Proerrore copiaHo inviato nel 2015 questa lettera alla conclusione del mio incarico di responsabile della Qualità dell’U.O. di Chirurgia generale dell’ospedale dell’Angelo di Mestre. Come nel caso della precedente lettera pubblicata nel blog, ne riporto un estratto, contenente proposte che potrebbero essere stimolo di riflessione anche in altre realtà ospedaliere.

 

“Un saluto a tutti Voi.

Approssimandosi il termine del mio incarico triennale “Responsabile della Qualità dell’U.O. di Chirurgia generale”, Vi invio nel modo più sintetico possibile un elenco di obbiettivi sui quali riflettere. Se si escludono la Carta dei Servizi, il documento di Qualità e i percorsi diagnostico – terapeutici, gli obbiettivi qui presentati sono “extra” rispetto a quelli regionali, coordinati dall’ufficio Qualità. Pur se non essenziali in una visione piuttosto ristretta, penso che potrebbero essere particolarmente utili nel comune percorso di miglioramento continuo della Qualità. Ne rendo partecipi tutti voi, perché, per un’azione efficace, obbiettivi correlati alla Qualità dovrebbero essere condivisi da tutto il personale medico e, per la parte di specifica competenza, da quello infermieristico con il coordinamento del direttore, della coordinatrice infermieristica e del responsabile di U.O. per la Qualità. Responsabile, che per l’U.O. di Chirurgia generale non dovrei essere io al termine della scadenza dell’incarico. Infatti, sarebbe opportuno assegnare l’incarico “a rotazione”, per sensibilizzare ognuno alla questione “Qualità”.

Purtroppo, al momento si può osservare che il personale ospedaliero non è complessivamente molto interessato alle attività inerenti alla Qualità. Si tratta di un tema comparso di recente e, non essendosi generata questa esigenza direttamente dall’ambiente ospedaliero, sarà necessario avere pazienza, come per ogni tappa evolutiva della civiltà. Solo una volontà condivisa può consentire di migliorare la qualità organizzativa degli ambienti ospedalieri; in caso contrario anche le più illuminate idee di ognuno di noi affonderanno nell’oscurità. Coloro che vedono lontano non dovrebbero tuttavia rassegnarsi all’inerzia.

L’aver condotto da solo l’opera sotto riportata ha richiesto da parte mia parecchio impegno, speso prevalentemente a domicilio, dunque non risultante neppure come carico di lavoro aziendale. Penso che sarebbe ora di consegnare il testimone a qualcun altro nella speranza che sia in grado di fornire ulteriori idee e contributi. Poiché è opportuno costruire sulle fondamenta, penso che sia utile presentare in sintesi il lavoro finora compiuto. Questa sintesi è riportata in appendice A (non riportata in questa sede, ndt).

Obbiettivi utili per un percorso di Qualità in unU.O. chirurgica:

+ compilare, aggiornare e rendere fruibile una Carta di Servizi e un documento di Qualità dell’U.O.;

+ compilare, aggiornare e rendere agevolmente fruibili al personale medico adeguati fogli informativi per i pazienti sulle procedure diagnostico – terapeutiche.

Per quanto riguarda la qualità che questi documenti dovrebbero avere, si legga la mia esortazione ai colleghi ospedalieri – contenuta nell’allegato Lett/Qualità2013/8 -, inviata dopo una lunga serie considerazioni sul tema, ricevute da colleghi dell’ULSS 12. Concludevo con queste osservazioni:

In conclusione, si può affermare senza timore di errore che mettere al primo posto il rispetto per il paziente risolve molte criticità connesse al consenso informato. Posto questo principio, si richiede un accurato lavoro per presentare l’informazione nelle migliori forme. Per quanto concerne l’ambito chirurgico penso che, in aggiunta al colloquio, ogni procedura terapeutica dovrebbe essere presentata chiaramente in sintetici opuscoli illustrati. La consegna deve avvenire con un ragionevole anticipo rispetto alla possibile data dell’intervento, consentendo al paziente di comprendere e di riflettere, dandogli la possibilità di ulteriori successivi chiarimenti. La redazione di opuscoli informativi di buona qualità richiede l’impegno di tutto il personale medico di un’U.O., quindi non può prescindere dalla volontà delle Direzioni di perseguire questo obbiettivo.”

+ elaborare, aggiornare e rendere disponibili in Qualiware procedure e percorsi diagnostico-terapeutici.

Al riguardo ricordo le riflessioni di un collega, piuttosto critico sull’esistenza di tali procedure, non essendo applicabili sempre allo stesso modo a causa di possibili variabilità delle risorse. Da questa osservazione si può comprendere che un’utile obbiettivo potrebbe essere il perfezionamento di queste procedure, inserendovi i percorsi alternativi in rapporto alla variabilità delle risorse, in modo da renderle utili per identificare in ogni caso le soluzioni più appropriate.

Un altro obiettivo importante sarebbe la definizione e il controllo di indicatori per ogni procedura. Allo scopo propongo il seguente algoritmo:

Definire se la procedura sia applicabile:

  1. definire gli indicatori di applicabilità delle azioni descritte dalla procedura.

A1. Valutazione degli indicatori:

# indicazioni della procedura rispettate   ­———->   procedura applicabile.

# indicazioni della procedura non rispettate   –———->   riunione conoscitiva:

+ la procedura non è conosciuta   –———->   pubblicizzazione della procedura e rivalutazione degli indicatori dopo sei mesi.

+ la procedura è conosciuta   –——–>   esplicitare i motivi per i quali non è applicata:

* negligenza   –———>   la procedura deve essere applicata   –———>   azione di persuasione, richiamo al dovere;

* motivi tecnici:

** risolvibili   –——->   rimozione degli ostacoli: procedura applicabile.

** non risolvibili   –———>   la procedura è inadeguata: aggiornamento della procedura.

Se la procedura è applicabile, definire se la procedura è efficace:

  1. definire gli indicatori di efficacia della procedura

B1. Valutazione degli indicatori:

# valore soglia raggiunto: la procedura è efficace.

# valore soglia disatteso: rivalutazione della procedura previa analisi della letteratura e incontri con esperti.

+ descrivere la tecnica della procedure chirurgiche in uso.

Penso che questa sia un’importante occasione per migliorare la qualità degli interventi, riducendone la morbilità. Si veda in proposito la procedura “Ileostomia, accorgimenti tecnici” derivata da una partecipata riunione svoltasi sul tema per l’occasionale riscontro di subocclusioni dopo confezionamento di stomie in urgenza. Queste subocclusioni allungavano significativamente i tempi di degenza e mettevano di malumore non solo i pazienti, ma anche chi doveva ingegnarsi per risolvere il problema senza un ulteriore intervento chirurgico. In corso di riunione alcuni partecipanti fecero emergere importanti fini dettagli, che furono annotati nella procedura e che sono ormai di uso comune con una netta riduzione dell’incidenza di subocclusione postoperatoria. Illustro nel paragrafo seguente il motivo per cui è importante che l’esito di questi colloqui sia riassunto in uno scritto sempre reperibile.

+ tradurre gli interventi chirurgici in guide illustrate con foto e disegni a uso interno.

Può essere uno stimolo per discutere le migliori modalità tecniche, al fine di testarle, condividerle e migliorarle progressivamente, consegnando alle generazioni che si succederanno una buona piattaforma da perfezionare ulteriormente.

Un intervento chirurgico può avere un esito migliore di un altro intervento non solo per variabilità di risposta biologica, non solo per la correttezza complessiva della procedura tecnica, ma anche per un insieme di fini accorgimenti che qualche chirurgo comprende, qualcun altro non comprende e qualcun altro ancora può comprendere in parte. In questo contesto è importante confrontare dialetticamente le esperienze, concludendole in un documento condiviso che sigli la collaborazione e il senso di appartenenza dell’equipe a un impegno chirurgico improntato dalla Qualità.

+ incentivare, o meglio, sperimentare l’audit clinico.

Non posso affermare che la mia procedura per la valutazione rapida del rischio clinico (si veda successivo articolo del blog, ndt) e degli eventi avversi sia il non plus ultra; può essere tuttavia un buon punto di partenza per elaborarla nella forma più efficace tramite l’esperienza. (…).

Faccio presente che con opportune modifiche questa procedura potrebbe essere adattata ai casi in cui non vi sia pieno accordo sull’indicazione chirurgica per un determinato caso clinico. Ritengo che sia molto importante identificare una modalità per rimettere in discussione e porre sotto il fuoco dell’analisi indicazioni chirurgiche che risultino poco chiare.

+ sensibilizzare l’ambiente su vari temi inerenti al miglioramento delle attività con osservazioni e riflessioni.

+ segnalare la possibilità di miglioramenti su vari aspetti organizzativi.

In proposito, come esempio, segnalo l’articolo “Sulla donazione del corpo post-mortem ai fini di studio”, pubblicato nel Bollettino dell’Ordine dei Medici della provincia di Venezia n° 2 dell’anno 2012, visualizzabile in allegato. Per quanto non strettamente inerente agli impegni dell’attuale incarico aziendale, esso attesta un mio tentativo di migliorare la qualità tecnico-operatoria degli ambienti chirurgici italiani. Come scrissi “l’esercitazione anatomo-chirurgica darebbe concretamente maggiore esperienza e sicurezza in molte situazioni difficili dell’attività operatoria. E’ perciò incredibile che nel corso dei secoli questa buona pratica non sia progredita verso programmi di esercitazione tecnico operatoria sul cadavere non solo per gli specializzandi in Chirurgia, ma anche per i chirurghi nell’ambito di una formazione continua in Medicina.” Dunque, l’esercizio anatomo-chirurgico dovrebbe interessare tutti i professionisti che lavorano negli ambienti chirurgici ospedalieri, inserendosi in un percorso di miglioramento continuo della qualità tecnico-operatoria.

E’ infine auspicabile che siano pubblicati percorsi diagnostico – terapeutici regionali sui quali adattare quelli delle singole U.O. in rapporto alle risorse disponibili.

(…)

Cordiali saluti”