Fig. 1 – “Confetti” per orso (a destra) a confronto con proiettile standard per pistola militare (a sinistra)

di Enrico Ganz

 

Come è noto, l’anno scorso un giovane è deceduto per le gravi ferite riportate in seguito all’attacco di un orso bruno nei boschi di Caldes in Trentino. Un episodio prevedibile; almeno dieci anni fa avevo cominciato a paventare gli effetti della diffusione di orsi nel Nord Italia, quando probabilmente nessuno si curava di questo fenomeno. In seguito, è effettivamente iniziata una lunga serie di incidenti più o meno gravi fino all’episodio dello scorso anno. Quindi, è concreto il rischio che in futuro vi siano altre vittime, in particolare nei mesi primaverili ed estivi. 

Molti sono i menefreghisti o coloro che, nonostante le attuali evidenze, addirittura ancora sostengono la diffusione di animali pericolosi per l’uomo, relativizzandone la loro pericolosità. Per quale motivo? Perché nella loro scala di valori l’altrui vita umana ha un’importanza piuttosto relativa. 

Non posso risparmiare una critica anche nei confronti di coloro che hanno la responsabilità di rilasciare licenze per il porto d’armi per difesa, i quali sono molto restii nelle concessioni, nonostante inoppugnabili argomentazioni nella richiesta a loro presentata. Cerchiamo dunque di comprendere quali potrebbero essere i loro punti di vista: 

“Qualora rilasciassi una licenza di porto d’arma per difesa a un tale, che poi con l’arma mi combina un guaio, non avrei forse un rimorso di coscienza?”

O forse è: 

“Qualora rilasciassi una licenza di porto d’arma per difesa a un tale, che poi con l’arma mi combina un guaio, non rischierei forse di essere sanzionato dalla mia Amministrazione?”  

Ma è certa una risposta da parte mia: “E’ difficile accettare di soccombere a un orso o a un cane ramingo per i boschi o per i campi, per venire incontro alle personali preoccupazioni di voi, Questori e Prefetti, qualunque esse siano…

Non sarebbe forse opportuno stabilire per voi opportune norme sanzionatorie in caso di grave incidente occorso per attacco da predatore a colui che abbia subito la negazione di un porto d’armi per difesa? O, forse, non sarebbe meglio deresponsabilizzarvi, consentendo per legge il libero porto di un’arma da fuoco per difesa limitato a ben determinati contesti?

Non mi stancherò di affermare che deve essere rispettato il diritto di difendersi da animali pericolosi in specifici contesti ambientali in cui nessuno al mondo potrebbe offrirci una difesa.

Un detto dice “Hai voluto la bici? Inizia a pedalare!” Parafrasando, diciamo “Avete voluto il ritorno degli orsi in Nord Italia? Diamo allora inizio alla cultura delle armi in ambito civile, come negli Stati Uniti, seppur con opportuna prudenza”. 

Non sarebbe stato certo questo il mio desiderio. 

I miei luoghi preferiti, i boschi, devono essere abitati da alberi, funghi, felci, muschi, timorosi daini, scoiattoli e cinguettanti uccellini. Nei miei incontri non devono esservi orsi, lupi, cani randagi o altri predatori, tali da costituire anche un modesto rischio per la mia salute. Se invece devono esservi, tra me e loro deve esservi anche un’adeguata arma da fuoco per ogni evenienza.  Come un daino ha timore dei suoi predatori e non può che essere compreso per questo timore, che lo protegge dalla loro insidia, così io ho un analogo istinto di conservazione e ho ragionevolmente timore di un orso e di un branco di lupi. E, non potendo avere per natura arti tanto forti da poter contrastare un orso o da poter fuggire, in alternativa non posso che avvalermi di quanto l’ingegno umano ha prodotto, per sopperire a tale debolezza fisica: un’arma da fuoco. Lo spauracchio dello spray al peperoncino non mi basta. Nè mi bastano gli incredibili consigli che capita di ascoltare in programmi televisivi, espressi da chi indulge alla tutela della fauna dei predatori; tra i quali il consiglio di avventurarsi nei sentieri con uno zaino. Per un preciso motivo:… Ma andiamo per ordine: secondo questo consiglio, in caso di attacco, bisogna stendersi a terra sul ventre, per proteggerlo dagli artigli dell’orso (evidentemente è di scarsa importanza l’eventualità di doversi sdraiare con il volto affondato nel fango, se fosse piovuto di recente…). Le mani dovrebbero essere posizionate sul collo (probabilmente per rimetterci le mani, piuttosto che il collo). In questa posizione di sicurezza lo zaino protegge la schiena dagli artigli, (che effettivamente qualche danno potrebbero farlo sulla nostra morbida pelle, essendo lunghi 8 centimetri ed essendo manovrati da una massa di 200 – 300 Kg). Ma probabilmente l’orso non ha alcuna cattiva intenzione, il più delle volte è solo incuriosito o comunque perde la sua aggressività ed esplora la superficie corporea con la zampa e con il naso; ad un certo punto si stanca e si allontana… grazie alla protezione dello zaino la schiena è salva (sempre che non ci sia salito sopra con i suoi 200-300 Kg). Non sappiamo però – ulteriore mio commento – in quale condizione potrebbero essere mani, braccia, gambe e cuoio capelluto. Perlomeno dovremmo essere ancora vivi, anche se un po’ laceri. 

Ora, il consiglio potrebbe essere anche ragionevole e persino saggio… ma finalizzandolo a giustificare la presenza degli orsi nei boschi, chi lo fornisce dimostra di essere un pazzo o un deficiente. Come coloro che hanno favorito la diffusione degli orsi in Italia, senza curarsi delle possibili interazioni tra orso e uomo in territori antropizzati per residenza ed escursionismo. 

E’ necessario dunque arrangiarsi in un mondo di folli. 

Nel seguente paragrafo presento un modello di arma corta che ha attratto la mia attenzione, essendo del tutto adeguato a contrastare l’attacco di un orso. Tuttavia, preciso che esso è solo una possibilità: vi sono anche altre aziende che producono modelli sovradimensionati, quali Korth (.44 Magnum), Colt (.44 Magnum), Ruger (.44 Magnum, .454 Casull) e Taurus (.454 Casull, .460 Smith & Wesson Magnum). 

Fig. 2

Il revolver Smith & Wesson 460 XVR con canna 3,54” (9 cm)

Prima di presentare questo modello “compatto”, mi sono chiesto se esso potesse avere un favorevole utilizzo per scopi criminali. In tale caso avrei evitato di presentarlo. Ovviamente molti oggetti della vita quotidiana possono diventare strumenti finalizzati ad agevolare azioni criminali e le armi non fanno certo eccezione. Tuttavia, un ingombrante revolver, che pesa scarico 1650 grammi e ben 1800 grammi, quando caricato con cinque cartucce .454 Casull, non avrebbe alcuna logica preferenzialità al di fuori dell’ambito venatorio, essendo altrimenti soggetto a energie di rinculo assolutamente controproducenti in uno scontro a fuoco. Persino la ben più “mite” cartuccia 10 mm Auto risultò tanto poco gestibile negli scontri a fuoco, che negli anni ’90 del secolo scorso l’FBI la sostituì con una cartuccia di minor potenza.  

Un altro aspetto che pongo come premessa alla presentazione dello S&W 460XVR è l’assenza di interessi commerciali nella presentazione di questo strumento e delle cartucce che esso incamera. 

L’arma è commercializzata negli Stati Uniti per caccia e per difesa in ambito venatorio, oltre che per tiro sportivo. Accoglie le cartucce .454 Casull e .460 Smith & Wesson Magnum, adatte per fermare gli animali di maggior taglia, che possono percorrere i territori del continente americano: orsi neri, grizzly e alci. Mentre la versione specifica per la caccia presenta una canna da 12” (30.5 cm), il revolver S&W 460XVR con canna da 3,5” (9 cm) ha una finalità preferenzialmente difensiva nell’approccio con i grandi predatori, consentendo tiri potenzialmente precisi fino alla distanza di almeno 20 metri. 

L’arma può incamerare anche le blande cartucce .45 Schofield (non commercializzate in Italia) e le più prestanti .45 Long Colt, che ne consentono un utilizzo per il tiro al bersaglio di cartone con finalità ludiche, non presentando né gli elevati costi delle cartucce .454 Casull e .460 S&WM, né il loro fastidioso effetto sul palmo della mano causato dai vigorosi rinculi al momento dello sparo. Tuttavia, anche le cartucce .454 Casull e .460 S&WM possono essere utilizzate in ambito sportivo, trovando il loro specifico ambito nel tiro alla sagoma metallica. Un fattore limitante può essere il loro significativo costo: 2,2 euro l’una nel caso delle .454 Casull. 

Il castello, il tamburo e la canna del revolver 460XVR sono in acciaio inox. Il tamburo presenta cinque alloggiamenti per le cartucce; sulla sua superficie sono assenti le scanalature snellenti, che caratterizzano la maggior parte dei revolver (Fig. 2). Infatti, le elevate pressioni, generate al momento dello sparo, devono essere contenute in una massiccia armatura, che si evidenzia anche nella canna e nel castello di questo revolver (denominato “telaio X” nel catalogo S&W). La struttura è in grado di resistere a una pressione interna superiore a 4400 atmosfere. Il sistema di mira è costituito da una tacca di mira con foglia ad U regolabile micrometricamente in altezza e in deriva e da un mirino fisso HIVIZ in fibra ottica di colore verde. 

Il metallo presenta una raffinata satinatura e la vistosa scritta “Performance Center” sul versante sinistro della canna. Il Performance Center è la sezione della Smith & Wesson dedicata alla progettazione dei modelli più curati nella qualità estetica e funzionale. 

Come si può notare al margine della figura 2, le guancette sono in gomma, per consentire la maggior stabilità possibile nelle mani al momento del tiro, esigenza che si nota in particolare quando si utilizzano  le cartucce .454 Casull e .460 S&W Magnum per il vigoroso rinculo, che la loro carica imprime all’arma. 

L’impugnatura con due mani è raccomandabile, anche se, come si nota nei video citati nella sezione “Riferimenti”, tiratori con una robusta struttura muscolare ed ossea del braccio possono ottenere ottimi risultati, sostenendo senza tremori questo pesante blocco di acciaio con una sola mano.

Sul grilletto manca un trigger stop, poiché la corsa del grilletto termina esattamente al momento dello scatto del cane.    

Nell’esemplare che ho utilizzato la resistenza del grilletto allo scatto in singola azione è risultata di 1700 grammi: la pressione del dito necessaria per il tiro è appena percepibile e necessiterebbe anzi di un ragionato autocontrollo in una situazione di emergenza, quando la scarica di adrenalina potrebbe far premere il grilletto prima di una mira adeguata. Per contro, questa dolcezza allo scatto è uno dei fattori strutturali, che concorrono alla precisione ottenibile, alla quale contribuisce certamente anche la rigatura della canna. In doppia azione la resistenza allo scatto è di 4500 grammi, ma in questo caso la pressione sul grilletto deve essere applicata in due tempi: nel primo tempo deve essere decisa, rapida, ma ben misurata, per l’attivazione del meccanismo di rotazione del tamburo. Questo tempo è scandito da un primo rumore, prodotto nel movimento di disimpegno del dente di arresto dal tamburo, e da un secondo rumore (non sempre udibile), causato dal ritorno del dente di arresto nella tacca di arresto del tamburo al termine della sua rotazione. A questo punto la cartuccia è allineata con il percussore e la pressione sul grilletto deve diventare graduale per quel minimo tratto che resta da percorrere prima di far scattare il cane sul percussore. 

Prestazioni 

L’efficacia difensiva può essere definita solo approssimativamente, traendo “sensazioni” dall’utilizzo dell’arma in un Centro di tiro con cartucce .454 Casull. 

Fig. 3

Ho perciò effettuato alcuni tiri in singola azione a due mani, mirando a un cerchio con diametro di 10 cm, disegnato su un cartone, posto alla distanza di 13 metri. Una prima prova è consistita in cinque tiri lenti (Fig. 3), la seconda prova in cinque tiri rapidi, compatibilmente con il tempo di riallineamento della mira dopo il violento contraccolpo (Fig. 4). La prova è stata effettuata con cartucce .454 Casull Hornady XTP Mag con palla a punta cava da 300 grani. La mia precedente esperienza con questo tipo di cartuccia (Hornady o Winchester) era limitata a 60 tiri lenti. 

La seconda prova è stata effettuata molto rapidamente, mirando a un cerchio con diametro di 10 cm, disegnato su un cartone, posto alla distanza di 13 metri (Fig. 4). Il primo tiro è stato effettuato in singola azione, i successivi in doppia azione, complessivamente in un tempo non superiore a sette secondi. (Nota 1) 

Non sono state effettuate prove con la cartuccia 460 S&WM, essendo sovradimensionata per gli scopi di questo studio. In effetti, questa cartuccia potrebbe essere forse meglio valutata per la difesa da attacco di rinoceronte in Africa…

La prima prova (fig. 3) evidenzia un tiro basso. Questo è stato il primo tiro della serie. I successivi quattro tiri sono stati piazzati in un’adeguata posizione, considerando che il muso di un orso è più ampio del cerchio. 

Fig. 4

La seconda prova è decisamente più importante, essendo stata effettuata molto rapidamente, come potrebbe richiedersi in una situazione reale di fronte a un grande predatore, che attacca (Fig. 4). Il primo tiro è stato basso (16,5 cm dal punto nero centrale) e spostato a sinistra rispetto all’obbiettivo (8,5 cm dal punto nero centrale). Il secondo tiro è entrato nel cerchio. Il terzo tiro si è perso fuori dal cartellone. Il quarto tiro è posizionato 14,2 cm sopra il punto nero centrale e e 1,2 cm a destra del punto nero centrale, il quinto tiro si colloca 12,2 cm sopra il punto nero centrale e 6,5 cm a sinistra del punto nero centrale. 

Questa seconda serie di cinque tiri merita un commento.

Dalla prima prova alla seconda prova vi è stata una riflessione sulla modalità di affrontare i tiri. Infatti, nella prima prova la postura era tale da favorire allo scoppio un abnorme rilevamento dell’arma, che portava le braccia molto in alto con conseguente perdita di tempo per il riallineamento. Inoltre, il baricentro del corpo era tale da costringere ad effettuare un passo indietro per il rinculo dell’arma. Nella seconda prova la postura è risultata molto stabile, arcuando dorso e spalle in avanti, nonchè piegando leggermente il ginocchio sinistro e arretrando l’arto inferiore  destro. In tal modo è stato possibile effettuare i cinque tiri in soli sette secondi senza rilevare problemi al proprio baricentro. Inoltre, il rilevamento dell’arma è stato piuttosto contenuto.

Fig. 5

Per quanto riguarda l’efficacia dei tiri, sarebbe stato certamente risolutivo il secondo tiro, dubbi invece sorgono per il quarto e per il quinto tiro, dovendosi considerare la dimensione del vero profilo frontale di un orso, qualora il punto nero centrale corrispondesse alle sue narici. 

Il fatto che un solo tiro sia chiaramente in posizione utile, ci fa riflettere su quale possa essere la migliore strategia di fronte a un orso che attacca frontalmente. Sarebbe certamente prudente non consumare immediatamente le cinque cartucce. Un primo tiro dovrebbe essere effettuato non troppo rapidamente in singola azione. Come si può notare in filmati di caccia all’orso, questo possente animale, seppur colpito mortalmente, prosegue la sua corsa per più di dieci metri. Il secondo e terzo tiro dovrebbero essere molto rapidi in doppia azione quando la distanza dell’obbiettivo è di 2-3 metri. Il quarto e il quinto tiro dovrebbero restare per gestire la situazione dopo l’impatto, avendo la fortuna di esserne nelle condizioni. 

Nel complesso, queste due prove sono state interessanti. La prima prova è stata utile per definire una posizione adeguata per la rapidità dei tiri, la seconda prova ci conforta sulla reale possibilità di una difesa con un revolver incamerato con cartucce .454 Casull, pur non essendo tiratori di lunga esperienza. 

Fig. 6

Nel Centro di Tiro ho potuto anche evidenziare che l’arma si presta bene per il tiro a segno con finalità ludica, dando in questo ambito soddisfazione e possibilità di allenamento per il più gravoso impegno con le cartucce Magnum. In tal caso ho utilizzato cartucce commerciali 45 Long Colt Federal con palla semiwadcutter a punta cava da 225 grani.                                                 

Riporto tre recenti prove con bersaglio alla distanza di 13 metri.

Valutandole, a dir la verità, avrei preferito attendere tempi futuri, per pubblicarne di migliori. In effetti, i risultati sono piuttosto scadenti, ma vi emergono dati interessanti, proprio perché raccolti all’inizio di un’esperienza. 

Nella prima prova 15/25 tiri hanno centrato il cerchio con diametro di 10 cm e, tra questi, 8/25 tiri  (32%) hanno centrato l’area centrale del cerchio, creando un piccolo “cratere” (Fig. 5). Nella seconda prova 12/20 tiri hanno centrato il cerchio con diametro di 10 cm e, tra questi, 5/20 tiri (25%) hanno centrato l’area centrale del cerchio (Fig. 6). Nella terza prova 11/20 tiri hanno centrato il disco nero con diametro di 10 cm e, tra questi, 5/20 (25%) hanno centrato l’area centrale del disco nero (Fig. 7).

Che significato hanno queste osservazioni?

I dati indicano che l’arma ha un’ottima precisione intrinseca, poiché non uno, casualmente, ma una serie di tiri ha raggiunto il centro dell’obbiettivo, inteso come area circolare con diametro di 5 cm al centro del cerchio o del disco nero. Quindi, quando si mira bene e si preme bene il grilletto, il “cuore” del centro è raggiunto. Tuttavia, questo obbiettivo non è raggiunto facilmente in mani poco esperte. Infatti, nella prima prova 10/25 tiri (40%) non hanno centrato il cerchio; nella seconda prova 8/20 tiri (40%) non hanno centrato il cerchio; nella terza prova 9/20 tiri (45%) non hanno centrato il disco nero, pur evidenziandosi in quest’ultima e più recente prova una discreta compattazione dei tiri, che la rende forse la prova migliore, esito dell’allenamento. 

Fig. 7

La mia impressione è che la massa di questo revolver abbia un ruolo importante nell’ostacolare un tiro di assoluta precisione. 

Il giudizio è dunque negativo?

Tutt’altro, a mio parere: è proprio la contrapposizione tra l’intrinseca precisione di tiro e la massa, che si oppone alla precisione, un fattore che rende interessante lo Smith & Wesson 460XVR per finalità ludiche e sportive. Infatti, la ricerca di un miglioramento nelle difficoltà fa parte del divertimento in un gioco, purché il miglioramento sia possibile. E in questo caso teoricamente il miglioramento è possibile, potendo procedere fino a collocare tutti i tiri in un perfetto centro con diametro di 5 centimetri. E’ ben chiaro che non vi sarebbe nulla di divertente nel complicarsi inutilmente il gioco, appendendo a un revolver, quale difficoltà aggiuntiva, un qualche peso senza significato. Il peso deve avere un significato, per essere gradito, e in questo caso nella massa dello S&W 460XVR un significato vi è, se si considera l’arma nella sua duplice faccia ludica/difensiva. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota 1 – Questo tipo di prova non ha precedenti nella mia esperienza. La figura 4 indica quindi il possibile esito di cinque tiri in rapida successione, avendo alle spalle un’esperienza molto modesta (65 tiri lenti) con cartuccia .454 Casull.

 

 

Riferimenti

– Video

1. Kentucky Ballistics. 500 S&W Magnum Snub Nose vs 460 S&W Magnum Snub nose!!! In: https://www.youtube.com/watch?v=0eVf2-mZYWc

2. The Turkey’s opinion. Smith & Wesson 460 Magnum Performance Center. A Very Nice Revolver! In: https://www.youtube.com/watch?v=c_B0bbvrkRc

– Articoli

1. Ardovini B. Smith & Wesson XVR Performance Center. all4shooters.com, 22/6/2012.

2. – – -. Smith & Wesson 460 Xvr, un lampo nel buio. Armi e tiro, 1/10/2007.

3. George Curtis. 454 Casull vs 44 Mag – Caliber Comparison. American Guns Fact, 30/11/2022.

4. GruRiFraSca. 45 Long Colt.

5. GruRiFraSca. 454 Casull.

6. GruRiFraSca. 460 Smith & Wesson Magnum.

7. Sniper76. 10 mm Auto, Passato e Presente. The Gunners Shooting Club, 22/4/2007.