LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 2.5

INDICAZIONI ALLA GASTRECTOMIA: LESIONI GASTRICHE DA CAUSTICI

Le lesioni dello stomaco da caustici variano da erosioni a ulcere e necrosi e si associano frequentemente a lesioni dell’esofago.

Se si sospetta una lesione severa, l’indagine strumentale indicata in urgenza è una tomografia computerizzata (TC) toraco-addominale con mezzo di contrasto iodato (mdc). E’ indicativa di necrosi viscerale l’assenza del rinforzo contrastografico nelle pareti dei visceri nelle immagini acquisite dopo 18-25 secondi e dopo 90 secondi. Questo rilievo è meglio apprezzabile almeno tre ore dopo l’ingestione della sostanza causticante, quando le aree necrotiche sono meglio demarcate. E’ stata definita una graduazione delle lesioni esofagee, che orienta alla selezione dei pazienti candidati al trattamento chirurgico urgente (Tab. 1 (Chirica, 2019)). Per quanto concerne lo stomaco i rilievi tomografici sono simili a quelli decritti per la graduazione delle lesioni esofagee. Inoltre, la TC consente di ricercare aria libera e versamento intra-addominale, che orientano a una perforazione gastrica.

Attualmente la TC ha sostituito l’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS). Infatti, l’EGDS ha il limite di non poter valutare la profondità delle necrosi (Chirica, 2019). Nel contesto delle lesioni da caustici l’EGDS resta un importante mezzo per la definizione e il trattamento delle stenosi cicatriziali esofagee e piloriche.

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Grado I: omogeneo rinforzo contrastografico della parete esofagea, assenti altri rilievi patologici

Grado IIa: rinforzo contrastografico della mucosa; ipodensità e inspessimento della restante parete esofagea, eccetto un sottile rinforzo contrastografico sul suo versante esterno

Grado IIb: sottile rinforzo contrastografico parietale sul versante esterno, assente rinforzo nel restante spessore parietale

Grado III: rinforzo contrastografico assente

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Tab. 1 Graduazione TC della lesione esofagea da caustici

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Non è chiaro se il trattamento medico precoce riduca le sequele a carico dell’esofago e dello stomaco. Se non vi è perforazione, l’idrocortisone 100 mg x 4/die ev, poi sostituito da cortisonico per os per tre settimane riduce l’edema e lo spasmo, ma non sicuramente l’incidenza di stenosi esofagee (Anderson, 1990) e comunque non è utile se la lesione non è severa e se il trattamento non è iniziato immediatamente.

Un trattamento cortisonico più prolungato o la ripresa del trattamento quando comincia a manifestarsi una stenosi non è utile. Al trattamento cortisonico si associa un antibiotico con scopo profilattico per alcuni giorni (per es. ampicillina/tazobactam 2,25 g ev ogni 8 ore oppure amoxicillina/acico clavulanico  1 g ev ogni 12 ore), un antisecretivo gastrico (per es. omeprazolo 40 mg ev die), per ridurre il rischio di perforazione gastrica, e in caso di lesioni severe una digiunostomia per l’alimentazione (fig. 10.1.1) dopo un’iniziale nutrizione parenterale tramite catetere venoso centrale. L’utilità dell’antibioticoprofilassi e del trattamento antisecretivo gastrico è considerata certa solo in caso di danno esofageo di III grado in terapia con cortisonico e/o in caso di interessamento polmonare (Bonavina, 2015). Tuttavia, vi è un fondamento razionale per ritenere comunque prudente provvedere al più presto a un’antibioticoprofilassi e al blocco della secrezione gastrica.

Una necrosi o una perforazione gastrica è di regola localizzata nell’antro e richiede una gastroresezione per via laparotomica in urgenza. In questa condizione non è infrequente che debbano essere trattate lesioni viscerali derivanti dalla fuoriuscita della sostanza causticante nel cavo peritoneale o derivanti dalla sua progressione nel duodeno e nel primo tratto digiunale (Wu, 2015). Non sempre le lesioni gastriche sono associate a significative lesioni esofagee (Schulenburg, 1941). In tutti i casi è consigliata una digiunostomia per l’alimentazione al termine delle procedure resettive e ricostruttive.

Occasionalmente è necessaria una gastrectomia in caso di più ampia estensione delle lesioni necrotizzanti in ambito gastrico. E’ necessario associare l’asportazione dell’esofago, se vi è riscontrata una perforazione o necrosi (Estrera, 1986; Munoz-Bongrand, 2002). In tal caso, prima dell’intervento deve essere effettuata una broncoscopia preoperatoria, per escludere con certezza una fistola tracheo-bronchiale. Nell’ipotesi di una necrosi tracheo-bronchiale l’esofagectomia deve essere effettuata tramite un accesso toracico destro, per poter trattare la lesione con tecnica di patch polmonare (Bonavina, 2015; Barak, 2016). Se la necrosi è limitata all’esofago, è preferita l’esofagectomia per via transiatale (Brun, 1984; Hwang, 1987). Se al termine dell’esofagectomia è riscontrato un edema flogistico dei monconi esofageo e gastrico, il tempo ricostruttivo è rinviato e l’intervento si conclude  con un’esofagostomia cervicale e con una digiunostomia per l’alimentazione (Wu, 1993).

In alcuni casi l’azione della sostanza causticante è estesamente destruente e può essere necessario associare procedure quali la pancreatico-digiunostomia, la coledocodigiunostomia, la colecistostomia; in queste situazioni la mortalità postoperatoria è molto alta (Wu, 1996). La mortalità si approssima al 50%, considerando complessivamente gli interventi chirurgici effettuati in urgenza per danni massivi del tratto gastro-intestinale da caustici (Chang, 2018). Una sopravvivenza può essere attesa solo se tutti gli organi gravemente danneggiati possono essere asportati (Cattan, 2000). L’estensione della necrosi al pancreas o al tessuto retroperitoneale inficia l’utilità del trattamento chirurgico: i pazienti decedono nel periodo postoperatorio dopo aver sviluppato acidosi metabolica, insufficienza renale, insufficienza multi-organo e talora emorragie retroperitoneali (Wu, 2015). In relazione a quest’ultima evenienza è consigliato conservare l’omento, se possibile, per applicarlo sulle aree lesionate.

La gastrectomia può inserirsi nell’ambito di complesse procedure per trattare stenosi multiple, esito di gravi lesioni da caustici, che in fase acuta era stato possibile gestire conservativamente e che non è possibile trattare con dilatazioni endoscopiche. Qualora si siano formate stenosi multiple non dilatabili in faringe ed esofago, nonché a livello pilorico, una possibile soluzione consiste nell’esofagectomia associata a gastrectomia, alle quali segue la ricostruzione con faringo-ileo-colonplastica. (Tran Ba Huy, 1982; 1988; Zerbib, 1986). L’intervento deve essere eseguito almeno sei mesi dopo l’infortunio, che è un intervallo di tempo adeguato per la risoluzione del processo infiammatorio reattivo. Più in generale è raccomandata un’attesa di almeno sei mesi prima di ogni procedura chirurgica finalizzata a trattare esiti di lesione da caustici nell’esofago; e un’attesa di almeno tre mesi per trattare una stenosi pilorica (Bonavina, 2015). Inoltre, in previsione dell’intervento deve essere effettuata una laringoscopia e deve essere perlomeno effettuato il tentativo di risolvere eventuali stenosi faringee con terapia endoscopica laser. Confezionata una tracheostomia, per via addominale un segmento ileo-colico è peduncolizzato sui vasi colici medi dopo scollamento colo-epiploico, sezione del peritoneo nella doccia parieto-colica destra, scollamento del colon ascendente e del suo meso dal tessuto retroperitoneale, sezione dei peduncoli ileo-colico e colico destro, sezione dell’ileo circa 5 cm prossimalmente alla valvola ileo-ciecale e sezione del colon trasverso a sinistra del peduncolo colico medio. La preparazione del segmento è completata con l’appendicectomia. L’intervento in ambito addominale è proseguito con la gastrectomia e la confezione di una digiunostomia. Il moncone colico del segmento ileo-cieco-colico è anastomizzato al duodeno o su ansa digiunale in Y. Se si decide di asportare anche l’esofago, si scolla il viscere nel mediastino attraverso lo iato diaframmatico. In caso contrario il moncone esofageo deve essere anastomizzato ad un’ansa digiunale in Y e un’incisione diaframmatica dietro il processo xifoideo aprirà il tragitto retrosternale per il segmento ileo-cieco-colico. Segue il tempo cervicale: cervicotomia; sezione dei vasi tiroidei inferiori sinistri e della vena tiroidea media sinistra; retrazione laterale di arteria carotide e vena giugulare sinistra e retrazione mediale del lobo tiroideo sinistro; sezione del muscolo omo-joideo e dissezione della parete posteriore della faringe dal piano prevertebrale. Se l’esofago era stato isolato nel mediastino attraverso il diaframma, lo si seziona all’estremità cervicale, se ne completa la dissezione mediastinica attraverso la cervicotomia e si sutura il moncone faringeo. Si presentano ora due casi che richiedono un diverso approccio per la confezione dell’anastomosi faringea:

I caso – persiste un seno piriforme:

incisione sovraioidea con sezione dei muscoli sotto-joidei e della base della lingua e incisione della sottostante mucosa oro-faringea. Sul lato in cui persiste il seno piriforme si seziona il muscolo tiro-faringeo (porzione superiore del muscolo costrittore faringeo inferiore) 5 millimetri anteriormente al bordo posteriore della cartilagine tiroidea, esponendone l’ala. Si reseca quindi la porzione postero-superiore dell’ala, includendo anche il corno superiore: la direzione della sezione è obliqua in basso e indietro e raggiunge il bordo posteriore dell’ala tiroidea sopra il piccolo corno della cartilagine tiroide, che non è asportato, per evitare la lesione del retrostante nervo ricorrente. Asportata l’ala tiroidea, la sottostante mucosa del seno piriforme è esposta. Si introduce un dito nell’incisione sovraioidea, spingendolo nel fondo del seno piriforme, in modo da estrofletterlo attraverso l’apertura praticata nella cartilagine tiroide. All’apice del seno piriforme si pratica una faringotomia di 2 cm; segue l’anastomosi faringo-ileale dopo aver attratto in sede cervicale il moncone ileale del segmento ileo-cieco-colico.

II caso – l’ipofaringe è totalmente stenosata con fusione della base linguale alla parete posteriore della faringe e scomparsa dell’epiglottide:

si reseca un triangolo a sommità inferiore dal versante anteriore della cartilagine tiroide nel piano sottopericondreo, poi si asporta la retrostante epiglottide, evitando la lesione dei peduncoli laringei superiori; segue un’incisione verticale sulla parete posteriore dell’oro-faringe 2 cm sopra le cartilagini aritenoidee e l’anastomosi ileo-faringea. In alternativa si reseca la metà sinistra dell’osso ioide e la porzione postero-superiore della cartilagine tiroide. Segue una faringotomia ellittica a maggior asse longitudinale nell’area esposta dopo la rimozione delle cartilagini (fig. 2.5.1) (Popovici, 1977).

2.5.1

Fig. 2.5.1

Faringotomie per l’anastomosi faringo-colica

a. Faringotomia secondo Popovici: asportazione della porzione sinistra dell’osso ioide e del corno superiore sinistro della cartilagine tiroide; incisione faringea ellittica

b. Faringotomia longitudinale dopo asportazione della porzione postero-superiore dell’ala sinistra della cartilagine tiroide

Nel periodo postoperatorio si provvede a periodici controlli faringoscopici per l’asportazione di eventuale tessuto di granulazione perianastomotico; nella sede della granulazione è quindi effettuata un’infiltrazione di steroidi. Sarà inoltre rimossa la tracheostomia. Il ritorno alla dieta è graduale nel corso di un mese, iniziando il 10° giorno dopo l’intervento. La digiunostomia è rimossa un paio di mesi dopo l’intervento e si provvederà a una pronta dilatazione con sonde olivari delle stenosi anastomotiche.

Una più nota alternativa all’interposizione ileo-cieco-colica è l’interposizione di un segmento di colon trasverso e discendente (vedi fig. 5.12).

 

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