LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 10.7
COMPLICANZE DOPO SPLENECTOMIA
L’asplenia comporta una compromissione funzionale dell’immunità cellulo-mediata, caratterizzata dalla riduzione della fagocitosi e dell’attività “killing” dei monociti. Conseguentemente aumenta il rischio di gravi complicanze settiche in condizioni di particolari stress, come quelli conseguenti a interventi chirurgici, ustioni e traumi. Nel caso in cui sia prevista una splenectomia associata alla gastrectomia, il rischio di sepsi è ridotto vaccinando il paziente due settimane prima dell’intervento contro Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae e Neisseria meningitidis (vedi capitolo 3). Altri essenziali provvedimenti sono la profilassi antibiotica e il tempestivo trattamento postoperatorio di ogni infezione delle vie aeree.
Al traumatismo dei tessuti in loggia splenica spesso segue una reazione flogistica alla base del contiguo cavo pleurico. Perciò un versamento pleurico sinistro è comune (vedi capitolo 10.4). Se nelle immagini radiologiche esso non si estende oltre il seno costo-frenico, non è necessario aspirarlo con toracentesi, riassorbendosi spontaneamente in alcune settimane. L’atelettasia della base polmonare sinistra è pure un’evenienza comune e può complicarsi con una polmonite in assenza di una fisiochinesiterapia respiratoria e di un trattamento antibiotico profilattico. La polmonite basale si risolve generalmente in circa una settimana con un’antibiotico ad ampio spettro, come la piperacillina (4 g ev x 3/die) associata a tazobactam (500 mg ev x 3/die) e ad amikacina 500 mg im x 3/die. Un’alternativa è la levofloxacina 500 mg ev ogni 12 o 24 ore, eventualmente associata ad antibiotici quali ceftazidime o gentamicina. La risposta alla terapia è valutata inizialmente eseguendo un Rx torace e dosando la procalcitonina all’inizio e dopo tre giorni di trattamento antibiotico.
Un’emorragia originante dai vasi splenici è possibile per il malposizionamento di un laccio. Essa si manifesta più frequentemente nelle prime ore seguenti l’intervento ed è segnalata da un rapido riempimento ematico della sacca connessa al drenaggio posizionato in loggia splenica. Il trattamento consiste in una laparotomia immediata, per eseguire l’emostasi.
Un ascesso subfrenico sinistro è frequentemente conseguenza di una contaminazione batterica in una raccolta ematica della loggia splenica. Esso è sospettato in presenza di segni compatibili con uno stato settico, tra i quali la manifestazione più comune è una febbre intermittente. La richiesta di una TAC addome è il passo successivo al sospetto clinico. Se è evidenziata una raccolta, il drenaggio percutaneo è il primo trattamento da considerare. I drenaggi e la raccolta saranno successivamente ricontrollati ecograficamente a intervalli di tempo definiti in rapporto al decorso clinico. L’accesso percutaneo è controindicato se tra la raccolta e la parete addominale sono interposte anse intestinali o se la raccolta è plurisaccata. In questo caso si esegue l’evacuazione della raccolta per via laparotomia: sono eseguiti lavaggi del cavo peritoneale con soluzione fisiologica tiepida ed è verificata l’assenza di fistole e di fonti di sanguinamento; infine, sono posizionati due o più drenaggi laminari. L’antibioticoterapia è dapprima ad ampio spettro e successivamente è mirata sui ceppi batterici eventualmente isolati nelle colture del secreto.
Una raccolta in loggia splenica può essere di origine pancreatica. Questo accade se accidentalmente la coda pancreatica è lesionata nel corso della sezione del legamento spleno-pancreatico. Nella maggior parte dei casi i drenaggi posizionati al termine dell’intervento consentono l’evacuazione almeno parziale della secrezione. Un’elevata concentrazione di amilasi e di lipasi nel secreto è diagnostica. Il posizionamento percutaneo di un drenaggio sotto guida ecografica è la migliore soluzione, qualora la raccolta non sia adeguatamente drenata. La NPT e l’octreotide alla dose di 100 microg sc x 3/die per alcune settimane sono i caposaldi del trattamento (vedi capitolo 10.8).