In questo articolo è illustrata l’anastomosi pancreatico-digiunale per via laparoscopica, nel modo in cui è eseguita dal dott. H. Asbun in corso di duodeno-cefalo-pancreasectomia (DCP).
L’intervento di DCP non è frequentemente effettuato per via laparoscopica: dalle casistiche riportate su riviste internazionali tra il 1997 e il 2013 si ottiene un numero di circa 400 interventi (2). Le più importanti casistiche evidenziano che tra i due tipi di accesso, laparoscopico e laparotomico, non vi sono differenze in termini di complicanze e di mortalità (1, 5). Le differenze essenziali sono la durata dell’intervento, la durata della degenza postoperatoria e il diverso risultato estetico. La durata dell’intervento è significativamente maggiore in caso di DCP per via laparoscopica: otto – nove ore in mani esperte. Quest’anno ho avuto occasione di assistere in videoconferenza a un intervento di DCP per via laparoscopica, effettuato dal dott. H. Asbun. L’intervento è durato circa otto ore ed è stato svolto con abile celerità. E’ da sottolineare il fatto che questo risultato è stato possibile anche grazie all’assoluta assenza di sanguinamenti. Infatti, come lo stesso Asbun sottolinea, solo in assenza di sanguinamenti il campo operatorio si mantiene perfettamente illuminato; una condizione fondamentale non solo per procedere spediti lungo i corretti piani di dissezione, ma anche per identificare quegli insidiosi vasi sanguigni peripancreatici di piccolo calibro, che possono essere facilmente lesi, sanguinando copiosamente.
L’intervento laparoscopico al quale ho assistito è stato impeccabile e perciò una durata di otto ore, effettuando tutte le anastomosi manualmente, rappresenta un risultato difficilmente migliorabile. Questa osservazione è importante. Infatti, se si considera che la durata media di una DCP per via laparotomica è significativamente minore e che necessita di materiali meno costosi, emergono seri dubbi sull’appropriatezza dell’approccio laparoscopico in tempi in cui la considerazione dell’aspetto economico non dovrebbe essere marginale per la scelta tra i due tipi di accesso chirurgico, considerando che essi offrono lo stesso risultato in termini di mortalità, di morbilità e di risultato oncologico (1, 3, 5). Esaminando la questione nel dettaglio, si può individuare nella riduzione dei giorni di degenza l’unico elemento di risparmio nell’approccio laparoscopico. Nella più importante casistica internazionale essa è risultata di un giorno: “Median hospital stay for open PD and laparoscopic PD was 8 days (range 5-63), and 7 days (range 4-68) respectively (p = 0.5)” (3). La riduzione di un giorno di degenza comporta un risparmio di circa trecento euro. Si può quindi comprendere che non vi è alcuna convenienza economica nell’approccio laparoscopico, dovendosi considerare i maggiori costi dei materiali monouso e dalla maggior durata dell’intervento. Un motivo di ordine clinico che potrebbe giustificare l’approccio laparoscopico consisterebbe nel fatto che il numero di linfonodi asportabili è maggiore, come affermato in uno studio (1). Ma obbiettivamente non vi è alcun elemento logico per ritenere che questo risultato non sia ottenibile anche per via laparotomica; e in ogni caso, la linfoadenectomia non ha un ruolo fondamentale, non essendo associata a maggiore sopravvivenza in presenza di interessamento metastatico linfonodale (4). Si deve infine considerare che l’acquisizione di un’adeguata manualità richiede l’esecuzione di un numero di DCP per via laparoscopica, che poco si accorda con l’esiguità dei pazienti per i quali sia correttamente indicata una DCP con finalità curativa.
La seguente descrizione dell’anastomosi pancreatico-digiunale per via laparoscopica non ha dunque da parte mia la finalità di sostenere la preferenzialità di questo approccio, ma di presentare una modalità tecnica di anastomosi che mi è apparsa molto valida, sia perché è improntata da semplicità, efficacia ed eleganza, sia perché è eseguibile indifferentemente per via laparotomica o per via laparoscopica, adeguando la strumentazione. Allo scopo di illustrarla, sfrutterò alcuni miei schizzi, derivanti dall’intervento laparoscopico di Asbun, che ho potuto seguire quest’anno in corso di videoconferenza.
Posizione degli operatori
Nell’approccio laparoscopico a questo tipo di anastomosi l’operatore si posiziona tra le gambe del paziente e manovra gli strumenti nei trocar da 10 mm indicati in figura 1 con una x. I due trocar più craniali sono da 5 mm, in sede peri-ombelicale vi è l’Hasson e i restanti trocar sono da 10 mm.
Sezione dell’istmo pancreatico (Fig. 2)
La sezione pancreatica è effettuata a livello dell’istmo, previo suo distacco dal tronco mesenterico-portale. La sezione inizia sul bordo caudale dell’istmo e lo contorna anteriormente, prima di approfondirsi; è condotta lentamente, schiacciando progressivamente il parenchima pancreatico tra le branche di un dispositivo a ultrasuoni, che consente di sezionare il parenchima e di sigillare vasi fino a 5 mm di diametro. Piccoli punti di sanguinamento possono essere coagulati, appoggiandovi le branche semiaperte di una pinza bipolare. Nel corso della dissezione obbiettivi importanti sono l’accurata coagulazione dei vasi e l’identificazione del dotto pancreatico. L’identificazione è agevolata dall’incannulazione del dotto per via endoscopica, effettuata precedentemente all’intervento. Il parenchima pancreatico attorno al dotto è progressivamente dissolto o distaccato con il dispositivo a ultrasuoni, in modo che il dotto risulti ben isolato: dopo la sua sezione il moncone duttale sul versante istmico dovrà apparire procidente per circa 2 mm rispetto al piano di sezione pancreatico. Questa presentazione agevolerà la sua incannulazione e il posizionamento dei punti.
Per via laparotomica la sezione pancreatica può essere effettuata con dispositivi analoghi, oppure con elettrobisturi e pinza bipolare. Se si utilizza l’elettrobisturi, devono essere posta particolare attenzione nell’identificare le due arterie intrapancreatiche decorrenti rispettivamente in prossimità del margine caudale ed craniale dell’istmo. Entrambe saranno sezionate su Mosquito e legate con filo 3/0 a lento assorbimento.
Posizionamento del drenaggio
In caso di accesso laparotomico tutti i drenaggi endo-addominali sono posizionati usualmente al termine dell’intervento. Invece, nel caso di accesso laparoscopico si deve posizionare il drenaggio prima di confezionare l’anastomosi pancreatico-digiunale, non essendo possibile collocarlo successivamente nella migliore posizione. Il drenaggio passa dietro l’anastomosi epato-digiunale e la sua estremità è collocata a destra del tronco mesenterico-portale dopo aver effettuato la sezione istmica.
Sutura pancreatico-digiunale posteriore (Fig. 3)
La procedura inizia con l’accostamento del tratto di digiuno compreso tra l’anastomosi coledoco-digiunale e il moncone digiunale al moncone pancreatico. La sutura è di tipo continuo con filo in polipropilene; è collocata sul versante posteriore del moncone pancreatico e procede dal bordo craniale al bordo caudale dell’istmo. L’ago passa nella trancia di sezione pancreatica, includendo la capsula, come evidenziato nella figura 3, poi passa ampiamente nello strato siero-muscolare del digiuno, sul versante antimesenterico. Un sottile retrattore consente di tenere sollevato l’istmo pancreatico, distanziandolo dal retrostante tronco mesenterico-portale. La sutura è annodata a metà del tragitto ed è proseguita con un secondo filo dello stesso materiale fino al bordo inferiore dell’istmo, dove il filo resta temporaneamente non annodato e non trazionato, per agevolare il sollevamento del moncone pancreatico e il suo scostamento dal digiuno nelle successive fasi dell’anastomosi.
Apertura dell’orifizio digiunale (Fig. 4)
L’apertura di un pertugio sulla parete anteriore del digiuno in prossimità del moncone duttale consentirà di confezionare l’anastomosi dutto-digiunale. La tecnica è ben nota: le branche del dispositivo a ultrasuoni sono tenute aperte e l’apertura è effettuata spingendo delicatamente sul punto prescelto del digiuno la punta della branca inferiore, che in questo modo perfora la parete intestinale. L’orifizio può essere allargato in rapporto al diametro del dotto pancreatico, stringendo la parete digiunale o la mucosa eccedente nella morsa della pinza. Infine, l’effettiva pervietà dell’orifizio è verificata inserendovi le branche della pinza (Fig.4).
Anastomosi dutto-digiunale (Fig. 5, 6)
Il dotto pancreatico è incannulato con un segmento di sottile sondino plastico di 4-6 French. Il posizionamento dei punti nella parete del dotto può essere agevolato da opportuni spostamenti del sondino, che all’occorrenza è afferrabile all’estremità con una pinza. Un punto cardine in monofilamento a lento assorbimento è fatto passare attraverso la parete duttale, dal versante interno del dotto, sull’emicirconferenza posteriore, piuttosto in profondità, laddove il dotto è intrapancreatico; l’ago passa poi a tutto spessore attraverso la parete digiunale in prossimità del pertugio digiunale, come visualizzato in Fig. 5, ed esce dal pertugio digiunale. Questo filo mediano non è temporaneamente annodato, è repertato su clamp ed è leggermente trazionato; la trazione sarà ridotta quanto basta per agevolare il passaggio dell’ago sul versante digiunale. Il sondino è opportunamente spostato di lato, consentendo di confezionare l’anastomosi dutto – digiunale sull’emicirconferenza posteriore, caudalmente al punto mediano, con almeno tre punti staccati in monofilamento assorbibile 4/0. Questi punti sono posizionati con la medesima modalità del punto mediano e sono subito annodati sequenzialmente. Successivamente il filo mediano è trazionato caudalmente, mentre la cannula è temporaneamente rimossa, consentendo di completare l’emicirconferenza posteriore con tre punti staccati. L’ultimo punto conclude la sutura all’estremità craniale dell’emicirconferenza posteriore. E’ evidente che il filo “cardine” mediano può essere annodato dopo aver annodato il primo di questi tre ultimi punti.
Mantenendo la trazione del filo mediano e opportunamente orientando il sondino, è infine confezionata la sutura a punti staccati in monofilamento assorbibile sull’emicirconferenza anteriore. In linea generale, la tipica modalità di esecuzione dei punti è la seguente: la convessità dell’ago è dapprima appoggiata e leggermente affondata sulla trancia di sezione pancreatica, orientando l’asse dell’ago con l’asse del raggio coledocico prescelto. Quindi l’ago è ruotato leggermente all’indietro, per condurre la sua punta in contatto con la trancia pancreatica. Infine la punta è fatta avanzare, approfondendola leggermente nel parenchima pancreatico, fino a penetrare nella parete intrapancreatica del dotto, circa 4 mm dal suo bordo (Fig. 6). Il passaggio dell’ago nel digiuno è a tutto spessore.
Si deve infine considerare che nel corso della sutura il filo non è tenuto in tensione da un aiuto, come nel caso delle anastomosi effettuate per via laparotomica. E’ quindi importante che almeno dopo ogni due passaggi le spire del filo di sutura siano ulteriormente strette. Per lo scopo si procede nel seguente modo: si pone il filo in trazione tra le branche semiaperte della pinza, in modo da far scorrere le branche della pinza lungo la sua guida fino al digiuno in corrispondenza dell’ultima spira eseguita; infine si traziona il filo con opportuna forza in opposizione alla pinza appoggiata sul digiuno.
Sutura pancreatico-digiunale anteriore (Fig. 7)
L’anastomosi è completata sul versante anteriore con sutura continua o con punti staccati capsulo-pancreatico-digiunali in polipropilene.
Bibliografia
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