LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 2.2
INDICAZIONI ALLA GASTRECTOMIA:
EARLY GASTRIC CANCER
L’early gastric cancer (EGC) è l’adenocarcinoma gastrico confinato alla tonaca propria o alla sottomucosa della parete gastrica. Nella classificazione TNM l’EGC è identificato dal parametro T1, suddiviso in T1a, se il tumore infiltra la mucosa senza oltrepassare la muscolaris mucosae, e T1b, se il tumore infiltra anche la sottomucosa senza infiltrare la tonaca muscolare (tab. 2.2.1). L’adenocarcinoma gastrico T1, si distribuisce nei seguenti stadi prognostici TNM (VIII edizione), come indicato in neretto:
Stadio IA: T1 N0 M0
Stadio IB: T1 N1 M0; T2 N0 M0
Stadio IIA: T1 N2 M0; T2 N1 M0; T3 N0 M0
Stadio IIB: T1 N3a M0; T2 N2 M0; T3 N1 M0; T4a N0 M0
Stadio IIIA: T2 N3a M0; T3 N2 M0; T4a N1-2 M0; T4b N0 M0
Stadio IIIB: T1-2 N3b M0; T3-4a N3a M0; T4b N1-2 M0
Stadio IIIC: T3-4a N3b M0; T4b N3a-3bM0
Stadio IV: ogni T ogni N M1
I più comuni stadi riscontrabili sono lo stadio IA e IB.
Nell’esperienza GIRC la sopravvivenza a 10 anni dopo resezione per EGC è risultata 96% nel caso di pT1a, 83% in caso di pT1b, 92% in caso di pT1 N0, 72% in caso di pT1 N+.
Nella classificazione JGCA delle forme macroscopiche di tumore gastrico l’EGC è indicato come “tipo 0”.
Macroscopicamente l’EGC si distingue in tre tipi (fig. 1). Il tipo I o polipoide rappresenta il 50% degli EGC; istologicamente è frequentemente di tipo intestinale. Il tipo I comprende anche gli EGC di qualunque morfologia, che compaiono sulla superficie di un polipo adenomatoso. Il tipo II o piano appare come un’area erosa con pliche scompaginate. Si distingue in elevato (IIa), piatto (IIb) e depresso (IIc). Per essere definito “elevato” l’EGC non deve superare lo spessore doppio della normale mucosa gastrica (circa 5 mm). In caso contrario rientra nel tipo polipoide. Per essere definito “depresso”, l’erosione non deve superare lo spessore doppio della normale mucosa gastrica; se è più profondo, l’EGC è di tipo “escavato”. Il tipo III o escavato è un EGC che si rileva istologicamente nei prelievi ottenuti ai bordi di un’ulcera; lo spessore dell’ulcerazione supera 5 mm. Spesso è poco differenziato. E’ infine possibile rilevare forme miste (per es. IIc + III).
Un’altra classificazione, proposta negli anni ’80, è focalizzata sul grado di infiltrazione neoplastica della muscolaris mucosae: “Super” (superficiale) se non infiltra la muscolaris; “Pen” se la infiltra, distinto ulteriormente in Pen A, se è di tipo espansivo e distrugge completamente la muscolaris mucosae, e in Pen B, se è di tipo infiltrativo e non distrugge completamente la muscolaris mucosae. L’EGC Pen A ha prognosi peggiore dell’EGC Pen B (Inokuchi, 1993) e nel 35% dei casi è associato a metastasi linfonodali versus il 7% riscontrato negli altri tipi (Saragoni, 2000).
Vi è un rischio di metastasi significativamente più alto anche nei tipi diffuso e misto della classificazione di Lauren.
La classificazione di Vienna (1998) distingue i seguenti livelli di infiltrazione parietale, distinguendo nello spessore parietale dello stomaco la mucosa, la lamina propria, la muscolaris mucosae, la metà interna della sottomucosa (SM1), la metà esterna della sottomucosa (SM2), la tonaca muscolare propria e la lamina sierosa:
– displasia di alto grado M1 (HGD)
– EGC intramucoso M2: infiltrazione confinata alla lamina propria
– EGC intramucoso M3: infiltrazione confinata alla muscolaris mucosae
– EGC sottomucoso con infiltrazione nella metà interna della sottomucosa (SM1)
– EGC sottomucoso con infiltrazione nella metà esterna della sottomucosa (SM2).
Nelle forme M1, M2, M3, SM1 e SM2 le metastasi linfonodali sono rispettivamente 0%, 0-1%, 2%, 2-3% e 25-27% (Murata, 2008; Pech, 2012).
Diagnosi
La diagnosi di EGC si fonda sui rilievi endoscopici o meno frequentemente su quelli radiologici, forniti da un RX tubo digerente delle prime vie (Tab.2.2.1).
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Tab. 2.2.2 Rilievi radiologici nell’EGC (Bussoli, 1993)
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Tipo I
Lesione di tipo polipoide con alcune tra le seguenti caratteristiche: polilobature e incisure marginali del polipo, segmentario inspessimento o riduzione dello spessore nel profilo della lesione, asimmetria della lesione, fini dentellature marginali sulla testa del polipo, indefinita linea di demarcazione alla base, erosioni superficiali confluenti, irregolarità della mucosa adiacente.
Tipo IIa
Lesione rilevata unica o multipla o area dissomogeneamente protrudente con aspetto “a zolle”. Superficie lobulata. Margini indefiniti. Pliche ai margini della lesione con segni di interruzione e con estremità squadrata, arrotondata o con rilevatezza bottonuta.
Tipo IIb
Caratteristiche sovrapponibili a quelle di una gastrite atrofica. In entrambe le condizioni le pliche mucose scompaiono in modo progressivo oppure si arrestano con estremità squadrata in corrispondenza della lesione, ma nell’EGC esse tendono a esaurirsi meno progressivamente nella lesione e i residui dei setti interareolari sono più inspessiti e irregolari.
Tipo IIc
Lesione mucosa depressa con uno dei seguenti due aspetti:
– granulare (residui settali inspessiti, aree di mucosa indenne, erosioni e minute nodulazioni);
– reticolato (setti inspessiti tra erosioni e aree depresse).
Sul margine della lesione può apparire una corona di piccole rilevatezze mucose.
Alterazioni alle estremità delle pliche mucose: estremità amputata, squadrata, a clava, inspessimento bottonuto, ecc.
Tipo III
Ulcerazione profonda con pliche mucose che vi convergono, presentando le alterazioni descritte per il tipo IIc
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Lo ricerca endoscopica dell’EGC può avvalersi del classico sistema con luce bianca e della più recente cromo-endoscopia, che utilizza l’indaco di carminio, per contrastare cromaticamente le aree di mucosa patologica. L’indaco di carminio non colora direttamente i tessuti, ma consente la visualizzazione della topografia superficiale, riempiendo le pieghe della mucosa e contornando le aree rilevate. L’uso combinato di indaco carminio e di acido acetico facilita la ricerca dell’EGC. In una meta-analisi è risultato che la cromo-endoscopia ha un’accuratezza diagnostica migliore dell’endoscopia con luce bianca (Zhao, 2016).
Vi sono altre tecnologie interessanti in fase di sperimentazione o con attuale limitato utilizzo clinico. L’endoscopia ad autofluorescenza consente di osservare differenze di fluorescenza tra tessuti sani e patologici, sfruttando l’autofluorescenza di costituenti della mucosa, come il collageno, che risponde con fluorescenza alla luce verde, ovvero alle radiazioni con lunghezza d’onda tra 490 nm e 550 nm. In alternativa, questa tecnica si avvale di sostanze fotosensibilizzatrici, che reagiscono a varie lunghezze d’onda della luce, quali le flavine FMN, FAD e NADH. L’endoscopia con tecnologia NBI utilizza luce blu, che evidenzia i cambiamenti sulla superficie mucosa e identifica la microvascolarizzazione, essendo riflessa dai globuli rossi; è utile per la definizione del margine tumorale. L’NBI con magnificazione identifica nell’EGC irregolarità del disegno vascolare, dilatazioni vascolari, scomparsa o minore evidenza dei normali fini rilievi della struttura mucosa. L’endomicroscopia confocale laser si avvale di una sonda per endoscopio, che consente di effettuare ingrandimenti visivi sulla mucosa ad una risoluzione cellulare (Kiesslich, 2005). Nella displasia ad alto grado evidenzia strutture villiformi, bordi epiteliali scuri, irregolari inspessimenti della mucosa, vasi tortuosi e dilatati. Nell’adenocarcinoma evidenzia perdita o alterazione della struttura villiforme, cellule colonnari scure, vasi tortuosi e dilatati. Questi rilievi differiscono dal quadro normale della mucosa, che presenta forme villiformi, cellule colonnari chiare, cellule caliciformi scure (Liu, 2008).
Queste e altre tecniche non sono considerate affidabili per ricercare lesioni non visibili con la normale modalità di visione endoscopica, non avendo abbastanza intensità di luce per illuminare un’ampia superficie. Perciò la ricerca in questo campo è ancora aperta. Recentemente è stata proposta l’LCI (Linked color imaging), tecnica che dovrebbe fornire una maggiore intensità di luce, esaltando le differenze cromatiche tramite un processo digitale di separazione e di ricomposizione dello spettro luminoso. Inoltre, la luce violetta alla lunghezza d’onda di 410 nm consente di mettere in risalto la microstruttura della superficie mucosa e la microvascolarizzazione (Shinosaki, 2019).
Al fine di definire la profondità di invasione parietale è utile l’ultrasonografia endoscopica. Questo esame ha quindi un ruolo stadiante in associazione con le biopsie endoscopiche. In proposito, si ricorda che due biopsie sono risultate il numero ottimale per caratterizzare una lesione sospetta per EGC (Nishitani, 2019).
Nei Paesi occidentali l’incidenza di adenocarcinoma gastrico è molti inferiore a quanto riscontrato nel Paesi orientali. Di conseguenza uno screening sulla popolazione per la ricerca dell’EGC non è economicamente fattibile. La diagnosi di EGC è quindi occasionale. In Giappone e in Corea del Sud l’elevata incidenza di tumore gastrico e i programmi di screening hanno consentito di ottenere un’elevata esperienza endoscopica in ambito diagnostico e terapeutico.
Diffusione linfatica
La metastatizzazione linfonodale degli EGC è infrequente. Su questo tema si riportano nel seguito i dati più importanti per le implicazioni cliniche.
– L’infiltrazione neoplastica della sola tonaca propria (EGC T1a) è sufficiente a dare metastasi linfonodali, per quanto infrequenti. Le percentuali di associazione con il grado di coinvolgimento linfonodale sono T1a N0: 97%; T1a N1: 2%; T1a N2: 1%; T1a N3: 0%; T1a N4: 0% (Sasako, 2003). Si noti che le notazioni N1, N2, N3 e N4 si riferiscono alla trascorsa XII edizione della classificazione giapponese, riportata in tabella 2.2.2.
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Tab. 2.2.2 Il parametro N nella XII edizione della classificazione giapponese
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N = interessamento metastatico dei linfonodi regionali
N1: linfonodi perigastrici;
N2: linfonodi del tronco celiaco e dei suoi rami (arteria gastrica sinistra, splenica ed epatica comune);
N3: linfonodi dell’arteria epatica propria, mesenterica superiore, retropancreatici;
N4: linfonodi para-ortici e dell’arteria colica media.
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– L’infiltrazione della sottomucosa (EGC T1b) comporta una maggiore incidenza di metastasi linfonodali rispetto all’interessamento della sola tonaca propria. Inoltre, tale rischio è maggiore nei casi in cui l’invasione della sottomucosa abbia completamente distrutto la muscolaris mucosae (Kodama, 1983; Folli, 1995). Le percentuali di associazione con il grado di coinvolgimento linfonodale sono T1b N1: 12%; T1b N2: 5%; T1b N3: 0,3%; T1b N4: 0,1% (Sasako, 2003).
In proposito, ricordiamo ancora di riferirsi alla tabella 1 per l’interpretazione del parametro N nello studio citato.
– I linfonodi hanno depositi metastatici nel 3-5% dei casi, se il tumore invade solo la tonaca propria, e nel 15-20% dei casi, se vi è invasione della sottomucosa (Hayashida, 1969; Ichiyoshi, 1990).
– Metastasi nei gruppi linfonodali 8p, 12b/p e 13 sono stati riscontrati nel 1,3% dei tumori pT1 e sono più frequenti nei tumori antrali rispetto ai tumori fundici; le metastasi ai linfonodi para-aortici si evidenziano nel 2% dei casi pT1 e sono più frequenti nei tumori fundici rispetto ai tumori antrali (Marrelli, 2017).
Fig. 2.2.1
Classificazione JGCA degli EGC: tipo 0-I, tipo 0-II; tipo 0-III
– I linfonodi non hanno depositi metastatici, se la neoplasia è polipoide e ha dimensioni < 2 cm (Iriyama, 1989). Questa osservazione è stata successivamente approfondita, per le importanti implicazioni terapeutiche. Nel 1995 si evidenziò la possibilità di effettuare una resezione endoscopica di una neoplasia T1 in circostanze favorevoli, ovvero in caso di EGC mucoso di tipo intestinale con diametro < 2 cm se polipoide o piano e < 1 cm se di tipo escavato (Yoshiki, 1995).
Negli anni seguenti l’argomento è stato ulteriormente studiato, evidenziando che il rischio di metastasi linfonodali si può considerare minimo nei seguenti casi (Gotoda, 2000; Hirasawa, 2009):
– Adenocarcinoma ben differenziato (di tipo intestinale), intramucoso, senza infiltrazione vascolo-linfatica, con diametro inferiore a 3 cm, ulcerato.
– Adenocarcinoma ben differenziato (di tipo intestinale), intramucoso, senza infiltrazione vascolo-linfatica, non ulcerato e di qualunque dimensione.
– Adenocarcinoma ben differenziato con minima infiltrazione sottomucosa (SM1, = < 30), senza infiltrazione vascolo-linfatica e con diametro inferiore a 3 cm.
– Adenocarcinoma indifferenziato, intramucoso, senza infiltrazione vascolo-linfatica, non ulcerato e con diametro inferiore a 2 cm (dato in fase di studio clinico sperimentale).
Se i dati forniti dalle biopsie endoscopiche soddisfano questi criteri, è proponibile una resezione endoscopica o una tumorectomia chirurgica (resezione gastrica parcellare) della lesione, riservando agli altri casi le classiche resezioni gastriche.
Un atteggiamento più restrittivo considera sicura un’asportazione endoscopica nel caso di EGC con diametro massimo < 2 cm non ulcerato oppure con diametro < 1 cm IIb o IIc della classificazione di Parigi, qualora sulle biopsie sia evidenziato istologicamente un adenocarcinoma di tipo intestinale senza invasione venosa o linfatica.
Diffusione linfatica intramurale
E’ stata evidenziata una comunicazione tra il plesso linfatico sottomucoso dello stomaco e il plesso della tonaca muscolare propria; inoltre, il plesso linfatico sottomucoso comunica con il plesso sottomucoso dell’esofago e con il plesso sotto-sieroso del duodeno. Non è dimostrata un reale implicazione di queste connessioni linfatiche nei tumori T1. Tuttavia, questa conoscenza anatomica supporta l’orientamento a preferire il trattamento chirurgico nel caso di tumori SM2.
Metastasi extralinfatiche
Metastasi extralinfonodali si riscontrano solo negli EGC T1b e solo nello 0,1% dei casi; sono state riscontrate esclusivamente nel fegato (Sasako, 2003).
Indicazioni alla gastrectomia
L’adenocarcinoma T1a può essere trattato con tecniche endoscopiche, note come EMR e ESD. L’EMR consiste in una resezione mucosa endoscopica previa infiltrazione sottomucosa di soluzione fisiologica (Godota, 2007); l’ESD (dissezione sottomucosa endoscopica) è una procedura più invasiva, condotta con speciali elettrobisturi endoscopici sul confine tra sottomucosa e tonaca muscolare (Nishizawa, 2017). Una meta-analisi ha evidenziato una netta superiorità dell’ESD sull’EMR in termini di percentuale di resezione en bloc, di resezione completa, di resezione curativa e di rischio di recidiva locale, pur presentando l’inconveniente di una maggiore incidenza di perforazione e di una maggiore durata dell’intervento (Tao, 2019).
Un’ottimale esperienza in queste tecniche è potuta maturare ampiamente in alcuni Paesi orientali con elevata incidenza di adenocarcinoma gastrico/cardiale e con elevate risorse tecnologiche. Nei Paesi occidentali l’infrequente riscontro di EGC ha ristretto a rari Centri l’esperienza di EMR e ESD (Dinis-Ribeiro, 2009). Laddove vi sia la possibilità di effettuare resezioni per via endoscopica, la gastrectomia è proponibile negli EGC del terzo superiore in pazienti senza elevato rischio chirurgico, quando non siano soddisfatti i seguenti criteri, che rappresentano l’indicazione per le tecniche endoscopiche EMR ed ESD (Gotoda, 2000; 2007; Ono, 2016):
– Adenocarcinoma ben differenziato, intramucoso (cT1a), senza infiltrazione vascolo-linfatica, non ulcerato.
– Adenocarcinoma ben differenziato, intramucoso (cT1a), senza infiltrazione vascolo-linfatica, con diametro inferiore o uguale a 3 cm, ulcerato.
– Adenocarcinoma ben differenziato con minima infiltrazione sottomucosa (cT1b, infiltrazione < 1000 micron dalla muscolaris mucosae, ampiezza dell’infiltrazione < 4 mm (Ma, 2020)), senza infiltrazione vascolo-linfatica e con diametro inferiore a 3 cm.
Si attendono conferme, prima di inserire anche la successiva indicazione, che è in fase di studio (Takizawa, 2019):
– Adenocarcinoma indifferenziato, intramucoso (cT1a), senza infiltrazione vascolo-linfatica, non ulcerato e con diametro inferiore a 2 cm. Uno studio di Linag e al ha evidenziato metastasi linfonodali nel 66,7% dei casi T1b > = 2 cm con infiltrazione linfovascolare; nel 5,9% dei casi qualora siano assenti i tre fattori predittivi; nel 7,7 e nel 37,7% dei casi qualora siano presenti rispettivamente uno o due fattori predittivi (Liang, 2020). Questi dati devono essere valutati nel considerare un approccio endoscopico in presenza di un EGC indifferenziato.
Tra le tecniche endoscopiche l’ESD è risultata superiore all’EMR sia nella percentuale di resezioni en bloc, sia nella percentuale di resezioni curative: per esempio, rispettivamente 92,7% versus 56,0% e 73,6% versus 61,1% nella casistica di Oda e al (Oda, 2006). L’ESD ha il vantaggio di minori complicanze e di degenza più breve rispetto alla resezione gastrica (An, 2019). Le complicanze più comuni sono l’emorragia e la perforazione. In alcune casistiche l’emorragia raggiunge il 15% dei casi e la perforazione il 6% dei casi (Imagawa, 2006). La perforazione è più frequente nelle procedure sul fondo gastrico (Imagawa, 2006). Le tecniche endoscopiche sono associate a una maggiore percentuale di recidive, in parte a causa di tumori metacroni. In una piccola casistica europea la percentuale di recidiva è risultata dell’11% dopo un follow up medio di 33 mesi (Canete Ruiz, 2020). Questa evenienza impone uno stretto follow up (An, 2019). Un altro problema è la possibilità di insemenzamento peritoneale di cellule neoplastiche in caso di perforazione. Questa evenienza è concreta, seppur molto rara (Lee, 2019), ma forse sottostimata.
Nelle aree geografiche prive di esperienza endoscopica il trattamento degli EGC deve essere chirurgico. Inoltre, un orientamento per preferire in ogni caso un approccio chirurgico rispetto al trattamento endoscopico deriva dalla possibilità che il trattamento endoscopico sia oncologicamente insufficiente, non essendovi modo di escludere la presenza di metastasi linfonodali. Infatti, considerando i tre fattori indipendenti di rischio per metastasi (diametro tumorale > = 2 cm, infiltrazione sottomucosa e infiltrazione vascolo-linfatica), sui quali si fondano i criteri succitati per la scelta tra approccio endoscopico e approccio chirurgico, metastasi linfonodali sono state osservate nel 5,9% dei pazienti privi di questi fattori predittivi (Liang, 2020). Per approfondire questo tema, si considerino anche le osservazioni riportate nel seguente paragrafo “Indicazioni alla linfoadenectomia”. Queste osservazioni orientano ad essere chiari nel colloquio con il paziente sul rischio che la procedura endoscopica non sia oncologicamente radicale. L’approccio endoscopico trova invece la più ampia indicazione in pazienti con elevato rischio anestesiologico.
La gastrectomia è l’intervento chirurgico di riferimento negli EGC del terzo superiore ed è chiaramente indicata in caso di EGC multicentrico o nell’ambito della sindrome del cancro gastrico diffuso.
La resezione parcellare per via laparotomica sotto guida endoscopica è a mio parere un’interessante alternativa in pazienti con elevato rischio operatorio e la sua fattibilità dovrebbe essere valutata nella fase esplorativa dell’intervento chirurgico. E’ opportuno che la sezione gastrica disti almeno 3 cm dalla lesione.
L’approccio laparoscopico alla resezione gastrica parcellare richiede esperienza nella tecnica e la fattibilità della resezione deve essere valutata caso per caso.
La gastroresezione prossimale è l’alternativa alla gastrectomia. Essa consente di mantenere un serbatoio gastrico, teoricamente riducendo il disagio da distensione intestinale postprandiale del gastrectomizzato. Questa tecnica non ha avuto diffusione nei Paesi occidentali, essendo stata netta la percezione di una maggiore morbilità e mortalità postoperatoria e di risultati funzionali poco convincenti: la sezione dei vaghi può comportare una sindrome da ritardato svuotamento gastrico e per l’assenza di un meccanismo antireflusso si verifica reflusso gastro-esofageo di secreto bilio-pancreatico. Al fine di ovviare a questi problemi è stata elaborata una tecnica nota come “gastroresezione prossimale con ricostruzione a doppia via” (proximal gastrectomy with double tract reconstruction). Si ottiene confezionando un’esofagodigiunoplastica in Y e un’anastomosi gastro-digiunale LL circa 5-15 cm distalmente all’anastomosi esofago-digiunale. Una meta-analisi ha potuto includere un piccolo numero di studi retrospettivi, non esistendo studi prospettici e trial clinici (Li, 2019). Complessivamente i sette studi reperiti si riferiscono ad esperienze maturate in Giappone e in Corea tra il 2016 e il 2018. Tutti gli studi “difendono” la qualità di questa ricostruzione, evidenziando risultati analoghi a quelli di una gastrectomia in termini di mortalità, morbilità e risultati funzionali. Tra i benefici riportati rispetto alla gastrectomia comune denominatore risulta essere la necessità di minori somministrazioni parenterali di vitamina B12. Il migliore assorbimento di vitamina B12 dovrebbe essere in rapporto alla conservazione di cellule secernenti fattore intrinseco nel corpo gastrico. Non è questo evidentemente l’elemento che può orientare a preferire questo tipo di ricostruzione; comunque, l’equivalenza in termini di morbilità, mortalità e risultati funzionali consente di considerare coi cautela questa ricostruzione un’equivalente alternativa alla gastrectomia in attesa che tale dato sia confermato da futuri studi prospettici e trial clinici.
Nelle localizzazioni al terzo medio o distale dello stomaco la gastrectomia può essere giustificata indipendentemente dalle caratteristiche dell’EGC in caso di multifocalità o in un paziente con importanti fattori di rischio per adenocarcinoma, per esempio la sindrome HDGC e la gastrite cronica atrofica con metaplasia intestinale e diplasia, nella quale la multicentricità è presente in circa il 10% dei casi (Ichiyoshi, 1990). Nel caso che si preferisca una resezione gastrica limitata deve essere previsto uno stretto follow up endoscopico.
Al di fuori delle precedenti indicazioni gli EGC del terzo distale sono trattati con gastroresezione distale. Gli EGC del terzo medio sono trattati con gastroresezione distale estesa (2/3) o con gastroresezione “pylorus-preserving”, tecnica questa, che è stata descritta nel 1967 da Maki per le ulcere gastriche benigne e successivamente riproposta per gli EGC del terzo medio (Isozachi, 1996). Tuttavia, il ritardato svuotamento gastrico e il reflusso sono inconvenienti che non hanno reso promettente questa seconda tecnica ricostruttiva (Eom, 2019).
Estensione della linfoadenectomia
Considerando la classificazione di Vienna, le metastasi linfonodali delle forme M1, M2, M3, SM1 e SM2 sono rispettivamente 0%, 0-1%, 2%, 2-3% e 25-27% (Murata, 2008; Pech, 2012).
Nel caso di tumori del terzo gastrico inferiore infiltranti la sottomucosa, metastasi nei linfonodi sotto-pilorici sono riscontrate nel 9% dei casi, lungo i vasi gastro-epiploici di destra nel 6% dei casi, lungo la piccola curvatura nel 10% dei casi, lungo l’arteria gastrica sinistra nel 5% dei casi, lungo l’arteria epatica comune nel 3% dei casi, lungo il tratto prossimale dell’arteria splenica nell’1% dei casi, lungo l’arteria epatica propria nell’1% dei casi, in sede paracardiale destra nell’1% dei casi; del tutto occasionalmente è interessata da metastasi la stazione linfonodale lungo l’arteria gastro-epiploica sinistra; non sono interessate da metastasi le stazioni linfonodali paracardiale sinistra, dell’ilo splenico, dell’arteria splenica distale (11d), del tronco celiaco e dei vasi gastrici brevi (Kong, 2011).
Considerando il database della GIRCG, appare evidente che i tumori del terzo gastrico inferiore, medio e superiore, infiltranti la sottomucosa, presentano metastasi linfonodali in almeno il 20% dei casi in almeno una stazione linfonodale: nel caso dei tumori del terzo superiore è coinvolta principalmente la stazione 9, nel caso dei tumori del terzo medio la stazione 3, nel caso dei tumori del terzo inferiore la stazione 6. La percentuale è più elevata nei tumori di tipo diffuso rispetto ai tumori di tipo intestinale, nei tumori PEN A rispetto ai tumori PEN B o non PEN, nei tumori con maggior diametro (Roviello, 2006).
Negli EGC T1a la percentuale di sopravvivenza a dieci anni è risultata di circa il 100% nei pazienti sottoposti a resezione gastrica e a linfoadenectomia estesa (Miwa, 1995). In questi pazienti la sopravvivenza a cinque e a dieci anni è stata superiore del 2-3% rispetto a quelli con linfoadenectomia limitata.
In caso di EGC sottomucoso la percentuale di sopravvivenza a dieci anni è risultata di circa il 100% nei pazienti sottoposti a resezione gastrica e ad estesa linfoadenectomia. In questi pazienti la sopravvivenza a cinque e a dieci anni è stata superiore del 10% rispetto a quelli con linfoadenectomia limitata.
Esaminando il gruppo di pazienti pN+ la sopravvivenza a dieci anni è risultata dell’87%, se era stata eseguita una linfoadenectomia estesa, e del 55 %, se la linfoadenectomia era stata limitata.
Nel sottogruppo di paziente N- l’estensione della linfoadenectomia non ha comportato differenze nella sopravvivenza.
Queste analisi sulla percentuale delle metastasi linfonodali nelle diverse forme di EGC dovrebbero condurre alla più appropriata scelta terapeutica: trattamento endoscopico nelle forme M1, M2, M3, SM1 e trattamento chirurgico nelle forme SM2. In realtà, non esiste alcuna indagine strumentale preoperatoria in grado di distinguere l’infiltrazione SM1 e SM2, né la biopsia può essere accuratamente diagnostica, non consentendo di ottenere un’informazione sull’infiltrazione in tutta la superficie tumorale. Quindi, qualora si decida di effettuare una resezione endoscopica, è raccomandabile asportare la lesione en bloc, includendo la sottomucosa e almeno 2 cm di tessuto sano circostante (JGCA guidelines, 2014). Ottenuto l’esito dell’esame istologico sarà possibile comprendere se vi sia concreto rischio di metastasi linfonodali, ricorrendo in questo caso al trattamento chirurgico.
Appare ragionevole affermare che è tendenzialmente preferibile un atteggiamento aggressivo proprio nei tumori in fase iniziale. Tuttavia, questa propensione deve essere temperata dalla conoscenza dei tre fattori indipendenti di rischio per metastasi citati nel precedente paragrafo: diametro tumorale > = 2 cm, infiltrazione sottomucosa e infiltrazione vascolo-linfatica. Metastasi linfonodali sono state osservate solo nel 5,9% dei pazienti privi di questi fattori predittivi (Liang, 2020). Quindi, in assenza di questi fattori di rischio può essere considerata preferibile una linfoadenectomia D1 o D1+ in pazienti anziani con significativo rischio anestesiologico. A conferma di questo orientamento si può riportare la seguente osservazione di Rausei e al: una linfoadenectomia D2 migliora la sopravvivenza complessiva e la sopravvivenza specifica per malattia nei pazienti anziani, qualora siano riscontrate metastasi linfonodali, ma in pazienti anziani con gravi co-morbilità la sopravvivenza complessiva non è migliorata (Rausei, 2016). Si deve inoltre tenere presente che in alcuni studi l’asportazione di più di 16 linfonodi non ha migliorato la prognosi dei pazienti in stadio I (Hsu, 2013; Okajima, 2016).
Per quanto concerne la scelta delle stazioni linfonodali asportabili in rapporto alle differenti localizzazioni gastriche del tumore si rinvia alla tabella 2.2.3.
Al fine di ottimizzare la linfoadenectomia nel trattamento degli EGC, è stato proposto di ricercare il linfonodo sentinella, procedura ormai collaudata nel caso del carcinoma della mammella, ma sperimentale nel caso dell’EGC. Si utilizzano sequenzialmente due traccianti, che sono somministrati endoscopicamente: il radioisotopo 99Tc almeno tre ore prima dell’intervento e il colorante blu di isosolfano in corso di intervento. Essendo frequenti le metastasi linfonodali “a salto” (circa 20% dei casi negli EGC), la negatività del linfonodo sentinella non consente di escludere che le successive stazioni linfonodali siano indenni. L’utilità del linfonodo sentinella non consisterebbe dunque nell’escludere metastasi linfonodali, come inizialmente proposto, ma nell’identificare (parzialmente) il bacino linfatico di drenaggio che dev’essere asportato (Mehmet, 2011). Il linfonodo sentinella diventa dunque un sussidio alla conoscenza anatomica sulla relazione tra topografia gastrica e stazioni linfonodali del drenaggio linfatico gastrico. Un sussidio che è di dubbia utilità, essendo già noti i bacini linfatici in rapporto alle possibili sedi del tumore (Tab. 2.2.3).
Follow up endoscopico
Qualora l’EGC sia sottoposto ad esclusiva escissione endoscopica, è necessario definire il successivo follow up. E’ qui riportato il seguente schema, che mette in rapporto la decisione con l’esito dell’esame istologico sul margine di resezione (Numata, 2014):
- Rilievo istologico
– A1. Cellule tumorali solo sul margine superficiale
– A2. Cellule tumorali sul margine profondo
– B. Tessuto sano perilesionale < 2 mm
– C. Margine non valutabile per danno termico
- Margine di resezione R0
- Decisione
– A1. APC sul margine di resezione e F-U a 3 mesi per 12 mesi
– A2. Revisione endoscopica o chirurgica
– B. Follow up a 3, 6, 12 mesi e ogni 12 mesi per 3 anni
– C. Follow up q 3, 6, 12 mesi e ogni 12 mesi per 3 anni
– D. Follow up a 12 mesi.
Tab. 2.2.3 Classificazione JGCA 2011 della linfoadenectomia nel carcinoma gastrico
in rapporto al tipo di resezione gastrica
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