Il Padre Nostro
Immagini nella luce di una preghieraVerso il Getzemani
All’inizio della sua missione Gesù si reca in vari luoghi della Galilea, della Giudea e della Samarìa, per narrare le parabole del Regno. Ma, messo di fronte all’evidenza di una frequente ostilità e indifferenza degli ascoltatori al suo messaggio, nel suo percorso spirituale subentrò infine la percezione di dover assumere la responsabilità del “servo di YHWH” annunciato dal profeta Isaia, per riconciliare comunque il suo popolo con Dio. Nella visione di Isaia questo servo avrebbe offerto la sua vita per espiare i peccati del suo popolo, riconciliandolo con Dio:
“Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo (…) sebbene non avesse commesso violenza e non vi fosse inganno sulla sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà sé stesso in espiazione vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato sé stesso alla morte ed è stato annoverato tra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.” (Is, 53; 8 – 12)
Con questo intento Gesù decise di recarsi a Gerusalemme, dove al termine della visita al tempio, confidò ai suoi fedeli che il culto nel tempio sarebbe stato sostituito da un nuovo culto e ribadì pubblicamente di essere il Messia, il figlio di Dio, del quale avevano parlato i profeti. Nella consapevolezza che sarebbe stato arrestato e messo a morte dai Giudei per queste parole, blasfeme secondo il loro sentire, Gesù si ritirò dapprima in una casa, dove celebrò con i discepoli la famosa sua ultima cena, e poi in un podere chiamato Getzèmani. In queste circostanze, circondato da tranquilli discepoli, ma anche da gente pronta alla sommossa, vide seguaci che gli presentavano spade, sostenendo l’opportunità di un’azione violenta contro l’occupante romano. Egli rifiutò risolutamente questa proposta in coerenza con la sua formazione spirituale, che nulla concedeva alle lusinghe della violenza, come risulta dalle parole pronunciate dopo il suo arresto: “Se il mio regno fosse di questo mondo i miei servitori avrebbero combattuto (…), ma il mio Regno non è di quaggiù (…) Io sono re. Per questo io sono nato e per questo io sono venuto al mondo: per dare testimonianza alla verità” (Gv 18, 36-37).
Questa particolare concezione di una regalità connessa all’impegno di dare testimonianza a Dio in piena estraneità alla regalità dei potenti di questo mondo era già stata espressa da Gesù prima della sua missione pubblica. I vangeli di Luca e di Matteo ci narrano infatti che dopo il battesimo nel Giordano, Gesù si ritirò nel deserto, dove ebbe occasione di opporre la saggezza dei testi sacri alla tentazione di possedere i regni del mondo: “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”.
Questi due episodi evidenziano che Gesù, pur manifestando la personalità di un regnante, ebbe un’educazione diversa da quella dei re della storia, che prevedeva prioritariamente l’impegno a ottenere e a difendere il trono con la disposizione alla violenza e all’omicidio, spesso necessario per questo scopo. La sua educazione fu invece nutrita dai testi sacri del popolo ebraico, con una sua attenta ricerca di “ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4,4). Un Dio che nella concezione sviluppatasi nella linea dei profeti era verità, difesa degli umiliati e offesi, protezione per i giusti che rispettavano i comandamenti, avvertendone il “senso di giustizia”, ovvero avvertendone lo spirito stesso di Dio. Un’educazione assolutamente incompatibile con le esigenze del potere mondano.
“Sia fatta la tua volontà,
come Cielo, così in Terra”
γενηθήτω τὸ θέλημά σου,
ὡς ἐν οὐρανῷ καὶ ἐπὶ τῆς γῆς·
Verso il Padre
Olio su tela
130,20 cm x 200,10 cm
La risposta del Padre
Olio su tela
200 cm x 200 cm
Già nell’Antico Testamento era percepita l’importanza di un adeguamento della volontà umana alla volontà divina per la realizzazione del regno di Dio. Per esempio il profeta Geremia aveva proclamato: “Verrà il tempo, dice il Signore, in cui stabilirò una nuova alleanza con Israele e con la casa di Giuda. Non un’alleanza come con i loro Padri (…), che essi hanno violato, benché io fossi il loro Signore. (…) Questa sarà l’alleanza che stabilirò con la casa di Israele, dice il Signore: “Porrò la mia legge nel loro animo la scriverò nel loro cuore”” (Ger 31, 31-33).
Simbolo dell’alleanza era l’arcobaleno, fenomeno luminoso esteso tra il cielo e la terra. Ribadire che la volontà sia fatta “come in Cielo, così in Terra” significa ribadire l’importanza di un totale adeguamento della volontà umana a quella divina nella prospettiva di una manifestazione del regno di Dio.
La vicenda di Gesù nel Getzemani è illuminante sul suo modo di intendere l’obbedienza a Dio e sulla fiducia accordata da Gesù a quel Dio, che chiamava “Padre”, anche in una situazione in cui vedeva prospettarsi eventi funesti.
Infatti, come accennato nel precedente intermezzo, Gesù, aspirante re di rango superiore, dai tempi dell’esperienza nel deserto non aveva coltivato il comune sogno dei re e, rinunciando alla fuga e alla spada, nel Getzemani attese sofferente, ma obbediente, il compimento degli eventi stabiliti da un Dio di cui percepiva la volontà e la familiarità.
In quel luogo egli disse: “Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta” (Lc 22, 42; Mt 26, 42), poiché voleva adeguare la propria umanità alla divinità.
Nel 451 d.C. il concilio di Calcedonia affermerà che in Gesù le due nature umana e divina sono in una persona e, se così fosse, proprio nel Getzemani Gesù manifestò in una persona le due nature, facendo sua la volontà del Dio che egli chiamava “Padre” e aprendo in tal modo una prospettiva storica al movimento spirituale da lui fondato.
La vita di Gesù ebbe termine su una croce, dopo un processo in cui astutamente i rappresentanti delle Istituzioni, squalificandosi al rango di banda di astuti calunniatori e congiurati contro Dio, posero l’imputato dapprima al fianco di Barabba e dopo sulla croce al fianco di due ladri, per assimilarlo nell’opinione pubblica a un comune delinquente.
Ma per i cristiani l’ultima parola è rimasta a Dio, che decise di esaltare questo uomo umiliato e offeso, perché la Sua Parola, eco della Sua Parola, risuonasse nel disordine del mondo, estraendone un nuovo popolo spirituale. Secondo la fede dei cristiani questo uomo crocefisso ne è il re; un re che Dio ha restituito al suo popolo nella resurrezione “non per riportare il trionfo su chi l’ha rifiutato, ma per attestare che l’amore di Dio è più forte della morte e che vale la pena spendere la propria vita, sino in fondo, per testimoniare questo immenso dono”. (J.M. Bergoglio).
A prescindere da questo impegno estremo, il sacrificio della propria vita, si consideri il significato del versetto “sia fatta la tua volontà” per la vita di ogni giorno, quale emerge in una parabola riportata dal vangelo secondo Matteo: “Un uomo, proprietario di una vigna aveva due figli. Al suo invito di recarsi alla vigna per lavorare, uno rispose che non aveva voglia di recarvisi, ma poi vi andò, l’altro promise che vi sarebbe andato, ma poi non vi andò. “Quale dei due fece la volontà del Padre?”, Gesù domandò. “L’ultimo” risposero gli ascoltatori, tra i quali vi erano sacerdoti e anziani del popolo. E Gesù commentò: “E’ venuto Giovanni sulla via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli. I pubblicani e le prostitute vi passano davanti nel regno dei Cieli.” (Mt 21, 28-32)
La parabola è un orientamento a comprendere in che termini possa stabilirsi una sintonia tra il proprio volere e la volontà di Dio: l’esclamazione “Sia fatta la tua volontà” diventa promessa di un impegno cristiano in termini di giustizia e di impegno responsabile nella vita, rispondendo tale impegno alla volontà di Dio secondo la parola del Cristo.
Composizione del dipinto “Verso il Padre”
Gesù seduto tra gli olivi, assorto, attende in obbedienza al Padre e prega. Nell’angolo destro inferiore i capi del popolo tramano. Sul piano intermedio i discepoli riposano e sullo sfondo avanzano soldati e uomini malvagi armati con bastoni. Il cielo converge sullo Spirito Santo in forma di colomba, accogliente in Sè un riflesso del Cristo sulla terra con la Croce tra le mani, segno della volontà del Padre. Uno spirito offre la spada, simboleggiando il seguito di Gesù favorevole a un’azione di forza. Tra Gesù e gli apostoli un riquadro rappresenta Gesù crocifero, indicato dallo spirito come alternativa alla spada.
“Occorre confrontarsi con Gesù, direi, nella concretezza e ruvidezza della sua vicenda, così come ci è narrata soprattutto dal più antico dei Vangeli, quello di Marco. Si costata allora che lo «scandalo» che la parola e la prassi di Gesù provocano attorno a lui derivano dalla sua straordinaria «autorità»: una parola, questa, attestata fin dal Vangelo di Marco, ma che non è facile rendere bene in italiano. La parola greca è «exousia », che alla lettera rimanda a ciò che «proviene dall’essere» che si è. Non si tratta di qualcosa di esteriore o di forzato, dunque, ma di qualcosa che emana da dentro e che si impone da sé. In effetti Gesù colpisce, spiazza, innova a partire— egli stesso lo dice — dal suo rapporto con Dio, chiamato familiarmente Abbà, il quale gli consegna questa «autorità» perché egli la spenda a favore degli uomini. Così Gesù predica «come uno che ha autorità», guarisce, chiama i discepoli a seguirlo, perdona… cose tutte che, nell’Antico Testamento, sono di Dio e soltanto di Dio. La domanda che più volte ritorna nel Vangelo di Marco: «Chi è costui che…?», e che riguarda l’identità di Gesù, nasce dalla constatazione di un’autorità diversa da quella del mondo, un’autorità che non è finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, ma a servirli, a dare loro libertà e pienezza di vita. E questo sino al punto di mettere in gioco la propria stessa vita, sino a sperimentare l’incomprensione, il tradimento, il rifiuto, sino a essere condannato a morte, sino a piombare nello stato di abbandono sulla croce. Ma Gesù resta fedele a Dio, sino alla fine. Ed è proprio allora — come esclama il centurione romano ai piedi della croce, nel Vangelo di Marco — che Gesù si mostra, paradossalmente, come il Figlio di Dio! Figlio di un Dio che è amore e che vuole, con tutto se stesso, che l’uomo, ogni uomo, si scopra e viva anch’egli come suo vero figlio.
(dalla lettera di papa Francesco a E. Scalfari, datata 11 settembre 2013)
Composizione del dipinto “La risposta del Padre”
La vittoria di Gesù si manifesta nel momento del suo massimo sconforto, quando egli grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Quale fu la risposta del Padre?
A sinistra del dipinto, sotto gli occhi di Gesù, la sconfortante realtà al momento della crocefissione; a destra, il glorioso futuro riservatogli dal Signore, che piegò alla Sua volontà Paolo di Tarso e l’imperatore Costantino, sottomettendoli alla gloria di Gesù. Due personaggi rappresentativi di una rivoluzione umanistica e, per i credenti, spirituale: la cessazione del culto con sacrifici animali, sostituiti dalla preghiera e dalla garanzia di essere attratti nella grazia di Gesù, vivente in Dio, in virtù delle opere di misericordia verso i sofferenti, nei quali con la vicenda del Calvario Gesù trovò un’identificazione che già aveva annunciato nella parabola del Giudizio Universale. Ma anche, secondo un’altra influente e complessa visione religiosa di derivazione paolina e giovannea, la sostituzione dell’antico culto sacrificale con il definitivo sacrificio dell’Agnello di Dio, Gesù ed Egli stesso Dio, che espia sulla croce, nuovo altare, il peccato del mondo, ottenendo la riconciliazione degli uomini con Dio. “Dio stesso (in Gesù, sua stessa persona con diversa natura) beve il calice di tutto ciò che è terribile e ristabilisce in tal modo il diritto mediante la grandezza del suo amore, che attraverso la sofferenza trasforma il buio.” (J. Ratzinger).
A destra linee verdi di vegetali originano dalla figura di Gesù, la lambiscono e culminano in una foglia di senape bruna, ricordandoci una parabola del Maestro in cui il regno di Dio è paragonato a un piccolo seme di senape (Mc 4, 30; Mt 13, 31; Lc 13, 18): un seme tanto piccolo da apparire insignificante come un granello, ma in realtà ricco di stupende potenzialità. Così ci è infine apparso Gesù: granello per coloro che lo schernivano, ma in realtà seme di un grande regno, del quale è stata vista anticipazione profetica nel testo sacro di Isaia:
[1]Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
[2]E’ cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
[3]Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
[4]Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
[5]Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
[6]Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
[7]Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
[8]Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
[9]Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
[10]Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
[11]Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
[12]Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori. (Isaia, 53).
e nel salmo 22:
1 Al maestro del coro. Su «Cerva dell’aurora». Salmo. Di Davide.
2 Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido!
3 Mio Dio, grido di giorno e non rispondi;
di notte, e non c’è tregua per me.
4 Eppure tu sei il Santo,
tu siedi in trono fra le lodi d’Israele.
5 In te confidarono i nostri padri,
confidarono e tu li liberasti;
6 a te gridarono e furono salvati,
in te confidarono e non rimasero delusi.
7 Ma io sono un verme e non un uomo,
rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente.
8 Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9 «Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
10 Sei proprio tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai affidato al seno di mia madre.
11 Al mio nascere, a te fui consegnato;
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12 Non stare lontano da me,
perché l’angoscia è vicina e non c’è chi mi aiuti.
13 Mi circondano tori numerosi,
mi accerchiano grossi tori di Basan.
14 Spalancano contro di me le loro fauci:
un leone che sbrana e ruggisce.
15 Io sono come acqua versata,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si scioglie in mezzo alle mie viscere.
16 Arido come un coccio è il mio vigore,
la mia lingua si è incollata al palato,
mi deponi su polvere di morte.
17 Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
18 Posso contare tutte le mie ossa.
Essi stanno a guardare e mi osservano:
19 si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
20 Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
21 Libera dalla spada la mia vita,
dalle zampe del cane l’unico mio bene.
22 Salvami dalle fauci del leone
e dalle corna dei bufali.
Tu mi hai risposto!
23 Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
24 Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele;
25 perché egli non ha disprezzato
né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto
ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.
26 Da te la mia lode nella grande assemblea;
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27 I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!
28 Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
29 Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli!
30 A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere;
ma io vivrò per lui,
31 lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32 annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».
Fonti evangeliche dei dipinti “Verso il Padre” e “La risposta del Padre”
– Lc 22, 39 – 71; 23, 1 – 24
– Mt 27, 32 – 50
– Mc 4, 30 – 32
Lc 22, 39 – 71; 23, 1 – 24
Sul monte degli Ulivi
[39]Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. [40]Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». [41]Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: [42]«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». [43]Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo. [44]In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. [45]Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. [46]E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».
L’arresto di Gesù
[47]Mentre egli ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a Gesù per baciarlo. [48]Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?». [49]Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». [50]E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. [51]Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate, basta così!». E toccandogli l’orecchio, lo guarì. [52]Poi Gesù disse a coloro che gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante? [53]Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle tenebre».
(…), [63]gli uomini che avevano in custodia Gesù lo schernivano e lo percuotevano, [64]lo bendavano e gli dicevano: «Indovina: chi ti ha colpito?». [65]E molti altri insulti dicevano contro di lui.
Gesù davanti al sinedrio
[66]Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i sommi sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al sinedrio e gli dissero: [67]«Se tu sei il Cristo, diccelo». Gesù rispose: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; [68]se vi interrogo, non mi risponderete. [69]Ma da questo momento starà il Figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio». [70]Allora tutti esclamarono: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli disse loro: «Lo dite voi stessi: io lo sono». [71]Risposero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».
Gesù davanti a Pilato
[1]Tutta l’assemblea si alzò, lo condussero da Pilato [2]e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re». [3]Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». [4]Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: «Non trovo nessuna colpa in quest’uomo». [5]Ma essi insistevano: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui».
[6]Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo [7]e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Gesù davanti a Erode
[8]Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. [9]Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. [10]C’erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza. [11]Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. [12]In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c’era stata inimicizia tra loro.
Gesù di nuovo davanti a Pilato
[13]Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo, [14]disse: «Mi avete portato quest’uomo come sobillatore del popolo; ecco, l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate; [15]e neanche Erode, infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. [16]Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò». [17]. [18]Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «A morte costui! Dacci libero Barabba!». [19]Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
[20]Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù. [21]Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!». [22]Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò». [23]Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. [24]Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita. [25]Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
Mt 27, 32 – 50
La crocefissione
[32]Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. [33]Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, [34] diedero da bere (a Gesù) vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. [35]Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. [36]E sedutisi, gli facevano la guardia. [37]Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: «Questi è Gesù, il re dei Giudei».
[38]Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
Gesù in croce deriso e oltraggiato
[39]E quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: [40]«Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!». [41]Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: [42]«Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E’ il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. [43]Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!». [44]Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo.
La morte di Gesù
[45]Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. [46]Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». [47]Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». [48]E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. [49]Gli altri dicevano: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!». [50]E Gesù, emesso un alto grido, spirò.
Mc 4, 30 – 32
Parabola del grano di senapa
[30]Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? [31]Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; [32]ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra». (Mc 4, 30-32)
Riferimenti bibliografici della parabola del grano di senapa
Is 40,18: “A chi potreste paragonare Dio, e quale immagine mettergli a confronto?”.
Ez 17,22-23: “Dice il Signore Dio: – Anch’io prenderò dalla cima del cedro (…) un ramoscello e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio; lo pianterò sul monte alto di Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà”.