi da una flogosi appendicolare. Infine, in caso di flogosi pelvica la laparoscopia offre l’opportunità di rimuovere l’appendice, per evitare in futuro dubbi diagnostici, qualora dovesse verificarsi un ulteriore episodio flogistico in sede pelvica.
L’importanza della laparoscopia nella diagnosi differenziale tra malattia infiammatoria pelvica e appendicite emerge considerando la storia clinica del seguente caso da me osservato. Si tratta di una giovane paziente, che lamentava dolore in fossa iliaca destra, febbricola e inappetenza da alcune settimane con due acutizzazioni, accompagnate da febbre e nausea, risoltesi dopo breve ciclo di antibioticoterapia. Il segno di Giordano era negativo, come pure uno stick urinario valutato a distanza dal termine del ciclo ovulatorio. La paziente si sottopose a un’ecografia addominale, nel corso della quale l’ecografista evidenziò una dolorabilità focalizzata alla pressione sull’appendice. Postosi quindi l’orientamento a una patologia flogistica subacuta dell’intestino, la giovane fu indirizzata al gastroenterologo, che propose un’enteroRMN. Giunto il caso alla mia osservazione, proposi di soprassedere all’enteroRMN per i lunghi tempi di attesa e di chiarire il problema con un’esplorazione laparoscopia, che poteva essere programmata entro pochi giorni. L’esplorazione evidenziò rilievi simili a quelli presentati in figura 2, corrispondenti a una peritonite pelvica.
Per quanto l’enteroRMN sia un esame innocuo, non esponendo a radiazioni, i lunghi tempi di attesa per la sua esecuzione avrebbero comportato la possibilità di un’evoluzione della flogosi pelvica verso la stenosi tubarica o la sindrome di Fiz-Hugh-Curtis (10) nel caso che l’affezione fosse stata sostenuta da micro-organismi trasmessi per via sessuale, in particolare Chlamydia trachomatis. Inoltre, né la RMN, né altri esami radiologici avrebbero consentito di effettuare la diagnosi. Questo caso è solo un esempio che conferma l’utilità della laparoscopia nell’identificare un’affezione acuta o subacuta che si manifesti sintomatologicamente con dolore in fossa iliaca destra e con rialzo termico in assenza di dati orientativi per una colica renale e in assenza di chiari rilievi patologici all’ecografia. Infatti, come questo caso evidenzia, persino il rilievo di una dolorabilità alla pressione sull’appendice in corso di esame ecografico non prova che il problema sia appendicolare: la dolorabilità potrebbe essere piuttosto correlata a una flogosi pelvica oppure a un’adenomesenterite. Quindi, la verifica ecografica della dolorabilità alla pressione appendicolare è una prova semeiologica poco specifica.
Resta infine da definire se in caso di dubbio diagnostico tra forme medio-lievi di appendicite, di adenomesenterite (Fig. 1) e di malattia infiammatoria pelvica (Fig. 2) sia più opportuno procedere a una laparoscopia o gestire il caso conservativamente con un’antibioticoterapia ad ampio spettro, ricorrendo all’esplorazione chirurgica solo in caso di inefficacia della terapia. La questione non ha una sola risposta; gli orientamenti possono essere piuttosto personali. Qui mi limito ad osservare che noi chirurghi generali abbiamo l’occasione di riscontrare quadri di malattia infiammatoria pelvica in donne per le quali il ginecologo non aveva riscontrato elementi orientativi per una patologia ginecologica; e perciò potremmo ritenere che in queste situazioni sia opportuno dare una precisa risposta al quesito diagnostico, poiché il riconoscimento di una malattia infiammatoria pelvica rende consigliabili accertamenti per definire se l’affezione sia sessualmente trasmessa (anamnesi, tampone vaginale) e, in caso di conferma, orientare alle più opportune raccomandazioni per prevenirne ulteriori episodi.
In conclusione di queste osservazioni sull’uso della laparoscopia nella diagnostica differenziale tra appendicite e malattie infiammatorie pelviche non può che essere ricordato anche l’importante ruolo della laparoscopia nella conferma diagnostica della cosiddetta “sindrome di Fiz-Hugh-Curtis” (3,5,9). Questa sindrome è esclusiva del genere femminile e consiste in dolore in ipocondrio destro che si esacerba scendendo le scale o respirando profondamente. E’ sostenuta da una periepatite cronica, caratterizzata da tipiche fini e fitte aderenze tra la capsula epatica e il peritoneo diaframmatico (“aderenze a corda di violino”). L’affezione è l’esito di una flogosi pelvica ascendente ed è causata tipicamente da Chlamydia trachomatis, ma ne possono essere responsabili anche Neisseria gonorrhoeae, Mycoplasma genitalium e batteri anaerobi. La giovane età della paziente e trascorsi episodi di malattia sessualmente trasmessa possono ulteriormente contribuire al sospetto che il dolore sia secondario agli esiti di una flogosi pelvica ascendente. Ma l’unica possibilità per una diagnosi di certezza è l’esplorazione chirurgica e la laparoscopica è evidentemente l’approccio più adeguato per questo fine.
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