Fig. 1 – Immagine T2 pesata

di Enrico Ganz

 

Quale è la migliore strategia per una formazione solida della milza, verosimilmente benigna?

Affrontare una questione di questo tipo non è del tutto banale. I tumori splenici benigni sono piuttosto rari e nei testi di Chirurgia poco è speso al loro riguardo. Per esempio, nel prestigioso Sabiston si legge esclusivamente: “Malignant and benign primary tumors of the spleen are rare. Benign splenic tumors include hamartomas, lymphangiomas, hemangiomas and lipomas.”

Anche l’esperienza clinica di ogni chirurgo non può che essere molto limitata in questo campo, essendo questi tumori di riscontro davvero occasionale.

Quindi, splenectomia o follow up?

Per rispondere nel migliore dei modi, potrebbe essere utile conoscere l’istotipo, ma lo studio istologico non è fattibile, considerando l’eccessivo rischio di sanguinamento dopo biopsia. L’istotipo più probabile deve essere perciò ipotizzato sulla scorta dei rilievi morfologici acquisiti con le indagini strumentali. Nel definire l’opportunità di una splenectomia o di un follow up si devono inoltre valutare sia l’aumento volumetrico del tumore nel tempo, sia le sue dimensioni al momento dell’osservazione. E’ infatti opportuno tenere presente che un tumore benigno immerso in un tessuto estremamente vascolarizzato e fragile, qual è il parenchima splenico, non è innocuo per il fatto di non dare metastasi, potendo essere imprevedibilmente causa di rottura e di sanguinamento della milza nel corso del suo accrescimento.

Presento qui un “Case report” o meglio un “case to discuss” riguardante un tumore verosimilmente benigno della milza e la presentazione si articolerà nelle seguenti sezioni: inquadramento anamnestico essenziale e relazione medica personale fondata su una valutazione dei dati anamnestici e strumentali alla luce dell’esperienza internazionale, attestata dalla bibliografia. Non è dunque la consueta strutturazione degli articoli riportanti i case report nelle riviste scientifiche, nei quali in sezioni separate è prodotta un’introduzione, la presentazione del caso, la discussione, includente l’analisi della letteratura, le conclusioni e la bibliografia.

Qui il lettore potrà definire una sua linea di condotta dopo la lettura dei dati anamnestici e la visione della documentazione iconografica, per confrontarla infine con la linea di condotta da me definita nella relazione chirurgica.

Non è mia consuetudine riportare pubblicamente gli interventi dei lettori nel blog, ma ciò non esclude che sarò grato a chi mi comunicasse qualche idea sul caso; potrebbe essere utile per verificare e migliorare la qualità della mia relazione. Al contempo penso che la mia relazione possa essere utile al lettore per stimolare un approfondimento sul tema; motivo per cui ho deciso di pubblicare questo caso e di presentarlo in una forma diversa dal Case report.

Ricordo che si deve cliccare sulle figure per ottenerne un ingrandimento.

 

Dati anamnestici

Paziente adulto con età inferiore alle sesta decade di vita, portatore di formazione splenica da almeno nove anni, quando fu diagnosticata accidentalmente in corso di indagine tomografica:

“Formazione rotondeggiante di 1,5 cm tenuamente ipodensa in corrispondenza del margine esterno del terzo superiore della milza, compatibile con angioma”

Non erano presenti altri reperti correlabili alla neoformazione.

Fu deciso di monitorare con RMN la neoformazione e la successiva RMN fu eseguita quattro anni dopo:

“Presenza di area ovalare solida di ca 5 cm x 3 cm in sede sottocapsulare splenica, posteriormente, determinante lieve bozzatura del profilo supero-posteriore splenico.

Tale formazione presenta profili piuttosto netti, è lievemente iperintensa in T2 in modo omogeneo ed è vascolarizzata con tendenza a omogeneizzarsi rispetto al circostante parenchima specie in fase venosa tardiva.”

Non erano presenti altri reperti significativi.

Fig. 2 – Immagine T2 pesata

La successiva RMN fu eseguita cinque anni dopo:

“Nei confronti di un precedente esame l’area ovalare, solida, situata nella porzione posteriore della milza, in sede sottocapsulare, determinante bozzatura del profilo superiore, risulta lievemente ingrandita: 6 cm x 4 cm versus 5 cm x 3 cm. Le sue caratteristiche contrastografiche sono invariate. (Fig. 1, fig.2)”

Non erano presenti altri reperti significativi.

Nello stesso periodo fu eseguita un’ecografia addominale. L’ecografista si orientò in modo comunque dubitativo su una forma angiomatosa.

Gli esami ematochimici (emocromo, glucosio, Cr, U, ioni, transaminasi, bilirubina, acido urico, elettroforesi del siero, ferritina; PT, PTT) sono sempre risultati nella norma.

L’anamnesi patologica remota è stata sempre negativa, in particolare non sono rilevabili eventi traumatici e infettivi.

 

Relazione chirurgica

Si tratta di una formazione splenica rilevata tomograficamente nove anni fa e successivamente controllata con RMN. Le dimensioni attuali sono di 6 cm x 4 cm con incremento dimensionale di un centimetro nell’arco degli ultimi cinque anni.

La formazione è asintomatica.

Ai fini di decidere se proseguire il follow up o programmare una splenectomia sono ineludibili alcune considerazioni, riportate nei paragrafi A. e B.

A. Le immagini risonanzografiche della formazione splenica sono più probabilmente compatibili con una formazione amartomatosa, pur non potendosi escludere altre più rare forme benigne. Non vi sono indagini strumentali in grado di definirne chiaramente l’istotipo. Il prelievo con agoaspirazione per esame cito-istologico non è consigliato, sia per il rischio di emorragia, sia non avendo adeguata sensibilità diagnostica (7).

Gli amartomi sono frequentemente diagnosticati in seguito all’esame istologico conseguente a una splenectomia effettuata per una formazione splenica di 4 – 6 cm non ben caratterizzabile pre-operatoriamente (7).

Gli amartomi splenici non presentano rischio di degenerazione maligna, ma possono occasionalmente condurre a rottura della capsula splenica con conseguente emorragia per progressivo accrescimento (8). In letteratura non vi sono casistiche adeguate a definire un limite dimensionale oltre il quale il rischio di rottura capsulare diventa significativo. Come prima osservato, una splenectomia è proponibile prima che la formazione superi i sei centimetri.

B. L’ecografista non esclude trattarsi di un angioma, seppur esprimendo pieno dubbio.

La possibilità che si tratti di una formazione angiomatosa è bassa, ma non nulla. Nel pur improbabile caso in cui la formazione fosse di tipo angiomatoso si dovrebbero fare le seguenti considerazioni:

– l’evoluzione di un angioma in angiosarcoma è eccezionale (4); non vi è perciò indicazione alla splenectomia profilattica in rapporto a questo rischio;

– è noto che le formazioni angiomatoidi della milza possono occasionalmente sanguinare spontaneamente o in seguito a un trauma. Se volumetricamente stabili, formazioni angiomatoidi fino a 4 cm sono controllate periodicamente e, non essendovi un apprezzabile rischio di sanguinamento, non vi è indicazione alla splenectomia profilattica (2, 5). In letteratura non sono estrapolabili dati utili per definire l’entità del rischio di sanguinamento nel nostro specifico caso. Attualmente il rischio di lesione traumatica appare basso, considerando la posizione postero-superiore della formazione, in un’area protetta dalla parete e dal diaframma. Tuttavia, si deve anche considerare che ne è stato documentato l’accrescimento nel corso del periodo di osservazione ed è verosimile che esso continuerà anche in futuro. Quindi, il rischio di sanguinamento sarà progressivamente crescente.

– Tra le possibili forme istologiche benigne delle formazioni angiomatoidi non è escludibile, se non con esame istologico, un “littoral cell angioma”. Per quanto questa forma istologica sia più comunemente multinodulare (6), sono state descritte forme isolate e il potenziale maligno è noto anche in quest’ultime (1, 3), potendosi quindi definire “tumore con comportamento incerto”.

Sulla scorta di queste osservazioni ritengo prudente consigliare una splenectomia per via laparotomica. L’approccio laparoscopico è controverso e il paziente deve considerare che potrebbe non essere possibile un’adeguata caratterizzazione istologica della neoformazione in seguito all’estrazione della milza per questa via, richiedendosi una fine frammentazione dell’organo per la sua estrazione dall’addome. L’approccio laparoscopico può essere comunque concordato, provvedendo a estrarre integra la milza tramite un’incisione addominale bassa, che può presentare qualche vantaggio estetico rispetto all’approccio laparotomico tradizionale.

 

Bibliografia

  1. Fernandez S, Cook GW, Arber DA. Metastasizing splenic littoral cell hemangioendothelioma. Am J Surg Pathol 2006; 30(8): 1036-40.
  2. Shinde J, Pandit S, Kolte S e al. Laparoscopic splenectomy for haemangioma of the spleen. J Minim Access Surg 2014; 10(1): 42-44.
  3. Tan YM, Chuah KL, Wong WK. Littoral cell angioma of the spleen. Ann Acad Med Singapore 2004; 33: 524-6.
  4. Whitley RD, Winship T. Splenic emangioma with subsequent fatal hemangiosarcoma. Surgery 1954; 35(5): 787-92.
  5. Willcox TM, Speer RW, Schlinkert RT e al. Hemangioma of the spleen: presentation, diagnosis, and management. J Gastrointest Surg 2000; 4(6): 611-3.
  6. Xu L, Zhang Y, Zhao H e al. Well-differentiated angiosarcoma of spleen: a teaching case mimicking emangioma and cytogenetic analysis with array comparative genomic hybridation. World J Surg Oncol 2015: 13: 300.
  7. Yazici P, Aydin U, Ersin S e al. Hamartoma – A rare tumor of the spleen: a report of four cases. Eurasian J Med 2008; 40(1): 48-51.
  8. Bartels A, Brock C, Nelson C e al. Spontaneous rupture of a splenic hamartoma. Am Surg 2013; 79(11): E331-2.