di Enrico Ganz

Nel trattare i tumori della flessura splenica del colon si considerano tali per convenzione gli adenocarcinomi localizzati tra i dieci centimetri prossimali e i dieci centimetri distali rispetto alla flessura sinistra del colon.

I sottotipi istologici, le percentuali di metastasi linfonodali e la sopravvivenza a 5 anni non differiscono dall’adenocarcinoma di altre sedi del colon (5). Sono invece più frequenti le forme stenosanti occludenti ed è nota la rarità della sua localizzazione in questa sede, rappresentando circa l’1-5% di tutti i casi di adenocarcinoma colico.

In passato, alcuni Centri chirurgici sostennero l’opportunità di interventi chirurgici molto demolitivi, che prevedevano la resezione del colon ascendente, del colon trasverso e del colon discendente; seguiva un’anastomosi tra l’ileo e il sigma (3,14). Potevano essere associate una splenectomia e una resezione della coda pancreatica nell’idea che fosse utile asportare le vie di drenaggio linfatico tra la flessura splenica e la regione spleno-pancreatica (1). Attualmente la colectomia subtotale ha ceduto il passo a una resezione della flessura splenica, includente il colon discendente e poco più della metà sinistra del colon trasverso, mentre l’asportazione della milza e della coda pancreatica è limitata ai casi di adesione tumorale a questi organi. Infatti, non si sono notate differenze in termini di sopravvivenza tra le procedure più demolitive e quelle più conservative (2,7,8,9,10,11,13).

E’ comunque opportuno distinguere tra la resezione radicale e la resezione palliativa.

La resezione radicale è definibile tale se sono soddisfatti i seguenti criteri:

– sezione del ramo sinistro dell’arteria colica media all’origine;

– sezione dell’arteria colica sinistra all’origine;

– sezione della vena mesenterica inferiore sul margine caudale del pancreas e a livello dell’origine dell’arteria colica sinistra;

– scollamento del mesocolon discendente dalla fascia renale anteriore;

– distacco del mesocolon discendente alla radice dal piano retroperitoneale posteriormente alla vena mesenterica inferiore;

sezione del mesocolon trasverso alla sua radice, staccandolo dal legamento di Treitz e dal bordo caudale della coda pancreatica.

– sezione del legamento gastro-colico in prossimità dell’arcata gastro-epiploica.

Gli interventi palliativi sono definibili tali se non soddisfano i precedenti criteri di radicalità e sono un’ottima soluzione in pazienti anziani con importanti comorbilità, sia per ridurre la durata dell’intervento, sia per ridurre al minimo la compromissione della vascolarizzazione a livello dell’anastomosi colo-colica.

Descrivo nel seguito una resezione della flessura splenica con conservazione della vena mesenterica inferiore, che ho effettuato in un paziente anziano (> 80 anni), affetto da molteplici comorbilità, in particolare di tipo vascolare. L’intervento è stato effettuato per un adenocarcinoma con settoriale infiltrazione omentale, M0. La tecnica è stata caratterizzata dalla conservazione della vena mesenterica inferiore, rispetto alla quale la radice del mesocolon discendente è stata distaccata sul piano peri-avventiziale. In fig. 1 sono indicati i livelli delle sezioni vascolari nel mesocolon discendente. Un’interessante linea di ricerca potrebbe consistere nel determinare se la conservazione della vena mesenterica inferiore renda “palliativa” la procedura o se questo tipo di resezione colica risulti comunque compatibile con un obbiettivo di radicalità oncologica. Alcune preliminari considerazioni possono orientarci a considerare oncologicamente adeguata una tecnica che conservi la vena mesenterica. La questione sarà trattata nella sezione “Discussione”.

Tecnica chirurgica

Accesso alla cavità addominale tramite un’incisione mediana. L’esplorazione del cavo addominale ha consentito di escludere metastasi, mentre è stata confermata la presenza di una neoplasia occludente tra il colon trasverso e il colon discendente. La flessura splenica era profondamente indovata e accollata strettamente tramite l’omento alla faccia ilare della milza. Sezionate le aderenze in stretta adiacenza della milza e dell’ilo splenico, è stato effettuato uno scollamento colo-epiploico dal terzo medio del colon trasverso verso il terzo sinistro. Il peritoneo è stato inciso nella doccia parieto-colica sinistra; il meso del colon discendente è stato scollato dalla fascia renale anteriore fino alla vena mesenterica inferiore. Il legamento gastro-colico è stato sezionato tra il suo terzo medio e terzo sinistro in prossimità dell’arcata gastroepiploica. La mobilizzazione della flessura splenica è stata completata con la sezione del legamento gastro-splenico fino all’ilo splenico e con la sezione del legamento spleno-colico. La radice del mesocolon trasverso è stata staccata dal margine caudale della coda pancreatica e dal duodeno, sezionando il legamento di Treitz. L’arteria colica media è stata isolata dal tessuto mesiale, procedendo da un livello prossimo alla sua origine fino al colon: si è evidenzia una variante anatomica caratterizzata da un cospicuo ramo terminale sinistro e due sottili rami di destra, dei quali uno originante in prossimità dell’origine dell’arteria colica, uno a 2/3 della distanza tra l’origine dell’arteria e il colon. Si è provveduto perciò a sezionare l’arteria colica media, conservando il ramo inferiore destro. La radice del mesocolon discendente è stata dissociata dalla vena mesenterica inferiore. La vena colica sinistra è stata sezionata al suo sbocco nella vena mesenterica inferiore (Fig. 1). L’arteria colica sinistra è stata sezionata all’origine della prima arteria sigmoidea (Fig. 1). Il mesocolon discendente è stato sezionato circa 10 cm distalmente alla flessura colica sinistra.  E’ seguita la sezione del colon discendente con suturatrice GIA 60 e la sezione del colon trasverso qualche centimetro a destra della biforcazione dell’arteria colica media. Prima di effettuare l’anastomosi i monconi sono stati rinforzati con una sutura siero-muscolare con filo a lento assorbimento 2/0. Poiché i monconi colici si accostavano senza tensione, non è stato effettuato uno scollamento del colon destro. L’anastomosi colo-colica è stata effettuata latero-lateralmente in duplice strato con filo a lento assorbimento 2/0. La radice del mesocolon è stata reinserita al legamento di Treitz e al piano retroperitoneale lungo la vena mesenterica inferiore con suture in continua con filo a lento assorbimento 2/0. Posizionato un drenaggio laminare nel cavo di Douglas e un drenaggio laminare peri-anastomotico, si è proceduto a una chiusura per piani.

Il decorso postoperatorio è stato esente da complicanze. L’alimentazione è iniziata in terza giornata postoperatoria, dopo la risoluzione di una lieve stasi gastrica. La funzionalità gastro-intestinale si è normalizzata in quarta giornata postoperatoria con regolare canalizzazione.

Discussione

Nel 1956 Griffiths esaminò accuratamente la vascolarizzazione arteriosa della flessura splenica del colon (6). La flessura splenica risultò irrorata dall’arteria colica sinistra e dal ramo sinistro dell’arteria colica media nel 72% dei casi; i due vasi si anastomizzano di regola tramite l’arteria marginale, mentre incostante (10% dei casi) è un ramo anastomotico tra le due arterie, che decorre nella radice del mesocolon. L’arteria colica sinistra è presente nel 94% dei casi; nel 6% dei casi è sostituita da un’arteria sigmoidea di maggior calibro. Nell’89% dei casi l’arteria si divide in due rami a una distanza non superiore a 5 cm dalla flessura splenica. Entrambi i rami raggiungono l’arteria marginale in tutta prossimità della flessura splenica nel 95% dei casi; nel 5% dei casi i due rami raggiungono il colon discendente. Anche l’arteria colica media si divide in due rami, denominati “destro” e “sinistro”. Entrambi raggiungono l’arcata marginale del colon trasverso: il destro approssimandosi alla flessura epatica del colon, il sinistro al terzo medio del colon trasverso. Nel 22% dei casi l’arteria colica media è assente, compensata da una più voluminosa arteria colica sinistra, che invia rami terminali al colon trasverso. In questi casi l’arteria colica destra non presenta aspetti compensatori.  Nel 15% dei casi le arterie sigmoidee originano dal primo tratto dell’arteria colica sinistra e nel 8% dei casi ne condividono l’origine dall’arteria mesenterica inferiore, quali rami terminali. Nel caso qui descritto l’arteria colica sinistra dava origine alla prima arteria sigmoidea, una variante riscontrata da Griffiths nel 30% dei casi. L’arteria colica media presentava la particolarità di fornire due sottili rami di destra e di proseguire come più cospicuo ramo terminale a sinistra.

Alcuni recenti studi hanno valutato il drenaggio linfatico della flessura splenica del colon. Vasey e al. hanno effettuato una mappatura scintigrafica intra-operatoria, evidenziando che nel 96% dei pazienti la maggior quota di flusso linfatico raggiunge l’arteria colica sinistra e una minor quota raggiunge l’arteria colica media (16).

Questi dati anatomici e funzionali confermano l’opportunità di asportare l’arteria colica sinistra e il ramo sinistro dell’arteria colica media nella resezione della flessura splenica con finalità oncologicamente radicale. Questo orientamento è confermato dal fatto che metastasi nei linfonodi dell’arteria colica sinistra e dell’arteria colica media sono state osservate rispettivamente nel 14% e nel 12% dei casi di adenocarcinoma della flessura splenica (17).

Nel 30% dei casi la prima arteria sigmoidea origina dall’arteria colica sinistra in prossimità della sua origine (6). In questo caso deve essere valutato caso per caso se sia più opportuno effettuare la sezione dell’arteria colica sinistra all’origine, rispettando un criterio di radicalità oncologica, o distalmente all’arteria sigmoidea, per ottimizzare la vascolarizzazione dell’anastomosi.

Per quanto concerne l’approccio al mesocolon in una resezione con finalità di radicalità oncologica è opportuno che – in linea con i principi della “total mesocolic excision (TME)” (4,18) -,  non siano danneggiati i rivestimenti peritoneali del meso, contenente l’arteria colica sinistra e l’arteria colica media. Anche la sezione del mesocolon trasverso alla radice è un valido criterio in accordo con la filosofia della TME, per quanto non sia dimostrato che una sezione condotta alcuni centimetri più in alto possa compromettere la radicalità oncologica. Una sezione condotta lungo il bordo caudale della coda pancreatica non comporta un rischio di pancreatite e di linforrea, se è rispettato il corretto piano anatomico. Tuttavia, nella mia esperienza la sezione del legamento di Treitz e lo slittamento della flessura duodeno-digiunale a destra possono associarsi a un ritardato svuotamento gastrico nei primi 2-3 giorni postoperatori. Questa sequela rende consigliabile mantenere il sondino naso-gastrico fino a una riduzione del secreto drenato inferiore a 200 ml.

Per quanto riguarda il mesocolon discendente, la tecnica standard ne prevede l’asportazione completa, includendo la vena mesenterica inferiore, che è sezionata dapprima sotto il bordo caudale del pancreas e successivamente in corrispondenza dell’arteria colica sinistra alla sua origine.

Nella tecnica da me descritta la vena mesenterica inferiore è conservata nell’ipotesi che un ritorno venoso fisiologico possa migliorare la vascolarizzazione dell’anastomosi. E’ infatti noto che un’adeguata vascolarizzazione e l’assenza di tensione sono due fattori importanti per ridurre il rischio di una deiscenza anastomotica. Ogni precauzione che possa contribuire a garantire queste due condizioni è dunque opportuna, in particolare in pazienti anziani con diffusa vascolopatia. Non vi è certo motivo di contestare questa scelta in un’ottica di palliazione; ma una questione aperta – e certamente molto interessante – è se essa possa essere considerata adeguata anche in un’ottica di radicalità oncologica, posto che la dissezione tra il mesocolon e la vena sia accuratamente effettuata sul piano periavventiziale e che la vena colica sinistra, drenante il sangue refluo dalla flessura splenica, sia legata al suo sbocco. Questo approccio ha un corrispettivo nell’emicolectomia destra, che per necessità è effettuata conservando la vena mesenterica superiore, ma che è comunque considerabile adeguata oncologicamente. Inoltre si fonda su un orientamento che emerge da una valutazione dei risultati della total mesocolon excission in generale e dell’emicolectomia sinistra in particolare rispetto alle resezioni coliche segmentarie in termini di sopravvivenza: finora manca una chiara evidenza che l’asportazione dei linfonodi di III livello abbia un significato terapeutico (12,19).

La conservazione della vena mesenterica inferiore non impedisce di effettuare una linfoadenectomia alla confluenza spleno-mesenterica, qualora la si ritenesse opportuna. Questa procedura è stata consigliata da Watanabe e al, avendo gli autori riscontrato che il verde d’indocianina, iniettato nella tonaca sottomucosa adiacente al tumore, è convogliato dal flusso linfatico nel tessuto retroperitoneale adiacente allo sbocco della vena nel 61% dei casi (17). Tuttavia, è molto probabile che un eventuale interessamento metastatico dei linfonodi in questa sede sia espressione di malattia sistemica. Questo fatto inficia l’utilità terapeutica della loro asportazione. La stessa resezione spleno-pancreatica, in passato effettuata per una migliore “pulizia” linfatica, non è mai stata associata a un beneficio in termini di sopravvivenza.

Resta infine un ultimo aspetto da considerare: l’utilità di asportare le stazioni linfonodali alla radice delle arterie mesenterica inferiore e colica media. Cai e al hanno osservato metastasi nei linfonodi all’origine dell’arteria mesenterica inferiore nel 7% dei casi e nei linfonodi all’origine dell’arteria colica media nel 2,4% dei casi (5).  Non vi sono studi che valutino la sopravvivenza tra gruppi di pazienti sottoposti a resezione della flessura splenica con e senza linfoadenectomia di III livello. Tuttavia, è verosimile che la linfoadenectomia di III livello abbia utilità essenzialmente stadiante, non incidendo invece direttamente sulla sopravvivenza. E’ stato infatti evidenziato che l’emicolectomia sinistra non presenta una maggiore sopravvivenza rispetto alla resezione colica segmentaria (12). Inoltre, è noto che nel caso della più comune localizzazione colo-rettale del tumore l’asportazione radicale di linfonodi positivi del III livello non si traduce in una maggiore sopravvivenza (15), essendo piuttosto segno di malattia sistemica.

In conclusione, una resezione colica per adenocarcinoma della flessura splenica deve includere l’origine dell’arteria colica sinistra e del ramo sinistro dell’arteria colica media.  La conservazione della vena mesenterica inferiore appare un’approccio valido nella palliazione del paziente anziano con importante vasculopatia. La conservazione dell’asse venoso ha la finalità di migliorare la vascolarizzazione dell’anastomosi. L’impressione personale è che il ripristino della funzionalità gastro-intestinale postoperatoria sia più rapido che dopo sezione dell’asse venoso. La compatibilità di questa tecnica con un obbiettivo di radicalità oncologica appare ragionevole e dovrebbe essere meglio supportata da dati sperimentali.

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