LA GASTRECTOMIA - CAPITOLO 4

CENNI DI ANESTESIA

In questo capitolo si descrive la procedura anestesiologica utile per un intervento di gastrectomia. La descrizione è contenuta nei limiti culturalmente utili per il chirurgo generale, mentre esula dagli scopi di questo volume presentare una trattazione anestesiologica esauriente per lo specialista in Anestesia.

L’anestesia è attuata combinando farmaci ipnotici (midazolam, propofol), analgesici (fentanile), miorilassanti (vecuronio, pancuronio, succinilcolina) e anestetici inalatori (protossido di azoto o più precisamente “monossido di diazoto”, anestetici alogenati: desflurano, sevoflurano).

I miorilassanti derivati dalla tubocurarina (vecuronio, pancuronio) sono più precisamente definibili “bloccanti neuro-muscolari competitivi antagonisti non depolarizzanti”, esercitandosi la loro azione in antagonismo dell’acetilcolina per legame competitivo al recettore nicotinico della placca neuro-muscolare. La succinilcolina è invece definibile un “bloccante neuro-muscolare competitivo agonista depolarizzante”, competendo con l’acetilcolina nell’attivazione del recettore nicotinico della placca neuro-muscolare. L’effetto depolarizzante della succinilcolina deriva dalla sua lenta degradazione, prolungandosi in questo modo l’attivazione del recettore nicotinico e conseguentemente la depolarizzazione delle membrane cellulari su cui agisce.

Per un intervento di gastrectomia può essere opportuno scegliere un’anestesia integrata (“blended”), che associa l’anestesia generale e l’anestesia tramite catetere epidurale. L’instillazione di anestetici in sede peridurale consente di alleggerire l’anestesia generale, per ridurre al minimo la depressione respiratoria e dell’attività ciliare, che predispone alle complicanze polmonari. Questo obbiettivo è particolarmente importante nel caso che debba essere associata una toracotomia. Gli anestetici utilizzati per l’anestesia peridurale sono oppiacei, anestetici locali o una combinazione di questi due tipi. L’associazione di un anestetico locale e di un oppiaceo consente di ridurre la dose di ciascuno e quindi i loro effetti indesiderati dose-dipendenti, che sono rispettivamente la vasodilatazione e la depressione respiratoria.

Nell’ambito dell’anestesia integrata le tecniche di anestesia generale utilizzabili sono:

– “bilanciata”, combinando l’anestetico inalatorio con il miorilassante e l’analgesico oppioide, somministrati per via endovenosa;

– “TIVA” (totalmente ev), utilizzando esclusivamente farmaci somministrati per via endovenosa in pompa infusiva;

– “TCI” (TIVA con Target-controlled infusion), utilizzando esclusivamente farmaci somministrati per via endovenosa con sistemi infusionali computerizzati per il monitoraggio e per la regolazione su valori predeterminati della loro concentrazione ematica;

– “combinata”, combinando le precedenti tecniche.

La preanestesia, cioè la risoluzione farmacologica dell’ansia e la profilassi della reazione vagale indotta dall’intubazione, è attuabile con piccole dosi di benzodiazepine per os e con un anticolinergico, per es 1/2 mg di atropina. I farmaci sono somministrati circa un’ora prima dell’intervento chirurgico.

In sala operatoria i primi provvedimenti anestesiologici consistono nell’inserimento di una cannula venosa, necessaria per l’iniziale infusione dei farmaci, e del catetere peridurale, che consente sia di condurre un’anestesia integrata, sia di gestire il trattamento antalgico nel primo periodo postoperatorio.

L’induzione dell’anestesia è preceduta dalla respirazione di ossigeno puro in maschera per alcuni minuti, in modo da consentire una maggiore riserva circolatoria d’ossigeno durante la fase di arresto respiratorio intercorrente tra l’iniezione del curarizzante e l’intubazione.

La successiva fase di induzione deve svolgersi con il controllo dei seguenti parametri: ECG in seconda derivazione, pulsossimetria o SpO2, capnometria, pressione arteriosa omerale con bracciale, FIO2 (frazione inspirata di O2) sulla branca inspiratoria del circuito. La FIO2 somministrata deve essere il 100%.

Può allora iniziare la fase dell’induzione, che comprende l’intervallo di tempo tra la somministrazione dell’anestetico e l’inizio dell’anestesia chirurgica.

L’anestesia è indotta con un ipnotico e con fentanile, somministrati tramite la via venosa periferica. L’effetto collaterale più comune è la bradicardia, che è trattata con atropina. Tra i farmaci ipnotici il midazolam è somministrato alla dose di 50 microg/Kg con mantenimento in infusione alla dose di 0,5 microg/Kg/min; il propofol alla dose di 500 microg/Kg con mantenimento in infusione alla dose di 50 microg/Kg/min.

Segue l’iniezione di succinilcolina alla dose di 0,5 mg/Kg, per indurre il miorilassamento necessario per l’intubazione. La succinilcolina ha il pregio di ottenere una curarizzazione profonda entro un minuto e di avere una breve durata d’azione, caratteristica utile in caso di intubazione difficile. Tuttavia, avendo un effetto non superiore a cinque minuti non è adatta per il successivo mantenimento del rilassamento muscolare.

L’intubazione tracheale è eseguita al termine delle fascicolazioni, residuo dell’attività muscolare dopo la somministrazione del miorilassante depolarizzante. E’ effettuata con l’ausilio di un laringoscopio a lame intercambiabili. La scelta di una lama di lunghezza corrispondente alla distanza esterna tra rima labiale e angolo mandibolare e l’agganciamento della base della lingua con l’estremità della lama sono importanti per la riuscita della manovra, come pure una pressione sulla cricoide contro il piano vertebrale, per occludere l’esofago (manovra di Sellik). Visualizzate le corde vocali, il tubo tracheale è introdotto fino alla carena e quindi ritirato di alcuni centimetri; infine, ne è gonfiato il palloncino tracheale, per evitare che liquido gastrico rigurgitato possa invadere l’albero bronchiale.  Nel corso della procedura un sistema per l’aspirazione delle secrezioni deve essere disponibile a lato dell’anestesista. L’utilizzo di un broncoscopio può essere occasionalmente necessario in caso di intubazione difficile. L’inserimento del tubo tracheale e la sua connessione all’apparecchio di ventilazione consentono di iniziare una ventilazione a pressione positiva. Il corretto posizionamento del tubo tracheale è verificato auscultando il torace. Inoltre, è controllato l’ECG e la saturimetria. Il buon risultato della procedura è associato alla comparsa di onde capnografiche normali. Dopo l’induzione dell’anestesia, si provvede al posizionamento del sondino-nasogastrico e dei dispositivi per il monitoraggio invasivo:

– Foley vescicale, per il monitoraggio della diuresi;

– cateterino arterioso periferico, per il monitoraggio della pressione arteriosa sistemica;

– catetere venoso centrale, per l’infusione controllata dei liquidi.

Inoltre si provvede al monitoraggio non invasivo:

– frequenza cardiaca (HR),

– pulsossimetria (SpO2),

– parametri ventilatori,

– capnometria (EtCO),

– parametri di flusso (per es le resistenze vascolari periferiche, SVR);

– temperatura.

Frequenza cardiaca e saturazione d’ossigeno sono misurate con metodo impedenziometrico e il rilevatore è posizionato sul dito di una mano.

Alla fase d’induzione segue il mantenimento del piano anestetico. Sono utilizati farmaci miorilassanti e gas anestetici. Vi sono vari schemi per il mantenimento dell’anestesia. Ne è qui indicato uno esemplificativo:

– miscela inalatoria composta da protossido d’azoto e ossigeno nel rapporto 6/4. Poiché il protossido può distendere le anse intestinali, un’alternativa è la miscela di aria e ossigeno con FiO2 tra 0,3 e 0,4.

– boli di fentanile o infusione di propofol e immissione nel circuito ventilatorio di un anestetico inalatorio alogenato a concentrazione regolata. Se si utilizza la miscela aria-ossigeno, il propofol è somministrato alla dose di 65 microg/Kg/min.

– boli di miorilassante. Sono utilizzati i bloccanti neuro-muscolari non depolarizzanti, che hanno una durata d’azione maggiore della succinilcolina, farmaco depolarizzante. Le dosi iniziali di pancuronio e di vecuronio sono 0,1 mg/Kg. Successivamente boli di 4 mg sono somministrati a intervalli di tempo di circa 20 minuti. La variabilità del catabolismo individuale di questi farmaci non consente di definire con precisione la durata dell’effetto miorilassante per una data dose. Durante una seduta operatoria si utilizza di regola un solo tipo di miorilassante.

La frequenza ventilatoria è regolata in modo tale da mantenere la pCO2 tra 35 e 40 mmHg. L’idratazione è effettuata con infusione di elettrolitiche alla velocità di 20 ml/Kg/ora e la diuresi è stimolabile con dopamina alla dose di 2 microg/Kg/minuto.

Durante l’intervento sono inoltre monitorati i parametri precedentemente elencati.

Il monitoraggio continuo della pressione arteriosa è consentito dalla connessione tra la cannula inserita nell’arteria radiale e un trasduttore di pressione, che invia i segnali ad un oscilloscopio. Il ritmo cardiaco è visualizzato su oscilloscopio mediante elettrocardiografo che interpreta i segnali elettrici raccolti mediante due elettrodi posizionati sulle spalle e un elettrodo posizionato sul versante antero-laterale sinistro del torace. Il tracciato respiratorio e tutti gli altri parametri sono pure visualizzati in modo dinamico sull’oscilloscopio. Il controllo della profondità dell’anestesia può essere agevolato dall’indice bispettrale (BIS), parametro derivato dall’EEG tramite un complesso algoritmo matematico. L’indice, in forma numerica, è visualizzabile sul monitor.

Al termine della sutura del piano fasciale è interrotta l’infusione di propofol e di gas anestetici, iniziandosi in tal modo la fase di risveglio. La rimozione della cannula tracheale è effettuata quando il paziente comincia a eseguire ordini semplici e manifesta un’autonomia respiratoria.

Se è prevista una toracotomia, la gestione anestesiologica è più impegnativa. Prima dell’induzione un catetere peridurale è inserito in uno degli spazi intervertebrali tra T5 e T8. Per consentire all’operatore un’adeguata visione sul mediastino, è necessario posizionare un tubo tracheale a doppio lume, che esclude dalla ventilazione il polmone omolaterale alla toracotomia. Un controllo broncoscopico, se consentito dal calibro del tubo, è raccomandabile per controllare il corretto posizionamento del tubo. Una PEEP di 5-15 mmHg è applicata al polmone ventilato, per ridurne le atelettasie causate dal peso delle strutture mediastiniche e addominali e dalle pressioni esercitate dall’operatore nel corso delle manovre chirurgiche. Una pressione espiratoria positiva continua (CPAP) non superiore a 10 cmH2O è applicata di regola al polmone escluso, per ridurne lo shunt di sangue, che è favorito dalla PEEP applicata al polmone controlaterale. Durante l’intervento si evita il protossido e l’unico gas anestetico utilizzato è un anestetico inalatorio alogenato a bassa concentrazione. L’analgesia è completata con propofol e fentanile alle dosi utilizzate per la laparotomia. I liquidi sono infusi alla velocità di 10 ml/Kg/ora.

Particolare importanza ha il monitoraggio continuo della pressione arteriosa, poiché trazioni o compressioni sul nervo vago, sulla vena cava e sul cuore causano aritmie e ipotensioni. Ne consegue un’esacerbazione dell’ipossiemia già presente a causa dello shunt nel polmone escluso dalla ventilazione.

Deve essere evitata l’ipotermia, che al risveglio comporta brivido e vasodilatazione durante il riscaldamento postoperatorio; ne consegue ipossiemia, per l’elevato consumo di ossigeno causato dal brivido, e instabilità cardio-vascolare.

Ottenuto il risveglio, il recupero dell’autonomia avviene in ambiente protetto (sala operatoria, “Recovery room”), dove sono controllati lo stato di coscienza, la pressione arteriosa, l’attività elettrica del cuore, la frequenza cardiaca e respiratoria e il piano analgesico.