LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 2.1

INDICAZIONI ALLA GASTRECTOMIA: ADENOCARCINOMA DELLO STOMACO

L’adenocarcinoma gastrico rappresenta almeno il 90% di tutte le forme istologiche di tumore gastrico (Karimi, 2014). Nel mondo si colloca al quinto posto per incidenza e al terzo posto per causa di morte tra i tumori (International Agency for Research on Cancer, 2018).

Tra i Paesi europei l’incidenza di adenocarcinoma gastrico è alta in Portogallo, Slovenia, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Ucraina, Moldavia (Ferlay, 2010; Mohammadian, 2018). L’Italia si colloca in una fascia intermedia di incidenza, ovvero 15 casi/100.000 abitanti/anno con maggiore incidenza nelle regioni centrali e minore incidenza nelle regioni meridionali (AIOM-AIRTUM, 2013). Tuttavia, in alcuni territori, come la provincia di Modena, l’incidenza supera i 30 casi/100.000 abitanti/anno (Modena Cancer Registry, 1992).

Estendendo la panoramica sul resto del mondo, un’elevata incidenza si riscontra in Russia (50 casi/100.000 abitanti/anno) e nei seguenti Paesi americani: Colombia, Perù, Equador, Guatemala, Honduras, Costa Rica (Mohammadian, 2018). In alcuni Paesi asiatici si notano incidenze particolarmente elevate: Giappone, Cina, Vietnam, Corea del Nord e Corea del Sud. In America settentrionale (7 casi/100.000 abitanti/anno) e in Africa si riscontrano le più basse incidenze. In Africa le più alte incidenze si registrano in Mali e in Kenya.

In America settentrionale l’incidenza del tumore ha avuto una continua flessione dal 1950 ad oggi, riducendosi dell’80%. Anche in Australia e in Giappone vi è stato un significativo calo nell’incidenza di tumore gastrico (Kelley, 2003). I motivi non sono certi; si ipotizza che abbiano influito l’utilizzo della refrigerazione per la conservazione degli alimenti  (La Vecchia, 1990), il minore consumo di cibi salati, la riduzione del fumo di sigaretta e del consumo di alcolici, l’utilizzo di antibiotici, che potrebbe aver ridotto la prevalenza di infezioni da H. pylori, un maggior consumo di vegetali e una maggiore assunzione di proteine (Mohammadian, 2018). Supporta l’importanza di fattori ambientali l’osservazione che il rischio di tumore gastrico è ridotto per coloro che da tempo si sono trasferiti da zone ad alta incidenza, come il Giappone, a zone a bassa incidenza come gli USA (Haenszel, 1972). Ma è anche noto che vi sono differenze nell’incidenza di tumore gastrico tra differenti etnie che vivono in una stessa regione e vi è perciò la possibilità che vi concorrano caratteristiche genetiche (Parkin, 2004).  Per esempio, in Nuova Zelanda si è osservata una più alta incidenza tra i Maori (Ellison-Loschmann, 2017). Inoltre, negli USA l’incidenza è maggiore nei Bianchi rispetto ai Neri (Parkin, 1997).

L’età più frequentemente colpita è tra cinquanta e settant’anni in entrambi i generi (Kelley, 2003).

Il rapporto di incidenza tra genere maschile e femminile è di 5/1, 3/1 e 1,5/1 in caso di localizzazione del tumore rispettivamente sul versante gastrico del cardias, al terzo superiore e al terzo medio o inferiore dello stomaco.

 

Anatomia  patologica

L’adenocarcinoma gastrico che origina nella mucosa di un polipo o sul bordo un’ulcera gastrica non è facilmente individuabile macroscopicamente in fase precoce. Se origina dalla mucosa gastrica normale o atrofica appare come una lesione iperemica a margini irregolari, piana, rilevata oppure erosa. Per maggiori dettagli sulla presentazione del carcinoma gastrico in fase precoce, noto anche come “early gastric cancer (EGC)”, si rinvia al capitolo 2.2.

In fase avanzata la neoplasia si presenta in forma di massa vegetante, ulcerata, o di ulcerazione con fondo necrotico e con margini mammellonati. Meno comune è la forma scirrosa, che può essere circoscritta, come placca o manicotto stenosante, o diffusa. La varietà diffusa è definita “linite plastica”. La sua caratteristica istologica è una quota di tessuto connettivale nello stroma superiore al 50%. Questa varietà infiltra estesamente la parete gastrica, permeandone i linfatici; la diffusa infiltrazione linfatica, associata a intensa reazione stromale, rende lo stomaco rigido e contratto. Forme poco comuni sono il carcinoma gelatinoso, di consistenza encefaloide, e quello mucinoso.

L’adenocarcinoma gastrico è localizzato nell’80% dei casi sulla piccola curva o nell’antro, mentre grande curva, corpo, cardias e fondo sono interessati rispettivamente nell’8%, 6%, 4% e 2% dei casi (Luise, 1962).

Istologicamente la neoplasia è più frequentemente di tipo tubulare (fig. 2.1.1a), talora con aspetti papillari (fig. 2.1.1b). Se lo stroma è abbondante, ha macroscopicamente caratteristiche scirrose. Si definisce “mucinoso” l’adenocarcinoma con tubuli colmi di mucina e “gelatinoso” una variante particolarmente maligna in cui abbondante sostanza mucopolisaccaridica accoglie cellule a forma di anello con castone, caratterizzate da nucleo sottile, periferico, e da citoplasma PAS negativo e Alcian positivo (fig. 2.1.1c). L’adenocarcinoma mucinoso rappresenta il 30% dei casi. Più rare forme di carcinoma gastrico sono l’adenoacantoma e il carcinosarcoma.

In sintesi le forme descritte sono le seguenti:

– adenocarcinoma di tipo intestinale, di tipo diffuso (in cui rientra il carcinoma con cellule ad anello con castone), di tipo misto (classificazione di Lauren)

– adenocarcinoma papillare (esofitico, ben differenziato, papille allungate)

– adenocarcinoma tubulare (tubuli dilatati e ramificati, atipie citologiche)

– adenocarcinoma mucinoso (mucina extracellulare, interessante almeno il 50% della superficie esaminata)

– carcinoma con cellule ad anello con castone (gruppi sparsi o cellule isolate contenenti mucina in > 50% del tumore)

– carcinoma adenosquamoso

– carcinoma con stroma linfoide (carcinoma midollare)

– adenocarcinoma epatoide

– carcinoma indifferenziato.

2.1.1a

Fig. 2.1.1a

2.1.1b

Fig. 2.1.1b

2.1.1c

Fig. 2.1.1c

Adenocarcinoma dello stomaco:
a. tubulare
b. tubulo-papillare
c. a cellule ad anello con castone

La diffusione metastatica procede più precocemente per via linfatica; seguono le metastasi ematogene a fegato, peritoneo e ovaio; più tardivamente a polmoni e pleura. Tipiche lesioni metastatiche avanzate sono il tumore di Krükenberg (metastasi ovarica frequentemente derivante da adenocarcinoma a cellule ad anello con castone), il linfonodo di Virchow (metastasi linfonodale sovraclaveare sinistra) e la metastasi periombelicale.

 

Sintomatologia

L’adenocarcinoma gastrico in fase iniziale è asintomatico; successivamente compaiono sintomi di lieve entità, che sono tollerati a lungo, prima di convincere il paziente a consultare il medico: nausea, dispepsia, dolore epigastrico, talora astenia secondaria ad anemizzazione da stillicidio ematico, disfagia, depressione. Il dolore epigastrico può essere similulceroso, più intenso dopo i pasti, oppure continuo, non in rapporto con i pasti e talora più intenso al risveglio mattutino. In fase avanzata compaiono anoressia o sarcofobia, calo ponderale, complicanze locali (stenosi pilorica, emorragie gastriche, perforazione o fistolizzazione) e manifestazioni di avanzata metastatizzazione (insufficienza epatica e linfoadenopatia sovraclavicolare). Alcuni decenni fa l’intervallo intercorrente tra l’esordio della sintomatologia e l’accertamento diagnostico superava gli otto mesi nel 30% dei casi (Luise, 1962). Attualmente il più frequente e precoce ricorso alla gastroscopia in caso di sintomatologia epigastrica dovrebbe aver ridotto questa percentuale.

 

Fattori di rischio
Un fattore di rischio è rilevato nel 50% dei pazienti con adenocarcinoma gastrico e tale percentuale non varia tra terzo superiore, terzo medio e terzo inferiore dello stomaco. Un importante fattore di rischio è la metaplasia intestinale, una trasformazione della mucosa conseguente ad uno stimolo infiammatorio cronico (Jencks, 2018). L’adenocarcinoma associato a metaplasia intestinale è di tipo tubulare. Esso è preceduto da modifiche citologiche dell’epitelio metaplasico che compongono il quadro microscopico noto come “displasia”: cellule stratificate con nuclei ingrossati e pleomorfici. A questo quadro corrisponde una cinetica cellulare più rapida e l’iperespressione dei geni p53 e bcl-2.
Un’altro importante fattore di rischio è la gastrite cronica atrofica, tappa finale di un processo patologico che inizia con la metaplasia di I tipo (metaplasia intestinale completa); essa evolve in metaplasia incompleta, seguita da displasia di basso grado, displasia di alto grado, carcinoma. I fattori che favoriscono l’atrofia della mucosa gastrica sono il reflusso biliare cronico e l’infezione gastrica cronica da Helicobacter pylori. Si ritiene che questa infezione sia la più comune causa di adenocarcinoma gastrico (Nagini, 2012). Questo batterio può infettare la mucosa gastrica e produce  fattori chemiotattici e attivanti dei neutrofili che causano una flogosi gastrica con esito in una gastrite cronica atrofica, se l’infezione persiste per anni (El Omar, 2003).

E’ stato osservato che il rischio di cancro gastrico è 4-11 volte più elevato in pazienti con metaplasia incompleta rispetto a quelli con metaplasia completa (González, 2013).

Altri fattori di rischio sono i seguenti:
– polipi.

— I polipi adenomatosi rappresentano il 20% dei polipi gastrici (Ghazi, 1984). Sono localizzati prevalentemente nell’antro gastrico e sono spesso isolati. Sessili o peduncolati, tubulari, villosi o tubulo-villosi, sono rivestiti da epitelio pseudostratificato con elevata conta mitotica. I polipi adenomatosi possono presentare foci di adenocarcinoma nel 9% dei casi (Ghazi, 1984); qualora il loro diametro sia superiore a due centimetri presentano un adenocarcinoma nel 24% dei casi (Tomasulo, 1971). Non è raro che l’adenocarcinoma origini dalla mucosa gastrica atrofica circostante.
— I polipi iperplastici sono i polipi più frequenti nello stomaco (60% dei casi (Ghazi, 1984)). Sessili o peduncolati, unici o multipli, con diametro variabile da pochi millimetri ad alcuni centimetri, istologicamente presentano edema, fibrosi, infiammazione dello stroma con ghiandole allungate, tortuose e cistiche.
Questo tipo di polipo è associato a gastrite da Helicobacter pylori di lunga durata e a gastrite atrofica metaplastica autoimmune nella malattia di Addison-Biermer; è meno comune in altre condizioni infiammatorie, in prossimità di ulcere, di erosioni e di gastroenterostomie (Markowski, 2016). Spesso questi polipi sono circondati da aree di gastrite atrofica, nelle quali può svilupparsi un adenocarcinoma. Nel corso di un follow durato 13 anni, fu riscontrata una degenerazione maligna nella mucosa circostante i polipi iperplastici nel 3,5% dei casi (Orlowska, 1995). La degenerazione maligna del polipo interessa circa il 2% dei polipi asportati (Dalbo, 1987).
– Età.

E’ noto che l’incidenza di adenocarcinoma gastrico è maggiore nella V, VI e VII decade di vita.

– Gastroresezione

Il rischio di adenocarcinoma gastrico nei gastroresecati è quattro volte superiore che nella popolazione generale (Caygill, 1986). La neoplasia compare generalmente 15-20 anni dopo l’intervento e si manifesta in circa il 10% dei gastroresecati, localizzandosi a livello dello stoma sul versante gastrico (Nicholls, 1979); istologicamente è di tipo tubulare o a cellule ad anello con castone. Si ritiene che i due principali fattori etiopatogenetici siano la flogosi cronica della mucosa causata dal reflusso duodeno-gastrico (Khubaveshka, 1995) e lesioni precancerose pre-esistenti alla gastroresezione, quali la gastrite atrofica e la metaplasia intestinale. L’importanza etiopatogenetica del reflusso biliare è indicata indirettamente dal maggior rischio di tumore dopo Billroth II rispetto a Billroth I (Caygill, 1986). La vagotomia è associata a un aumento del rischio di carcinoma su moncone gastrico dopo Billroth II. Non è chiaro se l’eradicazione di Helicobacter pylori nello stomaco residuo possa ridurre il rischio di carcinogenesi (Ohira, 2016).

– Anemia perniciosa.

L’anemia perniciosa è una malattia autoimmune multifattoriale caratterizzata da gastrite cronica atrofica e da difettoso assorbimento di cobalamina a livello dell’ileo terminale per effetto di anticorpi diretti contro le cellule parietali producenti il fattore intrinseco (Oo, 2019). L’incidenza di adenocarcinoma gastrico è due volte il normale (Brinton, 1989). L’acloridia favorisce la colonizzazione della mucosa da parte di Helicobacter pylori, che potrebbe essere il principale fattore carcinogenico, pur tenendo presente che probabilmente intervengono anche fattori genetici. Infatti, l’anemia perniciosa è associata a una maggiore incidenza di tumori: carcinoide gastrico, cancro delle tonsille, cancro faringeo, carcinoma a cellule squamose dell’esofago, cancro del piccolo intestino, tumori del fegato e neoplasie ematologiche (Murphy, 2015).

– Malattie autoimmuni.

Oltre all’anemia perniciosa altre malattie autoimmuni sono associate a un maggior rischio di cancro gastrico, in particolare la dermatomiosite e il morbo di Addison (Song, 2019).

– Gastropatia di Ménétrier.

L’incidenza di adenocarcinoma è stata del 10% in paziente seguiti con un follow up endoscopico durato almeno 10 anni (Scharschmidt, 1977); il tumore è frequentemente poco differenziato (Pryczynicz, 2014).

– Ulcera peptica cronica dello stomaco.

Il rapporto standardizzato di incidenza di tumore gastrico in presenza di ulcera gastrica cronica (rapporto del numero di casi osservati rispetto al numero di casi attesi in una popolazione con analoghe caratteristiche) è 1,8 (Hansson, 1996). Quindi, in presenza di ulcera gastrica cronica l’adenocarcinoma gastrico è due volte superiore rispetto alla popolazione generale. Questa condizione si associa ad atrofia gastrica. L’atrofia gastrica e l’ulcera gastrica sono secondarie entrambe a gastrite cronica correlata a infezioni sostenute da Helicobacter pylori (Kuipers 2003).
conservanti alimentari: in particolare il sale in caso di alimentazioni basate su cibi conservati sotto sale (Tsugane, 2005) e – perlomeno in linea teorica, non essendone facilmente dimostrabile l’effetto sulla popolazione (van Loon, 1998) – i nitrati, per riduzione mediata dai batteri da nitrati a nitriti con successiva formazione di nitrosamine, cancerogene. La verdura contiene nitrati (van Loon, 1998), ma è tra gli elementi protettivi, probabilmente per l’effetto antiossidante della vitamina C (Mirvish, 1972).

– Esposizione a radiazioni ionizzanti.

L’esposizione a dosi di radiazione tra 15 Gy e 30Gy aumenta il rischio di tumore gastrico di 2-4 volte (Kelley, 2002).

–  Abitudine al fumare (Poorlajal, 2020).

Gli studi sul tema non sono concordi nel considerare il fumo di tabacco un fattore di rischio per tumore gastrico. Tuttavia, la maggior parte di questi studi lo identifica come debole fattore di rischio (Kelley, 2002).

– Infezione da virus di Epstein-Barr.

Un ampio studio molecolare ha identificato una classe di tumori gastrici caratterizzata dalla presenza di sequenze nucleotidiche coincidenti con quelle del virus di Epstein-Barr nel genoma delle cellule tumorali (Bass, 2014). Il processo che conduce dall’infezione all’integrazione di questo virus nel genoma non è ancora ben chiarito.

– Sindrome del cancro gastrico di tipo diffuso (HDGC syndrome).

Si tratta di una condizione ereditaria a trasmissione autosomica dominante, causata da mutazioni inattivanti del gene CDH1, che codifica la sintesi di una proteina, la e-caderina, implicata nell’ancoraggio tra le cellule epiteliali. Il rischio di subire nel corso della vita una mutazione nella copia normale del gene CDH1 in una cellula dello stomaco e di sviluppare successivamente un tumore gastrico di tipo diffuso è dell’80% in entrambi i sessi a un’età media di 37 anni (Hebbard, 2009); inoltre le donne hanno un rischio elevato di sviluppare un carcinoma della mammella (Pharoah, 2001), più frequentemente di tipo lobulare e in età superiore a 50 anni.

– Sindrome di Peutz-Jeghers.

E’ una malattia autosomica dominante, caratterizzata da iperpigmentazioni cutanee, prevalentemente localizzate al volto, da adenomi polipoidi dell’intestino e da aumentata incidenza di carcinomi in vari distretti corporei, compreso lo stomaco (Giardiello, 2000).

Anche altre malattie genetiche sono associate a maggior rischio di adenocarcinomi, tra i quali quello gastrico: la poliposi adenomatosa familiare del colon (Jagelman, 1988), la sindrome di Lynch (Koornstra, 2009),  la sindrome di Li-Fraumeni (Masciari, 2011), la sindrome dell’adenocarcinoma gastrico con poliposi prossimale dello stomaco (GAPPS), che è una variante della poliposi adenomatosa familiare. Tutti i geni mutati in queste sindromi causano tumori con un pattern autosomico dominante. Raramente una predisposizione al cancro gastrico è osservata in pazienti con disordini recessivi: atassia-teleangectasia, xeroderma pigmentoso e sindrome di Bloom (Slavin, 2019).

– Fattori genetici correlati al gruppo sanguigno A (Aird,1953; Buckwalter, 1957).

 

Screening

Nei Paesi con elevata incidenza di carcinoma gastrico, come il Giappone e la Corea, vi è un’ampia esperienza di screening sulla popolazione sopra i quarant’anni. Non esistendo marcatori bioumorali per la diagnosi precoce, dagli anni ’80 del secolo scorso l’indagine preferita in Giappone per rapidità d’esecuzione è stata la fotofluorografia dello stomaco a doppio contrasto, effettuata ogni due anni. Il contrasto è ottenuto con una miscela di bario, una sostanza effervescente e glucagone. L’esame ha una sensibilità dell’80% per l’adenocarcinoma avanzato e consente di evidenziare anche casi di adenocarcinoma gastrico iniziale con sensibilità del 40%. Una gastroscopia segue in presenza di rilievi radiologici sospetti (Hisamichi, 1989). L’endoscopia offre le migliori opportunità per la diagnosi (Tashiro, 2006). La sua sensibilità diagnostica per i carcinomi in fase iniziale è prevedibilmente destinata ad aumentare con il miglioramento e la diffusione in campo clinico di tecniche endoscopiche innovative, sintetizzate nel capitolo 2.2. Nonostante questa evidenza, anche in Paesi ad alta incidenza di carcinoma gastrico i costi economici non consentono di adottare l’endoscopia come diffuso esame di screening. In Corea lo screening endoscopico è stato adottato nel 1999 (Jun, 2017) e ha consentito di ridurre del 47% la mortalità correlata al cancro gastrico. Nel 2016 anche il governo giapponese ha deciso di avviare uno screening di tipo endoscopico (Hamashima, 2018).

In Italia l’incidenza di adenocarcinoma gastrico è relativamente bassa; dunque, lo screening di massa è controindicato dall’elevato rapporto tra costo e beneficio. Anche la prevenzione del carcinoma gastrico tramite la ricerca sistematica dell’infezione da Helicobacter pylori nella popolazione non è economicamente gestibile. Dovrebbero essere sottoposti a ricerca dell’Helicobacter pylori i pazienti con ulcera gastro-duodenale, MALToma, atrofia gastrica e i parenti di primo grado di pazienti con adenocarcinoma gastrico. Inoltre, dovrebbe essere eseguito un controllo endoscopico periodico nelle seguenti condizioni:

– dispepsia di durata superiore a un mese in età superiore ai 40 anni (Hallissey, 1990);

– metaplasia intestinale o gastrite cronica atrofica;

– polipi gastrici;

– ulcera gastrica recidivante;

– sindromi genetiche con aumentato rischio di carcinoma gastrico: in particolare la sindrome del cancro gastrico di tipo diffuso (HDGC syndrome). In questo specifico caso è prudente eseguire un controllo endoscopico semestrale.

– anemia perniciosa: è utile un follow up annuale durante i primi cinque anni successivi alla diagnosi; poi è sufficiente un controllo ogni cinque anni, se non vi sono polipi o displasia.

Esistono linee guida di Società gastroenterologiche che consigliano la frequenza dei controlli endoscopici nelle diverse condizioni (Banks, 2019).

 

Indagini strumentali per diagnosi e stadiazione

L’indagine diagnostica di prima scelta è la gastroscopia. Essa consente di evidenziare e di biopsiare per lo studio istologico ulcere, polipi ed erosioni, tre tipi di lesione che possono contenere un carcinoma. Per ridurre i falsi negativi a valori accettabili è necessario effettuare almeno sei biopsie sui bordi di un’ulcera e la sensibilità diagnostica aumenta al 98% con l’associazione di un prelievo per spazzolamento per studio citologico (Cusso, 1993). Endoscopicamente è inoltre possibile asportare polipi peduncolati o sessili di piccolo diametro.

La radiografia (RX) con pasto opaco a doppio contrasto era in passato una valida alternativa. Negli anni ’90 del secolo scorso si era sviluppato una particolare interesse semeiologico per lo studio dell’early gastric cancer (Bussoli, 1993), ma attualmente questo esame ha un ruolo piuttosto marginale e prevedibilmente anche l’esperienza dei radiologi ne dovrebbe aver risentito negativamente, laddove non sia utilizzato in programmi di screening. L’accuratezza diagnostica dell’RX con pasto opaco a doppio contrasto è maggiore dell’endoscopia a luce bianca solo in caso di early gastric cancer in alcune aree della parete gastrica posteriore.

Occasionalmente, una neoplasia gastrica è diagnosticata con TAC o con ecografia, eseguite per un diverso quesito diagnostico. Uno spessore parietale > 6 mm con o senza linfoadenopatie perigastriche deve orientare a un approfondimento diagnostico con esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS).

Le risorse diagnostiche per la stadiazione comprendono laparoscopia esplorativa, TC addominale, ecografia epatica, endoecografia gastrica, laparotomia esplorativa, studio citologico su prelievo di liquido peritoneale e RX torace.

La laparoscopia esplorativa (fig. 2.1.2) consente di effettuare un lavaggio peritoneale per lo studio citologico, di ricercare con maggiore accuratezza di TC ed ecografia le metastasi peritoneali e, utilizzando una sonda ecografica, le metastasi epatiche. Inoltre, consente di evidenziare con maggiore sensibilità di TC e di ecografia un’infiltrazione del legamento epatoduodenale, del pancreas o del lobo caudato del fegato. Queste situazioni controindicano il trattamento chirurgico. La laparoscopia è dunque una raccomandabile alternativa alla laparotomia esplorativa nei tumori che si sospettano avanzati dopo aver eseguito una stadiazione preliminare con TAC ed endoscopia. Può essere effettuata in anestesia locale, ma l’esplorazione è più accurata se effettuata in anestesia generale. Inoltre, può essere effettuata all’inizio della seduta operatoria programmata per il trattamento chirurgico per via laparotomica oppure può essere effettuata in una seduta con finalità esclusivamente stadiante. Nel secondo caso i riscontri intra-operatori e bioptici possono essere successivamente discussi in riunione multidisciplinare per la definizione del trattamento.

La disposizione dei trocar è indicata in fig. 2.1.2. Se è utilizzata una sonda ecografia, un trocar da 12 mm è inserito cranialmente al trocar pararettale destro. Nel corso dell’intervento sono esplorati stomaco, fegato, legamento gastro-colico, legamento gastro-epatico, legamento epato-duodenale, mesentere, anse ileali, peritoneo parietale e scavo pelvico nelle aree tecnicamente esplorabili. Il fegato e lo stomaco sono “palpati” delicatamente con le pinze; inoltre, è valutata la mobilità dello stomaco rispetto al piano posteriore. Se vi è il sospetto di un’infiltrazione posteriore, può essere sezionato il legamento gastro-colico, per accedere alla borsa omentale. Sono ricercate linfoadenopatie. Si effettua infine un lavaggio peritoneale per esame citologico in prossimità della neoplasia con 50-60 ml di soluzione fisiologica.

Fig. 2.1.2

Accessi per laparoscopia esplorativa nell’adenocarcinoma dello stomaco
a. Accesso per la telecamera (trocar da 10 mm) in sede ombelicale
b. Accesso per le pinze (trocar da 5 mm) sulla linea pararettale destra e sinistra circa 3 cm cranialmente al loro incrocio con la linea ombelicale trasversa 

La tomografia computerizzata (TC) addome con mdc ev è un’indagine stadiativa irrinunciabile, nonostante i limiti di sensibilità. Per migliorare lo studio della parete gastrica è stata valutata l’utilità di eseguire l’esame dopo ingestione di acqua; in questo modo si riesce a definire con discreta accuratezza (65%) la profondità della neoplasia nella parete gastrica; lo spessore normale della parete è di 0,5 cm e una neoplasia con spessore di 2 cm è certamente T3 o T4 (Hada, 1989).

La TC addome con mdc non fornisce sicure informazioni sullo stato linfonodale e sull’infiltrazione delle strutture adiacenti (fig. 2.1.3). Nelle aree di invasione neoplastica di pancreas, fegato e colon la densità media è maggiore che nelle zone esenti da invasione, ma l’adesione infiammatoria e l’infiltrazione neoplastica non sono discriminabili (Tsuburaya, 1994). La TC individua solo il 50% delle metastasi epatiche. La maggior parte delle metastasi epatiche non supera un centimetro di diametro, limite che è sotto il potere di risoluzione di TC ed ecografia convenzionale. Per maggiori dettagli sull’utilizzo della TC si veda la sezione 3.1.1.1 del capitolo 3.

La tomografia ad emissione di positroni combinata a tomografia computerizzata (PET-TC) evidenzia in alcuni casi metastasi non rilevate con TAC (Findlay, 2019), ma possono esservi metastasi con istotipo diffuso (adenocarcinomi mucinosi e adenocarcinomi con cellule ad anello con castone) che non sono captanti, non essendo in grado di sintetizzare una proteina di trasporto intracellulare del glucosio (Okines, 2010). Finora non presenta un razionale d’uso per la diagnosi e la stadiazione del tumore gastrico (Wu, 2014).

L’ecografia è utilizzata per la ricerca di metastasi epatiche, ma presenta gli stessi limiti della TC.

La risonanza magnetica nucleare (RMN) non ha finora evidenziato un razionale d’uso per la diagnostica e la stadiazione nel cancro gastrico (Hallinan, 2013).

L’ecografia con mezzo di contrasto per os è utilizzabile per tentare di differenziare i gradi di infiltrazione parietale. In uno studio essa ha presentato accuratezza del 64% nel differenziare T1 e T2; dell’80% nel differenziare T3 e T4. Al confronto la TC con mdc ha presentato un’accuratezza del 42% nel differenziare T1 e T2; del 92% nel differenziare T3 e T4 (Yu, 2015). Combinando TC ed ecografia è stata migliorata l’accuratezza nella stadiazione del parametro T.

L’endoecografia evidenzia il tumore come un’area ipoecogena e migliora alcune informazioni fornibili dalla TC con mdc. L’accuratezza nella definizione dell’infiltrazione (T) supera l’80% ed è superiore a quella della TC; tuttavia, non sempre la massa neoplastica è ben discriminabile dal tessuto infiammatorio reattivo circostante e non è definibile lo spessore di un early gastric cancer. E’ inoltre poco esplorabile la piccola curva sotto il cardias e parte del fondo gastrico.

 

2.1.3

Fig. 2.1.3

TC con mdc: inspessimento a manicotto dell’antro per linite plastica (ca mucinoso G3, pT4 NX M1). Tramite laparotomia fu evidenziata un’infiltrazione neoplastica del legamento epato-duodenale, non rilevabile nelle immagini tomografiche.

L’esplorazione per via laparotomica consente di definire adeguatamente il parametro T, di visualizzare eventuali metastasi anche con l’ausilio dell’ecografia per quanto riguarda fegato e ovaio. La valutazione dell’interessamento linfonodale è invece mediocre con un’accuratezza sovrapponibile a quella della TC e inferiore a quella dell’ecografia endoscopica (Zeilger, 1993).

La citologia con immunoistochimica sul liquido peritoneale prelevato durante l’intervento ha valore prognostico, poiché la sopravvivenza a cinque anni è quasi nulla, se sono riscontrate cellule neoplastiche. I risultati dello studio citologico sono affidabili, se è utilizzata l’immunoistochimica, mentre la citologia convenzionale consente di rilevare solo 1/4 dei casi con citologia positiva dimostrati con l’immunoistochimica (Sendler, 1995).

Una TAC del torace completa la stadiazione preoperatoria. E’ preferibile all’RX torace per la maggiore sensibilità.

La ricerca di cellule metastatiche positive per la citocheratina con anticorpi monoclonali su aspirati di midollo osseo consente di ricercare micrometastasi, che peggiorano significativamente la prognosi. Tale procedura non ha usuale impiego clinico.

marcatori tumorali (CEA, CA19.9 e CA 72.4) non sono di utilità, in quanto aspecifici e non dosabili in più del 60% dei casi. E’ stata riscontrata una correlazione tra elevati livelli di βHCG o di CA125 e un’elevata aggressività e/o un cospicuo volume del tumore.

In conclusione, un’essenziale stadiazione patologica pre-operatoria dovrebbe comprendere EGDS con biopsie e TAC toraco-addominale. La laparoscopia è un’ulteriore interessante risorsa.

 

Classificazioni

Riportiamo le più note classificazioni finalizzate a definire gruppi di pazienti con prognosi diversa dopo il trattamento chirurgico più adeguato.

La classificazione di Lauren (1965) distingue l’adenocarcinoma in intestinale e diffuso, il primo con migliore prognosi. L’adenocarcinoma intestinale è preceduto da metaplasia intestinale, è ben differenziato, polipoide, a crescita espansiva, con mucina intracellulare e sopravvivenza a cinque anni del 20%; comprende il 55% dei casi. L’adenocarcinoma diffuso presenta minore infiltrato infiammatorio, è ulcerato, meno delimitato, con crescita infiltrativa e sopravvivenza a cinque anni inferiore al 10%; comprende il 35% dei casi ed è più frequente nei due terzi distali dello stomaco che nel terzo prossimale. Circa il 10% degli adenocarcinomi è di tipo misto, intestinale e diffuso. Un adenocarcinoma è di tipo misto anche se una delle due componenti, intestinale o diffusa, è prevalentemente rappresentata.

La classificazione di Ming (1977) distingue il tipo espansivo, analogo a quello intestinale di Lauren, e quello infiltrativo, analogo a quello diffuso di Lauren. Non è contemplato il tipo misto di Lauren, il cui corrispettivo è definito di tipo espansivo.

La classificazione di Borrmann (1926) (fig. 2.1.4) distingue il tipo I, polipoide (10% dei casi), il tipo II ulcerato (30% dei casi), il tipo III ulcerato e infiltrante (45% dei casi) e il tipo IV o “linite plastica” (15% dei casi): diffuso con infiltrazione linfatica estesa a parte o a tutto il viscere e spesso microscopicamente anche a parte dell’esofago e del duodeno. Nel tipo IV la citologia peritoneale è frequentemente positiva e in questo caso la sopravvivenza a cinque anni è quasi nulla.

La classificazione di Borrmann è stata inserita nella classificazione giapponese JGCA, dove figura anche il tipo 0, corrispondente all’early gastric cancer e il tipo 5, che comprende i tumori non classificabili negli altri cinque tipi.

 

2.1.4

Fig. 2.1.4   Classificazione di Borrmann: dall’alto in basso il tipo I, II, III, IV

La classificazione di Broders attribuisce ad una neoplasia il grado G1, G2, G3, G4 in rapporto alla componente indifferenziata: rispettivamente del 25%, 50%, 75% e 100%. Più dell’80% degli adenocarcinomi gastrici sono G2 o G3 senza differenze tra le diverse sedi dello stomaco, mentre i tumori G4 sono infrequenti (circa il 5% dei casi).

Le classificazioni molecolari sono una nuova frontiera della ricerca. Attualmente uno dei più approfonditi studi finalizzati a una classificazione molecolare è quello pubblicato nel 2014 dai ricercatori del Cancer Genome Atlas (Bass, 2014). Sono stati individuati quattro tipi di tumore gastrico: (Tirino, 2018):

– tumori EBV correlati.

Rappresentano il 9% dei casi, sono localizzati principalmente nel corpo e nel fondo gastrico; nel genoma delle cellule sono dimostrabili sequenze del virus Epstein Barr.

– tumori MSI-H (tumori con elevata instabilità dei microsatelliti).

Rappresentano il 22% dei casi; presentano un’elevata instabilità dei microsatelliti per un danno a carico del DNA mismatch repair.

– tumori GS (tumori genomicamente stabili).

Rappresentano il 20% dei casi. Istologicamente si presentano frequentemente nella forma del tipo diffuso di Lauren. Alla scarsa adesività delle cellule corrispondono ben precise mutazioni genetiche e traslocazioni cromosomiali.

– tumori CIN (tumori con instabilità cromosomiale).

Presentano instabilità cromosomiali e amplificazioni dei geni.

Ogni tipo di tumore ha caratteristiche combinazioni di mutazioni  genetiche.

Sulla scorta di questa classificazione è stato sviluppato un modello prognostico, nel quale il tumore EBV correlato ha la migliore prognosi, mentre il tumore GS presenta la prognosi peggiore (Sohn, 2017).

Sono prevedibili ulteriori complessi sviluppi nell’ambito delle classificazioni molecolari di pari passo con l’avanzare delle conoscenze relative alle mutazioni genetiche delle cellule neoplastiche e al loro significato funzionale.

Attualmente per definire la prognosi dell’adenocarcinoma gastrico si utilizza preferenzialmente la classificazione TNM dell’UICC (Union for International Cancer Control). Come si legge nel sito UICC, l’UICC è un’associazione che riunisce 1100 organizzazioni in oltre 170 paesi e rappresenta le principali Società scientifiche mondiali nel settore oncologico, Ministeri della Salute e Associazioni di pazienti. Vi prestano opera responsabili politici, ricercatori ed esperti nella prevenzione e nel controllo del cancro.

                   

                  Classificazione e stadiazione TNM/UICC

Questa classificazione è la più utilizzata in Occidente. Essa ha lo scopo di fornire dati prognostici, definendo con determinati parametri, organizzati in livelli, l’estensione anatomica del tumore e la sopravvivenza associatavi secondo determinate combinazioni standard dei suddetti parametri, che sono:

– l’infiltrazione neoplastica dello stomaco (parametro T),
– l’interessamento metastatico dei linfonodi regionali (parametro N),
– le metastasi a distanza (parametro M).

Si presentano nel seguito dapprima la VI e la VII edizione, risalenti rispettivamente al 2002 e al 2009/10, e successivamente l’edizione attualmente valida, risalente al 2017/2018. Le edizioni 2002 e 2009 rimangono valide per l’esame di dati derivanti da studi che vi facevano riferimento.

 

TNM/UICC 2002, VI edizione

Infiltrazione parietale (T)  (fig. 2.1.5):

T0: tumore primitivo non evidenziabile;
Tis: carcinoma in situ; non oltrepassa la membrana basale;
T1: infiltrazione della mucosa o della sottomucosa;
T2a: infiltrazione della tonaca muscolare;
T2b: infiltrazione della sottosierosa;
T3: infiltrazione del peritoneo viscerale;
T4: infiltrazione delle strutture adiacenti.

Un tumore che invade lo spazio tra due foglietti sierosi (piccolo o grande omento) senza infiltrarli è classificato T2.

2.1.5

Fig. 2.1.5

Livelli d’infiltrazione parietale secondo la classificazione TNM 2002

Interessamento linfonodale (N):

Nx: linfonodi regionali non valutati;
N0: linfonodi privi di depositi metastatici;
N1: 1-6 linfonodi regionali con depositi metastatici;
N2: 7 – 15 linfonodi regionali con depositi metastatici;
N3: più di 15 linfonodi regionali con depositi metastatici.

Sono considerati “regionali” i linfonodi della piccola e grande curva, del legamento epato-duodenale, delle arterie gastrica sinistra, epatica comune, gastro-duodenale, splenica e celiaca. L’interessamento di altre stazioni linfonodali è considerato “metastasi”.

Metastasi (M):

Mx: metastasi a distanza non accertate;
M0: metastasi assenti;
M1: metastasi presenti.

Il tumore residuo dopo resezione gastrica è indicato come segue:

R0 assenza di tumore residuo;
R1 residui microscopici;
R2 residui macroscopici.

Le diverse combinazioni dei parametri T, N e M sono raggruppabili in quattro stadi secondo la relazione con la sopravvivenza a cinque anni:

000

Nel 2010 la classificazione è stata riveduta (VII edizione AJCC/UICC). In questa edizione rientra nella categoria M1 anche una positività citologica nel liquido peritoneale. Inoltre, è eliminato il parametro Mx. Se il tumore infiltra il duodeno o l’esofago, il grado di maggior infiltrazione tra gli organi coinvolti è espresso nel grado di infiltrazione parietale T della classificazione TNM per lo stomaco.

00

Stadiazione

Stadio 0: TisN0M0

Stadio IA: T1N0M0

Stadio IB: T2N0M0; T1N1M0

Stadio IIA: T3N0M0; T2N1M0; T1N2M0

Stadio IIB: T4aN0M0; T3N1M0; T2N2M0; T1N3M0

Stadio IIIA: T4aN1M0; T3N2M0; T2N3M0

Stadio IIIB: T4bN0M0; T4bN1M0; T4aN2M0; T3N3M0

Stadio IIIC: T4aN3M0; T4bN2M0; T4bN3M0

Stadio IV: ogni T, ogni N  M0

Lo stadio pre-trattamento è preceduto dal prefisso “c”: cTNM.

Lo stadio definito dopo intervento chirurgico ed esame istologico è preceduto dal prefisso “p”: pTNM.

Lo stadio definito dopo chemioterapia e/o radioterapia è preceduto dal prefisso “g”: gTNM.

Lo stadio definito dopo autopsia è preceduto dal prefisso “a”: aTNM.

Il suffisso “(m)” indica la presenza di tumori multipli in un singolo sito: T(m)NM.

Possono esservi prefissi associati, per es gcTNM, gpTNM.

La sopravvivenza a 5 anni in stadio 0, IA, IB, IIA, IIB, IIIA, IIIB, IIIC, IV è rispettivamente 100%, 90%, 78%, 74%, 60%,47%, 37%, 25%, 0% (Samm, 2020).

 

Nell’anno 2017-2018 è apparsa l’VIII edizione della classificazione TNM. Rispetto alla VII edizione si notano la suddivisione di pN3 in N3a e N3b e alcune ridistribuzioni di livelli TNM tra stadio II e stadio III. Inoltre, i tumori della giunzione gastro-esofagea del tipo Siewert II e Siewert III sono stati inclusi nel sistema di stadiazione del cancro gastrico.

Il valore predittivo di questa più recente versione è risultato analogo a quello della VII edizione (Samm, 2020).

________________________________________________________________

Stadiazione TNM del carcinoma gastrico, VIII edizione AJCC (gennaio 2018)

________________________________________________________________

Tumore primitivo (pT)

TX: tumore primitivo non valutabile

T0: tumore primitivo assente

Tis: Carcinoma in situ: tumore intra-mucoso senza invasione della tonaca propria displasia di alto grado

T1: tumore che infiltra la tonaca propria, la muscularis mucosae or la sottomucosa

T1a: Tumore che infiltra the tonaca propria o la muscularis mucosae

T1b: Tumore che infiltra la sottomucosa

T2: Tumore che infiltra la tonaca musculare (muscolaris propria)

T3: Tumore che penetra nel tessuto connettivo sottostante il peritoneo viscerale senza invasione del peritoneo viscerale o delle strutture adiacenti

T4: Tumore che infiltra il peritoneo viscerale o le strutture adiacenti

T4a: Tumore che infiltra il peritoneo viscerale

T4b: Tumore che infiltra le strutture adiacenti

Linfonodi regionali (pN)

NX: linfonodi regionali non valutabili

N0: metastasi assenti nei linfonodi regionali

N1: Metastasi in uno o due linfonodi regionali

N2: Metastasi in tre-sei linfonodi regionali

N3: Metastasi in sette o più linfonodi regionali

N3a: Metastasi in 7-15 linfonodi regionali

N3b: Metastasi in 16 o più linfonodi regionali

Note:

I linfonodi regionali includono le arcate della grande e della piccola curva, il grande e il piccolo omento,  le catene paracardiali destra e sinistra, sovrapilorica, sottopilorica, gastro-duodenale, gastro-epiploica, dell’arteria gastrica sinistra, del tronco celiaco, dell’arteria epatica comune, della vena porta, del legamento epato-duodenale, dell’arteria splenica e dell’ilo splenico.

Metastasi distanti (pM)

M0: metastasi distanti assenti

M1: presenza di metastasi distanti

Prefissi

y: dopo radioterapia o chemioterapia preoperatoria

 

Stadi di malattia:

– Stadiazione clinica

Stadio 0: Tis N0 M0

Stadio I: T1/2 N0 M0

Stadio IIA: T1/2 N1-3 M0

Stadio IIB: T3/4a N0 M0

Stadio III: T3/4a N1/3 M0

Stadio IVA: T4b N1/3 M0

Stadio IVB: ogni T ogni N M1

 

– Stadiazione patologica

Stadio 0:

– Tis N0 M0

Stadio IA:

– T1 N0 M0

Stadio IB:T1 N1 M0; T2 N0 M0

Stadio IIA: T1 N2 M0; T2 N1 M0; T3 N0 M0

Stadio IIB: T1 N3a M0; T2 N2 M0; T3 N1 M0; T4a N0 M0

Stadio IIIA: T2 N3a M0; T3 N2 M0; T4a N1/2 M0; T4b N0 M0

Stadio IIIB: T1/2 N3b M0; T3/4a N3a M0; T4b N1-2 M0

Stadio IIIC: T3/4a N3b M0; T4b N3a/3b M0

Stadio IV: ogni T ogni N M1

 

Stadiazione patologica dopo terapia neoadiuvante

Stadio I: T1/2 N0 M0; T1 N1 M0

Stadio II: T3/4a N0 M0; T2/3 N1 M0; T1/2 N2 M0; T1 N3 M0

Stadio III: T4b N0 M0; T4a/4b N1 M0; T3, 4a, 4b N2 M0; T2/3/4a/4b N3 M0

Stadio IV: ogni T ogni N M1

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Classificazione giapponese: confronto tra XIII edizione (1998) e III edizione inglese (2011)

La classificazione dell’Associazione giapponese sul cancro gastrico (JGCA) deriva dall’ampia esperienza maturata dai chirurghi giapponesi nel trattamento dell’adenocarcinoma gastrico. I parametri considerati per la stadiazione sono l’infiltrazione parietale del tumore (T), la citologia peritoneale (CY) e l’interessamento metastatico dei linfonodi (N), del peritoneo (P) , del fegato (H) e di organi diversi dal fegato (M).

Si riporta integralmente la classificazione del 1998, per quanto datata, essendo utile per la comprensione dei dati contenuti in articoli storici di autori giapponesi che vi hanno fatto riferimento. La III edizione inglese, risalente al 2011, è messa a confronto.

Nella classificazione del 1998 l’infiltrazione parietale (T) è graduata nel seguente modo:

Infiltrazione parietale (T):
– T1: infiltrazione della mucosa o della sottomucosa;
– T2: infiltrazione della muscolare propria o della sottosierosa;
– T3: infiltrazione del peritoneo viscerale;
– T4: infiltrazione delle strutture adiacenti (eccetto esofago e duodeno);
– TX: infiltrazione parietale non determinata.

Un tumore che invade lo spazio tra due foglietti sierosi (piccolo o grande omento) senza infiltrarli è classificato T2.

Nella terza edizione inglese (2011) la classificazione si accorda a quella TNM della VII edizione (2010). Quindi l’infiltrazione della mucosa (T1a) è distinta dall’infiltrazione della sottomucosa (T1b). Inoltre:
T2: infiltrazione della tonaca muscolare;
T3: infiltrazione della sottosierosa o tumore esteso tra i foglietti peritoneali del grande e/o piccolo omento senza loro perforazione;
T4a: infiltrazione o perforazione della sierosa;
T4b: infiltrazione di strutture adiacenti.

Interessamento linfonodale (N)

Le stazioni linfonodali coinvolte secondo la classificazione giapponese sono indicate numericamente come segue (fig. 2.1.6):

 2.1.6

Fig. 2.1.6

Classificazione giapponese dei linfonodi gastrici

N° Linfonodi

1 paracardiali di destra (inclusi quelli attorno al ramo esofageo dell’arteria gastrica sinistra davanti al pilastro diaframmatico destro)

2 paracardiali di sinistra (inclusi quelli il ramo esofageo dell’arteria subfrenica sinistra)

3 della piccola curva

3a della piccola curva lungo l’arco arterioso della piccola curva tra i foglietti del piccolo omento

3b della piccola curva lungo la parte distale dell’arteria gastrica destra e del suo secondo ramo

4 della grande curva

4sa della grande curva lungo le arterie gastriche brevi (area perigastrica)

4sb della grande curva lungo l’arteria gastro-epiploica sinistra (area perigastrica)

4d della grande curva (II ramo e porzione distale dell’arteria gastro- epiploica destra)

5 sovrapilorici (attorno all’arteria gastrica destra e al suo primo ramo nel legamento epatoduodenale)

6 sottopilorici (davanti alla testa pancreatica attorno all’origine e al tratto prossimale dell’arteria gastro-epiploica destra e in prossimità del tronco di Henle)

7 dell’arteria gastrica sinistra (attorno al tratto dell’arteria compreso tra la sua origine dal tronco celiaco e l’origine del suo ramo ascendente, ovvero il suo ingresso nel piccolo omento dove prende rapporto con la piccola curva gastrica)

8a dell’arteria epatica comune, gruppo antero-superiore

8b dell’arteria epatica comune, gruppo posteriore

9 del tronco celiaco

10 dell’ilo splenico: linfonodi associati all’arteria splenica tra ilo dello milza e coda pancreatica, linfonodi alla radice delle arterie gastriche brevi e linfonodi lungo l’arteria gastro-epiploica sinistra prossimalmente al suo primo ramo gastrico

11p dell’arteria splenica, prossimali (dalla sua origine a metà della sua lunghezza tra la sua origine e l’estremità della coda pancreatica)

11d dell’arteria splenica, distali (dalla metà della sua lunghezza tra la sua origine e l’estremità della coda pancreatica fino alla coda pancreatica)

12a del legamento epato-duodenale, lungo l’arteria epatica propria nella metà caudale tra la confluenza dei dotti epatici e il bordo superiore del pancreas

12b del legamento epato-duodenale, lungo la via biliare nella metà caudale tra la confluenza dei dotti epatici e il bordo superiore del pancreas

12p del legamento epato-duodenale, nella metà caudale della vena porta tra la confluenza dei dotti epatici e il bordo superiore del pancreas

13 retropancreatici (in rapporto con l’arco arterioso pancreatico-duodenale posteriore e cranialmente alla papilla duodenale)

14v della vena mesenterica superiore

14a della radice dell’arteria mesenterica superiore (tra l’origine dell’arteria mesenterica superiore, il tronco di Henle a destra e i vasi digiunali caudalmente)

15 dei vasi colici medi

16a1 dello iato aortico

16 a2 paraortici dal margine superiore dell’origine del tronco celiaco al margine inferiore della vena renale sinistra

16 b1 paraortici dal margine inferiore della vena renale sinistra al margine superiore dell’arteria mesenterica inferiore

16 b2 paraortici dal margine superiore dell’origine dell’arteria mesenterica inferiore alla biforcazione aortica

17 sulla superficie anteriore della testa pancreatica

18 lungo il margine inferiore del corpo pancreatico

19 sottodiaframmatici, principalmente lungo l’arteria subfrenica

20 para-esogagei, nello iato esofageo del diaframma

110 paraesofagei (mediastino inferiore)

111 sovradiaframmatici (distinti dai linfonodi peri-esofagei)

112 mediastinici posteriori (distinti dai linfonodi peri-esofagei)

 

Nella XII edizione della classificazione l’interessamento linfonodale (N) era indicato nel seguente modo:

– N1: linfonodi perigastrici;

– N2: linfonodi del tronco celiaco e dei suoi rami (arteria gastrica sinistra, splenica ed epatica comune);

– N3: linfonodi dell’arteria epatica propria, mesenterica superiore, retropancreatici;

– N4: linfonodi paraortici e dell’arteria colica media

 

Nella XIII edizione (1998) il raggruppamento dei linfonodi era stabilito non solo in base alle stazioni linfonodali con metastasi, ma anche in base alla sede del tumore:

– N0: metastasi linfonodali assenti;

– N1: metastasi nei linfonodi del gruppo 1

– N2: metastasi nei linfonodi del gruppo 2

– N3: metastasi nei linfonodi del gruppo 3

– NX: metastasi linfonodali non accertate

 

Una stazione linfonodale interessata da metastasi appartiene ad uno dei tre gruppi secondo la sede gastrica del tumore:

4

5

Se è interessata dal tumore più di una sede dello stomaco, le sedi sono indicate secondo l’ordine di maggior interessamento.

Nella III edizione inglese (2011) il raggruppamento dei linfonodi è uniformato a quello della classificazione TNM, VII edizione (2010):

– N0: metastasi linfonodali assenti;

– N1: metastasi in 1-2 linfonodi regionali

– N2: metastasi in 3-6 linfonodi regionali

– N3a: metastasi in 7-15 linfonodi regionali

– N3b: metastasi in 16 o più linfonodi regionali

– NX: metastasi nei linfonodi regionali non accertate

 

Nella XIII edizione (1998)  l’estensione metastatica (M) è differenziata come segue.

Metastasi epatiche (H)

– H0: metastasi epatiche assenti;

– H1: metastasi epatiche;

– HX: metastasi epatiche non valutate.

Metastasi peritoneali (P)

– P0: metastasi peritoneali assenti;

– P1: metastasi peritoneali;

– PX: metastasi epatiche non valutate.

Citologia peritoneale (CY)

– CYO: cellule tumorali assenti o sospette;

– CY1: cellule tumorali presenti;

– CYX: citologia peritoneale non eseguita.

 

Nella III edizione inglese (2011) l’unica modifica relativa a queste graduazioni riguarda CY:

– CYO: cellule tumorali assenti

 

Nella XIII edizione (1998)  il parametro M è graduato come segue.

Altre metastasi distanti (M)

M0: assenti metastasi diverse da quelle epatiche, peritoneali o citologiche;

M1: presenti metastasi diverse da quelle epatiche, peritoneali o citologiche;

MX: M non determinato.

 

Segue l’indicazione della sede delle metastasi:

LYM linfonodi

PUL polmoni

PLE pleura

MAR midollo osseo

OSS ossa

BRA cervello

MEN meningi

SKI pelle

 

Nella III edizione inglese (2011) si osserva un’importante differenza: M non esclude le metastasi epatiche e peritoneali.

M0: metastasi assenti;

M1: metastasi presenti;

MX: metastasi non determinate.

Combinando i parametri T, N, H, P, CY e M nella classificazione JGCA del 1998 si ottiene la seguente stadiazione:

7

Nella III edizione inglese (2011) la stadiazione è modificata come segue:

8

9

Nella XIII edizione della classificazione giapponese il tipo di linfoadenectomia associabile alla resezione gastrica è indicato come segue:

– D0: asportazione parziale di N1;

– D1: asportazione di N1;

– D2: asportazione di N1 e N2;

– D3: asportazione di N1, N2 e N3.

Per evitare di confondere la sigla R=resezione con quella R=residuo della classificazione TNM si è preferito indicare il tipo di linfoadenectomia con la sigla D=dissezione.

Nella più recente versione delle linee guida JGCA (2011), riferendosi al tipo di linfoadenectomia, i termini N1, N2 e N3 sono stati sostituiti con l’indicazione esplicita delle stazioni linfonodali regionali. La linfoadenectomia è graduata in quattro livelli: D0, D1, D1+, D2. Ciascun livello comprende gruppi di stazioni linfonodali regionali specifici per la sede del tumore.

 

10

Nella XIII edizione (1998) della classificazione giapponese il residuo tumorale è indicato come segue:

R A: residuo assente con alta probalità di cura, cioé quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: T1 o T2; N0 trattato con dissezione D1, D2 o D3; N1 trattato con dissezione D2 o D3; M0, P0, H0, CY0 con margine prossimale e distale distante più di 10 mm dal tumore.

R B: residuo assente, ma non è possibile affermare che vi sia un’alta probabilità di cura.

R C: residuo presente.

 

Nella III edizione inglese (2011) la classificazione del fattore R è modificata come segue:

– RX residuo tumorabile non valutabile

– R0 assenza di residuo tumorale

– R1 residuo tumorale microscopico (su margine di resezione o citologia peritoneale positiva

– R2 residuo tumorale macroscopico

 

Analogamente alla classificazione TNM la fase della stadiazione è precisata con i seguenti suffissi.

Lo stadio pre-trattamento è preceduto dal prefisso “c”: cTNM.

Lo stadio definito dopo intervento chirurgico ed esame istologico è preceduto dal prefisso “p”: pTNM.

Lo stadio definito dopo chemioterapia e/o radioterapia è preceduto dal prefisso “g”: gTNM.

Lo stadio definito dopo autopsia è preceduto dal prefisso “a”: aTNM.

Il suffisso “(m)” indica la presenza di tumori multipli in un singolo sito: T(m)NM.

Possono esservi prefissi associati, per es gcTNM, gpTNM.

 

Fattori prognostici

– Aspetto macroscopico: esso è distinto secondo la classificazione di Borrmann  in polipoide, ulcerato, ulcerato/infiltrante e diffuso (Borchard, 1990).

_______________________________________________________________

Borrmann I

Crescita prevalentemente esogena, di solito carcinomi polipoidi a base larga. 

Borrmann II

Ulcera centrale a forma di scodella al centro e margini rilevati, con un confine relativamente definito tra il tumore e il tessuto sano.

Borrmann III

Carcinoma centralmente ulcerato, margini elevati e non definiti rispetto al tessuto sano.

Borrmann IV

Infiltrazione tumorale diffusa della parete gastrica.

_______________________________________________________________

La sopravvivenza a cinque anni è risultata storicamente 45-50% nel tipo polipoide ed ulcerato, circa il 40% nel tipo ulcerato ed infiltrante, 10-15% nel tipo diffuso.

In più recenti valutazioni è stato riscontrato che il tipo I è un fattore di rischio indipendente per recidiva nei tumori localmente avanzati. Tuttavia, la sopravvivenza a 5 anni non differiva significativamente tra i tipi I, II e III. Il tipo I ha presentato una prognosi peggiore rispetto ai tipi II e III, quando localizzato nel terzo superiore dello stomaco (Kim, 2018). Il tipo IV è un importante fattore prognostico indipendente negli stadi di malattia da Ib a IV: complessivamente la sopravvivenza a 5 anni è risultata del 27,6% nel tipo IV versus 61,2% nel gruppo di pazienti con gli altri tipi di tumore (An, 2008). In pazienti sottoposti a resezione gastrica radicale per tumore localmente avanzato la prognosi di un tumore tipo IV è analoga a quella di un tumore pT4b (Huang, 2016).

– Istotipo: l’adenocarcinoma gastrico di tipo intestinale ha una maggiore incidenza di metastasi epatiche; il tipo diffuso una maggiore incidenza di disseminazione peritoneale (Lauren, 1965; Junli, 2016). Valutando la sopravvivenza a 5 anni nei diversi stadi di malattia dopo trattamento chirurgico è risultato che il tipo diffuso è un fattore prognostico negativo indipendente solo in stadio III (Li, 2019).

Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso la sopravvivenza a cinque anni in rapporto al tipo istologico è risultata la seguente negli USA (Wanebo, 1993):

– adenoca. intestinale 23%

– adenoca. misto 18%

– adenoca. diffuso 10%

Invece tra carcinoma tubulare, papillare e ad anello con castone non sono evidenti significative differenze di sopravvivenza (JRSG, 1995).

 

– grading: la severità della prognosi aumenta dai tumori G1 ai G3. Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso la sopravvivenza a cinque anni in rapporto al grading è risultata la seguente negli USA (Wanebo, 1993):

– G1 22%

– G2 17%

– G3 10%

– Sede: la prognosi è peggiore nelle localizzazioni del fondo, sia perché più tardivamente sintomatiche e dunque più tardivamente operate, sia per il più esteso drenaggio linfatico, che conduce precocemente le cellule neoplastiche ai linfonodi dell’ilo splenico, a quelli mediastinici e direttamente alla stazione parailare del rene sinistro. Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso la sopravvivenza a cinque anni in rapporto alla sede della neoplasia è risultata la seguente negli USA (Wanebo, 1993):

– 1/3 medio o inferiore 20%

– 1/3 superiore 10%

– l’intero stomaco 4%

– Citologia peritoneale: la presenza di cellule neoplastiche nel liquido peritoneale si osserva di regola nei casi con tumore T4 (Hayes, 1999). In oltre il 40% dei casi coesistono metastasi peritoneali (Lee, 2012). Una citologia positiva peggiora significativamente la prognosi, togliendo il carattere di radicalità a qualsiasi intervento resettivo. La sopravvivenza mediana è 20 mesi se non sono presenti metastasi peritoneali; 10 mesi se il peritoneo è macroscopicamente coinvolto (Lee, 2012).

– Profondità di infiltrazione parietale (“T” nella classificazione TNM/UICC): un elevato T aumenta il rischio di metastasi linfonodali, di metastasi ematogene e di recidiva peritoneale.

– Estensione delle metastasi linfonodali (N). Questo parametro è associato al parametro T e al parametro “metastasi” (M) nella classificazione TNM/UICC per fornire importanti informazioni prognostiche. Per una corretta stadiazione devono essere asportati non meno di sedici linfonodi, al fine di definire il parametro N3b.

Un altro importante fattore prognostico dopo resezione gastrica e linfoadenectomia è il rapporto tra numero di linfonodi metastatici e numero di linfonodi asportati/esaminati (Bando, 2002; Liu, 2013).

– Infiltrazione duodenale: è un importante fattore prognostico. La presenza di cellule neoplastiche migrate da tumori iuxtapilorici nella parete duodenale si evidenzia nel 20% dei casi ed è più frequente se la neoplasia è del tipo III o IV di Borrmann (Kakeji, 1991).

– Metastasi: i pazienti con metastasi macroscopiche o microscopiche non sopravvivono cinque anni dopo la diagnosi.

– Ploidia: la correlazione tra ploidia e prognosi è controversa: non tutti gli studi evidenziano una prognosi peggiore per i tumori aneuploidi. Componendo i risultati di 25 studi includenti 3449 pazienti è emerso che complessivamente i tumori aneuploidi sono associati a una minore differenziazione cellulare e a una minore sopravvivenza (Xu, 2019). La ploidia non ha chiara rilevanza prognostica nel caso di tumori intramucosi (Korenaga, 1985).

– positività dell’HER2: HER2 è il recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano. Nel 1986 fu riscontrata un’iperespressione di HER2 in alcuni tumori gastrici (Akiyama, 1986). Il recettore consente di attivare un percorso biochimico, che favorisce l’invasività e l’angiogenesi del tumore. Nella maggior parte degli studi non più del 20% dei tumori è HER2+ (Dai, 2019) con valori estremi che oscillano tra 8% e 53% ((Abrahão-Machado, 2013); inoltre, nell’ambito di ciascun tumore HER2+ vi è eterogeneità delle cellule nell’espressione del recettore (Abrahão-Machado, 2013). Il comportamento biologico dei tumori HER2+ è stato associato a una sopravvivenza mediana inferiore negli stadi I e II  (Baykara, 2015), ma non tutti gli studi forniscono dati univoci sulla maggiore aggressività dei tumori gastrici HER2+ (Wang, 2011). Sul piano terapeutico l’iperespressione di HER2 ha un significato prognostico nel caso di tumori metastatici: aggiunto alla chemioterapia (cisplatino e fluoropirimidine), il trastuzumab, anticorpo monoclonale diretto contro HER2, ha consentito di aumentare la sopravvivenza mediana da 11,1 mesi a 13,8 mesi (Bang, 2010).

– instabilità dei microsatelliti: i microsatelliti sono brevi sequenze ripetitive di DNA, nelle quali possono verificarsi erronee trascrizioni (delezioni o inserimento di nucleotidi) in corso di replicazione del DNA, qualora sia alterata la funzione dei geni del mismatch repair. Il fenomeno è noto come “instabilità dei microsatelliti” e si manifesta in una piccola percentuale dei tumori gastro-intestinali. L’instabilità dei microsatelliti si riscontra in circa un terzo dei carcinomi gastrici (Dos Santos, 1996) e in circa il 10% è di grado elevato (Miceli, 2019); si associa a età avanzata, genere femminile, localizzazione antrale e a bassa incidenza di metastasi linfonodali (Polom, 2018). La prognosi è risultata migliore nei casi in cui l’errore di replicazione è riscontrabile in più di due loci (dos Santos, 1996), ovvero se vi è un’elevata instabilità. L’effetto “benefico” dell’instabilità dei microsatelliti potrebbe risiedere in un nesso causale con la reazione linfocitaria peritumorale riscontrata in questi tumori (Ratti, 2018). La migliore sopravvivenza dopo il trattamento chirurgico nel gruppo con instabilità dei microsatelliti è stata sottolineata nello studio MAGIC, mentre pare che la chemioterapia fornisca peggiori risultati nei casi con elevata instabilità rispetto ai casi con bassa instabilità (Smyth, 2017). Il motivo non è al momento noto. Infine, è emerso (trial KEYNOTE-012) che vi è parziale risposta al pembrolizumab in casi di tumore gastrico avanzato PD-L1 negativi, che presentano elevata instabilità dei microsatelliti, benchè l’espressione della proteina PD-L1 rappresenti un fattore importante per l’effetto terapeutico dell’anticorpo monoclonale. Inoltre, le risposte obbiettive raggiungono il più elevato valore (ORR 57%) nei pazienti con tumori gastrici metastatici pre-trattati, che esprimono la proteina PD-L1 e che presentano elevata instabilità dei microsatelliti (Muro, 2016; Ratti, 2018).

 

Recidive

Nei tumori T2, T3 e T4 complessivamente considerati le recidive compaiono entro due anni dopo l’intervento nella metà dei casi. Le recidive più precoci sono intraddominali e nel 50% dei casi peritoneali (Yoo, 2000); sono particolarmente frequenti in caso di infiltrazione sierosa del tumore. In assenza di infiltrazione sierosa compaiono comunque più tardivamente metastasi al fegato e ai polmoni nella maggior parte dei pazienti. L’80% delle metastasi epatiche compare entro due anni dopo l’intervento. Le metastasi a polmoni e ossa sono più tardive e il maggior numero di questi casi (65%) si osserva più di due anni dopo l’intervento (Koga, 1987). I tumori di tipo espansivo metastatizzano infrequentemente al peritoneo e frequentemente al fegato, mentre i tumori infiltrativi mostrano un comportamento opposto. Non vi sono invece differenze nella modalità e frequenza di metastatizzazione linfonodale tra i vari istotipi (Esaki, 1990). Anche esofago e duodeno non sono esenti da localizzazioni secondarie, in quanto possono essere raggiunti da cellule tumorali migrate dal tumore primitivo rispettivamente lungo i linfatici sottomucosi e sottosierosi. Il trattamento chirurgico delle recidive è raramente utile; può essere di beneficio per risolvere un’occlusione causata da un singolo pacchetto linfonodale.

Per ridurre il rischio di recidiva gastrica o esofagea è raccomandabile che la sezione disti 5 cm dai poli del tumore in caso di tumore di tipo intestinale e 6-7 cm in caso di tumore infiltrante. Le recidive dopo intervento sono più frequenti in Europa e negli USA che in Giappone. Questo dato riflette la più precoce diagnosi effettuata in Giappone, dove il 50% dei tumori asportati è un early cancer mentre nei Paesi occidentali in più del 90% dei casi il tumore è avanzato (Maruyama, 1998). Infatti, mentre l’incidenza di recidiva dopo asportazione di tumori T1m e T1sm è rispettivamente del 1% e del 4%, l’incidenza aumenta al 70%, come riportato dalle casistiche europee, in caso di tumori T2, T3 e T4.

 

Trattamento  chirurgico nell’adenocarcinoma T1 M0:  indicazioni alla gastectomia

La trattazione di questo aspetto è svolta nel capitolo 2.2.

 

Trattamento  chirurgico nell’adenocarcinoma T2/3/4a M0:  gastrectomia  o  gastroresezione?

Nel caso di tumori dell’antro la gastrectomia non consente di ottenere una maggiore sopravvivenza rispetto alla gastroresezione. Dopo gastroresezione solo i linfonodi dell’ilo splenico e paracardiali sinistri non sono asportabili e questi linfonodi non sono interessati nei tumori dell’antro contenuti entro lo spessore della parete gastrica.

Se è vero che le qualità di vita dopo gastrectomia e dopo gastroresezione non differiscono, la mortalità postoperatoria e la gravità delle complicanze postoperatorie è maggiore dopo gastrectomia, sicché essa non è giustificata laddove una gastroresezione sia adeguata oncologicamente.

La gastrectomia è indicata in caso di localizzazione fundica in particolare se il tumore si trova ad una distanza dal cardias inferiore a sei centimetri. E’ inoltre consigliabile in caso di linite plastica, per l’ampia estensione della neoplasia. E’ infine proponibile con resezione esofagea transiatale in caso di adenocarcinoma cardiale di tipo II-III (vedi capitolo 2.3).

In caso di tumore del fondo gastrico, del cardias e di linite plastica la gastrectomia è comunque un intervento che frequentemente non guarisce il paziente e la sopravvivenza a cinque anni è assai modesta, non superando il 10%. La sopravvivenza dopo gastroresezione per adenocarcinoma in sede antrale raggiunge invece il 25%. Questo differenza si spiega con il fatto che:

– i tumori localizzati nel fondo gastrico raggiungono notevoli dimensioni prima di diventare sintomatici;

– l’estensione extragastrica dei tumori del fondo gastrico è facilitata dall’assenza di sierosa sul versante posteriore del fondo gastrico;

– i tumori del fondo gastrico e del cardias si trovano in una zona ricca di linfatici, che conducono le cellule neoplastiche lungo l’esofago e verso i linfonodi paraortici;

– la linite plastica è frequentemente T3 o T4 (85% dei casi) con citologia peritoneale sovente positiva al momento della diagnosi (Kinugasa, 1997).

La gastroresezione prossimale è un’alternativa alla gastrectomia nei tumori del terzo superiore. Essa consente di mantenere un serbatoio gastrico, teoricamente riducendo il disagio da distensione intestinale postprandiale del gastrectomizzato. In realtà, i risultati funzionali sono poco convincenti: la sezione dei vaghi può comportare una sindrome da ritardato svuotamento gastrico e per l’assenza di un meccanismo antireflusso si verifica reflusso gastro-esofageo di secreto bilio-pancreatico.

 

Chemioterapia  e  radioterapia

– Chemioterapia postoperatoria

La monochemioterapia sistemica postoperatoria è stata effettuata in passato con 5-fluorouracile, mitomicina C o cisplatino con risposte obbiettiv del 20%. Schemi di polichemioterapia postoperatoria sono stati:

– 5FU/etoposide/leucovorina,

– 5FU/epirubicina/leucovorina/cisplatino,

– 5FU/doxorubicina/metotrexato,

– 5FU/adriamicina/metotrexato.

Questi schemi di polichemioterapia possono ridurre la sopravvivenza a causa della tossicità farmacologica (Hermans, 1993). Lo schema 5FU/adriamicina/metotrexato postoperatorio potrebbe prolungare la vita in alcuni pazienti come si desume dagli studi di Allum (1989) e Coombes (1990) in cui la sopravvivenza a cinque anni è stata rispettivamente il 27% e 46% versus il 24% e 36% dei controlli. I maggiori benefici sono stati per i casi T3 e T4. Si è successivamente preferita una monoterapia con 5-fluorouracile, in assenza di migliori alternative per la chemioterapia postoperatoria (AIOM, 2014). Il trattamento chemioterapico dovrebbe idealmente iniziare nell’immediato postoperatorio, una fase in cui le cellule neoplastiche sono più vulnerabili (Fischer, 1983). Nella realtà si deve attendere un intervallo di tempo adeguato per il ristabilimento di adeguate condizioni fisiche. In Giappone la chemioterapia postoperatoria è più apprezzata che in Occidente; in particolare è ritenuta interessante l’associazione tra oxaliplatino e S-1 (tegafur, gimeracil, oteracil) (Ilson, 2019).

Varie meta-analisi hanno evidenziato che la chemioterapia postoperatoria determina una riduzione relativa della mortalità a cinque anni del 18% (per es. GASTRIC Group, 2010). Pur essendovi diversità di schemi terapeutici, la maggior parte degli studi considerati nelle meta-analisi si riferiva a una monoterapia con 5-fluorouracile. Alternative interessanti sono apparse lo schema XELOX, costituito da capecitabina e oxaliplatino (Bang, 2012) e uno schema costituito da fluoropirimidine e oxaliplatino (Van den Ende, 2019). In una meta-analisi la chemioterapia postoperatoria è risultata inferiore alla chemioterapia peri-operatoria con taxani (Van den Ende, 2019). Secondo le linee guida AIOM è considerata positiva debole la raccomandazione di preferire la polichemioterapia peri-operatoria con taxani rispetto alla chemioterapia postoperatoria nel trattamento del carcinoma gastrico cT3/N+. Nelle stesse linee guida si evidenzia che non esistono studi randomizzati che confrontano la chemioterapia peri-operatoria con la chemioterapia post-operatoria. Nei pazienti con carcinoma gastrico in stadio II/III operato radicalmente la terapia adiuvante contenente una fluoropirimidina dovrebbe essere di prima scelta (linee guida AIOM 2019).

– Chemioterapia preoperatoria

In passato associazioni di 5FU e metotrexato o di 5FU, adriamicina e metotrexato sono state proposte preoperatoriamente nei casi di tumore dello stomaco infiltrante il pancreas o di tumore del cardias localmente avanzato, per ottenere la resecabilità con scopo palliativo. Peraltro, la chemioterapia preoperatoria non ha migliorato la sopravvivenza in queste situazioni (Fink, 1993) rispetto alla sola chirurgia e tuttora non vi è evidenza di benefici con altri schemi, neppure nel caso in cui sia presente solo una citologia peritoneale positiva ((Lutz, 2012). Nella malattia avanzata non resecabile si utilizzano con qualche beneficio in termini di sopravvivenza associazioni che possono comprendere il 5-fluorouracile, la capecitabina, l’oxaliplatino, i taxani, l’irotecan, l’S-1.

Una chemioterapia con FLOT (5-FU, leucovorin, oxaliplatino e docetaxel) è divenuto il trattamento standard in Occidente (Ilson, 2019). Rispetto allo schema ECF/ECX (epirubicina, cisplatino e 5-fluorouracile o capecitabina) i risultati con FLOT sono migliori in termini di resezioni R0 e di risposta patologica; tuttavia, la tossicità è maggiore, essendo più frequente diarrea, neutropenia e neuropatia periferica rispetto a nausea, vomito e astenia (Graca, 2019). Lo schema FLOT è utilizzabile idealmente pre- e post- intervento (quattro cicli prima e quattro cicli dopo chirurgia), ma la tossicità ne limita significativamente l’uso nel postoperatorio. In una meta-analisi non è stato evidenziato un vantaggio significativo con una chemioterapia neoadiuvante rispetto alla sola chirurgia, mentre la chemioterapia peri-operatoria con taxani è risultata superiore alla chemioterapia neoadiuvante (Van den Ende, 2019). 

– Chemioterapia peri-operatoria

La chemioterapia peri-operatoria (pre – e post – operatoria) è la prima opzione terapeutica nel trattamento del carcinoma gastrico T3/N+ (linee guida AIOM, 2019) e si avvale dello schema FLOT; la tossicità può limitarne l’applicazione nella fase postoperatoria. In una meta-analisi la chemioterapia perioperatoria con taxani è risultata superiore alla sola chirurgia, alla chemioterapia neoadiuvante, alla chemioterapia adiuvante e alla chemioterapia peri-operatoria senza taxani (Van den Ende, 2019).

– Radio-chemio-terapia preoperatoria

In studi di fase II la radio-chemioterapia pre-operatoria non ha aumentato la percentuale di interventi chirurgici radicali rispetto alla chemioterapia pre-operatoria, ma ha ottenuto un tasso di remissioni complete patologiche superiore del 10 – 25 % rispetto all’uso della sola chemioterapia (Ajani, 2004). E’ in corso il trial TOPGEAR che confronta la chemioterapia peri-operatoria con uno schema composto da iniziale chemioterapia pre-operatoria, seguita da radiochemioterapia pre-operatoria, seguita da chemioterapia postoperatoria (linee guida AIOM 2019).

– Radioterapia

Vi è stata qualche evidenza che la radioterapia postoperatoria con applicazione di 45 Gy riduca le recidive locali, ma non si è osservato un aumento della sopravvivenza a cinque anni (Allum, 1989, Halissey, 1994). Due meta-analisi su studi randomizzati hanno evidenziato un effetto positivo sulla sopravvivenza con l’utilizzo della radioterapia pre- o post-operatoria (Ohri, 2013; Valentini, 2009). Uno studio ha evidenziato un beneficio sulla sopravvivenza con radioterapia postoperatoria solo in caso di positività linfonodale (Shridhar, 2011). In una recente meta-analisi l’aggiunta della radioterapia postoperatoria non ha migliorato le prestazioni della chemioterapia peri-operatoria con taxani (Van den Ende, 2019). Altre meta-analisi hanno considerato il ruolo della radioterapia pre-operatoria e della radio-terapia postoperatoria rispetto alla sola chirurgia, ma, come è fatto notare nelle linee guida AIOM 2019, i risultati sono inficiati dalla bassa qualità di tutti gli studi. Complessivamente emerge l’orientamente a considerare di scarsa efficacia la radioterapia non associata a chemioterapia rispetto al solo intervento chirurgico.

I dati sulla IORT sono scarsi, contraddittori (Gilly, 1990; Abe, 1995; Sindelar, 1993) e complessivamente non confortanti.

– Radio-chemio-terapia postoperatoria

L’utilizzo della radio-chemioterapia postoperatoria  è risultato utile per la sopravvivenza e per l’intervallo libero da recidiva negli stadi avanzati rispetto alla solo chirurgia o alla sola chemioterapia postoperatoria (studio INT 0116). Nella casistica presentata dal Gastrointestinal Intergroup Trial si è osservato un aumento della sopravvivenza e del controllo delle recidive locali, ma non un migliore controllo delle metastasi. Se si considera che il 90% dei pazienti era stato sottoposto a linfoadenectomia D1 e che la sopravvivenza a lungo termine è migliorata in modo simile a quella che il Dutch Gastric Cancer Group ha evidenziato solo nel suo gruppo di pazienti sottoposti a resezione R1 con linfoadenectomia D1 e radio-chemioterapia postoperatoria, si può pensare che la radio-chemioterapia dia i maggiori benefici per i pazienti con adenocarcinoma dello stomaco in cui la resezione gastrica non sia stata associata a una linfoadenectomia radicale, sebbene indicata per sede e per stadio del tumore. La radio-chemioterapia postoperatoria è quindi una risorsa da considerare per i pazienti in stadio II/III in cui l’accuratezza della linfoadenectomia radicale rimane dubbia per una cospicua adiposità del retroperitoneo, qualora non sia stata effettuata una chemioterapia pre-operatoria. Vi è chi la considera un opportuno trattamento complementare alla linfoadenectomia, considerando che non esiste la possibilità di accertare con sicurezza la completezza di una linfoadenectomia radicale in un determinato paziente. Per meglio dimensionare l’utilità di una radio-chemioterapia postoperatoria, si noti che una recente ampia meta-analisi ha rilevato un miglior tasso di sopravvivenza libera da malattia, ma non una migliore sopravvivenza globale con radio-chemioterapia postoperatoria dopo resezione R0 e linfoadenectomia D1 o D2 rispetto alla chemioterapia postoperatoria (Min, 2014).  In caso di linfoadenectomia D2, una radio-chemioterapia postoperatoria migliorerebbe la sopravvivenza libera da malattia rispetto alla solo chemioterapia postoperatoria solo nei pazienti N+ (77% vs 72%) (trial ARTIST). Quindi, tale approccio può essere un’alternativa alla chemioterapia postoperatoria.

 

E’ interessante osservare il contrasto storico di risultati tra gli studi orientali e occidentali sul tema del trattamento combinato chirurgico e chemioterapico. Infatti, gli studi giapponesi e coreani evidenziano complessivamente una sopravvivenza maggiore di quella registrata dagli studi occidentali. Per spiegare questa differenza, si ipotizzò che una chemioterapia dopo resezione radicale avesse la maggior efficacia in presenza di micrometastasi linfonodali (Nakajiama, 1995), situazione notoriamente più comune in Giappone che in Europa, per la più precoce diagnosi dell’adenocarcinoma gastrico. Tuttavia, questa ipotesi non regge alla luce delle precedenti osservazioni sul maggior beneficio osservato nei trial occidentali con la chemioterapia postoperatoria esclusivamente nei casi di tumore >T1 trattato con resezione gastrica e linfoadenectomia sub-ottimale.

Altri fattori biologici e tecnici potrebbero influire. Per esempio, è stato osservato che nelle popolazioni orientali vi è una maggior incidenza di carcinomi di tipo intestinale, meno aggressivo di quello di tipo diffuso, e una minore incidenza di carcinomi prossimali, caratterizzati da più ampia metastatizzazione. Inoltre, nell’atto di mettere a confronto le sopravvivenze associate a un determinato stadio di malattia, registrate in Paesi o in Centri diversi, si deve considerare che vi è il rischio di confrontare erroneamente uguali stadi di malattia, che uguali lo sono solo in apparenza in assenza di uniformità nella campionatura linfonodale. In altri termini, esemplificando, uno stadio IIA, definito in un ospedale A con un accurato esame del materiale linfonodale asportato in quantità adeguata, potrebbe non corrispondere a uno stadio IIA definito in un ospedale B dopo aver esaminato un minore numero di stazioni linfonodali. Questo secondo stadio IIA potrebbe corrispondere in realtà a uno stadio più avanzato. Perciò, la sopravvivenza associatavi risulterà inferiore a quella corrispondente allo stesso stadio definito più accuratamente nell’ospedale A. Con l’utilizzo delle più recenti edizioni TNM/UICC questo problema non si pone a condizione di prelevare e di esaminare almeno sedici linfonodi regionali.

Concludiamo, ricordando il lavaggio peritoneale con soluzione di chemioterapici, che ha aumentato la sopravvivenza in due trial giapponesi (Hamazoe, 1994; Yonemura, 1995), ma non in un contemporaneo trial occidentale, nel quale fu utilizzato il cisplatino (Sautner, 1994). Inoltre, in questi studi non si è osservata una riduzione nell’incidenza di metastasi epatiche. In uno studio di Takahashi il lavaggio peritoneale con 50 mg di mitomicina C coniugata a carbone attivo ha consentito di aumentare la sopravvivenza a tre anni solo nei casi con depositi peritoneali microscopici.

L’indicazione più appropriata per questa modalità di trattamento è per i casi con una citologia positiva nel liquido di lavaggio peritoneale senza evidenti metastasi peritoneali o epatiche. Il lavaggio peritoneale è razionale se è effettuato al termine di un intervento radicale, mentre l’instillazione intraperitoneale postoperatoria anche precoce dei farmaci antiblastici non ne consente un adeguato contatto con l’intera superficie peritoneale ed è del tutto inutile. Possibili sequele del lavaggio peritoneale con chemioterapico sono la leucopenia, la piastrinopenia e le fistole anastomotiche. Per ridurre il rischio di disordini ematologici, è stato proposto il lavaggio peritoneale con mitomicina C coniugata con particelle di carbone attivo (50 mg di mitomicina in 100 ml di soluzione salina con 370 mg di carbone attivo) (Takahashi, 1995). In questo modo è ridotta la velocità di assorbimento in circolo del chemioterapico. E’ importante utilizzare chemioterapici che mantengano un alto gradiente di concentrazione tra cavità peritoneale e plasma; essi sono gentamicina, doxorubicina, melphalan, mitomicina C, cisplatino, oxaliplatino, etoposide, irinotecan paclitaxel, docetaxel, 5-fluorouracile, floxuridina, carboplatino (Sugarbacker, 2005). Per ridurre il rischio di fistolizzazione è importante evitare il contatto della soluzione con le anastomosi e aprire i drenaggi addominali entro ventiquattro ore dopo l’intervento.

L’ipertermia aumenta significativamente l’efficacia del farmaco, favorendone la penetrazione nella cellula tumorale, e ha inoltre effetto nocivo diretto sulla cellula tumorale (Los, 1994; Fujimoto, 1997; Mohamed, 2003; Sticca, 2003; Stewart, 2005; Michalakis, 2007; Al Shammaa, 2008; Glehen, 2010). E’ stata proposta in presenza di citologia peritoneale positiva e di tumori infiltranti la sierosa anche in assenza di citologia positiva. La chemioterapia ipertermica intraperitonealeprevede il posizionamento di tre tubi in silicone rispettivamente nello scavo pelvico, in sede subfrenica destra e sinistra (fig. 2.1.8). La soluzione di chemioterapico è infusa attraverso uno dei tubi alla temperatura di 43-45 °C e alla velocità di 200 ml/minuto per circa un’ora dopo la chiusura dell’addome e prima del risveglio (Hamazoe, 1994). Si utilizzano cinque – dieci litri di soluzione fisiologica. Nelle prime esperienze, risalenti agli anni ’90, si utilizzava la mitomicina C alla dose di 10 microg/ml. Si considera attualmente adeguato uno schema composto da mitomicina e da cisplatino con una dose totale di 30 mg per la mitomicina e di 300 mg per il cisplatino (Yonemura, 2003; Al Shammaa, 2008).

Un’alternativa è il lavaggio peritoneale intraoperatorio. Analogamente, i chemioterapici di scelta sono mitomicina C e cisplatino, somministrati alla temperatura di 43 °C (Yonemura, 1995). Temperature superiori a 45 °C aumentano il rischio di fistola anastomotica. L’elevata incidenza di complicanze dopo chemioterapia ipertermica (insufficienza renale, pancreatite, discrasia ematica e fistolizzazione) è da considerare (Samel, 2000). Anche e non solo per questo  motivo, nonostante i risultati confortanti sostenuti da alcuni autori orientali, l’efficacia dell’ipertermia nella microcarcinosi peritoneale da carcinoma gastrico resta molto dubbia e deve essere ulteriormente indagata nell’ambito di trial clinici.

 

2.1.8

Fig. 2.1.8

Chemioterapia ipertermica perfusionale 

 

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