di Enrico Ganz

 

La Walther PPK 7,65 è un’arma semiautomatica storica: fu  progettata nell’azienda tedesca Carl Walther GmbH Sportwaffen come evoluzione in formato compatto della Walther PP e nel 1932 l’azienda ne iniziò la produzione in Turingia a Zella-Mehlis, per metterla a disposizione di una sezione di agenti in borghese della Polizia tedesca. Per tale motivo fu denominata “PPK”: Polizei Pistol Kriminal. Nel 1952 la Walther concesse all’azienda francese Manurhin (“Manufacture de machines du Haut-Rhin” con sede a Mulhouse in Alsazia) la licenza di produrla, gravando sulla sconfitta Germania il divieto di fabbricare armi (Fig. 1). Dal 1957 l’azienda Carl Walther ne riprese la produzione a Ulm am Donau in Germania. Vi fu un’iniziale fase in cui la produzione dei pezzi proseguì presso la Manurhin; l’arma era successivamente assemblata, brunita e sottoposta al banco di prova in Germania. L’arma fu in dotazione a Corpi della Polizia tedesca fino agli inizi degli anni ‘70, ma ebbe anche diffusione in ambito civile, avendo acquisito notevole notorietà in primis per il favorevole rapporto tra compattezza e precisione, ma probabilmente anche grazie al personaggio di James Bond, che l’aveva in dotazione nella maggior parte dei film della serie “Agente 007”. Fu particolarmente apprezzata negli Stati Uniti, dove, per aggirare un divieto di importazione di armi supercompatte (il Gun Control Act del 1968), fu commercializzata dalla Walther la PPK/S, leggermente più alta – quanto bastava per aggirare il limite legale – essendovi combinato il fusto di una PP e la canna di una PPK. Nel 1978 iniziò la produzione della PPK/S negli Stati Uniti. L’arma era disponibile nei calibri 7,65 mm e 9 mm corto e fu prodotta da  Ranger Manufacturing a Gadsen (Alabama) su ordinazione di Interarms (Alexandria, Virginia), che aveva ottenuto la licenza di produzione dalla Carl Walther. Nel 1998 la licenza fu concessa alla Smith & Wesson, che produsse la PPK/S nel calibro 9 mm corto e 22 LR. Infine, dall’anno 2018, la PPK e la PPK/S sono prodotte rispettivamente nel calibro 9 mm corto e nel calibro 9 mm corto (.380 ACP) o 22 LR dalla stessa Carl Walther nel suo stabilimento statunitense a Fort Smith in Arkansas.  

In alcuni modelli prebellici si possono notare differenze rispetto al consolidato modello di Walther PPK 7,65 postbellico: diversità nel profilo del carrello, tacca di mira fissa, assenza di fresatura sulla cresta del cane in corrispondenza dell’indicatore di carica, percussore rotante, molla del dente della sicura in filo armonico, arco di azionamento della sicura a 90°. Inoltre, fu prodotto un esiguo numero di PPK in calibro 6,35 Browning (1).

Caratteristica delle PPK 7,65 prodotte in Europa da Walther e da Manurhin è stata la lavorazione del duralluminio o dell’acciaio dal pieno, che le rende più pregiate delle PPK/S 9mm corto o 22 LR statunitensi, prodotte da Interarms (Ranger Manifacturing) e da Smith & Wesson in metallo con la più economica tecnica della microfusione. Manurhin ha prodotto anche PPK nei calibri 9 mm corto e 22LR, esportandole negli Stati Uniti tramite Interarms prima che iniziasse la produzione dell’arma da parte di Ranger Manifacturing.

Per quanto concerne la meccanica dell’arma, un aspetto di particolare importanza è il suo meccanismo di chiusura: il modesto calibro 7,65 mm consentì ai progettisti di adottare il sistema di chiusura labile (detto anche “a massa), nel quale la canna è fissa e la chiusura dell’otturatore è determinata esclusivamente dalla molla di recupero. Questo sistema offre, in termini di precisione di mira, il vantaggio di una canna fissa, esente da movimenti rispetto ad altre parti nella fase di eiezione della palla, come nel caso dei revolver. 

Attualmente la Walther PPK 7,65 è un’arma storica, essendo desueto il calibro 7,65 e la cartuccia 7,65 Browning. Anche un suo uso sportivo appare dubbio, essendo dotata di una canna piuttosto corta (8 centimetri; 3,1 pollici), di un’elevata resistenza alla pressione sul grilletto in singola azione (2600 grammi in una mia misurazione su una versione Manurhin; 2300 grammi in PPK/S attuali) e di un sistema di mira non propriamente sportivo: fisso nelle versioni prebelliche, evolutosi nel Dopoguerra in una tacca di mira spostabile in deriva solo con apposito strumento e non provvista di una fine regolazione micrometrica in altezza. Un altro aspetto negativo può essere la piccola dimensione del mirino e della tacca di mira, che può far soffrire un presbite o comunque un tiratore “abituato bene” con le ampie tacche di mira attuali o addirittura con mirini elettronici. Queste caratteristiche non le consentono di competere oggi alla pari con semiautomatiche sportive, che hanno canne lunghe 15 cm, comode tacche di mira con regolazione micrometrica e resistenza allo scatto regolabile a valori inferiori a 1700 grammi. 

Fig. 2 – Diametro cerchio: 10 cm

Alcuni tiratori considerano la Walther PPK 7,65 adeguata unicamente per tiri difensivi fino a circa sette metri. Perciò, dopo una promettente partenza con una prova a 13 metri, evidenziata in un mio precedente articolo, ho voluto verificare ulteriormente la qualità di tiro, che mi era possibile ottenere. In effetti, non sono rimasto costantemente soddisfatto nelle successive sessioni. Pur dovendosi prendere atto della mia inesperienza, ho potuto notare che con quest’arma mi è stato possibile effettuare tiri piuttosto precisi sul piano orizzontale, ma l’imprecisione diventa evidente sul piano verticale (fig. 2 e fig. 3). In questa imprecisione intervengono due fattori: la difficoltà di visualizzare al meglio il rapporto tra il piccolo mirino e la piccola tacca di mira; il timore di uno strappo verso il basso, favorito dalla discreta resistenza del grilletto. Questo timore induce inconsciamente ad alzare il mirino e quindi il tiro. 

La precisione ottenibile sul piano orizzontale (Fig. 2) mi ha convinto a porre una mela con asse traverso di 8 cm sulla spalla dell’uomo di figura 3, confidando sul fatto che alla distanza di 13 metri non lo avrei colpito alla testa per errore. Su questo fatto ero piuttosto fiducioso e così è stato. Ma è evidente l’imprecisione sul piano verticale, che ha causato il ferimento dell’antipatico uomo, seppur contro ogni mia intenzione…   

Eppure, il primo tiro in ciascuna delle due prove è stato quello che ha colpito il centro. Anche questo aspetto meriterebbe una riflessione. 

Fig. 3 – Diametro cerchio: 12 cm

La Walther PPK 7,65 – nelle versioni prebellica, postbellica, militare e civile – è inserita nella lista di armi con le quali è possibile concorrere in competizioni “Ex ordinanza” con bersaglio a 25 metri (bersaglio PL internazionale tipo modello 4 Barbaro o modello 831c Il Fiorino). In effetti, è un’“ex ordinanza”, essendovi un periodo storico in cui fu in dotazione a Corpi di Polizia della Germania. Scopo di queste gare non è necessariamente il primeggiare in classifica, ma il condividere l’interesse per armi storiche, che furono in dotazione a Forze armate. La Walther PPK sembra inserirsi perfettamente in questa prospettiva: farsi ammirare senza alcuna pretesa di primeggiare in termini di risultato in gara.

Ma si potrebbe riuscire a darle davvero una chance in una competizione di questo tipo, seppur piccola tra grandi?

Per dare una risposta a questa domanda, ho esaminato attentamente l’arma evidenziata in fig. 1 (una versione Manurhin sottoposta a controllo presso il banco di prova di Sant’Etienne, di cui riporta i punzoni sulla canna e sul carrello) e un esploso del suo meccanismo interno (Fig. 4).

Come migliorare le sue prestazioni, mantenendone le sue caratteristiche essenziali? 

Una caratteristica negativa che ha attratto la mia l’attenzione è stata l’arretramento del grilletto dopo il rilascio del cane.

Alcune armi sono dotate di un semplice dispositivo, chiamato “trigger-stop”, che può presentarsi in forma di un bottoncino saldato sul retro del grilletto. Ha la finalità di eliminare la corsa a vuoto del grilletto dal momento in cui il cane si sgancia al momento in cui esso si abbatte sul percussore. Detto altrimenti, il momento in cui il cane si sgancia, per abbattersi sul percussore, coincide con il momento in cui il trigger stop urta contro il telaio dell’arma, impedendo l’ulteriore arretramento del grilletto. 

Fig. 4

Per quale motivo utilizzare questo dispositivo?

All’inizio di quel brevissimo intervallo di tempo tra lo sgancio del cane e la percussione, la resistenza sul grilletto cala immediatamente. Ne consegue che il dito, che preme il grilletto, arretra bruscamente, se il tiratore non lo controlla; nell’arretrare, il dito tende inoltre ad abbassarsi e a spostarsi lateralmente. Questo fenomeno è definito ““strappo”,  ovvero, in sintesi, “il (micro)movimento incontrollato del dito, che continua a far arretrare il grilletto dopo lo sgancio del cane, trasmettendosi  all’arma un istante prima dello sparo con l’effetto di alterare il corretto allineamento tra tacca di mira, mirino e bersaglio”. Il risultato più evidente è un foro sul cartellone in posizione più bassa del bersaglio; nei destrimani vi può essere anche una deviazione del tiro a sinistra e nei mancini una corrispondente deviazione a destra. 

Tanto maggiore è la resistenza opposta dal grilletto allo scatto, tanto maggiore è la possibilità che si verifichi uno strappo evidente, se la corsa del grilletto non si arresta subito dopo lo scatto. La Walther PPK 7,65 ha una resistenza del grilletto in singola azione che è elevata per gli standard moderni; ne consegue che il rischio di uno strappo è elevato, se l’arma presenta anche il difetto di una corsa del grilletto che non si arresta subito dopo lo scatto. Questo effetto è amplificato, se si preme il grilletto istintivamente e rapidamente. Se invece lo si preme oculatamente e lentamente, parte dell’attenzione utile per la mira deve essere “deviata” sul movimento del dito, che preme il grilletto, con il rischio di non accorgersi di un eventuale disallineamento tra tacca di mira, mirino e bersaglio al momento del tiro; rischio, che è accentuato dalle piccole dimensioni del complesso tacca di mira/mirino della Walther PPK. Inoltre, l’indugiare nel tiro con l’arma puntata sul bersaglio favorisce la comparsa di microtremori nel dito, che preme il grilletto, e nel braccio teso, che regge l’arma; un ulteriore elemento, che compromette la qualità del tiro. 

Fig. 5

La figura 5 evidenzia un trigger stop (nella nostra lingua dovremmo definirlo “blocco di fine corsa”), montato sul grilletto di un moderno revolver. 

Ho cercato di comprendere se un trigger stop sarebbe stato di utilità per l’arma che avevo in esame. Gli effetti utili sarebbero dovuti essere:

  • una maggiore concentrazione mentale sul mirino e sul bersaglio in conseguenza della minore attenzione da investire nel controllo del dito che preme il grilletto.
  • la possibilità di una maggiore rapidità di tiro.

Ho quindi ideato una soluzione reversibile, consistente nel fissare sul telaio posteriormente al grilletto con una fascia adesiva uno spessore in materiale solido, ma anche atraumatico per la raffinata brunitura del metallo (Fig. 1). Lo spessore è tale da arrestare l’arretramento del grilletto subito dopo lo scatto del cane. 

Nella ricerca di un ulteriore miglioramento delle prestazioni ho deciso di smontare il meccanismo che collega il grilletto al cane, per esaminarlo attentamente. 

Lo smontaggio non è difficile: inizia con la rimozione della vite che fissa le guancette al telaio e delle guancette dal telaio, procede in successione con la rimozione del correggiolo, che blocca la leva del cane, della leva del cane e della sua molla, della spina di bloccaggio del cane, del cane, del blocco del cane e della sua molla, del perno del grilletto e infine della barra del grilletto con la relativa molla (Fig. 6). Nella Walther PPK Manurhin lo sgancio del cane appare solidale al telaio ed è preferibile evitare il tentativo di rimuoverlo. In caso di danneggiamento potrebbe essere comunque sostituito con un pezzo di ricambio dotato di perno rimovibile.

Fig. 6

Ottenuta la situazione indicata in figura 6, ho riflettuto sul da farsi: ho dapprima pensato di tagliare le molle del blocco del cane e della leva del cane, al fine di diminuire le resistenze opposte allo scatto del cane. Sentito il parere di un armaiolo, ho rinunciato a questo espediente, essendo stato avvertito che potrebbero verificarsi malfunzionamenti dell’arma. Infatti, l’abbattimento del cane potrebbe diventare tanto morbido da non consentire un’adeguata percussione sulla cartuccia. Il taglio delle molle non è in assoluto una procedura erronea, ma potrebbe richiedere la ricerca di molle di ricambio, se il taglio non andasse a buon fine.

Ho quindi optato per una soluzione più tradizionale: la  “lucidatura” delle parti di incastro tra cane e il suo sgancio con carta vetrata 240, seguita da una rifinitura con carte vetrate 800 e 5000. 

E’ seguito il rimontaggio dell’arma e la lubrificazione del meccanismo con abbondante vaselina bianca.

La lucidatura ha avuto l’effetto di ridurre la resistenza del grilletto da 2600 grammi a 2450 grammi: un riduzione modesta, ma apprezzabile, che giustifica il lavoro. Probabilmente un’ulteriore rifinitura potrebbe riportare la resistenza del grilletto ai valori originali.

Ma quali erano questi valori? Nelle PPK/S di recente produzione sono stati registrati valori compresi tra 2200 grammi e 2300 grammi. Forse erano questi anche i valori delle vecchie PPK europee, tenendo tuttavia presente che nelle PPK/S vi sono alcuni piccoli dettagli differenti nel meccanismo. Una migliore possibilità per chiarire la questione potrebbe essere il misurare la resistenza del grilletto in qualche esemplare di collezione pari al nuovo, tra quelli prodotti a Zella-Mehlis o a Mulhouse.

Quale ultimo provvedimento finalizzato a migliorare le prestazioni di una PPK, ho ridefinito la posizione della mano sinistra, per evitare conflitti tra il pollice sinistro e l’indice che preme il grilletto.

Fig. 8 – Diametro cerchio: 10 cm. Esito di 20 tiri lenti a 13 metri

Possono avere un significato questi tre provvedimenti?

Per comprenderlo, mi sono recato presso un Centro di tiro e ho utilizzato un bersaglio a forma di cerchio con diametro di 10 cm alla distanza di 13 metri e cartucce commerciali aventi palla FMJ di 73 grani a punta ogivale. I risultati sono evidenziati in figura 8 e in figura 9.

La prima serie di 21 tiri lenti è stata caratterizzata da 14 tiri (66%) all’interno del cerchio e 7 tiri esterni, dei quali 6 sono evidenti strappi. Lo strappo più grave è posizionato a 18,5 cm dal centro e dista 8,3 cm dalla linea mediana (fig. 8).

Una seconda serie di 50 tiri è stata indirizzata a un bersaglio acd, al quale è stato aggiunto un cerchio con diametro di 10 cm, per restringere ulteriormente l’area centrale A (fig. 9). In questo caso i tiri sono stati rapidi. Quarantaquattro tiri (88%) hanno raggiunto l’area centrale. Di questi 44 tiri, 25 tiri, pari al 50% dei tiri totali, sono entrati nel cerchio centrale e 19 tiri, pari al 38%, dei tiri totali, sono esterni al cerchio. Sei tiri (12%) sono entrati nel settore C e sono conseguenza di strappi. Lo strappo più grave si trova a 18 cm dal centro e dista 4,8 cm dalla linea mediana.

E’ evidente il miglioramento nelle due recenti prove rispetto al risultato evidenziato in figura 2, nella quale si evidenzia un esiguo 20% di tiri (10/50) all’interno del cerchio. Meno evidente è la differenza tra la prova di tiro rapido evidenziata in figura 9 e la prova di figura 3, che tuttavia è stata effettuata con tiri molto ponderati, molto lenti, con il fermo obbiettivo di non colpire il capo della sagoma. Questo approccio derivava dall’esito insoddisfacente di due precedenti prove in cui i tiri rapidi si erano risolti in una costellazione di strappi. La prova di figura 9 indica che i provvedimenti messi in atto si sono tradotti nella possibilità di ottenere una rosata decentemente concentrata con tiri rapidi anche in assenza di una consolidata esperienza da parte del tiratore con l’uso di semiautomatiche.

Per inciso, è opportuno precisare che per “tiro rapido” qui si intende un intervallo di tempo tra i tiri di 2-3 secondi, molto ampio rispetto a quello di tiratori agonisti. Che, tuttavia, come ho potuto vedere, sostituiscono volentieri il tradizionale sistema di mira con un Red Dot ed evitano una Walther PPK…

Nel miglioramento vi è elevata probabilità che abbiano influito uno o più dei provvedimenti adottati: la riduzione di resistenza del grilletto, l’eliminazione della corsa di retroscatto del grilletto e la risoluzione del conflitto tra dito indice destro e pollice sinistro. La percezione soggettiva mi orienta a indicare che i fattori più rilevanti sono stati l’eliminazione della corsa di retroscatto e la modifica dell’impugnatura.

Fig. 9 – Diametro cerchio: 10 cm. Esito di 50 tiri “rapidi” a 13 metri

 

Conclusioni

“E’ un po’ poco fare “bum bum” e non sapere altro”. Questa frase, udita ad un corso sulla manutenzione delle armi, mi ha fatto riflettere. Quando si prende coscienza che i propri risultati nel tiro al bersaglio non sono soddisfacenti, è essenziale studiare il modo di migliorare il risultato, esaminando il meccanismo dell’arma, le diverse modalità d’impugnatura, la carica e il tipo di palla delle cartucce. E’ opportuno evitare di manometterne francamente il meccanismo, in primis per motivi di sicurezza, ma anche per non compromettere il valore storico o comunque economico dell’arma. Infatti, considerando che le progettazioni sono rigorose, una significativa modifica nel meccanismo ha più probabilità di peggiorarne la qualità, che di migliorarla. Tuttavia, un’idea per qualche piccolo miglioramento nelle prestazioni può emergere, mentre si rigirano tra le dita i pezzi disgiunti del meccanismo smontato, a condizione di avere il coraggio di sopportare l’iniziale apprensione: riuscirò mai a ricomporli?  

Questo modesto studio ha il principale punto di forza nella scarsa esperienza del tiratore. Infatti, penso che solo in questo modo sia possibile apprezzare in modo amplificato l’apporto di piccole modifiche nel meccanismo di un’arma e nella modalità della sua impugnatura al miglioramento del tiro.

Si evidenzia inoltre in modo netto una caratteristica di questo modello: la costante precisione sul piano orizzontale, ottenendosi agevolmente deviazioni non > 5 cm a destra e a sinistra del punto mirato.

Se questa precisione potesse estendersi al piano verticale, Guglielmo Tell valuterebbe la possibilità di utilizzare nella prova della mela una Walther PPK 7,65 in alternativa alla sua balestra?

Fig. 10 – 50 tiri su bersaglio circolare 10 cm con SIG m P/49

Tenendo presente che le mele del XIII secolo erano probabilmente più piccole delle attuali e che anzi il malvagio balivo Gessler avrebbe potuto mettere a disposizione una mela selvatica, avente tipicamente diametro compreso tra 2 e 3,5 cm… potrebbe essere piuttosto inquietante la ricerca di una precisione sulla verticale con una Walther PPK, per evitare di nuocere al povero figliolo Gualtiero. Obbiettivo probabilmente non impossibile, previo adeguato esercizio, non solo per l’eroe svizzero. Ma penso che Guglielmo avrebbe infine preferito una SIG p210-5 in calibro 7,65 o una Luger 06/29. Non solo per una questione di precisione.

Tuttavia, se mirare a una piccola mela sulla testa di un fanciullo è questione da consegnare alle leggende, appare invece interessante e fattibile utilizzare una Walther PPK 7,65 per mirare a un bersaglio posto a 25 metri. In questo studio sono emerse interessanti potenzialità di questa piccola arma, tali da lasciar presagire un risultato ragguardevole e gratificante in una competizione Ex ordinanza, previo adeguato allenamento, a patto di non avere per obbiettivo il podio (Nota 1).

Nota 1 – Per la ricerca di un podio vi sono pistole ex ordinanza con migliori prestazioni. Per esempio, confrontando la figura 3 e la figura 10, appare chiara la superiorità dell’ex ordinanza SIG m P/49 9mm (pistola “Neuhausen”, primo lotto consegnato a un Corpo dell’Esercito danese nell’Agosto 1949). Il risultato è stato ottenuto dallo stesso tiratore dopo cinquanta tiri lenti su bersaglio con diametro di 10 cm. Il risultato ottenuto con la SIG nella prova di fig. 10 è simile a quello evidenziabile in fig. 8, ottenuto con la PPK 7,65: 64% dei tiri nel cerchio vs 66%. Tuttavia, per quanto ricordo, i primi venti tiri con la SIG erano raccolti all’interno del cerchio; il successivo deterioramento dei tiri è stato causato da un affaticamento, da una perdita di concentrazione, dallo stesso timore di deteriorare il risultato…

A favore della SIG vi è una minore resistenza del grilletto (2100 grammi) e una canna più lunga (4,75″); a favore della Walther PPK, un calibro inferiore. La sfida è interessante: può essere proprio la maggior difficoltà di utilizzo, presentata da una Walther PPK, l’aspetto più attraente del confronto. Un motivo per non trascurare l’utilizzo di una Walther PPK nell’allenamento in previsione di una gara potrebbe essere il suo potenziale utilizzo difensivo contro l’attacco di animali di piccola taglia, come ho evidenziato in un precedente articolo. Infatti, in una situazione di questo genere sarebbe prudente avere alle spalle una buona esperienza di tiro.

Ma vi è indubbiamente, per contro, almeno per me un importante aspetto positivo nelle SIG m P/49 che nel 1949 furono consegnate agli Eserciti danese e svizzero: nella loro vita militare vissero in pace, senza causare alcuna ferita in un campo di battaglia. E’ per me quindi molto gradevole mirare a un bersaglio di cartone con un modello di arma che, oltre a possedere un’intrinseca precisione, nella sua vita non ha causato danni in un conflitto tra Stati.

 

Appendice

Per chi fosse interessato allo smontaggio e al rimontaggio  di una Walther PPK può essere utile seguire le indicazioni nel video rintracciabile in Youtube al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=hCKzparxRQU

Fig. 11

tenendo presenti non solo le piccole differenze nell’arma mostrata nel video (una PPK/S Interarms), ma soprattutto un importante errore che si vede in fase di rimontaggio: il perno del grilletto è riposizionato prima della barra del grilletto. Se si procede in questo modo (in questo errore vi sono stato condotto dal video), non vi sarà alcuna possibilità di inserire il perno della barra del grilletto nell’apposito incavo del grilletto. In effetti, nel video si osserva una dissolvenza al momento di eseguire questo incastro; alla dissolvenza segue l’incastro già eseguito… in realtà, l’autore del video ha certamente dovuto tornare sui suoi passi, rimuovendo il perno del grilletto, per procedere in primis con il posizionamento della barra del grilletto. Rilevare questo dettaglio è importante per chi fosse interessato a smontare e rimontare l’arma con l’aiuto di questo video. Come anche è utile considerare il modo da me escogitato per ricondurre la molla del grilletto nell’apposito incavo ricavato sul bordo inferiore della barra: l’utilizzo di un robusto filo per cucito (Fig. 11). E’ invece dubbia l’efficacia della pinzetta, che compare nel citato video, in particolare se non si ha la possibilità di avvalersi di un aiutante. 

 

Bibliografia

  1. Armi e tiro. Walther Pp, Ppk e Ppk/s. https://www.armietiro.it/walther-pp-ppk-e-ppks-armi-593