di Enrico Ganz

In un’U.O. di Chirurgia generale con attività d’urgenza può occasionalmente presentarsi la necessità di affrontare il caso di una lesione sfinteriale di IV grado postpartum (Tab. 1). In questa evenienza è improbabile che un chirurgo generale, seppur di media anzianità, possa affermare di avere un’ampia esperienza nella riparazione di questo tipo di lesioni, trattandosi di un raro evento. Trattandosi inoltre di un’urgenza chirurgica, questa rara evenienza si distribuisce tra i diversi chirurghi impegnati in turni di reperibilità, ciascuno dei quali potrà perciò raggiungere un’esperienza di zero-tre casi nel suo percorso professionale. In questo contesto appare piuttosto aleatoria la raccomandazione di affidare la riparazione sfinteriale a un chirurgo esperto in questa tecnica, come indicato nelle linee guida del Royal College of Obstetricians & Gynaecologists (3). In realtà, gli stessi autori di questa linea guida riportano anche l’esito di un questionario, dal quale emerge che il 94% dei chirurghi coinvolti come operatori in questa tecnica ritiene insoddisfacente il loro training (6). Sarebbe quindi auspicabile che in una procedura tanto infrequente i chirurghi coinvolti nelle attività di urgenza potessero perlomeno maturare adeguato addestramento sul cadavere. Ma, come sappiamo, in Italia non è adeguatamente compreso questo aspetto.

In attesa che i tempi forse maturino, in questo scritto riassumo alcuni consigli che derivano dal confronto tra la mia esperienza con un caso di riparazione sfinteriale per lesione di IV grado e i dati della letteratura. 

 

Tipo                           Descrizione

I                                 Lacerazione della cute perineale

II                                Lacerazione della cute e dei muscoli perineali senza coinvolgimento degli sfinteri anali

IIIa                             Lacerazione dello sfintere anale esterno < 50%  dello spessore

IIIb                             Lacerazione dello sfintere anale esterno > 50% dello spessore

IIIc                             Lacerazione coinvolgente sfintere anale esterno e interno

IV                              Interruzione completa degli sfinteri anali e della mucosa anale

Tab. 1 –  Classificazione delle lesioni perineali postpartum

 

Percorso terapeutico

– Ispezione della lesione perineale 

L’ispezione richiede un’adeguata analgesia ed è effettuata con la paziente in posizione litotomica. Il rilievo di una lesione sfinteriale di IV grado necessita di una riparazione che dovrebbe essere effettuata orientativamente entro 12 ore, per evitare la retrazione dei monconi sfinteriali (15). Il ritardo diagnostico è uno dei principali fattori associati a elevato insuccesso di una riparazione sfinteriale (7). 

Confermata la lesione, è necessaria un’anestesia generale; è infatti fondamentale il rilasciamento sfinteriale e l’assenza di movimenti volontari. 

Tipicamente la lesione sfinteriale postpartum è posta anteriormente sulla linea mediana. Devono essere identificati i due monconi del complesso sfinteriale e, nel loro ambito, dovrebbero essere identificati lo sfintere interno ed lo sfintere esterno. In realtà, non è sempre possibile identificare chiaramente lo sfintere interno; deve essere comunque tenuto presente che su ciascun lembo della lacerazione lo sfintere interno si colloca tra la più cospicua componente muscolare, riferibile allo sfintere esterno, e la mucosa rettale; l’apparenza è di una struttura sottile, biancastra (8).

– Scelta del filo  

E’ probabile che una sala ginecologica abbia ampia disponibilità di fili a rapido assorbimento, quali Vycril Rapid o catgut cromico e che perciò al chirurgo generale, chiamato a risolvere una lesione sfinterica, sia proposta questa tipologia di filo. I dati reperibili in letteratura orientano a preferire un filo a lento assorbimento, quale Vycril o Dexon per le suture sfinteriali. Nella mia esperienza ho scelto un filo 2/0. Ritengo che in chirurgia gastro-intestinale un filo di medio calibro sia più affidabile di un filo più sottile, avendo una minor azione di taglio, in particolare su tessuti fragili. Nelle linee guida del Royal College of Obstetricians & Gynaecologists è consigliato un filo tipo Vycril 2/0 o PDS 3/0 (3). 

L’utilizzo di un filo non assorbibile, per es in polipropilene, può predisporre a ricorrenti episodi di flogosi e di rigetto del filo. 

– Sutura sfinteriale

Sono effettuate nell’ordine la sutura della mucosa rettale in continua con filo a lento assorbimento, la sutura dell’antistante fascia pelvica, la sutura dello sfintere interno a punti staccati, la sutura dello sfintere esterno a punti staccati, la sutura dei muscoli perineali a punti staccati e infine le suture sottocutanea e cutanea.

Il più antico metodo per la sutura sfinteriale consiste nell’accostamento diretto dei monconi con punti ad U (sutura termino-terminale) (2). Una possibile configurazione dei punti consiste in un punto posteriore, seguito da un punto craniale, da un punto caudale e infine da un punto anteriore sul contorno dei due monconi sfinteriali (8). Alcuni autori hanno proposto la tecnica della sovrapposizione tra i monconi (overlapping), pubblicizzato inizialmente da Park (12). L’idea nasce dalla constatazione che una sutura muscolare è molto fragile e che la tenuta della sutura sfinteriale è affidata al sottile perimisio. La sovrapposizione dovrebbe aumentare la superficie utile per l’adesione cicatriziale tra i monconi. In realtà non vi è evidenza che la tecnica con sovrapposizione sia superiore a una normale sutura a punti staccati (5); è anche certo che questa tecnica è applicabile in caso di completa interruzione dello sfintere (lesione di IV grado), ma è sconsigliata in caso di lesione sfinterica incompleta (III grado) (3). I due monconi sono sovrapposti per un tratto di almeno 1 cm. Vi sono due modi di apporre i punti ad U: il primo consiste nel passare latero-lateralmente tre punti ad U nei due monconi sovrapposti (2). In alternativa, i punti sono apposti ad U termino-lateralmente sul versante anteriore, aggiungendo infine qualche altro punto sui versanti laterali dei due monconi (5). 

La mia scelta è consistita in una duplice sutura a punti staccati, finalizzata semplicemente ad accostare i due monconi senza sovrapposizione: la prima sutura è stata effettuata con tre punti staccati, passando l’ago a spessore parziale nello sfintere e a totale spessore nella mucosa anale. I fili sono stati repertati su pinze Mosquito e le annodature sono state effettuate al termine. Successivamente ho effettuato una sutura muscolare a tutto spessore con tre punti staccati. Le annodature sono state effettuate in sequenza. 

Questa scelta si discosta in parte da quanto descritto dagli autori consultati, per i quali la sutura mucosa e la sutura muscolare sono effettuate separatamente. Tuttavia, ritengo che i punti tra mucosa e sfintere favoriscano l’accollamento cicatriziale tra queste due strutture, migliorando la tenuta della sutura muscolare già nei primi giorni postoperatori. A supporto di questa scelta possiamo ricordare che nelle suture esofagee è essenziale evitare che i punti trapassino la sola tonaca muscolare, notoriamente fragile. Poiché l’esofago non è rivestito dal peritoneo, l’unico elemento portante dell’anastomosi è la mucosa (14). 

Per quanto concerne la questione relativa alla sutura separata o meno dello sfintere interno e dello sfintere esterno, vi è qualche evidenza di un migliore risultato a lungo termine con la sutura separata di ciascuna struttura (10). Ma è anche riconosciuta la difficoltà di identificare chiaramente le due strutture in molti casi ed è perciò accettato che non sia necessariamente effettuata una sutura separata (3). Nel caso che fosse possibile distinguere le due strutture, è suturato dapprima lo sfintere interno, evitando la sutura con sovrapposizione; segue la sutura dello sfintere esterno, diretta o con sovrapposizione (3).

– Ricostruzione ginecologica

L’intervento è concluso con la sutura dei muscoli perineali, di competenza ginecologica.

– Refertazione

Il referto operatorio deve riportare la descrizione della procedura chirurgica e della procedura ginecologica, effettuate dai due specialisti ciascuno per la sua competenza. Come consigliato nelle linee guida del Royal College of Obstetricians & Gynaecologists per la gestione delle lesioni sfinteriali postpartum di III-IV grado, è opportuno che in caso di dubbio sull’estensione della lacerazione sia indicato il grado di lacerazione maggiore (3). Per esempio, se non fosse chiaramente definibile se la lesione sia di grado IIIa o IIIb, la lesione dovrebbe essere indicata come IIIb. 

– Gestione postoperatoria 

La gestione postoperatoria è importante quanto la procedura operatoria. Il catetere vescicale è rimosso il giorno successivo all’intervento ed è iniziata un’alimentazione con bevande. E’ considerata prudente una profilassi antibiotica ad ampio spettro. Inoltre, fin dai primi giorni postoperatori deve essere evitato il formarsi di feci solide, che potrebbero causare una lacerazione della sutura. E’ quindi importante che la dieta sia priva di fibre vegetali con adeguata idratazione e che l’alvo sia mantenuto “fluido”, somministrando olio di vaselina o oli misti (olio di vaselina, olio di mandorle e olio di oliva in parti uguali) 20 ml tre volte al giorno. Nei primi giorni postoperatori è possibile aggiungere quotidianamente una busta di purgante ad azione osmotica dopo aver verificato che sia presente la peristalsi. E’ preferibile evitare clismi rettali. 

L’alimentazione povera in fibre vegetali è proseguita per almeno un mese. La madre potrebbe preoccuparsi di non riuscire ad assumere elementi utili per l’allattamento del neonato, dovendo escludere dall’alimentazione frutta e verdura; potrà esserle fornito il consiglio di procurarsi un estrattore per ottenere succo da questi alimenti. 

Potrebbe essere utile la disponibilità di un documento di istruzioni postdimissione per la paziente, elaborato multidisciplinarmente in ambito ospedaliero (13).

– Follow up

Per quanto in alcune linee guida sia consigliato un controllo dopo 4-6 settimane, ho adottato la soluzione di visite ambulatoriali ogni dieci giorni per i primi venti giorni successivi alla dimissione, al fine di un aggiornamento sulla qualità della continenza riferita dalla paziente e per valutare il tono sfinteriale mediante delicata esplorazione digitale. In effetti, è ragionevole pensare che sia utile riconoscere precocemente una deiscenza, per poter provvedere a una seconda riparazione sfinterica, prima che la retrazione dei monconi e la fibrosi aumentino la difficoltà tecnica di un intervento che per sè è già piuttosto delicato; per esempio, in una casistica di 34 casi l’esito della seconda riparazione, effettuata nelle prime tre settimane dopo il parto, è stata complicata in 1/3 dei casi da una fistola (1). 

Nel caso da me trattato l’esplorazione ha consentito di apprezzare lungo la linea di sutura un filiforme depressione, che non ha presentato modifiche nei due controlli. Dopo 40 giorni ho voluto evidenziare lo stato della sutura mediante una risonanza magnetica (RMN) pelvica. Confermata la corretta cicatrizzazione sulla linea di sutura, tre mesi dopo l’intervento ho proposto telefonicamente un’ultima valutazione clinica, che con condiviso piacere è stata rifiutata dalla paziente, essendo del tutto regolare la continenza. 

Un’alternativa alla risonanza magnetica è l’ecografia tridimensionale (15).

 

Conclusioni

In conclusione, non esiste un’unica tecnica per la riparazione di una lesione sfinteriale, ma è anche certo che per il successo della riparazione ha un fondamentale ruolo l’accuratezza nella sua esecuzione; per questo scopo ha particolare importanza sia il corretto riconoscimento dei monconi, sia la scelta di un filo assorbibile a lento assorbimento di medio calibro, sia l’attenzione nell’agganciare i due monconi muscolari con punti abbastanza ampi, trapassanti ad “U” il perimisio. Secondo la mia opinione, è prudente posizionare una prima fila di tre punti semplici, che agganciano posteriormente il perimisio alla mucosa anale. Tuttavia, nel successo della riparazione entrano certamente in gioco anche fattori imponderabili, quali l’età della paziente (fortunatamente la maggior parte delle pazienti è in giovane età) e la fisiologia dell’alvo. Un alvo stitico o una coprostasi al momento del parto sono fattori che rendono maggiormente inquietante il decorso postoperatorio, potendosi produrre lacerazioni nel corso della prima evacuazione. E’ perciò importante somministrare blandi lassativi oleosi già il giorno seguente l’intervento e mantenere per almeno un mese un’alimentazione priva di fibre vegetali. 

I risultati di una riparazione sfinteriale di IV grado sono frequentemente insoddisfacenti: 25-60% delle pazienti con lesione sfinteriale post-partum lamenteranno incontinenza anale di grado variabile e la prevalenza di donne con sintomi ano-rettali aumenta con la severità della lesione sfinterica (4,16).

Non ci resta quindi che fare particolare attenzione ai piccoli dettagli tecnici intraoperatori e ai consigli comportamentali utili a ridurre il rischio di un cedimento della sutura. 

Un programma di addestramento sul cadavere con la guida di un esperto proctologo potrebbe certamente migliorare in futuro l’approccio a questa drammatica urgenza chirurgica. 

 

Bibliografia

1. Barbosa M, Glavind-Kristensen M, Christensen P. Early secondary repair of obstetric anal spincter injury: postoperative complications, long-term functional outcomes, and impact on quality of life. Techniques in Coloproctology 2020; 24: 221-9. 

2. Browning GGP, Motson RW. Anal sphincter injury. Management and results of Parks sphincter repair. Ann Surg 1984; 199(3): 351-7. 

3. Fernando RJ, Sultan AH, Freeman RF e al. Royal College of Obstetricians & Gynaecologist. Green-top guidelines N° 29. The management of third- and fourth- degree perineal tears. June 2015: 1-19. 

4. Fernando RJ, Sultan AH, Kettle C e al. Repair techniques for obstetric anal sphincter injures. Am Coll Obstet Gynecol 2006; 107(6): 1261-8. 

5. Fernando RJ, Sultan AH, Kettle C e al. Methods of repair for obstetric anal sphincter injury. Cochrane Database Syst Rev 2006; 19(3): CD002866. 

6. Fernando RJ, Sultan AH, Radley S e al. Management of obstetric anal sphincter injury: a systematic review & National practice survey. BMC Health Services Research 2002, 2(1):9. 

7. Kirss J, Pinta T, Bockelman C e al. Factors predicting a failed primary repair of obstetric anal sphincter injury. Acta Obstet Gynecol Scand 2016; 95(9): 1063-9. 

8. Leeman L, Spearman M, Rogers R. Repair of obstetric perineal lacerations. Am Fam Physician 2003; 68(8): 1585- 90.

9. Meister MR, Rosenbloom JI, Lowder JL e al. Techniques for repair of obstetric anal sphincter injures. Obstet Gynecol Surv 2018; 73(1): 33-9.

10. Nordelval S, Oian P, Revhaug A e al. Anal incontinence after obstetric sphincter tears: Outcome of anatomic primary repairs. Dis Colon Rectum 2005; 48: 1055-61. 

11. Meister MR, Rosenbloom JI, Lowder JL e al. Techniques for repair of obstetric anal sphinter injures. Obstet Gynecol Surv 2018; 73(1): 33-9.

12. Park AG, Mc Partlin JF. Late repair of injuries of the anal sphincter. Proc R Soc Med 1971; 64: 1187-9. 

13. Price N. A third or fourth-degree tear during childbirth. Oxford University Hospitals NHS Trust. In:

www.ouh.nhs.uk/patient-guide/leaflets/library.aspx

14. Skinner DB.  Atlas of esophageal surgery. Churchill Livingstone Inc, 1991.  

15. Temtanakitpaisan T, Bunyacejchevin S, Koyama M. Obstetrics anal sphincter injury and repair technique: a review. J Obstet Gynecol Res 2015; 41(3): 329-33. 

16. Thubert T, Cardaillac C, Fritel X e al. Definition, epidemiology and risk factors of obstetric anal sphinter injures: CNGOF perineal prevention and protection in obstetrics guidelines. Gynecol Obstet Fertil Senol 2018; 46(12): 913-21.