di Enrico Ganz
L’appendicectomia è il classico intervento che nell’ambito della chirurgia generale costituisce uno degli approcci iniziali all’attività operatoria nella formazione pratica di un giovane chirurgo. Non è tuttavia un intervento banale e talvolta presenta indubbie difficoltà, qualora la flogosi sia tale da determinare ascessualizzazione e aderenze infiammatorie con strutture contigue, quali l’omento, l’intestino tenue, l’annesso destro. E’ pur vero che la difficoltà è principalmente determinata dalla volontà di effettuare l’intervento per via laparoscopica, oppure, nel caso di accesso laparotomico pararettale destro, di contenere la lunghezza dell’incisione addominale prossima a quella che è sufficiente per la maggior parte delle appendiciti non complicate: 2-5 cm.
La vita del chirurgo sarebbe certo molto agevolata, qualora egli praticasse di principio un’ampia incisione addominale, ottenendo una comoda esposizione dell’appendice.
Per quale motivo allora non preferire di principio questa seconda soluzione?
Perchè nell’effettuare l’appendicectomia è anche opportuno evitare sia un’ingiustificata compromissione dell’integrità parietale, sia un’eccessiva compromissione estetica. Quindi, pur rifuggendo dal complicarsi la vita, un buon chirurgo deve trovare un equilibrato compromesso tra le due esigenze e accettare quel grado di difficoltà che gli è possibile affrontare, per non rendere l’intervento né eccessivamente invasivo per l’ampia incisione addominale, né eccessivamente arduo nel nome di una mini-invasività da perseguire a tutti i costi.
E’ a questo punto da richiamare l’attenzione sull’insidia che può essere insita nell’approccio mini-invasivo (laparoscopico o minilaparotomico), nel raro caso di un’appendice in posizione retrociecale e sottoepatica. E’ questo infatti un riscontro eccezionale, che sfugge all’ordinaria esperienza, di fronte al quale deve essere considerato un importante aspetto anatomico.
Posso fare riferimento all’esperienza di un solo caso di questo tipo, recentemente riscontrato. All’esplorazione laparoscopica era visibile l’estremità dell’appendice, lunga circa 2 cm, intrappolata in tessuto flogistico compreso tra la faccia inferiore del lobo epatico destro e la flessura destra del colon. Dopo la conversione in laparotomia pararettale destra, la mobilizzazione del cieco e lo scollamento latero-mediale del colon ascendente, mi è stato possibile definire la reale posizione dell’appendice: essa originava dalla parete posteriore del cieco, decorreva sulla superficie anteriore della seconda porzione duodenale, posteriormente al mesocolon destro, e penetrava in tessuto flogistico interposto tra il mesocolon trasverso e il lobo epatico destro. La lunghezza dell’appendice era di circa 12 cm. Il cieco era in posizione più craniale dell’usuale, essendo situato a livello della terza porzione duodenale.
Interesse del caso
Questo caso consente di richiamare l’attenzione sulla particolarità del rapporto anatomico tra un’appendice retrociecale sotto-epatica e la seconda porzione duodenale; una contiguità, che non è riscontrabile né nell’appendice con cieco in normale posizione anatomica, né nell’appendice sotto-epatica, che non sia retrociecale. Questo particolare rapporto anatomico deve essere tenuto ben presente, qualora si decida di condurre l’intervento con approccio laparoscopico, al fine di evitare lesioni duodenali in corso di appendicectomia. In caso di intensa reazione flogistica può essere prudente rinunciare all’approccio laparoscopico, convertendo l’intervento, per garantirsi una comoda visione tramite una relativamente ampia incisione pararettale destra.