di Enrico Ganz
Sembrerebbe che in Italia tra cittadini e politici le patologie infettive e il timore del contagio suscitino abnormi reazioni, come si è evidenziato confrontando le politiche sanitarie italiana e inglese nel corso della recente pandemia. Si tratta forse di un atavico sentire, considerando che nei regni italiani il timore del contagio motivò la disinfezione del materiale postale proveniente da aree di epidemia anche quando nella restante Europa questa pratica era stata ormai abbandonata. Il considerare “abnorme” questo italico sentire è un parere, al quale qualcuno potrebbe opporre il detto che “la prudenza non ha limiti”. E’ comunque certamente positivo l’impegno nel contrastare la diffusione delle più gravi patologie infettive e in questo ambito si può menzionare l’attuale progetto della regione Veneto, finalizzato all’eradicazione dell’HCV.
Per qualche motivo la prevenzione dei tumori colo-rettali non suscita invece pari attenzione e ci si è perciò rinchiusi nell’economico test del sangue occulto nelle feci. Questo test è certamente utile per una diagnosi precoce del tumore, ma non è sufficiente per evitare il conseguente intervento chirurgico, la potenziale morbilità di tale intervento, il follow up e in alcuni casi i trattamenti chemioterapici. Questo percorso terapeutico riserva inevitabilmente una significativa sofferenza psico-fisica e non è esente da imponenti costi.
Eppure, un modo per abbattere l’incidenza di tumore colo-rettale ci sarebbe: l’esecuzione di una colonscopia ogni 5 anni a partire dai 50 anni di età. Solo in questo modo è possibile identificare e rimuovere quegli adenomi polipoidi destinati a una progressiva evoluzione all’adenocarcinoma. Questo screening non consentirebbe di azzerare l’insorgenza del tumore colo-rettale, ma ne ridurrebbe l’incidenza in modo veramente significativo in combinazione con altri provvedimenti, quali gli studi genetici in casi selezionati.
E’ un progetto certamente costoso, che incontra inoltre la difficoltà di reperire personale medico addestrato per l’esecuzione delle colonscopie. Per contro, si dovrebbe considerarne il beneficio in termini di salute e il risparmio in termini di ricovero ospedaliero, di interventi chirurgici, di chemioterapie, di esami strumentali per stadiazione e per follow up.
Si consideri che l’evoluzione verso la chirurgia robotica, ben sostenuta dai portatori di interesse, farà lievitare ulteriormente i costi di ospedalizzazione per le patologie oncologiche colo-rettali: un recente articolo su Surgery ci informa che rispetto alla chirurgia laparoscopica (approccio già piuttosto costoso rispetto alla chirurgia “open”) la chirurgia robotica ha fatto aumentare i costi per ospedalizzazione da 16000 +- 14800 dollari a 18300 +- 13900 dollari con una riduzione di appena 0,7 giorni nella durata di ospedalizzazione. Inoltre, negli ultimi anni è stato osservato un aumento del divario nei costi tra le due tecniche, contrariamente a quanto propagandano i fautori della chirurgia robotica. Sono dati affidabili, acquisiti su una casistica di 1.124.450 pazienti (1).
Per quale motivo allora non incentivare la ricerca in sistemi robotizzati per l’esecuzione delle colonscopie (2,3), al fine di ridurre l’incidenza di tumori colo-rettali? E per quale motivo non cominciare a prendere seriamente in considerazione una prevenzione del tumore colo-rettale che sia tale e non un suo succedaneo, com’è il test sangue occulto nelle feci?
Bibliografia
1. Ng AP e al. National analysis of cost disparities in robotic-assisted versus laparoscopic abdominal operations. Surgery 2023; XXX, 1-6, in press.
2. Klibansky D, Rothstein RI. Robotics in endoscopy. Curr Opin Gastroenterol 2012; 28(5): 477-82.
3. Kume K. Flexible robotic endoscopy: current and original devices. Comput Assist Surg (Abington) 2016; 21(1): 150-9.