Fig.1

di Enrico Ganz

 

La questione posta nel titolo è piuttosto accademica in Italia, terra inospitale per l’orso bianco. Confinato nelle terre artiche, l’Ursus maritimus, il più grande carnivoro del nostro pianeta, è qui ghiotto predatore di foche e di uomini, ma anche occasionale preda di questi stessi uomini, noti come “eschimesi”, ideatori di quel romantico capanno di caccia in ghiaccio e neve, che è il cosiddetto “igloo”. 

Vi è una leggenda raccolta tra gli eschimesi Unaligmiut di Unalakleet nella baia Norton Sound, laddove il fiume Unalakleet sfocia nel mare di Bering (7): il cacciatore Pikmiktalik e la moglie Takuha vivevano felici con i loro figli in una capanna in riva al mare, che forniva loro in abbondanza foche e pesci. Un giorno, Pikmiktalik ha un tragico presentimento e confida alla moglie che presto morirà. Così accade pochi giorni dopo. Per tre notti il cibo, posto dalla moglie accanto alla sua salma, scompare, segno che il suo spirito continua a nutrirsi. Ma il quarto giorno l’uomo scompare con il suo kajak. Tempo dopo, la donna vede Pikmiktalik in lontananza in allegra compagnia di alcune donne, che convivono con lui. Accecata dalla gelosia, Takuha uccide le donne con un inganno e si traveste da orso, corazzandosi con alcune pietre. Si presenta davanti a Pikmiktalik, che tenta di uccidere quello che ritiene essere un orso, ma invano, poichè le frecce si spezzano contro le pietre. Takuha si precipita su Pikmiktalik e lo uccide, poi tenta di liberarsi dalla pelle dell’orso, ma la pelle è diventata parte di lei. Assetata di sangue, entra nella sua casa e sbrana i figli, poi esce e incontra un cacciatore. Il cacciatore riesce a uccidere l’orso, scoccando un dardo, che si infila in uno spazio tra le pietre. Questo è il motivo per cui gli orsi, un tempo miti animali, sono ferocissimi: perchè lo spirito di Takuha ha trasmesso loro la sua ferocia, che ebbe origine da gelosia. 

A questo punto si potrebbe obbiettare: il difendersi dai giganteschi orsi dell’Artide è un problema per eschimesi, non è un problema che riguarda la nostra quotidianità. Ma è comunque un problema interessante ed è per questo motivo che qui lo presento e lo analizzo. 

In realtà, forse, sono sfortunati più gli orsi, che gli eschimesi, se raggiungono le abitazioni di questi uomini, considerando che l’orso bianco entra nella loro alimentazione e che questi uomini sono certamente attrezzati per mutarlo da predatore a prodotto di macelleria (1). E questo nonostante la perversa volontà di “civilizzazione laica” (ovvero priva di valori religiosi, sottesa esclusivamente al benessere materiale e allo sfruttamento delle risorse naturali) e i divieti di caccia (in primis alle foche), che ha gravemente danneggiato l’identità degli eschimesi con ripercussioni negative sul piano psicologico in molti individui: abuso di sostanze alcoliche e suicidi ne sono il segno. In questo degrado sociale sembra che Stati Uniti ed Europa abbiano avuto gravi responsabilità nell’accogliere le istanze del WWF e dei sostenitori di Greanpeace, proibendo la caccia alle foche negli Stati Uniti e la commercializzazione di pelle di foca in Europa. Queste responsabilità sono state perlomeno riconosciute onestamente dal WWF e più recentemente da Greanpeace (3,9) (Nota 1). A loro difesa si può dire: “Non sapevano quel che facevano; non avevano chiare le conseguenze che ne sarebbero derivate in termini umani, minando la tradizionale organizzazione familiare degli eschimesi, fondata sull’attività di caccia agli animali dell’Artide”. Inoltre, non si può addossare solo a loro la responsabilità. Come scrisse Jean Malaurie: “Basterà un contatto con una civiltà tecnologicamente più evoluta, perché nella civiltà eschimese si aprano profondi crepacci, che si allargheranno fino a diventare abissi.”

Il problema di un attacco da parte di orso bianco riguarda certamente non solo gli eschimesi, ma anche quei viaggiatori, che si inoltrano con fare sprovveduto nelle terre artiche. Tempo fa ho seguito un documentario dedicato agli animali delle terre artiche. Una delle scene è ripresa da un cine-operatore, che inquadra con lo zoom un orso bianco e due lontani colleghi. E’ verosimile che gli uomini si fossero sparsi sul territorio, per avere maggiore probabilità di intercettare il passaggio di un orso bianco. L’incontro ha finalmente luogo, ma non nel modo desiderato dai due cine-operatori. L’orso bianco è certamente molto affamato: attacca i due uomini, che saltano concitatamente con le attrezzature sulla motoslitta. L’orso giunge quasi a contatto dell’uomo posizionatosi dietro al guidatore, ma non vi sono intoppi nell’avvio del motore e la motoslitta consente di distanziare l’orso, che desiste dall’inseguimento, affaticato. 

In questo caso sono stati gli uomini a cercare l’orso bianco, in altri casi è l’orso bianco che cerca cibo, aggirandosi tra le rare stazioni di studio e di soggiorno per ricercatori, allestite in terre artiche.

Restando in tema di documentari, ricordo anche una scena, nella quale è inquadrato un segnale di divieto sulla strada di un Paese nordico, che indica il rischio di incontro con orsi bianchi e quindi il divieto di procedere a piedi oltre il limite segnato per coloro che non siano armati con un fucile. Ironicamente parlando, questo tipo di divieto sarebbe proprio una soluzione a portata di mano per i nostri Comuni, per avvisare i gitanti su come tutelarsi al meglio dall’attacco di orsi bruni in determinate aree geografiche dell’Italia… e ben gradita alle nostre Prefetture, sempre solerti a concedere porti d’arma per difesa in presenza di ragionevoli motivazioni…

Tradizionalmente il fucile è stato considerato l’arma non plus ultra per difesa da grandi mammiferi. Famoso in particolare il poderoso calibro 375 Holland&Holland Magnum per fucile Express, che fu utilizzato in Africa dai safaristi e dai coloni europei a partire dal 1912, successivamente affiancato da calibri più agili, ma pur sempre Magnum, come il 9,3×57 Mauser, il 9,3×62 Brennecke, il .35 Whelen e i più moderni .338 Winchester Magnum e .300 Winchester Magnum.

Fig. 2

Tuttavia, agli inizi del XXI secolo anche nelle armi corte è comparso un calibro competitivo con quelli sopra citati: il .500 Smith&Wesson Magnum. Inoltre, è stata progettata una cartuccia, nota come 460 Smith&Wesson Magnum, che analogamente riesce a raggiungere la potenza di un fucile di grosso calibro. La cartuccia 460 S&WM si basa su un bossolo derivato dal 45 Colt. La differenza morfologica più appariscente rispetto alla cartuccia 45 Colt è l’allungamento del bossolo a 45,50 mm – 45,72 mm (4,5) (il bossolo 45 Colt è invece lungo 32,50 mm – 32,60 mm). Alla distanza di venti metri il potere d’arresto delle cartucce 500 S&WM e 460 S&WM è certamente adeguato per un animale di 800 Kg, quale può essere la massa di un grosso orso bianco di genere maschile. Per esempio, una cartuccia 460 S&W Magnum con palla FMJ-FN da 255 grani, polvere Vihtavuori N110 in dose submassimale di 38,5 grani e innesco Large Rifle standard, incamerata in un revolver 460 S&W XVR con canna lunga solo 9 centimetri, eietta una palla che alla distanza di venti metri conserva una velocità superiore a 480 m/s con un’energia cinetica superiore a 1850 Joule (2). A questa stessa distanza la precisione di un revolver 460 S&W Magnum a canna corta è adeguata, come si può vedere in figura 2 (freccia centrale), in figura 5 (in tal caso la distanza testata è di 25 metri) e più dettagliatamente in un video pubblicato in Youtube (8). 

Un revolver in calibro 460 S&W Magnum può quindi sostituire il tradizionale fucile, quando ci si inoltra in terre percorse da predatori di grande taglia? 

La questione richiede attenzione nella risposta, considerando che il trascurare qualche piccolo dettaglio potrebbe fare la differenza tra un’efficace difesa e una tragedia. E’ quindi opportuno dapprima esaminare le caratteristiche tecniche essenziali della cartuccia e del revolver, quindi focalizzarsi sulle debolezze del complessivo apparato di difesa, per trovare soluzioni. 

 

Studio della cartuccia .460 S&W Magnum (fig. 1)

I dati dimensionali sono stati ottenuti dalla scheda normativa C.I.P. (11), nonché mediante misurazione effettuata con calibro Mauser su bossoli Hornady e Starline nuovi. 

 

– Cartuccia (dati C.I.P.)

La lunghezza massima della cartuccia è 58,12 mm. Diametro al colletto della cartuccia: 12,14 mm. Pressione max: 3950 bar (3898,35 atmosfere; 395 MPa). 

 

– Bossolo 

Sono messe a confronto le misurazioni di un bossolo Hornady vs bossolo Starline vs  eventuale dato C.I.P.. In neretto sono evidenziate le misurazioni di maggior interesse per questo studio.

Lunghezza del bossolo: 45,50 mm vs 45,50 mm (lunghezza max secondo norma CIP: 45,72 mm); diametro del bossolo al colletto: 12,00 mm vs 12,00 mm vs – mm; diametro del bossolo alla base: 12,10 mm vs 12,10 mm vs 12,14 mm; diametro del fondello: 13,10 mm vs 13,05 mm vs 13,21 mm; spessore del fondello: 11,40 vs 11,40 mm vs 1,50 mm; diametro della camera al colletto: 11,40 mm vs 11,40 mm vs – mm; spessore parete al colletto: 0,30 mm vs 0,30 mm vs – mm; spessore parete alla base: 0,85 mm vs 0,85 mm vs – mm; diametro della camera alla base: 10,30 mm vs 10,30 mm vs – mm; spessore del pavimento: 1,80 mm (*) vs – mm (*); spessore tra pavimento e base del fondello: ca 5,85 mm (**) vs – mm (**) vs – mm; altezza della camera interna: 40,70 (***) mm vs – mm vs – mm; diametro della tasca per l’innesco alla base: 5,25 mm vs 5,25 mm; profondità della tasca per l’innesco (tra il suo fondo e la circonferenza esterna): 3,25 mm vs – mm; svasatura del fondello: 0,40 mm vs 0,40 mm vs 0,41 mm; lunghezza del canale di vampa: 1,50 mm vs – mm vs – mm; diametro del foro di vampa: 1,95 mm vs 1,95 mm.

(*) Il pavimento si assottiglia dalla base verso il foro di vampa, digradando con due scalini. La misurazione è stata ottenuta al centro, sul foro di vampa.

(**) Sulla proiezione del fondello corrisponde nella camera il gradino più alto del pavimento, che è obliquo verso il basso. La misurazione è quindi solo orientativa.

(***) Distanza tra l’orifizio interno del canale di vampa e il piano che passa per l’estremità superiore del bossolo. 

 

– Palla

Le palle per questo calibro hanno diametro di 11,48 mm (.452 pollici), se in piombo FMJ, e .451 pollici (11,455 mm), se in rame. Il peso varia tra 200 grani (12,96 grammi) e 300 grani (19,44 grammi). Le tipiche palle “460 S&WM” in piombo sono blindate e hanno un elevato contenuto di antimonio. Un tipico prodotto è la palla Hornady FTX da 200 grani: la sua estremità è cava, riempita da un inserto in resina sintetica di colore rosso con estremità conica, che dovrebbe favorire sia la stabilità nella traiettoria, sia l’espansione della palla al momento dell’impatto. L’ogiva della palla non deve superare i 14,28 mm, per consentire la rotazione del tamburo. Infatti, 44,22 mm (massima lunghezza del corpo del bossolo) + 14,28 mm (ogiva della palla) = 58,50 mm, corrispondente alla lunghezza delle camere del tamburo; se l’ogiva fosse lunga 14,28 mm resterebbe solamente l’ulteriore spazio di circa 0,10 mm tra la faccia anteriore del tamburo e la canna, per consentire la rotazione del tamburo. Le maggiori lunghezze si osservano nelle palle in rame, in relazione al minore peso specifico di questo materiale; per esempio nelle palle Leigh Defense da 220 grani l’ogiva è lunga 11,80 mm. 

Una palla in rame non supera i 275 grani. Sarebbe impossibile ottenere una palla in rame puro con peso di 300 grani, considerando che per lo scarso peso specifico del rame sarebbe necessario un volume tale da superare il suddetto limite dimensionale dell’ogiva. In alternativa, dovrebbe essere allungato il corpo della palla con conseguente perdita di qualità aerodinamiche e occupazione di spazio nel bossolo a discapito della polvere. 

Nel bossolo 460 S&WM possono essere inserite tutte le palle prodotte per le cartucce 45 Colt e 454 Casull, tenendo presente che la loro superficie può essere più liscia delle palle commercializzate con l’indicazione “460 S&W”, qualora trattata con uno strato antifrizione. Per questo motivo (ma non per un minor diametro della palla) esse potrebbero avere minore stabilità nel bossolo in assenza di crimpatura; sotto l’effetto dei contraccolpi è quindi elevato il rischio che si dislochino. Ne consegue che la crimpatura è essenziale ed è anche importante che sulla palla siano stampati uno o due solchi di crimpatura. 

 

Fig. 3 – Sezione di bossolo, ottenuta per studiare l’inserimento dell’innesco. L’innesco è stato spinto nella tasca fino all’appoggio dei piedini.

 

 

 

– Innesco

L’innesco è di tipo Large Rifle standard, ma può essere utilizzato anche un innesco Large Rifle Magnum, consigliato in climi freddi e umidi. Per le misurazioni ho utilizzato un innesco LR standard Fiocchi e un innesco LR standard Winchester WLR. La capsula presenta un diametro di 5,30 mm (Winchester e Fiocchi) e un’altezza compresa tra 2,80 mm (Fiocchi) e mm 3,00 (Winchester). I piedini dell’incudine debordano dalla capsula diversamente tra i due prodotti, ma in entrambi l’altezza tra la base della capsula e i piedini è 3,25 mm. Si può notare che l’altezza della capsula Fiocchi è leggermente inferiore (2,80 mm vs 3,00 mm); di conseguenza, l’incudine dell’innesco Fiocchi è più sporgente dell’incudine Winchester rispetto al bordo della capsula.

Considerando l’innesco Fiocchi, l’incudine è alto 2,05 mm, la base della capsula ha spessore di 0,30 mm. Quindi, tra l’apice dell’incudine e la capsula vi è un interstizio di 0,90 mm, riempito dalla miscela esplosiva. Un colore nella tonalità del verde consente di identificare la corretta presenza della miscela esplosiva sia nell’innesco Fiocchi, sia nell’innesco Winchester.

Come ho potuto evidenziare in una sezione del bossolo, una lieve azione della pressa su un innesco Fiocchi conduce all’appoggio dei piedini sul fondo della tasca, mentre il bordo della capsula rimane distanziato di 0,40 mm. In questa posizione la base della capsula si pone a livello o impercettibilmente sotto il livello della base del fondello (fig. 3). Una maggiore azione della pressa spinge l’incudine all’interno della capsula, che affonda nella tasca. Giunta a fine corsa, la capsula comprime le estremità dei piedini dell’incudine contro il pavimento della tasca, come si può vedere in figura 4. In questa posizione la base della capsula è collocata circa 0,35mm – 0,40 mm sotto la base del fondello. Tuttavia, come vedremo in seguito, non è esattamente questa la posizione ottenibile in un bossolo integro, in tal caso ponendosi la base della capsula circa 0,20 mm sotto il piano del fondello. 

L’esame visivo del fondello nei bossoli esausti evidenzia un allargamento della base della capsula dell’innesco, cosicché è colmata la sottile intercapedine tra la base dell’innesco e il bordo superiore della tasca in cui è accolto, invece visibile prima che avvenga la percussione dell’innesco. Inoltre, la base dell’innesco è ora perfettamente a livello del fondello. L’esame dimensionale di un innesco esausto Fiocchi evidenzia che l’altezza complessiva dell’innesco si è ridotta di 0,10 mm (3,15 mm vs 3,25 mm) rispetto all’innesco vergine, per lo spostamento dell’incudine all’interno della capsula, e che vi è un modico allargamento della base della capsula, difficile da quantificare numericamente con precisione.

Per quale motivo la base dell’innesco esausto si trova a livello della base del fondello, se la sua altezza si è persino ridotta rispetto all’innesco vergine, che si trovava sotto il livello del fondello per un tratto di 0,20 mm? Evidentemente, nel momento in cui l’esplosivo, contenuto nell’innesco, si attiva, l’innesco (capsula ed incudine) è proiettato all’indietro, ma il percussore ne impedisce la fuoriuscita dalla tasca.

L’altezza di un innesco esausto è di 3,15 mm, l’incudine è alto 2,05 mm e la base della capsula ha spessore di 0,30 mm. Quindi, tra l’apice dell’incudine e il versante interno della capsula vi è una distanza di 0,80 mm. Questo valore ci fornisce la profondità della tacca che il percussore produce sulla base della capsula (in corrispondenza dell’apice dell’incudine), quando la percussione è corretta: per l’appunto 0,80 mm. Quando l’innesco non è posizionato correttamente, la percussione diventa inefficiente e, quale segno di questo evento, la  profondità della tacca appare vistosamente < 0,80 mm.

 

 

Fig. 4 – L’innesco è stato spinto nella tasca del bossolo fino alla scomparsa dell’incudine nella sua capsula

– Polvere

Le polveri più collaudate sono la Hodgon H110 (sembra che la cartuccia 460 S&W Magnum sia stata inizialmente collaudata utilizzando proprio questo tipo di polvere) e la finlandese Vihtavuori N110. Le migliori prestazioni balistiche si ottengono con dosi compresse di queste polveri. Per esempio, nel caso della Vihtavuori N110 può essere utilizzato un dosaggio di 40 grani per una palla FMJ da 250 grani (10). 

 

 

 

Caratteristiche del revolver 460 S&W Magnum

Il revolver originale per cartuccia 460 S&W Magnum è lo Smith & Wesson 460 XVR (Xtreme Velocity Revolver). Fu presentato nel 2005 in versioni a canna lunga tra 7,5 pollici (19 cm) e 14 pollici (35,56 cm) ed è stato successivamente commercializzato anche in una versione a canna corta (3,5 pollici, ovvero 8,9 cm). La sua struttura metallica è in grado di resistere a una pressione di almeno 4450 bar (445 MPa). Il peso dell’arma è di 1667 grammi nella versione a canna corta (dato fornito dal catalogo Smith & Wesson). Singolarmente, ho avuto occasione di seguire in Youtube alcune recensioni tutt’altro che lusinghiere per le versioni a canna lunga, alle quali si rimprovera una scarsa precisione nel tiro rispetto ai fucili, mentre la versione a canna corta è caratterizzata da adeguata precisione nel tiro perlomeno fino alla distanza di 25 metri, ambito di confronto per le armi corte (Fig. 5) (6,8). Un indubbio vantaggio delle versioni a canna corta è la possibilità di essere utilizzate a due mani senza appoggio. La massiccia struttura in acciaio fornisce ottima resistenza fino a una pressione di 4400 bar. Il tamburo ospita cinque camere lunghe 58,50 mm. Il grilletto presenta una resistenza di 1700 grammi in singola azione. La  tacca di mira è regolabile in alzo e in deriva. Il mirino HIVIZ è fisso, è dotato di fibra ottica verde ed è intercambiabile con mirini di diversa altezza. La canna è rinforzata da una camicia in acciaio. Nella mia misurazione con calibro Mauser il diametro interno della canna alla bocca è risultato di 11,25 mm tra creste opposte delle rigature, corrispondente a .44 pollici. La misurazione è stata effettuata alla bocca della canna. Ho ripetuto più volte questa misurazione, attendendomi un valore di  .45 pollici. Questo valore si ottiene quale distanza tra i solchi opposti della rigatura.

Una particolarità delle canne 460 S&WM è la rigatura a passo progressivo (gain twist): dal cono di forzamento alla bocca il passo della rigatura si riduce progressivamente. Questa configurazione consente di ridurre la velocità di rotazione della palla nel tratto iniziale della canna con il vantaggio di una minore usura.

 

“460 Smith & Wesson Magnum” è un calibro?

Se per calibro di un’arma si intende la distanza tra le creste opposte delle rigature nella sua canna, la valutazione dei dati precedentemente esposti indica che il “460 Smith & Wesson Magnum” non è un ben distinto calibro, ma una denominazione, scelta verosimilmente con finalità commerciale. La canna del revolver 460 S&W Magnum XVR non ha un calibro .460. “460 Smith & Wesson Magnum” è quindi una denominazione scelta per una cartuccia che è una variante della cartuccia 45 Colt, dalla quale si distingue per l’allungamento del bossolo fino a un massimo di 45,72 mm, per l’utilizzo di un innesco Large Rifle standard o magnum e per l’utilizzo di specifici tipi di polvere per fucile, che consentono di ottenere una pressione di ben 3950 bar (3898,35 atmosfere; 395 MPa), limite pressorio massimo consentito secondo le norme C.I.P..

Un revolver 460 S&W potrebbe essere altrimenti definito “45 Colt Magnum”; infatti, non si differenzia dai revolver 45 Colt per un calibro maggiore, ma per l’allungamento delle camere del tamburo e per il maggiore spessore della struttura, tale da consentire alla cartuccia 45 Colt maggiorata di sprigionare 4000 bar (3947,69 atmosfere; 400 MPa) senza che l’arma esploda. Di conseguenza, camere del tamburo e canna possono accogliere anche cartucce 45 Schofield, 45 Colt e 454 Casull. 

 

Malfunzionamenti

Fornite le precedenti essenziali informazioni, ai fini di questo studio è importante definire i potenziali malfunzionamenti. Riporto i malfunzionamenti, che ho potuto osservare in un Centro di tiro. 

 

– Blocco di rotazione del tamburo

Questo fenomeno è causato da grani di polvere incombusta trattenuti da olio lubrificante tra i denti del tamburo. I grani possono provenire da bossoli in cui non è stata ottimale la combustione per errori di confezionamento della cartuccia; per esempio, per il collocamento di un innesco Large Pistol standard al posto dell’innesco Large Rifle. I grani possono altrimenti spargersi sul tamburo in seguito alla fuoriuscita della palla da un bossolo per effetto dei contraccolpi in caso di insufficiente crimpatura.  Un particolare, rarissimo, tipo di blocco è descritto nel paragrafo “Incastro di un bossolo o di una cartuccia nella camera del tamburo”.

 

– Dislocamento della palla 

Il dislocamento è causato dall’assenza di crimpatura sul bossolo ed è più frequentemente osservabile se si usano palle per cartucce .45 Colt rivestite da uno strato anti-attrito (per es le Target Bullets della serie Gold-Teb”). In tale caso i primi due – tre violenti contraccolpi causano lo slittamento in avanti delle palle nelle due – tre residue cartucce accolte nel tamburo. Il dislocamento può essere parziale o totale. Nel primo caso si osserverà un calo di energia, essendovi una minore compressione della polvere (che normalmente in questo tipo di cartuccia deve essere subcompressa per un’ottimale prestazione). Nel secondo caso il calo di energia sarà decisamente più elevato: gran parte dell’energia prodotta dalla polvere incendiata si dissiperà attraverso la fessura tra la palla e il bossolo, fuoriuscendo come fiammata ai lati del revolver. 

 

– Mancata attivazione della cartuccia per difettosa percussione dell’innesco

Nella mia esperienza è il più comune malfunzionamento osservabile in un revolver in calibro 460 S&W, se le cartucce sono confezionate artigianalmente. Il segno di questo problema è dato da una tacca più piccola del normale sulla base della capsula. La causa è una difettosa interazione tra il percussore e la capsula dell’innesco. Considerando che è molto difficile reperire cartucce 460 S&W Magnum, la necessità di ricaricare i bossoli comporta anche la necessità di comprendere esattamente se questa difettosa interazione dipenda da un difetto dell’innesco, da un difetto del meccanismo di percussione nel revolver o da una difettosa collocazione dell’innesco nella tasca del bossolo.

 

– Incastro di un bossolo o di una cartuccia nella camera del tamburo.

Ne può essere causa una dilatazione del bossolo dopo lo sparo per un sovradosaggio di polvere, oppure una deformazione “ad onda” del colletto per un’erronea azione della pressa in fase di ricarica. In questo secondo caso l’ulteriore errore è il forzare la cartuccia nella camera del tamburo. 

Ho potuto osservare un particolare malfunzionamento, che mette temporaneamente fuori uso il revolver, impedendo la rotazione del tamburo: mancata attivazione dell’innesco, associata al dislocamento della palla per l’associarsi di un rivestimento antifrizione sulla palla e di assenza di crimpatura, complicato dall’incastro della palla nella strettoia posta all’estremità anteriore della camera di cartuccia e dalla sporgenza della sua ogiva dalla camera di cartuccia. Detto altrimenti, il corpo della palla slitta in avanti per i contraccolpi, verificatisi nei tiri precedenti, e si incastra nella parte anteriore ristretta della camera di cartuccia, mentre l’ogiva della palla sporge dal tamburo, impedendone la libera rotazione.  

 

– Problemi di mira e di impugnatura

Un commento sulla figura 2 consente di comprendere i maggiori problemi nell’utilizzo di questo revolver senza appoggio. Il primo tiro in singola azione è stato impeccabile, avendo raggiunto il bersaglio esattamente nel punto voluto alla distanza di venti metri con una palla FMJ-FN da 255 grani (Fig. 2, freccia centrale). Tuttavia, vi è stato un errore nel posizionamento del pollice, che è stato urtato dal tasto di sgancio del caricatore in fase di contraccolpo con conseguente escoriazione e sanguinamento. Può sembrare un incidente modesto, in realtà è stato sufficiente per suscitare quel poco di timore sulla possibilità di un altro simile evento al tiro successivo, da far perdere la concentrazione con l’effetto di due tiri nettamente fuori bersaglio (Fig. 2, frecce destra e sinistra). Inoltre, due cartucce non si sono attivate: i loro inneschi sono stati intaccati troppo leggermente dal percussore. 

 

Risoluzione dei problemi

L’identificazione e la descrizione dei malfunzionamenti sopra descritti ci consente ora di passare alla loro prevenzione:

 

– effettuare un’adeguata crimpatura nelle cartucce ricaricate.

Non essendo reperibili sul mercato matrici per crimpatura di cartucce 460 S&W Magnum, a tal fine è possibile utilizzare la matrice crimpatrice “roll crimp” per il calibro 45 Colt, adeguatamente adattata e regolata. Questo adattamento mi è stato possibile perlomeno con la matrice Lee, non avendo esperienza con presse di altre aziende. Come riportato nel piccolo studio descritto al paragrafo seguente, su dieci cartucce non ho osservato alcun dislocamento di palla, pur utilizzando un tipo di palla rivestito da strato antifrizione e un elevato dosaggio di polvere. In precedenza, con questo tipo di palla il dislocamento era la regola con varie conseguenze negative, sopra descritte. 

– posizionare correttamente l’innesco

Quale sia la modalità per un corretto posizionamento dell’innesco nella tasca del bossolo è una questione particolarmente importante, poiché ho osservato che la mancata attivazione dell’innesco è il più comune malfunzionamento nelle cartucce 460 S&WM ricaricate in assenza di esperienza e di studio al riguardo. 

Non vi è dubbio che sia importante utilizzare lo specifico shell holder per 460 S&WM e il porta-innesco per inneschi di tipo Large, che, perlomeno per quanto riguarda una pressa Lee, è adatto sia per inneschi Large Pistol standard e magnum, sia per inneschi Large Rifle standard e magnum. In secondo luogo, l’innesco deve essere affondato quanto basta e in perfetto asse con l’asse del bossolo. A questo punto non si dovrebbe osservare un malfunzionamento, se non per un innesco difettoso o per un difetto nel meccanismo di percussione del revolver. 

Si tratta tuttavia di comprendere il “quanto basta” e il corretto allineamento. Per quanto affermano gli esperti di ricarica, posizionare correttamente l’innesco significa affondarne la capsula fino all’appoggio dei tre piedini dell’incudine sul fondo della tasca per l’innesco. Inoltre, terminata l’azione di pressa, la base della capsula deve risultare lievemente affondata rispetto alla base del fondello. 

Ma, nel caso degli inneschi Large Rifle, avere un’idea chiara di quale sia la corretta configurazione finale non è così semplice in assenza di esperienza. Come precedentemente riportato, l’innesco Fiocchi ha capsula alta 2,85 mm, ma i piedini debordano per ulteriori 0,40 mm. La tasca per l’innesco è profonda 3,25 mm. Il problema è comprendere: 

– se sia sufficiente ottenere con la pressa un morbido appoggio dei piedini. In tal caso il bordo della capsula rimane distanziato dal pavimento della tasca.

Da cosa è segnalata esternamente questa posizione? 

Una risposta è fornita dall’osservazione su una sezione di bossolo: la base della capsula è allineata con il fondello (fig. 3). 

Questa posizione dell’innesco appare piuttosto instabile e in assenza di una visione diretta, non è possibile comprendere quando i piedini giungono a contatto con il fondo. Certamente non è questa la posizione corretta.

– se sia sufficiente premere l’innesco nella tasca, azionando la leva della pressa con la minima forza sufficiente a percepire una fine corsa. Anche in questo caso ci viene in aiuto l’osservazione sulla sezione di bossolo (fig. 4): l’incudine affonda nella capsula e il bordo della capsula giunge molto prossimo al fondo della tasca, ma resta ancora un sottile interstizio. In questa posizione l’innesco è affondato per un tratto di 0,35 mm rispetto al piano del fondello. Questa posizione potrebbe essere utile, ma una parte della pressione esercitata dal percussore andrà dispersa nell’affondamento della capsula.

  • se sia corretto esercitare un’ulteriore pressione con la leva della pressa.

Grazie al bossolo sezionato di figura 4 è possibile verificare che in tal caso il bordo della capsula tocca il fondo della tasca e i piedini scompaiono dalla vista, essendo tutto l’incudine coperto dalla capsula. In questa posizione l’innesco è affondato per un tratto di 0,40 mm rispetto al piano del fondello.

Ho verificato se questa ultima soluzione sia valida, utilizzando dieci bossoli 460 S&WM Starline nuovi e dieci inneschi Fiocchi. Per quanto concerne il corretto allineamento tra asse dell’innesco e asse del bossolo, la mia soluzione è consistita nel trazionare verso l’alto il bossolo, inserito nello shell holder, al momento dell’abbassamento della leva della pressa, in modo che il fondello poggi omogeneamente sul contorno superiore del fermo dello shell holder. Ho inserito gli inneschi, esercitando una pressione progressiva e mantenendola alcuni secondi dal momento della percezione di un fine corsa. In tal modo tutti gli inneschi hanno presentato un affondamento di circa 0.20 mm rispetto al piano del fondello. Ho ruotato i bossoli di 180° nello shell holder e ho ripetuto l’azione di pressa senza ottenere un ulteriore affondamento. E’ verosimile che il maggior affondamento osservato nel bossolo di prova (0,40 mm) sia stato possibile per la deformazione della capsula, che può esteriorizzarsi leggermente tramite il pertugio laterale praticato artificialmente nella tasca. In una tasca integra la capsula si incastra nelle pareti della tasca e il suo bordo non raggiunge il fondo della tasca. Questo obbiettivo non è importante; è importante che questa posizione sia tale da stabilizzare sul fondo i tre piedini dell’incudine.

I bossoli così innescati sono stati provvisti di palle FMJ-FN da 255 grani, rivestite da vernice antifrizione, e di polvere Vihtavuori N 110 alla dose di 38,1 grani; effettuata  la crimpatura con matrice roll crimp Lee per 45 Colt, le cartucce sono state  testate in un revolver 460 S&W XVR.

L’attivazione dell’innesco Fiocchi si è verificato in 10/10 bossoli. Nonostante i violenti contraccolpi nessuna palla si è dislocata. Questa prova indica che un affondamento dell’innesco per un tratto di 0,20 mm è corretto. Evidentemente con tale affondamento i tre piedini dell’incudine poggiano ben stabili sul fondo della tasca. La mia impressione è che sia anche importante curare con attenzione il corretto allineamento dell’asse dell’innesco con l’asse del bossolo, nel modo sopra indicato. 

Per quanto concerne la centratura della percussione, le tacche sulle capsule non sono risultate perfettamente centrate, pur essendo la centratura considerabile nei limiti accettabili. E’ del resto noto che Smith & Wesson non ha il culto della perfezione.

 

adeguata manutenzione del revolver

Come precedentemente segnalato, è possibile che residui combusti o incombusti blocchino la rotazione del tamburo, oppure interferiscano con il sistema di chiusura del tamburo o con il sistema di estrazione dei bossoli esausti. 

In presenza di abbondanti residui incombusti è probabilmente opportuno sostituire gli inneschi Large Rifle standard con inneschi Large Rifle magnum, come da alcuni consigliato. L’utilizzo di inneschi LR magnum sarebbe opportuno in climi particolarmente freddi (4). 

L’adesione dei residui è facilitata dalla presenza di olio lubrificante, Quindi, dopo un’eventuale lubrificazione delle parti in movimento, l’olio deve essere accuratamente asportato con un diluente dalla superficie posteriore del tamburo. 

In generale, l’olio di vaselina è un noto protettivo dei metalli, ma vi sono parti dell’arma che non devono essere oliate. Ne è un esempio la superficie interna della canna: uno studio pubblicato in Youtube evidenzia una perdita di precisione nei fucili con canna oliata, verosimilmente dovuta a un minore attrito tra la palla e le creste della rigatura. L’attrito è causa del consumo delle rigature, ma è peraltro irrinunciabile, perché consente di imprimere l’accelerazione rotazionale, che fornisce stabilità alla palla in volo.

Un altro aspetto importante è l’identificazione di viti o di bulloni allentati e la loro accurata stretta. Nel revolver Smith & Wesson 460 XVR possono allentarsi in particolare il dado che blocca l’asse del tamburo all’estremità anteriore e la vite che fissa il pulsante di sgancio del tamburo. Attenzione deve essere posta anche alla vite che fissa il supporto per la tacca di mira (da non confondere con la vite per l’alzo della tacca di mira, situata all’estremità posteriore del supporto). 

 

– impugnare correttamente il revolver

Erroneo è il posizionamento del pollice destro a contatto con il castello. In fase di contraccolpo il tasto di sgancio del tamburo può urtarlo, causando un’escoriazione. Quindi, il pollice deve essere addotto quanto basta per evitare il problema; per esempio, appoggiandolo sul I metacarpo della mano sinistra.

Un grave errore è il posizionamento delle dita a lato del tamburo alla ricerca di una posizione che stabilizzi al meglio l’arma. Il motivo è facilmente esemplificato da quanto accade a un foglio, che sia collocato a lato del tamburo al momento dello sparo.

E’ inoltre evidente che il violento contraccolpo non deve essere contrastato altrettanto violentemente, con l’illusione di poter tenere immobile l’arma, ma deve essere assecondato con un controllato cedimento nella resistenza dell’arto superiore destro. Ma il contraccolpo deve essere anche contrastato, posizionando l’eminenza ipotenar della mano destra sul dorso dell’impugnatura ed evitando un’eccessiva rilassatezza muscolare dell’arto superiore destro, per evitare che l’arma si proietti contro il volto.

 

Fig. 5 – Esito di 5 tiri senza appoggio a due mani alla distanza di 25 metri su disco con diametro 19 cm. Palla FMJ-FN 255 grani, Vihtavuori N 110 38,5 grani, innesco Large Rifle standard Fiocchi. Velocità 519 + – 4,12 m/s, E alla bocca compresa tra 2200 J e 2240 J, BC (G1): 0,129. Il foro più prossimo al centro corrisponde al primo tiro.

 

 

Verso una strategia difensiva 

Esaminate le caratteristiche del revolver 460 S&W Magnum, le caratteristiche delle sue cartucce, i malfunzionamenti e i modi per prevenirli, è possibile definire una strategia difensiva nell’attacco da orso bianco.
In primo luogo, deve essere verificata la funzionalità dell’apparato di difesa alle temperature tipiche delle regioni artiche, effettuando tiri di prova con cronografo nei potenziali teatri operativi. Deve essere eliminato l’olio lubrificante dalle parti meccaniche. L’arma deve essere custodita all’asciutto, per evitare incrostazioni di ghiaccio sulle parti in movimento. Devono essere scelti guanti adatti alla protezione dal freddo e all’utilizzo dell’arma.

Si possono identificare due posizioni di difesa utili: in piedi con arto inferiore destro leggermente arretrato, oppure con ginocchio destro poggiato a terra. In entrambi i casi è raccomandabile un sostegno dell’arma con due mani.
La concentrazione nel tiro è fondamentale e coinvolge non solo l’attenzione sul sistema di mira, ma anche la corretta distribuzione della forza tra le due mani. Il significativo peso del revolver 460 S&W Magnum orienta istintivamente a equilibrare la forza tra le due braccia e tra le due mani. Lo sforzo muscolare deve essere invece principalmente compiuto dalla mano sinistra, per evitare microtremori da sforzo nella mano che preme il grilletto. Contrattempi, quali la mancata attivazione di una cartuccia e un’escoriazione causata dal contraccolpo, nonché lo stesso violento contraccolpo, il lampo di luce e il rumore assordante in assenza di cuffie possono “scompensare” pesantemente quel delicato equilibrio psico-fisico, essenziale per tiri accurati. Ne consegue che, in assenza di collaudata esperienza, è elevato il rischio di poter gestire al meglio solo il primo tiro… ammesso che l’attacco subìto da un orso bianco non sia già per sè sufficiente a compromettere l’equilibrio psico-fisico del tiratore fin dal primo tiro. Per tale motivo, in caso di attacco sarebbe prudente riservare i residui quattro colpi per tiri a distanza non superiore a sette metri dal bersaglio. Un’alternativa interessante è sfruttare la possibilità di incamerare nel revolver 460 S&W Magnum cartucce in calibro .45 di altri tipo, caratterizzate da potenza inferiore, per esempio cartucce .454 Casull e cartucce .45 Colt +P, secondo una ragionata sequenza. Come esempio, potrebbe essere inserita nel tamburo  – in senso orario, tenuto contro della rotazione antioraria del tamburo – una sequenza del tipo: cartuccia 460 S&W Magnum con palla Hornady FTX da 200 grani per tiro alla distanza a 20 – 25 metri, cartuccia 454 Casull con palla da 300 grani per tiro a distanza di 15 metri, due cartucce 45 Colt +P con palla da 250 grani (Nota 2) per tiro a distanza di circa 7 metri e infine, per un eventuale tiro a distanza zero, cartuccia 460 S&W con palla da 300 grani. Queste distanze di tiro tengono conto della massima velocità di un orso: 14m/s (50 Km/h).
L’utilizzo di differenti tipi di cartuccia consente anche di evitare il rischio che nell’intera sequenza di cinque tiri le cartucce non si attivino per un errore, commesso nel confezionamento di uno specifico tipo di cartucce.
Un’ulteriore rimedio potrebbe essere l’utilizzo di una scacciacani da parte di un compagno di viaggio, per un iniziale tentativo di dissuasione, tenendo tuttavia presente che una fuga dell’animale potrebbe non significare una sua rinuncia definitiva, ma un rinvio del suo attacco in condizioni per lui più favorevoli in ore o in giorni successivi.
Potrebbero essere anche considerati i generici comportamenti prudenziali consigliati per l’incontro con gli orsi, in primis il non correre, il non fuggire, l’arretrare lentamente senza voltare le spalle. L’essenziale è non affidarsi fiduciosi a questi ipotetici rimedi: è piuttosto evidente che nel deserto artico un’orso polare è costantemente alla ricerca di cibo e che perciò è elevata la probabilità di un attacco.
Nel concludere questa breve analisi strategica, è opportuno sottolineare che nell’attacco frontale di animali con grande massa la prima preoccupazione deve essere il trauma da impatto; e questo anche in caso di tiro efficace effettuato alla distanza di alcuni metri. Non si tratta di un’ipotesi, poiché è stato riportato il caso di un uomo schiacciato sotto la massa di un grizzly, abbattuto a corta distanza. Conoscendo questa evenienza, lo sfortunato aggredito dovrebbe tentare istintivamente una soluzione estrema poco prima dell’impatto, quale una breve fuga a destra o a sinistra dell’aggressore. Tenendo presente che un orso è in grado di correre alla velocità massima di 14m/s, tale scarto di lato dovrebbe essere effettuato quando la distanza dall’aggressore in corsa è di circa 3 metri.

 

Conclusioni

In questo scritto sono state esaminati alcuni malfunzionamenti, che potrebbero rendere problematico l’utilizzo di un revolver 460 S&WM a canna corta nella difesa da attacco da parte di un orso bianco, e sono state identificate le soluzioni per prevenirli. Pur mancandomi ovviamente un’esperienza sul campo, intuisco che l’utilizzo di questo modello di revolver sia preferibile al tradizionale fucile per una più agevole manovrabilità a corta distanza. In un’ottica difensiva un fucile sarebbe non solo inutile (colpire un animale a distanza superiore a venticinque metri sarebbe un atto di aggressione, non di difesa), ma anche pericoloso, per una sua minore manovrabilità a corta distanza. Un revolver 460 S&W a canna corta presenta un’adeguata precisione intrinseca perlomeno alla distanza di venticinque metri (fig. 5); una distanza, che può essere considerata sufficiente nell’ambito di un tiro difensivo in questo contesto. I malfunzionamenti che ho potuto osservare in un Centro di tiro sono stati imputabili esclusivamente a errori di ricarica e di maneggio; d’altronde, al momento sarebbe prematuro osservare malfunzionamenti per importanti segni di usura, essendo stata recente la commercializzazione di questo modello. Un elemento negativo è la difficoltà di maturare adeguata esperienza sia per il costo delle cartucce, sia per la loro difficile reperibilità (peraltro risolvibile con la ricarica), ma anche perché è poco gradevole esercitarsi a lungo con questo modello di revolver; ne sono responsabili la massa dell’arma, il lampo di luce allo sparo, il forte contraccolpo. Tuttavia, la definizione di un’adeguata strategia difensiva può aumentare notevolmente le possibilità di sopravvivenza a un attacco. Questa strategia può avvalersi della diversità di cartucce accettabile dal revolver 460 S&W, che include le .45 Schofield, le .45 Colt (standard e +P), le 454 Casull e le .460 Smith&Wesson Magnum con caricamento di polvere normale o compresso. 

Spero che questo mio lungo elaborato possa essere utile non solo per coloro che affrontano l’Artico, rendendoli più consapevoli che il rischio non è costituito solo dalle basse temperature, ma anche per coloro che sottostimano la pericolosità degli orsi in generale, sia che si tratti di  Ursus maritimus, sia che si tratti di Ursus arctos horribilis (grizzly), sia che si tratti di Ursus americanus (orso nero), sia che si tratti di Ursus arctos (orso bruno) delle nostre selve. La citata scena del documentario fa ben comprendere con quanta superficialità molti esseri umani affrontino il rapporto con gli animali selvatici, forse pensando al loro cagnolino da salotto o all’orsacchiotto di peluche, che stringevano tra le braccia in età molto giovane. Qualora qualche frequentatore di terre artiche avesse un’esperienza da comunicarmi sul tema qui trattato, sarei certamente grato di raccogliere le sue informazioni. 

 

Nota 1

“La nostra campagna ha fatto del male a molti, sia economicamente che culturalmente. Sebbene diretta contro la caccia alle foche a fini commerciali, e non su piccola scala, come quella di sussistenza effettuata dai popoli indigeni e costieri del nord, non abbiamo sempre comunicato questo con sufficiente chiarezza, e le conseguenze, pur non intenzionali, sono andate molto aldilà”. (Comunicato Greanpeace)

Nota 2

Prudenzialmente le cartucce 45 Colt dovrebbero essere confezionate con innesco Large Pistol standard. L’utilizzo di innesco Large Pistol Magnum può tradursi in una mancata attivazione della cartuccia, se non vi è collaudata esperienza di ricarica, mentre il guadagno in termini di potenza è inutile. Si veda in proposito l’articolo “Modulazione della cartuccia 45 Colt per difesa da attacco di orso bruno e presentazione di una variante della cartuccia 45 Colt”, pubblicato in questo sito. 

 

 

Bibliografia

1. Biasutti R. Razze e popoli della Terra. Volume IV, IV edizione. Ed. UTET. Torino, 1967.

2. Ganz E. Modulazione della cartuccia 45 Colt per difesa da attacco di orso bruno e presentazione di una variante della cartuccia 45 Colt. In www.enricoganz.it

3. GreenMe. Caccia alle foche: protesta degli eschimesi Inuit a Strasburgo contro il divieto. https://www.greenme.it/animali/caccia-foche-eschimesi-strasburgo/

4. GruRiFraSca. 460 Smith & Wesson Magnum. In https://www.grurifrasca.net/oldsite/Sito/Ricarica/pistole/460SW.html

5. Hawks C. Compared: the .460 and .500 S&W Magnums. In: https://chuckhawks.com/compared_460_500.htm

6. Kentucky Ballistics. 500 S&W Magnum Snub Nose vs 460 S&W Magnum Snub Nose !!! In: https://www.youtube.com/watch?v=0eVf2-mZYWc

7. Pettazzoni R. Miti e leggende. Volume III,V edizione. Ed. UTET. Torino, 1965.

8. The Turkey’s opinion. Smith & Wesson 460 Magnum Performance Center  ERY Nice Revolver! In: https://www.youtube.com/watch?v=c_B0bbvrkRc

9. Toro A. Inuit e Greenpeace: i lati oscuri di una campagna e il nuovo nemico comune. In: https://www.unimondo.org/Notizie/Inuit-e-Greenpeace-i-lati-oscuri-di-una-campagna-e-il-nuovo-nemico-comune-147561

10. Vihtavuori. N110 Rifle powder. In: https://www.vihtavuori.com/powder/n110-rifle-powder/

11. 460 S&W Mag. Scheda CIP. In: https://bobp.cip-bobp.org/uploads/tdcc/tab-iv/tabivcal-en-page88.pdf

 

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