di Enrico Ganz

L’inesperienza era tale che il timore di avvertire lo sparo alla pressione del grilletto alterava significativamente la mia concentrazione sul bersaglio e la capacità di tenere ferma la presa. Nel Centro di tiro un anziano frequentatore mi si accostò e mi fornì alcuni consigli; probabilmente aveva notato la mia difficoltà, ma anche la mia ostinata determinazione nel cercare un buon risultato. Dovette pensare che mi allenassi per difesa, più precisamente per difendermi dal potenziale attacco di un essere umano. Infatti, mi disse che quel calibro non lo convinceva molto per difendersi da un’aggressione. Mi rese partecipe della sua filosofia sui calibri per difesa. Ricordò il caso di una guardia giurata, che aveva un’arma in calibro 7,65 e che dovette sparare più colpi contro un assalitore “fuori di testa”, che tentava di colpirlo con un cacciavite. La guardia riuscì a fermare l’assalitore, ma purtroppo l’assalitore morì. Il problema è che il calibro 7,65 ha un basso “potere d’arresto”, mi disse. Quindi, per fermare un assalitore, con una 7,65 può essere necessario ammazzarlo.

Cosa intendeva l’anziano tiratore per “potere d’arresto”?
Al concetto di “potere d’arresto” potrebbe essere attribuita più di una definizione, ma penso che l’anziano tiratore intendesse che essa fosse la seguente: “La possibilità di causare dolore e/o impotenza funzionale con uno o più tiri di un’arma da fuoco, tale da far desistere l’aggressore dalla sua azione, minimizzando il rischio di causarne il decesso.” Negli Stati Uniti non è propriamente questa la preoccupazione e la legittima difesa legittima un utilizzo impietoso dell’arma. Fortunatamente in Italia vi è maggior rispetto per la vita umana e l’arma può essere utilizzata per difendersi, se si possiede un porto d’armi per difesa, ma deve esservi l’impegno a tentare di evitare, per quanto possibile, che l’aggressore perda la vita.
Qual è il calibro più adatto per questo scopo?
Qui le risposte si aprono a visioni filosofiche. Un proiettile “grosso” con velocità subsonica, è quanto serve per lo scopo, secondo alcuni. La questione è in realtà complessa; nel potere di arresto così inteso non si può trascurare anche l’area anatomica colpita, non essendo la sensibilità algica uguale in ogni area corporea. Inoltre, è un problema definire quali aree anatomiche siano o non siano vitali. Per fermare un uomo che lo attaccava con un’ascia, un poliziotto colpì con precisione il ginocchio dell’aggressore, area apparentemente non vitale. Il proiettile trapassò la rotula e la retrostante arteria poplitea, che decorre nel cavo popliteo, posto nella parte superiore del polpaccio. L’aggressore morì per un’emorragia massiva (3).
Il calibro 7,65 Browning, inviso al mio anziano interlocutore, è considerato penetrante, anche più del 9 mm corto. Il proiettile ha un’ogiva rotonda e un corpo con diametro relativamente modesto, 7,8 mm. Largo come un pisello di piccola taglia e animato da una modesta energia cinetica, il proiettile mantiene una traiettoria rettilinea in gelatina balistica senza ribaltamenti; il ferito potrebbe non accorgersi neppure di essere stato colpito, in particolare qualora sia sotto l’effetto di droghe o di uno stato d’ira. Questa situazione pone il difensore nella condizione di dover decidere tra il fuggire, il soccombere o il mirare a parti vitali.
Fortunatamente per me il problema non si pone e preferisco che mai si ponga in relazione a un essere umano, per il quale ho piuttosto il compito di effettuare “riparazioni anatomiche” in relazione alla mia professione. Tuttavia, non esito a cercare la soluzione migliore per affrontare il più ostico tra gli animali, che potrebbero assalirci in un bosco o in un pascolo: l’orso bruno. Fortunatamente, in tal caso la soluzione è semplificata: non vedo la necessità di considerazioni etiche. E’ pur vero che per la legge io non sono un animale protetto, mentre l’orso lo è, ma questa constatazione non è parte del mio bagaglio etico. La legge deve essere rispettata, ma non si può essere sacrificati sull’altare della legge. Una vita umana deve essere protetta nel modo più efficace e

Fig. 2 – Esito di 21 tiri in appoggio con Walther PPK 7,65 alla distanza di 10 metri su disco nero con diametro di 10 cm

sicuro dal rischio di un’aggressione attuata da un animale randagio o selvatico; in questa prospettiva il potere d’arresto deve intendersi tout court come la capacità di abbattere l’aggressore. In futuro questa modalità di difesa dovrà esserci concessa legalmente. E questo è un impegno etico.
A questo punto mi riallaccio a quanto un giorno mi chiese un conoscente: “E’ proprio necessario utilizzare armi sovradimensionate per difendersi da un orso? Non sarebbe sufficiente il calibro 7,65 Browning nella difesa da attacco di orso?”
Dubito che vi siano case report, che descrivano attacchi di orso affrontati con questo calibro, per orientarci sulla risposta. Penso che negli Stati Uniti, dove vige il “Big is better”, ben pochi considererebbero questo calibro adatto per difesa da attacco di orso. Si penserebbe piuttosto al 357 Magnum, al 44 Magnum e addirittura al 454 Casull. Tuttavia, vi è il case report di una guida canadese, che ha difeso i suoi due clienti dall’attacco di un grizzly, abbattendo l’animale con una minuscola arma semiautomatica in calibro 9 Luger, “mirando a parti vitali” (2).
A ben vedere, in un attacco frontale che differenza dovrebbe mai esservi tra un proiettile, che ha un diametro di 7,8 mm, e un proiettile, che ha un diametro di 11,5 mm, se esso penetra nell’encefalo? Non sarebbe neppure particolarmente importante l’entità dell’energia e la cavitazione prodotta nei tessuti. La questione importante riguarda invece la durezza e la velocità di quel proiettile, che prudenzialmente dovrebbe superare perlomeno i 340 m/s, ovvero dovrebbe avere una velocità supersonica. E’ un’affermazione che manca di supporto sperimentale, ma perlomeno sembra ragionevole: un orso è pur sempre un animale, non un carro armato.
Che prestazioni possono fornirci le cartucce commerciali 7,65 x17m? Le loro velocità sono decisamente subsoniche, oscillando tra 270 m/s e 300 m/s. Nel sito GruRiFraSca si legge (1): “i risultati ottenuti con le munizioni commerciali sono PATETICI se paragonati a quelli ottenibili con la ricarica personalizzata. Sembra quasi che i produttori, italiani e non, facciano costante riferimento a quelli che erano i parametri velocitari della fine del XIX secolo, quando il 7,65 Browning apparve per la prima volta sulla scena mondiale. I tempi sono cambiati ed i propellenti a disposizione pure, per cui sarebbe giusto il caso che i produttori si adeguassero alla realtà delle cose. Con una ricarica oculata, è possibile superare in tutta sicurezza i 20Kgm, per cui non si capisce per quale motivo i produttori insistano nel commercializzare munizioni sulle cui prestazioni è meglio stendere un velo pietoso!”

Fig. 3 – Esito di 14 tiri a mano libera con Walther PPK 7,65 alla distanza di 10 metri su disco con diametro di 10 cm

Ho quindi cominciato ad esaminare le velocità di cartucce ricaricate con polveri “vivaci” (Fiocchi Rex Red) e di “media vivacità” (Vihtavuori N340), fino a raggiungere velocità massime di 370 – 380 m/s, oltre le quali ho ritenuto prudente non inoltrarmi. Nello stesso sito di GruRiFraSca si raccomanda che per velocità di 370-380 m/s siano utilizzate armi in calibro 7,65 Browning di ottima fattura. Con una polvere di media vivacità, una palla FMJ-RN di 73 grani con diametro di 7,85 mm, una velocità di 367 +- 3,71 m/s (estremi tra 362 m/s e 371 m/s), un’energia di circa 320 Joule e un CB (G1) di 0,092 ho ottenuto i risultati indicati in fig. 2 e in fig. 3 alla distanza di dieci metri. In figura 2 la rosata (21 tiri, tre caricatori) è stata ottenuta stabilizzando la Walther PPK con appoggio su un sacchetto di sabbia, in figura 3 la rosata (14 tiri, due caricatori) è stata ottenuta a mano libera in piedi. Il rilevamento è secco, ma agevolmente controllabile. Un serio rischio può essere lo sgancio del caricatore, che ho occasionalmente osservato al termine del rilevamento. Il caricatore non è mai caduto a terra, essendo stato trattenuto dal dito mignolo, posto alla sua base. Proprio per questo motivo il malfunzionamento può non essere subito riconosciuto ed essere quindi rischioso in fase difensiva, se non se ne è fatta esperienza; conoscendolo, il problema è peraltro facilmente e rapidamente risolvibile.

In conclusione, penso che la cartuccia in calibro 7,65 x 17mm possa ritrovare nuovo significato 125 anni dopo la sua progettazione da parte di J. M. Browning, se riaggiornata in termini di potenza (320 Joule) e in termini di utilizzo: non più per difesa da attacco umano, ma per difesa da attacco di animali randagi e selvatici nell’ambito delle specie presenti in Italia. Sarebbe tuttavia opportuno un conforto sperimentale sull’efficacia difensiva di questo calibro; e una legislazione che ci consenta finalmente di difenderci nel modo che riteniamo più congeniale, quando ci addentriamo per qualunque motivo in ambienti abitati da animali potenzialmente pericolosi per la nostra incolumità.

 

Bibliografia

  1. GruRiFraSca. 7,65 Browning. In: https://www.grurifrasca.net/oldsite/Sito/Ricarica/pistole/7,65.html
  2. Shoemaker P. Alaska Outfitter Defends Fishermen from Raging Grizzly with 9mm Pistol. NRA American hunter, 10 Agosto 2016.
  3. Balistica lesionale. Workshop tenutosi in data 28/9/2024 presso il Centro di Tiro a Segno Nazionale di Mirano, Venezia.

 

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